Cassazione Penale, Sez. Feriale, 04 settembre 2017, n. 39879 - "Conchigliatrici" prive di dispositivi di protezione individuale. Responsabilità del datore di lavoro


 

 

 

 

Presidente: DI TOMASSI MARIASTEFANIA Relatore: PAVICH GIUSEPPE Data Udienza: 29/08/2017

 

 

 

Fatto

 

 

 

1. La Corte d'appello di Brescia, in data 11 ottobre 2016, ha riformato unicamente quoad poenam, confermandola nel resto, la sentenza con la quale, all'esito di giudizio abbreviato, V.DF. era stato condannato dal Tribunale di Brescia in data 31 maggio 2013 per il reato p. e p. dall'art. 590, commi 1 e 3, cod.pen. (lesioni personali colpose, con violazione di norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro), contestato come commesso in Dello il 6 novembre 2009.
Il reato é addebitato al V.DF. nella sua qualità di datore di lavoro della vittima, R.R.I., nonché di direttore dello stabilimento di Dello della società Heyres Lemmerz s.r.l.; l'addebito si riferisce al fatto che l'R.R.I., addetto alle c.d. "conchigliatrici" (macchinari di pressofusione per la produzione di cerchioni in lega leggera), nel mostrare una anomalia della macchina al manutentore, inavvertitamente inseriva la mano sinistra in un punto pericoloso, ma comunque accessibile, di chiusura dello stampo, procurandosi le lesioni descritte in atti (schiacciamento del 3° dito della mano sinistra, con frattura esposta della falange ungueale) e guaribili in oltre 71 giorni. La condotta contestata si riferisce al fatto che, nell'anzidetta qualità, il V.DF. avrebbe agito, oltreché con colpa generica (ossia con negligenza, imprudenza, imperizia), anche con colpa specifica, ossia omettendo di adottare le misure necessarie a tutelare l'integrità fisica dei lavoratori e violando gli artt. 70 e 71 del D.Lgs. 81/2008 (in relazione al punto 6 parte 1 allegato V del decreto anzidetto), in quanto le macchine conchigliatrici non erano dotate di protezioni, segregazioni o dispositivi di sicurezza atti a evitare il contatto anche accidentale con gli organi pericolosi in movimento.
2. Avverso la sentenza predetta ricorre il V.DF., tramite il proprio difensore di fiducia.
Quale unico motivo di ricorso si lamenta violazione di legge con riferimento al nesso di causalità tra la condotta omissiva contestata all'imputato e l'evento lesivo: nesso di causalità che, secondo l'esponente, sarebbe stato interrotto dal comportamento abnorme del lavoratore, esorbitante dalle mansioni a lui affidate (che non erano quelle di manutentore della macchina). Il fatto di indicare il punto del guasto non richiedeva l'inserimento della mano in un punto della macchina che poteva risultare pericoloso se in movimento; perciò la condotta dell'R.R.I. fu del tutto imprevedibile e inevitabile per il V.DF.. 

 

 

 

Diritto

 


1. Il ricorso é infondato, ponendosi anzi al limite della manifesta infondatezza.
La più recente giurisprudenza di legittimità ha ulteriormente chiarito i termini dell'annosa questione riguardante le condizioni alle quali può riconoscersi rilevanza interruttiva del nesso causale, nell'ambito dei reati colposi da infortuni sul lavoro, al comportamento imprudente, inesperto, negligente del lavoratore.
Perno centrale dell'Indirizzo tracciato dalla giurisprudenza della Corte, anche a Sezioni Unite, é costituito dal fatto che la condotta inosservante del lavoratore si collochi o meno nell'area di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia. In tale quadro si considera "interruttiva del nesso di condizionamento la condotta abnorme del lavoratore quando essa si collochi in qualche guisa al di fuori dell'area di rischio definita dalla lavorazione in corso. Tale comportamento é "interruttivo" (per restare al lessico tradizionale) non perché "eccezionale" ma perché eccentrico rispetto al rischio lavorativo che il garante é chiamato a governare" (Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014, Espenhahn e altri, non massimata sul punto; cfr. in termini Sez. 4, n. 15124 del 13/12/2016 - dep. 2017, Gerosa e altri, Rv. 269603).
Ciò posto, e venendo al caso di specie, la sentenza impugnata correttamente esclude che la persona offesa stesse operando in un contesto estraneo ai suoi compiti. Invero, risulta in atti che l'R.R.I. era addetto alle conchigliatrici, ossia alle macchine ove avvenne l'infortunio; e a poco rileva che egli non svolgesse mansioni di manutentore e che egli maldestramente stesse indicando a un manutentore che il macchinario era difettoso. Ciò che rileva é che la conchigliatrice presentava effettivamente elementi di pericolosità nei termini poi concretizzatisi. Quanto alla disposizione cautelare violata, l'art. 71 D.Lgs. 81/2008 -già in vigore al momento del fatto- fa obbligo al datore di lavoro -o al suo delegato alla sicurezza- di verificare la sicurezza delle macchine introdotte nella propria azienda e di rimuovere le fonti di pericolo per i lavoratori addetti all'utilizzazione di una macchina, a meno che questa non presenti un vizio occulto (Cass. Sez. 4, sent. n. 4549 del 29/01/2013); e, nella specie, la Corte di merito motiva in modo adeguato (pp. 7-8 sentenza impugnata) in ordine al fatto che la macchina era sprovvista di dispositivi di protezione idonei.
Il fatto stesso che fosse notoria la pericolosità del macchinario nel punto ove l'R.R.I. subì lo schiacciamento del dito (é lo stesso lavoratore a riferire che "sapeva già che non doveva mettere la mano in quel posto perché la piastra estrattrice avrebbe iniziato in automatico la sua corsa") rende evidente che si trattava di rischio conoscibile e governabile da parte del datore di lavoro, e che quindi era suo dovere prevenirne ed evitarne il concretizzarsi.
2. Da ultimo, va disatteso l'assunto difensivo in base al quale il reato sarebbe ad oggi estinto per lo spirare del termine di prescrizione in difetto di formali provvedimenti di sospensione del suddetto termine.
Ed invero, consta in atti che all'udienza del 25 gennaio 2013 lo stesso difensore dell'imputato ha chiesto e ottenuto rinvio della trattazione del processo all'udienza del 5 aprile 2013, in pendenza di trattative fra le parti.
Tale evenienza, ai sensi dell'art. 159 cod.pen., ha avuto efficacia sospensiva del decorso del termine prescrizionale, per l'intero arco temporale intercorso fra le due udienze (trattandosi di richiesta e non di impedimento della parte o del difensore), e ciò indipendentemente dal fatto che la sospensione del termine di prescrizione sia stata disposta con provvedimento formale (giurisprudenza pacifica: vds. da ultimo Sez. 7, n. 9466 del 25/11/2014 - dep. 2015, Franco e altro, Rv. 262670).
3. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
 

 

P.Q.M.

 


Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 29 agosto 2017.