Cassazione Penale, Sez. 4, 05 maggio 2017, n. 21875 - Macchina impastatrice priva della griglia di protezione e omessa formazione del lavoratore infortunato


 

 

 

Presidente: BIANCHI LUISA Relatore: GIANNITI PASQUALE Data Udienza: 05/04/2017

 

 

 

FattoDiritto

 

1. La Corte di appello di Roma con la sentenza impugnata ha integralmente confermato la sentenza 25/06/2014 con la quale il Tribunale di Roma aveva dichiarato F.F., quale datore di lavoro della ditta V.F. Pav. Riv. Edili s.r.l., responsabile del reato ex art. 590 comma 3 c.p. per aver cagionato, per colpa generica ed in violazione della normativa di prevenzione degli infortuni sul lavoro (mancata messa a disposizione di attrezzature idonee in termini di sicurezza sul lavoro, nonché omessa formazione in materia di salute e sicurezza del lavoro), lesioni personali gravi a C.C.V., dipendente della suddetta ditta; nonché aveva condannato il F.F. ed il responsabile civile Groupama Assicurazioni s.p.a., in solido tra loro, al risarcimento dei danni in favore della parte civile Sig. C.C.V. (danni da liquidarsi in separata sede).
Era accaduto che, ad Acilia (RM), in data 6 marzo 2009, il C.C.V., operaio edile alle dipendenze della società di cui il F.F. era legale rappresentante, mentre stava svolgendo le sue mansioni alla macchina impastatrice, riportava l'amputazione totale del II, II e IV dito e la parziale amputazione del V dito della mano destra.
2. Avverso la sentenza della Corte territoriale, tramite difensore e procuratore speciale, propone ricorso il F.F., denunciando violazione di legge (e, in particolare, degli artt. 192, comma 1, c.p.p. e 590, comma 3, c.p.p.) e vizio di motivazione in relazione alle doglianze formulate con i motivi di appello e dotate del carattere della decisività.
In sintesi - secondo il ricorrente, che allega al ricorso la documentazione richiamata - entrambi i giudici di merito, operando una selezione arbitraria del materiale probatorio, avrebbero ritenuto attendibile il racconto della persona offesa C.C.V. (che aveva sostenuto che l'impastatrice era priva di griglia di protezione e di non aver ricevuto dal datore di lavoro adeguata formazione) nonostante che la versione dello stesso fosse contraddetta dalle deposizioni di tutti i di lui colleghi presenti in cantiere (da anni non più dipendenti del F.F., e, dunque, disinteressati), ad eccezione del di lui padre (pure presente in loco, ma distante).
3. Il ricorso non è fondato e, pertanto, non può essere accolto.
Invero il ricorrente deduce vizio di motivazione, ma dimentica che detto vizio è deducibile in sede di legittimità esclusivamente quando la motivazione sia manifestamente illogica o contraddittoria, nel senso che non consente l'agevole riscontro delle scansioni e degli sviluppi critici che connotano la decisone in relazione a ciò che è stato oggetto di prova ovvero nel senso che impedisce, per la sua intrinseca oscurità od incongruenza, il controllo sull'affidabilità dell'esito decisorio, sempre avendo riguardo alle acquisizioni processuali ed alle prospettazioni formulate dalle parti.
Nulla di tutto questo nel caso in esame, nel quale entrambi i giudici di merito: a) sulla base delle dichiarazioni rese dalla persona offesa C.C.V. e dal padre dello stesso, hanno ritenuto la colpa dell'imputato, che aveva fornito al proprio lavoratore attrezzatura non idonea in punto di sicurezza (trattandosi di impastatrice priva della prescritta griglia di sicurezza) e che non aveva adeguatamente formato detto lavoratore in materia di salute e di sicurezza sul lavoro; b) hanno indicato le ragioni per le quali - disattendendo la versione dell'imputato e dei testi Omissi - hanno escluso che l'incidente si sia verificato esclusivamente per la imprudente condotta colposa del lavoratore (che, secondo l'assunto difensivo, sebbene adeguatamente formato, avrebbe svolto l'attività lavorativa sollevando la griglia di cui la macchina era dotata).
In particolare, il giudice di primo grado ha messo in evidenza: da un lato, l'assenza di contraddizioni e la dovizia di particolari nel racconto della persona offesa C.C.V. sul nucleo fondamentale dei fatti, come pure la ricostruzione precisa, logica e chiara del padre del C.C.V.; dall'altro, il fatto che i testi a difesa si erano mostrati generici, imprecisi e contraddittori, mentre l'imputato, datore di lavoro, aveva descritto in denuncia 9/3/2009 il sinistro secondo modalità diverse (che, a suo dire, sarebbero state riferite ai sanitari dal C.C.V., preoccupato di aver disattivato la griglia) proprio al fine di voler tenere celata la circostanza che la macchina impastatrice era priva della griglia di protezione. E la Corte di appello ha confermato dette valutazioni; e cioè: il giudizio di attendibilità della persona offesa formulato dal giudice di primo grado, osservando peraltro che da nessuna emergenza processuale risultava che il C.C.V. avesse mai riferito di essersi ferito con frullino; sia il giudizio di inattendibilità dei testi dedotti dalla difesa, circa l'effettiva frequentazione dei corsi di formazione in materia antinfortunistica e circa il mancato svuotamento della macchina impastatrice. La Corte ha inoltre rilevato che, a tutto voler concedere, "in ogni caso" dalle deposizioni rese dai testi Omissis era "quanto meno" emerso che all'interno della impresa del F.F. era prassi lavorare con la macchina impastatrice priva della misura di sicurezza, prassi che lo stesso avrebbe comunque dovuto impedire.
In definitiva, la Corte territoriale ha chiarito le ragioni per le quali ha ritenuto di confermare la valutazione espressa dal primo giudice, sviluppando un percorso argomentativo che non presenta aporie di ordine logico e che risulta perciò immune da censure rilevabili in questa sede di legittimità. Ed il ricorrente invoca, in realtà, una inammissibile riconsiderazione alternativa del compendio probatorio, proprio con riguardo alle inferenze che i giudici di merito hanno tratto dagli accertati elementi di fatto, ai fini della affermazione della di lui penale responsabilità.
Ne consegue che il ricorso va dichiarato inammissibile e che alla suddetta dichiarazione consegue, ai sensi dell'alt. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, al versamento (in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità: cfr. Corte cost., sent. n. 186 del 2000), a favore della cassa delle ammende di una sanzione pecuniaria che si stima equo determinare nella misura di euro 2000, nonché alla rifusione delle spese di parte civile, che si liquidano in euro 2500 oltre accessori come per legge.
 

 

P.Q.M.

 


Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 2000 in favore della cassa delle ammende, nonché alla rifusione delle spese in favore della parte civile, che liquida in euro 2500 oltre accessori come per legge.
Così deciso il 05/04/2017.