Cassazione Civile, Sez. Lav., 08 maggio 2024, n. 12485 - Dies a quo di decorrenza del termine triennale di prescrizione dell'azione di regresso



 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO CIVILE


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ESPOSITO Lucia - Presidente

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni - Rel. Consigliere

Dott. RIVERSO Roberto - Consigliere -

Dott. PONTERIO Carla - Consigliere -

Dott. PANARIELLO Francescopaolo - Consigliere

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA
 


sul ricorso 32521-2020 proposto da:

I.N.A.I.L. - ISTITUTO NAZIONALE PER L'ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144, presso lo studio degli avvocati ANDREA ROSSI, LETIZIA CRIPPA, che lo rappresentano e difendono

- ricorrente -

contro

A.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ENNIO QUIRINO VISCONTI 20, presso lo studio dell'avvocato NICOLA PETRACCA, rappresentata e difesa dagli avvocati GIOVANNI TRAVIA, GIOVANNI GOLOTTA;

- controricorrente -

nonché contro

B.B.;

- intimato

avverso la sentenza n. 298/2020 della CORTE D'APPELLO di REGGIO CALABRIA, depositata il 30/06/2020 R.G.N. 925/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 27/02/2024 dal Consigliere Dott. ADRIANO PIERGIOVANNI PATTI.
 

Fatto


1. con sentenza 30 giugno 2020, la Corte d'appello di Reggio Calabria ha dichiarato prescritta l'azione di regresso dell'Inail, nei confronti di A.A. datrice di lavoro titolare dell'officina metalmeccanica e del capofficina B.B., per la condanna dei predetti in solido al pagamento della somma di Euro 85.098,80 oltre accessori, in favore di C.C., dipendente della prima, per l'infortunio occorsogli il 23 agosto 2003, causandogli lesioni personali gravi: così riformando la sentenza di primo grado, che l'aveva invece accolta;

2. in via preliminare, la Corte territoriale ha illustrato la sequenza procedimentale della vicenda, così scandita: a) comunicazione dell'Inail all'infortunato il 21 gennaio 2004 della costituzione della rendita in suo favore l'11 dicembre 2003; b) inizio del procedimento penale nei confronti di A.A. nell'anno 2006 e giudicato sulla sentenza di sua assoluzione, per la ravvisata imputabilità del fatto all'autonoma iniziativa di B.B., il 31 ottobre 2008; c) inizio del procedimento penale nei confronti di quest'ultimo nell'anno 2010 e giudicato sulla sentenza di estinzione per prescrizione del reato ascrittogli il 31 ottobre 2011; d) notificazione dell'Inail in data 26 gennaio 2015 del ricorso, depositato il 31 ottobre 2014, introduttivo dell'azione di regresso ai sensi degli artt. 10 e 11 D.P.R.1124/1964;

3. nel merito, essa ha ritenuto prescritta l'azione di regresso - di natura contrattuale spettante all'Istituto iure proprio nei confronti delle persone civilmente responsabili, in presenza di un fatto reato perseguibile d'ufficio, autonomamente accertabile dal giudice civile - per essere avvenuta la notificazione del suo ricorso introduttivo il 26 gennaio 2015, ben oltre il termine triennale decorrente dal 31 ottobre 2008, di formazione del giudicato sulla sentenza di assoluzione di A.A. .

La Corte ha in proposito rilevato l'assenza di precedenti atti interruttivi da parte dell'Istituto, titolare dell'azione e ravvisato l'ininfluenza del successivo esercizio dell'azione penale (come detto, nell'anno 2010) nei confronti del capo officina B.B., definita con sentenza di estinzione per prescrizione del reato ascrittogli (in giudicato il 31 ottobre 2011), in quanto processo autonomo e distinto da quello nei confronti di A.A., esitato in una sentenza di assoluzione in giudicato il 31 ottobre 2008: dies a quo di decorrenza del termine triennale di prescrizione dell'azione di regresso;

4. con atto notificato il 22 e 24 dicembre 2021, l'Inail ha proposto ricorso per cassazione con due motivi, cui la datrice ha resistito con controricorso e memoria ai sensi dell'art. 380-bis 1 c.p.c. ; B.B., pure ritualmente intimato, non ha svolto difese;

5. il collegio ha riservato la motivazione, ai sensi dell'art. 380-bis 1, secondo comma, ult. parte c.p.c.

 

Diritto


1. il ricorrente ha dedotto violazione degli artt. 10, 11, 112 D.P.R 1124/1965, 2087, 2049, 2055 c.c., per erronea individuazione del dies a quo di decorrenza del termine triennale di prescrizione dell'azione di regresso dal giudicato sulla sentenza di assoluzione di A.A., nonostante l'instaurazione da parte propria di un'azione nei confronti della medesima per il fatto illecito commesso dal suo dipendente B.B., ai sensi dell'art. 2049 c.c., entro il triennio dal giudicato sulla sentenza di definizione del procedimento penale a carico di quest'ultimo, promosso a seguito della trasmissione, da parte del Tribunale penale con la predetta sentenza di assoluzione, degli atti al P.M. per procedere nei confronti del dipendente (primo motivo);

2. esso è infondato;

3. come noto, il termine di prescrizione triennale, ai sensi dell'art. 112, quinto comma D.P.R.1124/1965, dell'azione di regresso, da parte dell'ente assicuratore, decorre da quello d'irrevocabilità della sentenza penale (Cass. 12 ottobre 2022, n. 29755) ed è necessario, ai fini del sorgere del credito dell'INAIL nei confronti della persona civilmente obbligata, che il fatto costituisca reato perseguibile d'ufficio, ben potendo tuttavia l'accertamento giudiziale - sempre che si renda necessario in mancanza di adempimento spontaneo del soggetto debitore o di bonario componimento della lite - essere compiuto in sede sia penale che civile (Cass. 5 febbraio 2015, n. 2138; Cass. 12 ottobre 2022, n. 29769).

Nell'ipotesi in cui la persona civilmente obbligata sia stata assolta dall'imputazione derivante dall'infortunio sul lavoro, l'azione di regresso spettante all'INAIL nei confronti del datore di lavoro, ai sensi dell'art. 11 D.P.R.1124/1965, è sottoposta al termine triennale stabilito dall'art. 112, quinto comma, seconda parte D.P.R. cit.; avendo natura di prescrizione e non di decadenza, esso può essere interrotto non già con il deposito, bensì con la notificazione del ricorso con cui l'azione viene esercitata oppure da ogni atto idoneo alla costituzione in mora (Cass. 3 ottobre 2007, n. 20736; Cass. 13 agosto 2021, n. 22876);

4. nel caso di specie, il termine triennale per l'esercizio dell'azione di regresso dell'Inail ha iniziato a decorrenza dal 31 ottobre 2008, data di formazione del giudicato sulla sentenza di assoluzione di A.A. , ben potendo l'accertamento della sua responsabilità, anche ai sensi dell'art. 2049 c.c. in riferimento al fatto illecito del capo officina B.B., essere svolto nel giudizio civile. Sicché, è irrilevante la definizione del giudizio penale nei suoi confronti, posto che il "processo penale, infatti, si può chiudere con sentenza di condanna o di assoluzione che non fa stato, rispettivamente, nei confronti del datore di lavoro o dell'Inail, rimasti estranei al giudizio, e in tal caso l'accertamento deve essere fatto nel giudizio civile"; con la conseguenza "che le azioni in sede civile possono essere esperite indipendentemente dal processo penale, salvo il riscontro dell'eventuale pregiudizialità penale" (Cass. 5 febbraio 2015, n. 2138, in motivazione). D'altro canto, "venuta meno la correlazione sistematica fra gli artt. 10 e 11 e l'art. 112 del T.U. n. 1124/1965, sia per effetto di pronunce della Corte costituzionale (nn. 102/1981 e 118/1996) che per i mutamenti del regime processuale penale (artt. 75 e 651 ss. c.p.p. del 1988) e civile (art. 295 c.p,c., come novellato dalla L. 26 novembre 1990, n. 353, art. 35), con la definitiva abolizione della cosiddetta pregiudiziale penale, è derivato che l'azione di regresso dell'INAIL è connessa soltanto all'astratta previsione legale quale reato del fatto causativo dell'infortunio e non dal concreto accertamento dell'illecito penale; dunque, l'INAIL ben può agire in regresso ex art. 11 cit., sia nel caso in cui in sede penale il datore di lavoro sia stato assolto, come avvenuto nella presente fattispecie" (Cass. 13 agosto 2021, n. 22876, cit., in motivazione).

Pertanto, la notificazione del ricorso introduttivo dell'azione di regresso il 26 gennaio 2015, ben oltre il termine triennale decorrente dal 31 ottobre 2008, di formazione del giudicato sulla sentenza di assoluzione di A.A., in assenza di precedenti atti interruttivi dell'Inail, ne comporta la prescrizione: come esattamente ritenuto dalla Corte territoriale;

5. il ricorrente ha dedotto violazione degli artt. 10, 11, 116 D.P.R. .1124/1965, 112 c.p.c., anche come error in procedendo, per omessa pronuncia sulla domanda di aggiornamento del costo dell'infortunio proposta nel corso del giudizio (secondo motivo);

6. anch'esso è infondato;

7. non ricorre, infatti, alcuna omissione di pronuncia sulla questione assorbita dalla ritenuta prescrizione dell'azione di regresso, posto che ad integrare gli estremi del vizio di attività denunciato non basta la mancanza di un'espressa statuizione del giudice, ma è necessario che sia stato completamente omesso il provvedimento indispensabile alla soluzione del caso concreto: ciò che evidentemente non si verifica, quando la decisione adottata comporti la reiezione della pretesa fatta valere dalla parte, anche se manchi in proposito una specifica argomentazione, dovendo ravvisarsi una statuizione implicita di rigetto quando la pretesa avanzata col capo di domanda non espressamente esaminato risulti incompatibile con l'impostazione logico-giuridica della pronuncia (Cass. 21 luglio 2006, n. 16788; Cass. 18 dicembre 2020, n. 29070). Secondo tale ultima sentenza, in motivazione, "Tale principio deve ritenersi che operi ... anche quando la incompatibilità con l'impostazione logico-giuridica della sentenza emerga da quanto espresso esplicitamente da quest'ultima" e non soltanto "quando la sentenza ha deciso questioni logicamente assorbite da quelle esplicitamente decise" (in tale senso, anche: Cass. 27 dicembre 2013, n. 28663; Cass. 12 novembre 2018, n. 28995; Cass. 19 dicembre 2019, n. 33764): come appunto si è verificato nel caso di specie, per la fondatezza, correttamente ritenuta dalla Corte d'appello, del motivo sulla prescrizione dell'azione di regresso, che ha reso "superfluo l'esame di ogni altra questione" (così al secondo capoverso di pg. 8 della sentenza);

8. pertanto il ricorso deve essere rigettato, con la regolazione delle spese del giudizio secondo il regime di soccombenza e con raddoppio del contributo unificato, ove spettante nella ricorrenza dei presupposti processuali (conformemente alle indicazioni di Cass. s.u. 20 settembre 2019, n. 23535).

 

P.Q.M.


La Corte

rigetta il ricorso; condanna l'Istituto ricorrente alla rifusione, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio, che liquida: per in Euro 200,00 per esborsi e Euro 6.000,00 per compensi professionali; oltre rimborso per spese generali in misura del 15% e accessori di legge.

Ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis, dello stesso art. 13, se dovuto.

Così deciso nella Adunanza camerale del 27 febbraio 2024.

Depositato in Cancelleria l'8 maggio 2024.