Cassazione Penale, Sez. 4, 30 maggio 2014, n. 22664 - Infortunio mortale in cantiere


 

 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BRUSCO Carlo Giuseppe - Presidente -
Dott. ROMIS Vincenzo - Consigliere -
Dott. DOVERE Salvatore - Consigliere -
Dott. IANNELLO Emilio - Consigliere -
Dott. SERRAO Eugenia - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza


sul ricorso proposto da:
F.C. N. IL (Omissis);
avverso la sentenza n. 450/2009 CORTE APPELLO di MESSINA, del 26/10/2012;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 27/05/2014 la relazione fatta dal Consigliere Dott. EUGENIA SERRAO;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Fodaroni Maria Giuseppina, che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso.





Fatto


1. In data 26/10/2012 la Corte di Appello di Messina, in parziale riforma della sentenza emessa in data 8/02/2008 dal Tribunale di Messina, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di N. C. per essere il reato estinto per intervenuta prescrizione, confermando nel resto la sentenza appellata e condannando F. C. al pagamento delle spese processuali e N.C. al pagamento, in favore delle costituite parti civili, delle spese di costituzione e difesa.

2. Il Tribunale di Messina aveva dichiarato N.C. colpevole del reato ascrittogli, condannandolo a pena interamente condonata, e aveva dichiarato non doversi procedere nei confronti di F.C., essendo il reato ascrittogli estinto per prescrizione, previa concessione delle attenuanti generiche. Aveva, inoltre, condannato il solo N.C. al risarcimento dei danni subiti dalle parti civili. F.C. e N.C. erano imputati insieme ad altri del reato di cui all'art. 589 c.p., il primo quale direttore tecnico aggiunto e geometra responsabile di cantiere dell'impresa B. Srl, il secondo quale titolare dell'impresa Edilcostruzioni, subappaltatrice dell'impresa B. Srl per lavori di carpenteria in legno nella costruzione di taluni edifici, perchè per colpa e inosservanza delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, in particolare del D.P.R. n. 164 del 1956, art. 16 e art. 77, lett. e), D.P.R. n. 547 del 1955, art. 8 e art. 389, lett. e), avevano cagionato la morte dell'operaio G.A. il quale, mentre era intento a collegare le tavole di carpenteria delle travi del primo solaio della palazzina (Omissis) del complesso edilizio in cui si svolgevano i lavori, ad un'altezza dal suolo di circa 5 metri, in assenza di qualsivoglia opera provvisionale, a causa della rottura di un precario e inadeguato appoggio, era precipitato al suolo, restando trafitto da uno dei tondini di ferro dello spessore di circa 12 millimetri conficcati al suolo e da questo emergenti di circa 35 centimetri, utilizzati per la realizzazione delle travi di fondazione; tondini non rimossi o adeguatamente coperti (mediante riempimento della vasca di fondazione ove si trovavano) dagli imputati, che avevano omesso altresì di far adottare o adottare nel corso di lavori superiori ad un'altezza di metri due adeguate impalcature o ponteggi o altre precauzioni atti ad eliminare i pericoli di caduta delle persone.

Fatto avvenuto in (Omissis).

2. Pronunciando su appello proposto da F.C., con la sentenza qui impugnata, la Corte territoriale ha rigettato l'impugnazione tendente ad ottenere la sentenza di assoluzione nel merito a fronte della dichiarata estinzione per prescrizione del reato, richiamando la motivazione del giudice di primo grado, che aveva ravvisato la responsabilità di tale imputato, indipendentemente dal fatto che fosse assente dal cantiere nel momento dell'infortunio, in quanto tenuto a pretendere dalle ditte subappaltatrici l'osservanza delle norme in materia di infortuni.

3. Ricorre per cassazione F.C., con atto sottoscritto dal difensore, censurando la sentenza impugnata per i seguenti motivi:

a) con un primo motivo deduce violazione degli artt. 190 e 603 c.p.p., per avere la Corte omesso di replicare alla richiesta di rinnovazione del dibattimento proposta con l'atto di appello;

b) con un secondo motivo deduce violazione dell'art. 125 c.p.p., comma 3, art. 111 Cost., comma 6, art. 605 c.p.p., art. 129 c.p.p., comma 2, art. 530 c.p.p., comma 1 o 2, artt. 121 e 581 c.p.p. in relazione all'art. 589 c.p. ed al D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626.

Secondo il ricorrente, i giudici di merito avrebbero omesso di prestare attenzione alle deduzioni enunciate con la memoria difensiva in Tribunale il 13 novembre 2006 e con l'atto d'appello depositato il 19 giugno 2008, avendo omesso di replicare alle deduzioni difensive, basate sul fatto che non fossero contestate al F. la qualità di responsabile della sicurezza, di appaltatore, di subappaltatore o di committente, che avrebbero potuto legittimare il giudizio di responsabilità nei suoi confronti. Nell'atto di appello, si assume, era stato dedotto che F.C. fosse socio della B. Srl e per l'esecuzione dei lavori di carpenteria in legno del complesso edilizio interessato dall'infortunio alle società aveva conferito subappalto a N.C., titolare dell'impresa Edilcostruzioni; il contratto di subappalto era stato stipulato il 30 settembre 1992 e F.C. non aveva alcun ruolo nell'ambito della ditta subappaltatrice; il giorno dell'infortunio il F. era impegnato in altro cantiere per lavori connessi alla propria attività di geometra, ma la Corte di Appello avrebbe omesso di verificare i motivi dell'assenza dal cantiere in cui si è verificato l'infortunio e di argomentare in merito al supposto obbligo di presenza del F. in tale cantiere; non essendo responsabile del cantiere, le norme vigenti non consentivano di attribuire la responsabilità al direttore tecnico aggiunto, che presuppone la indicazione del direttore tecnico titolare, nel caso di specie indicato in B.V. come titolare e nell'ing. C. C. come aggiunto; ove si fosse acquisito ai sensi dell'art. 603 c.p.p. l'esame del coimputato N.C., si sarebbe accertato che F.C. non aveva ricevuto alcun incarico connesso alla sicurezza dalla ditta subappaltatrice, alle cui dipendenze lavorava la vittima; all'epoca del fatto non erano vigenti le norme introdotte con D.Lgs. 14 agosto 1996, n.494, concernenti le prescrizioni minime di sicurezza e di salute da attuare nei cantieri temporanei o mobili, essendo stata contestata a F.C. la responsabilità sulla base dell'omessa osservanza di prescrizioni all'epoca dei fatti inesistenti; in qualità di direttore tecnico aggiunto avrebbe dovuto rispondere solo a condizione che fosse assente il direttore tecnico titolare, previa comunicazione al F., e che il F. avesse l'obbligo della presenza nel cantiere in cui si è verificato l'evento. Secondo il ricorrente, la motivazione della sentenza della Corte di Appello, per relationem, sarebbe illogica ed emessa in violazione dell'art. 129 c.p.p., comma 2, essendo stata giustificata sulla base dell'accertamento del minor grado di colpa del F.;

c) con un terzo motivo deduce violazione dell'art. 114 c.p. per avere il giudice di merito applicato le attenuanti generiche per l'asserito minore grado di colpa che, eventualmente, avrebbe dovuto legittimare diversa attenuante e che avrebbe dovuto imporre di ritenere l'estraneità del F. per profili inerenti al nesso eziologico, al dolo e alla funzione nel cantiere.

4. In data 12/05/2014 il ricorrente ha depositato motivi aggiunti deducendo vizio di motivazione in merito alla qualità di direttore tecnico aggiunto attribuitagli, evidenziando che, nel processo, sarebbe emerso che responsabile di cantiere fosse altro coindagato.


Diritto


1. Il ricorso è infondato.

2. Si richiama, in primo luogo, il principio ricorrente nella giurisprudenza di questa Suprema Corte per cui, in presenza di una causa estintiva del reato, non è applicabile la regola probatoria, prevista dall'art. 530 c.p.p., comma 2, da adottare quando il giudizio sfoci nel suo esito ordinario, ma è necessario che la prova dell'innocenza emerga "positivamente" dagli atti, senza necessità di ulteriori accertamenti: da ciò consegue che l'art. 129 c.p.p. non trova applicazione in caso di incertezza probatoria o di contraddittorietà degli elementi di prova, anche se in tali casi potrebbe ugualmente pervenirsi all'assoluzione dell'imputato (Sez. 5, n.39220 del 16/07/2008, Pasculli e altri, Rv.242191; Sez. 6, n.22205 del 26/03/2007, Bastoni, Rv.236698; Sez. 4, n.2619 del 08/11/2006, dep. 25/01/2007, Dumitrescu e altro, Rv. 236095).

3. Va, quindi, considerato che il mezzo di impugnazione deve perseguire un risultato favorevole per chi lo propone. Ed al ricorso per cassazione avverso una sentenza di appello che abbia confermato la pronuncia di estinzione del reato per prescrizione emessa in primo grado, senza alcuna statuizione agli effetti civili nei confronti del ricorrente, non potrebbe conseguire un effetto più favorevole, a meno che non fosse evidente la causa assolutoria, per una serie di ragioni:

- in primo luogo perchè eventuali vizi di motivazione della sentenza impugnata non consentirebbero, in ogni caso, al giudice del rinvio di pervenire a diversa pronuncia, dato l'obbligo dell'immediata declaratoria della causa estintiva del reato (Sez.4, n.40799 del 18/09/2008, P.G. in proc. Merli, Rv.241474);

- in secondo luogo, perchè la previsione di cui all'art. 578 c.p.p. che prevede che il giudice di appello che dichiari l'estinzione per prescrizione del reato sia tenuto a decidere sull'impugnazione agli effetti delle disposizioni dei capi della sentenza che concernono gli interessi civili, presuppone che sia intervenuta in primo grado sentenza di condanna nei confronti dell'appellante, ipotesi non sussistente nel caso in esame;

- in terzo luogo perchè, in assenza di pattuizioni concernenti le restituzioni ed il risarcimento del danno o la rifusione delle spese processuali, neppure si configurerebbe l'interesse dell'imputato ad impugnare la sentenza ai sensi dell'art. 574 c.p.p..

4. Esaminando la questione da un altro punto di osservazione, l'obbligo per il giudice di appello di verificare nel merito, eventualmente previa rinnovazione dell'istruttoria, secondo quanto chiesto dal ricorrente, l'insussistenza della posizione di garanzia dell'imputato, dunque di pronunciare nel merito sentenza assolutoria, non sussiste qualora, come nel caso in esame, nel precedente grado di giudizio non sia stata affermata la responsabilità dell'imputato ma sia stata dichiarata l'estinzione per prescrizione ai sensi dell'art. 129 c.p.p., comma 2, dunque implicitamente la sola non evidenza di ragioni assolutorie nel merito (Sez. 4, n.33309 del 8/07/2008, Rizzato, Rv.241962).

5. Va, quindi, evidenziato che nel caso in esame non risulta evidente alcuna causa assolutoria, posto che, sebbene in punto di diritto il ricorso non risulti infondato laddove contesta la posizione di garanzia attribuita a F.C. in veste di direttore tecnico aggiunto, si tratta di questione non dirimente in ragione della parallela configurazione della posizione di garanzia del medesimo imputato in qualità di responsabile di cantiere.

6. Conclusivamente il ricorso deve essere rigettato; alla pronuncia di rigetto segue, a norma dell'art. 616 c.p.p. l'onere delle spese del procedimento.



P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 27 maggio 2014.

Depositato in Cancelleria il 30 maggio 2014