Cassazione Penale, Sez. 4, 16 settembre 2015, n. 37597 - Caduta di un lavoratore dal ponteggio. Ruolo del coordinatore per l'esecuzione


 

 

"La giurisprudenza di questa Corte è venuta precisando il ruolo del coordinatore per l'esecuzione nell'ambito dei cantieri temporanei o mobili che prevedano il concorso di più imprese esecutrici nel senso che il medesimo ricopre una posizione di garanzia che si affianca a quella degli altri soggetti destinatari della normativa antinfortunistica e gli spettano compiti di "alta vigilanza", consistenti:
a) nel controllo sulla corretta osservanza, da parte delle imprese, delle disposizioni contenute nel piano di sicurezza e di coordinamento nonchè sulla scrupolosa applicazione delle procedure di lavoro a garanzia dell'incolumità dei lavoratori;
b) nella verifica dell'idoneità del piano operativo di sicurezza (POS) e nell'assicurazione della sua coerenza rispetto al piano di sicurezza e coordinamento;
c) nell'adeguamento dei piani in relazione all'evoluzione dei lavori ed alle eventuali modifiche intervenute, verificando, altresì, che le imprese esecutrici adeguino i rispettivi POS. (Sez. 4^, n. 44977 del 12/06/2013 - dep. 07/11/2013, Lorenzi e altri, Rv. 257167).

In particolare il controllo sul rispetto delle previsioni del piano non può essere meramente formale, ma va svolto in concreto, secondo modalità che derivano dalla conformazione delle lavorazioni; essenziale è che alla previsione della cautela segua un'attività di verifica della sua attuazione, che compete alle imprese esecutrici.
Attività di verifica che tuttavia non può significare presenza diuturna nel cantiere ma, appunto, presenza nei momenti delle lavorazioni topici rispetto alla funzione di controllo.
L'alta vigilanza della quale fa menzione la giurisprudenza di questa Corte, lungi dal poter essere interpretata come una sorta di contrazione della posizione di garanzia indica piuttosto il modo in cui vanno adempiuti i doveri tipici. Mentre le figure operative sono prossime al posto di lavoro ed hanno quindi poteri-doveri di intervento diretto ed immediato, il coordinatore opera attraverso procedure; tanto è vero che un potere-dovere di intervento diretto lo ha solo quando constati direttamente gravi pericoli D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 92, comma 1, lett. f). Può dirsi che il coordinatore per l'esecuzione, identifica momenti topici delle lavorazioni e predispone attività che assicurino rispetto ad esse la attuazione dei piani "attraverso la mediazione dei datori esecutorì. Non può esimersi dal prevedere momenti di verifica della effettiva attuazione di quanto esplicato e previsto; ma anche queste azioni di verifica non possono essere quotidiane ed hanno una periodicità significativa e non burocratica (cioè dettate dalle necessità che risultino idonee allo scopo e non routinarie). Parallelamente, l'accertamento giudiziale non dovrà ricercare i segni di una presenza diuturna, ma le tracce di azioni di coordinamento, di informazione, di verifica, e la loro adeguatezza sostanziale.


Fatto

1. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di Appello di Catania ha riformato unicamente quanto al trattamento sanzionatorio quella emessa dal Tribunale di Catania, sezione distaccata di Belpasso, con la quale G.V. e D.L.V. sono stati giudicati responsabili del reato di lesioni personali colpose commesse in danno di D.L.A..

2. La ricostruzione dell'accaduto emerge senza contestazioni dagli accertamenti condotti nei precedenti gradi di giudizio. D.L. A., dipendente della ditta facente capo a D.L.V., stava svolgendo le proprie mansioni di operaio sull'intavolato di un ponteggio quando, avendo utilizzato a mò di gradino una cassetta in plastica per eseguire le operazioni di getto del calcestruzzo mediante tubazione di un'autopompa, verosimilmente anche a causa di un movimento della tubazione che portò questa a colpirlo, era precipitato al suolo.

Al datore di lavoro è stato ascritto di non aver adottato gli accorgimenti preordinati ad impedire la caduta del lavoratore dal ponteggio, quali parapetti; ed è stato escluso che il cattivo funzionamento dell'autopompa costituisca fattore dall'esclusiva valenza causale.

Al G., quale coordinatore per l'esecuzione dei lavori, è stato ascritto di non aver vigilato sulla esatta osservanza delle prescrizioni del piano di sicurezza.

3. Avverso tale decisione ricorre per cassazione l'imputato G. a mezzo del difensore di fiducia, avv. Omissis, sulla base di tre motivi.

3.1. Con un primo deduce violazione di legge, travisamento del fatto e vizio motivazionale.

Rileva il ricorrente che il piano di coordinamento e sicurezza è stato redatto correttamente dall'imputato e non in modo inadeguato e generico come affermato dalla Corte di Appello, tanto è vero che non venne elevata alcuna contestazione dall'organo di vigilanza. Il solo rimprovero mosso al G. è quello di non aver verificato l'applicazione delle disposizioni contenute in quel piano. Orbene, continua l'esponente, la Corte di Appello ha travisato la testimonianza di Z.F., dalla quale emerge che il coordinatore era presente in cantiere a giorni alterni; che il ponteggio del quale il G. era a conoscenza era a norma, come dimostrato dall'esito senza contestazioni di una ispezione eseguita pochi giorni prima dell'incidente che qui occupa, mentre i parapetti mancavano ad un secondo ponteggio, installato sbrigativamente la mattina stessa del sinistro, come riferito ancora dallo Z..

Sicchè la Corte di Appello ha omesso qualsiasi apprezzamento rispetto a tali decisive emergenze processuali ed ha ritenuto che a mancare fosse il parapetto dell'ultimo piano del ponteggio raffigurato nel PSC, dimostrando così di ritenere che il D. L. fosse caduto da quel quarto piano posto ad otto metri dal suolo, mentre è pacifico che egli cadde da circa 3,40 metri.

Quindi dal ponteggio provvisorio, la cui esistenza è stata esclusa dalla Corte di Appello evocando testimonianze non meglio indicate.

3.2. Con un secondo motivo si lamenta la violazione di legge ed il vizio motivazionale per aver la Corte di Appello erroneamente affermato l'esistenza del nesso causale tra la condotta del G. e l'evento illecito, considerato che dalla testimonianza dello Z. emerge che il ponteggio dal quale precipitò la persona offesa fu realizzato quello stesso giorno dell'infortunio unicamente per provvedere al getto del calcestruzzo, senza che di ciò fosse o potesse essere a conoscenza il coordinatore per l'esecuzione, il quale non era presente in cantiere nè avrebbe dovuto esserlo. Installazione imprevedibile e non prevista dal PSC;

mentre in occasione del montaggio del ponteggio previsto da tale documento venne redatto il verbale della verifica del rispetto delle prescrizioni contenute nel PSC. Verbale del quale venne chiesta l'acquisizione ai sensi dell'art. 603 c.p.p., ma che la Corte di Appello non ha ritenuto di ricevere, senza peraltro motivare il rigetto della richiesta difensiva. Di ciò si duole il ricorrente con il terzo motivo.

3.3. Il terzo motivo denuncia la mancanza di motivazione in merito al rigetto della richiesta di acquisizione ai sensi dell'art. 603 c.p.p., del verbale di dichiarazioni rese nel corso delle indagini preliminari da D.L.A. (omonimo della persona offesa), dalle quali emerge la circostanza dell'essersi posto il lavoratore su una cassetta di plastica a mò di gradino. La circostanza risulterebbe decisiva perchè (secondo quanto affermato dal Gi.) comporterebbe la inefficienza impeditiva della condotta doverosa che si ascrive al G. di non aver tenuto (garantire la presenza di parapetti) e che il giudice di primo grado aveva escluso, ritenendo falsa l'informazione data a riguardo dal teste Z. (mentre risulterebbe confermata dalle dichiarazioni della stessa persona offesa e dall'isp. Gi., respinte dalla Corte di Appello senza reale motivazione). Si lamenta, inoltre, la mancanza di motivazione in merito alla valutazione delle prove dianzi indicate.

4. Il 28.5.2015 l'Inali ha depositato memoria con la quale ha chiesto il rigetto del ricorso.


Diritto


5. In primo luogo va rilevato che il reato di cui trattasi risulta commesso il 4.11.2006 e che si è estinto per il decorso del termine massimo di prescrizione con il trascorrere del 4.5.2014 e pertanto successivamente alla emissione della sentenza qui impugnata.

Poichè non emerge l'inammissibilità del ricorso, per le ragioni che saranno appresso esplicitate, le quali escludono anche l'applicabilità dell'art. 129 c.p.p., va pronunciato l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, agli effetti penali.

6. Per quanto attiene alla pronuncia di condanna del G. al risarcimento dei danni in favore della parte civile, è parimenti noto che l'art. 578 c.p.p., prevede che il giudice d'appello o la Corte di Cassazione, nel dichiarare estinto per amnistia o prescrizione il reato per il quale sia intervenuta "condanna, anche generica, alle restituzioni o al risarcimento dei danni cagionati", sono tenuti a decidere sull'impugnazione agli effetti dei capi della sentenza che concernano gli interessi civili; al fine di tale decisione i motivi di impugnazione proposti dall'imputato devono essere esaminati compiutamente, non potendosi trovare conferma della condanna al risarcimento del danno (anche solo generica) dalla mancanza di prova della innocenza degli imputati, secondo quanto previsto dall'art. 129 c.p.p., comma 2 (Cass. Sez. 6^, sent. n. 3284 del 25/11/2009, Mosca, Rv. 245876).

Orbene, sotto lo specifico profilo ora menzionato le doglianze proposte dal G. sono infondate.

6.1. I primi due motivi di ricorso si imperniano sulla assunzione di un comune dato di fatto (e quindi possono essere trattati unitariamente), ovvero che il ponteggio dal quale cadde il D. L. fosse non già quello previsto e regolamentato nel PSC bensì un ponteggio provvisorio non rappresentato in detto PSC e montato all'insaputa dell'imputato; assunto per sostenere il quale - stante la diversa posizione sul punto dei giudici di merito - si adduce sia stato operato da entrambi i decisori un travisamento delle dichiarazioni rese da Z.F. (nel qual caso si ammette la denuncia del vizio ancorchè in presenza di una c.d. "doppia conforme": Sez. 4^, n. 44756 del 22.10.2013, Buonfine ed altri, n.m.). Occorre dare atto alla difesa di aver formulato la censura adempiendo all'onere di rendere la medesima autosufficiente, essendo stato allegato al ricorso l'intero verbale delle dichiarazioni dibattimentali dello Z.. Tuttavia, già dalla lettura della sentenza impugnata emerge come non vi sia materia di traviamento della prova, ovvero di errore sul significante, poichè la Corte di Appello non ha mai assunto un enunciato diverso da quello proveniente dal teste, ma ha piuttosto ritenuto che le dichiarazioni del medesimo, complessivamente considerate, accanto ad una palese ambiguità, presentassero anche la conferma della non subitaneità della edificazione del ponteggio. Ed invero, si tratta di affermazione del tutto coerente con il dato probatorio: a pagine 28 e ss. del verbale di escussione, lo Z. replica al difensore di parte civile che lo interroga - ed a chiarimento di quanto affermato poco prima in merito all'erezione del ponteggio la mattina stessa dell'incidente -che ad esser stato montato per l'occasione era stato non già l'intero ponteggio di un'altezza complessiva di quattro metri, bensì il solo ultimo piano di calpestio, richiesto dalle necessità del getto di calcestruzzo.

Dal che consegue che il dato fattuale assunto dai giudici di merito non può essere in questa sede posto in discussione: esisteva in progetto e in concreto un solo ponteggio; esso contemplava già nell'ambito del piano un ultimo piano calpestarle, del cui corretto approntamento il G., nella qualità, avrebbe dovuto assicurarsi.

Nè erra la Corte di Appello nell'affermare che la mancata valutazione della adeguatezza del ponteggio in relazione alla prevista opera di getto del calcestruzzo svelerebbe un'ulteriore profilo di colpa a carico dell'odierno ricorrente, anche per l'omesso controllo in concomitanza con una simile rilevante fase delle lavorazioni (cfr. pg. 9 e 13).

Come noto, la giurisprudenza di questa Corte è venuta precisando il ruolo del coordinatore per l'esecuzione nell'ambito dei cantieri temporanei o mobili che prevedano il concorso di più imprese esecutrici nel senso che il medesimo ricopre una posizione di garanzia che si affianca a quella degli altri soggetti destinatari della normativa antinfortunistica e gli spettano compiti di "alta vigilanza", consistenti:

a) nel controllo sulla corretta osservanza, da parte delle imprese, delle disposizioni contenute nel piano di sicurezza e di coordinamento nonchè sulla scrupolosa applicazione delle procedure di lavoro a garanzia dell'incolumità dei lavoratori;

b) nella verifica dell'idoneità del piano operativo di sicurezza (POS) e nell'assicurazione della sua coerenza rispetto al piano di sicurezza e coordinamento;

c) nell'adeguamento dei piani in relazione all'evoluzione dei lavori ed alle eventuali modifiche intervenute, verificando, altresì, che le imprese esecutrici adeguino i rispettivi POS. (Sez. 4^, n. 44977 del 12/06/2013 - dep. 07/11/2013, Lorenzi e altri, Rv. 257167).

In particolare il controllo sul rispetto delle previsioni del piano non può essere meramente formale, ma va svolto in concreto, secondo modalità che derivano dalla conformazione delle lavorazioni;

essenziale è che alla previsione della cautela segua un'attività di verifica della sua attuazione, che compete alle imprese esecutrici.

Attività di verifica che tuttavia non può significare presenza diuturna nel cantiere ma, appunto, presenza nei momenti delle lavorazioni topici rispetto alla funzione di controllo.

L'alta vigilanza della quale fa menzione la giurisprudenza di questa Corte, lungi dal poter essere interpretata come una sorta di contrazione della posizione di garanzia indica piuttosto il modo in cui vanno adempiuti i doveri tipici. Mentre le figure operative sono prossime al posto di lavoro ed hanno quindi poteri-doveri di intervento diretto ed immediato, il coordinatore opera attraverso procedure; tanto è vero che un potere-dovere di intervento diretto lo ha solo quando constati direttamente gravi pericoli D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 92, comma 1, lett. f). Può dirsi che il coordinatore per l'esecuzione, identifica momenti topici delle lavorazioni e predispone attività che assicurino rispetto ad esse la attuazione dei piani "attraverso la mediazione dei datori esecutorì. Non può esimersi dal prevedere momenti di verifica della effettiva attuazione di quanto esplicato e previsto; ma anche queste azioni di verifica non possono essere quotidiane ed hanno una periodicità significativa e non burocratica (cioè dettate dalle necessità che risultino idonee allo scopo e non routinarie). Parallelamente, l'accertamento giudiziale non dovrà ricercare i segni di una presenza diuturna, ma le tracce di azioni di coordinamento, di informazione, di verifica, e la loro adeguatezza sostanziale.

Del tutto in linea con tali principi è la sentenza impugnata, che non merita quindi le censure mossegli, neppure sotto il profilo della identificazione della condotta colposa dell'imputato.

Il che manifesta l'inammissibilità della doglianza che investe il mancato rinnovo dell'istruzione dibattimentale con l'acquisizione del verbale di verifica del rispetto delle prescrizione del PSC redatto dal G. medesimo al momento dell'installazione del ponteggio: con il ricorso per cassazione può essere censurata la mancata rinnovazione in appello dell'istruttoria dibattimentale qualora si dimostri l'esistenza, nell'apparato motivazionale posto a base della decisione impugnata, di lacune o manifeste illogicità, ricavabili dal testo del medesimo provvedimento e concernenti punti di decisiva rilevanza, le quali sarebbero state presumibilmente evitate provvedendosi all'assunzione o alla riassunzione di determinate prove in appello (Sez. 6^, n. 1400 del 22/10/2014 - dep. 14/01/2015, PR, Rv. 261799).

Infine, posto che il (secondo) motivo chiama in causa la categoria del comportamento abnorme del lavoratore sulla premessa della edificazione di un secondo ponteggio ignoto al coordinatore per l'esecuzione, il rilievo risulta superato da quanto sopra esposto.

6.2. La trattazione dei menzionati motivi non può dirsi esaurita prima di svolgere alcune ulteriori considerazioni:

a) L'esposizione nel corpo del ricorso di una o più manchevolezze o errori del giudice il cui provvedimento si impugna non vale a soddisfare la previsione dell'art. 581 c.p.p., lett. a), laddove richiede che siano indicati i capi o i punti della decisione ai quali si riferisce l'imputazione. Non che siano richieste formule sacramentali; ma va certamente enucleato dal percorso discorsivo quanto è oggetto di censura - e a cui si coordinano le richieste lett. b) ed i motivi, con i correlati elementi di fatto e ragioni di diritto lett. e) - da quanto è supporto alla argomentazione.

Nel caso di specie si lamenta che il rapporto giudiziario del 5.1.2007 non sia stato fatto oggetto di acquisizione, ex art. 603 c.p.p., dalla Corte di Appello e si critica che siano rimaste ignote le ragioni del diniego; e tuttavia non solo nell'intitolazione del primo motivo non si fa riferimento alla violazione dell'art. 603 c.p.p., o ad un connesso vizio motivazionale; ma neppure nell'esposizione che segue si opera alcuna specifica denuncia del punto.

Di conseguenza la circostanza - peraltro di impercettibile rilevanza rispetto al tema della inadeguatezza del ponteggio - che in forza di quell'atto si richiama non può neppure essere presa in considerazione per valutare la motivazione qui in esame.

b) I rilievi che si svolgono quanto alla mancata considerazione delle dichiarazioni dell'imputato circa l'esito di una visita ispettiva precedente l'infortunio e alla errata identificazione del ponteggio in questione con quello descritto in figura a pg. 13 del POS, rappresentano espressione di una mancata interlocuzione con la ratio essendi della decisione, che essi non riescono a scalfire. In particolare, quanto al richiamo al POS, appare evidente che la Corte di Appello abbia inteso riferirsi al fatto che la figurazione del ponteggio non contemplava essa stessa parapetti a difesa dell'ultimo piano di calpestio e non certo che - nonostante l'ampia disamina svolta a documentare che il ponteggio dal quale era caduto il lavoratore era di quattro metri - fosse di quattro piani e quindi di otto metri di altezza.

6.3. Il terzo (ma indicato come quarto) motivo è parimenti infondato. Esso si incentra sulla circostanza dell'aver utilizzato l'infortunato una cassetta di plastica, sulla quale si sarebbe issato mentre operava; tanto avrebbe reso l'eventuale comportamento alternativo lecito privo di effetto impeditivo. A venir meno, quindi, sarebbe la causalità della colpa.

Ma la Corte di Appello ha escluso che il D.L. avesse fatto uso della cassetta, spiegando che di essa aveva parlato in sede di s.i.t. il solo Z., che aveva poi ricostruito l'accaduto in termini del tutto differenti in sede di escussione dibattimentale (ove ha affermato di esser stato lui stesso a tenere il tubo di scarico dell'autopompa con il collega distante circa un metro e mezzo attinto dallo stesso per effetto del movimento indotto dal guasto del mezzo).

Di contro si censura l'omessa rinnovazione dibattimentale con l'acquisizione delle dichiarazioni di D.L.A. (cl. (OMISSIS)), che avendo indicato l'utilizzo della cassetta, avrebbe permesso di ritenere provata una circostanza decisiva, perchè incidente sulla causalità della colpa, nel senso dianzi chiarito.

Ma già il ricorrente è consapevole che la Corte di Appello ha comunque preso in esame l'ipotesi del ricorso alla cassetta quale improprio mezzo per elevare l'altezza di manovra, concludendo per la sua irrilevanza, risultando comunque decisiva l'assenza di idonei parapetti. La difesa si duole dell'apoditticità di tale affermazione; ma in realtà l'esplicazione del pensiero della Corte distrettuale è di poche righe precedente, quando scrive della inidoneità dell'altezza del ponteggio rispetto alla necessaria gettata di calcestruzzo. Tanto significa che la stessa necessità di utilizzare la cassetta, in quanto dovuta all'altezza dell'ultimo piano del ponteggio, insufficiente rispetto alla particolare lavorazione, certamente programmata ab origine, è da ascrivere al progettista (qual'era il G.) e che l'altezza degli "idonei" parapetti, la cui ipotetica installazione rientra nel giudizio in merito alla valenza impeditiva del comportamento alternativo lecito, va parametrata ai dati della particolare situazione.

7. In conclusione, il ricorso va rigettato agli effetti civili, ed il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali nonchè alla rifusione delle spese sostenute da INAIL per questo giudizio di Cassazione; spese che si liquidano in euro 2.500,00 oltre accessori come per legge.

P.Q.M.

Annulla nella prospettiva penale e senza rinvio, per intervenuta prescrizione, la impugnata sentenza. Rigetta il ricorso nella prospettiva civile. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali nonchè alla rifusione delle spese sostenute da INAIL per questo giudizio di Cassazione, spese liquidate in Euro 2.500,00 oltre accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 5 giugno 2015.

Depositato in Cancelleria il 16 settembre 2015