Categoria: Cassazione penale
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Cassazione Penale, Sez. 4, 15 settembre 2017, n. 42294 - Lavori di rifacimento del manto stradale e caduta di una passante. Responsabile il coordinatore per la sicurezza


 

"Secondo i consolidati approdi della giurisprudenza di legittimità, al coordinatore per la sicurezza fa capo la vigilanza sulla organizzazione complessiva del cantiere, con ciò intendendosi la conformazione dell'opera, dell'area di cantiere e della sequenza delle lavorazioni alla necessità di sicurezza dei lavoratori. Egli, infatti, è il soggetto dotato delle necessarie competenze tecniche (espressamente richieste dall'art. 10 d.lgs n.494/1996) che si interpone tra la committenza e le imprese esecutrici, quale garante della sicurezza del cantiere (Sez.4, n.38002 del 9/7/2008, RV 241217). In tal senso deve essere letto il significato del concetto di " alta vigilanza" che è stato delineato dalla giurisprudenza di legittimità, essendosi specificato che certamente il coordinatore per la sicurezza non deve controllare, momento per momento, le singole attività lavorative, competendo ciò al datore di lavoro (cd vigilanza operativa) ma certamente, come esposto, deve sorvegliare sulla generale conformazione delle lavorazioni alle prescrizioni in materia di sicurezza (sez. 4, n.18149 del 21/4/2010, Rv 247536; sez. 4, n.3288 del 27/9/2016, dep. 2017, Rv.269047). Sicuramente, dunque, il controllo sul rispetto del Piano di sicurezza e coordinamento (PSC) di cui all'art. 12 del citato d.lgs n.494/1996, con le relative prescrizioni più sopra citate, competeva all'odierno imputato."


Presidente: BIANCHI LUISA Relatore: MICCICHE' LOREDANA Data Udienza: 16/05/2017

 

 

 

Fatto

 

1. La Corte d'Appello di Catania, con sentenza del 13 luglio 2016, in riforma della sentenza del locale Tribunale, dichiarava la prescrizione del reato contestato ad A.G. e confermava le statuizioni civili di condanna al risarcimento del danno in favore della parte civile da liquidarsi in separato giudizio con provvisionale esecutiva pari ad €.5.000,00. Ad A.G. era stato contestato il reato di cui all'art. 40 cpv, 590 commi 1 e 2 cod pen, poiché, in qualità di coordinatore per la sicurezza in fase operativa, per colpa consistita in negligenza, imprudenza e imperizia, nonché nella violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, nel corso dei lavori per la riqualificazione del centro storico del comune di Raddusa, e in particolare per il rifacimento del manto stradale della via Maestro Allegra, ometteva di controllare il rispetto dei piani della sicurezza e cagionava a B.A., caduta in conseguenza del cedimento del terreno mentre camminava sulla predetta strada, una lesione personale dalla quale derivava la frattura scomposta del piede, guarita in gg. 30 (fatto accaduto il 28 luglio 2006).
2. Ricorre per Cassazione A.G. a mezzo del proprio difensore di fiducia lamentando, con il primo motivo, la nullità del decreto di citazione a giudizio per mancanza dei requisiti previsti dall'art. 429, comma 1, lett. c) cod proc pen, poiché nessuna delle norme citate nel decreto riguarda la figura del coordinatore per la sicurezza, e, in special modo, i doveri violati, determinando ciò un assoluta incertezza in ordine alla condotta contestata. Trattandosi di reato omissivo, la condotta viene infatti precisata allorquando nell'Imputazione sia indicata anche la regola di condotta cui avrebbe dovuto attenersi l'agente. Con il secondo motivo, si deduce violazione e falsa applicazione dell'art. 129 cod proc pen, emergendo dagli atti di causa con evidenza l'innocenza dell'Imputato. Con il terzo motivo, il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione del d.lgs. n.494/1996 e successive modifiche o integrazioni. L'investitura formale dell'incarico di coordinatore per la sicurezza, infatti, era avvenuta in data successiva al sinistro ( occorso il 28 luglio 2006), poiché solo il 2 agosto 2006 l'appaltante Comune di Raddusa aveva comunicato all'appaltatore RAM costruzioni i nominativi dei coordinatori per la progettazione e l'esecuzione; a nulla rilevando la sottoscrizione del disciplinare di incarico con il Comune, risalente al 29 marzo 2006. Inoltre, la ditta appaltatrice non aveva comunicato l'inizio dei lavori, non mettendolo in condizione di assolvere agli obblighi previsti dalla legge (art. 5 d.lgs 494/1996) né aveva provveduto a redigere il POS, non permettendogli pertanto di esercitare il controllo del rispetto delle previste prescrizioni in materia di sicurezza. Sul punto, la Corte territoriale aveva offerto una interpretazione delle norme errata e illogica, ritenendo che, anche sussistendo le descritte omissioni della ditta appaltatrice - sulla quale avrebbe dovuto integralmente invece gravare ogni responsabilità - fossero ugualmente imputabili condotte doverose al coordinatore per la sicurezza in fase esecutiva.
 

 

Diritto

 


1. Il primo motivo è infondato. Il decreto di citazione, lungi dal mancare di specificità, menziona chiaramente sia la posizione di garanzia in base alla quale l'imputato è stato chiamato a rispondere, sia la condotta omissiva, consistente - secondo gli obblighi facenti capo proprio al coordinatore per la sicurezza in fase esecutiva - nel mancato controllo circa il rispetto dei piani di sicurezza nel corso dell'esecuzione dei lavori. E' dunque specificamente riportata l'essenza della condotta contestata, a nulla rilevando l'esatto richiamo della normativa che si assume violata (Cass n.45289 del 5/12/2011, Rv 250991).
2. Parimenti infondata è la censura relativa alla violazione dell'art. 129, non ravvisandosi alcuna evidenza dell'innocenza dell'imputato. Occorre sottolineare, in conformità all'insegnamento ripetutamente impartito da questa Corte, come, in presenza di una causa estintiva del reato, l'obbligo del giudice di pronunciare l'assoluzione dell'imputato per motivi attinenti al merito si riscontri nel solo caso in cui gli elementi rilevatori dell'insussistenza del fatto, ovvero della sua non attribuibilita' penale all'imputato, emergano in modo incontrovertibile, tanto che la relativa valutazione, da parte del giudice, sia assimilabile più al compimento di una 'constatazione', che a un atto di 'apprezzamento' e sia quindi incompatibile con qualsiasi necessità di accertamento o di approfondimento (v. Cass., n. 35490/2009, Rv. 244274). E invero il concetto di 'evidenza', richiesto dal secondo comma dell'art. 129 c.p.p., presuppone la manifestazione di una verità processuale così chiara e obiettiva, da rendere superflua ogni dimostrazione, concretizzandosi così in qualcosa di più di quanto la legge richieda per l'assoluzione ampia, oltre la correlazione a un accertamento immediato (cfr. Cass., n. 31463/2004, Rv. 229275).
3. E' infondato anche il terzo motivo, con il quale si denuncia vizio di motivazione ed erronea applicazione della legge penale in ordine alla affermazione della penale responsabilità del ricorrente. In primo luogo, non si ravvisa alcun difetto motivazionale nella valutazione del materiale probatorio acquisito al giudizio in ordine all'accertamento dello stato delle lavorazioni in corso, correttamente desunto dalla Corte di Appello dal materiale fotografico in atti che ritraeva lo stato del cantiere, privo di recinzioni e segnaletiche, e consentiva di affermare che gli interventi sul manto stradale erano già in fase avanzata alla data del sinistro. Sostiene inoltre il ricorrente di non aver potuto adempiere agli obblighi di vigilanza imposti dall'art. 5 D.lg n.494/1996, applicabile ratione temporis, in quanto non sarebbe mai stato messo al corrente della data di inizio dei lavori e che, in base alla corretta lettura della normativa vigente, l'assunzione della posizione di garanzia può farsi coincidere solo nel momento in cui l'impresa appaltatrice comunichi al coordinatore per la sicurezza il relativo POS, laddove, nel caso di specie, detta impresa non aveva neppure provveduto alla materiale predisposizione del POS e, conseguentemente, nulla gli aveva comunicato. Insiste, al riguardo, nel sottolineare l'erroneità della valutazione della Corte territoriale, che non aveva attribuito rilevanza alla comunicazione ex art. 11 d.lgs 494/1996 inviata dal Comune di Raddusa in data successiva all'infortunio. Orbene, il ricorrente ripropone le medesime doglianze già rappresentate in sede di gravame e disattese dalla Corte territoriale con motivazioni che resistono ampiamente al sindacato di legittimità. In particolare, è corretta l'argomentazione per cui non ha decisivo rilievo probatorio il fatto che la comunicazione ex art. 11 d.lgs n.494/1994 ( cd. notifica preliminare) datata 4 agosto 2006, indichi quale data presunta di inizio lavori quella del 2 agosto 2006, successiva all'infortunio. Com'è noto, con la predetta comunicazione, il committente ( nella specie, il Comune di Raddusa) deve trasmettere ai superiori organi ispettivi ( ASL e Direzione provinciale del lavoro) i dati relativi al cantiere e all'appalto, compresi i nominativi dei coordinatori per la sicurezza in fase di progettazione e di esecuzione. In proposito, la Corte territoriale ha correttamente rilevato che il Comune committente aveva apposto alla notifica preliminare una data successiva all'infortunio e all'effettivo avvio dei lavori, che invece si presentavano in progredito stato di avanzamento, argomentando inoltre che la posizione di garanzia prescinde certamente dalla formale redazione e comunicazione della notifica preliminare, derivando invece dalla formale assunzione della qualifica di coordinatore in fase esecutiva, avvenuta nel marzo 2006 con la sottoscrizione del disciplinare di incarico. Da quel momento, invero, scattano in capo al coordinatore gli obblighi di cui all'art. 5 del d.lgs n.494/1996, in particolare quello di verificare, con opportune azioni di coordinamento e controllo, l'applicazione, da parte delle imprese esecutrici e dei lavoratori autonomi, delle disposizioni contenute nel piano generale di sicurezza e coordinamento che, ai sensi dell'art. 12 della medesima legge, è parte integrante del contratto di appalto e contiene, come previsto dalla legge, l'individuazione, l'analisi e la valutazione dei rischi e le conseguenti procedure. In particolare, in relazione alla tipologia del cantiere interessato, il PSC contiene elementi minuziosamente elencati dalla norma, tra quali le precise modalità da seguire per la regolare la recinzione del cantiere, gli accessi e le segnalazioni. Ciò posto, non si può certo sostenere - come vorrebbe il ricorrente - che l'assunzione dell'obbligo di vigilanza avvenga soltanto con la formale comunicazione del POS da parte della impresa appaltatrice: il coordinatore per la sicurezza in fase esecutiva deve certamente - e a prescindere dalla formale ricezione del POS - verificare il rispetto del piano generale di coordinamento e delle prescrizioni ivi contenute, come stabilito dall'art. 5, lett. a), d.lgs n.494/1996. In proposito, lo stesso ricorrente afferma che i lavori erano stati consegnati il 6 aprile, come risulta dal relativo verbale: da quel momento, certamente, doveva essere controllata la corretta recinzione del cantiere, i relativi accessi e segnalazioni. E, in ragione di quanto esposto, si appalesa a maggior ragione corretta la valutazione della Corte territoriale secondo cui la mancata redazione del POS, lungi dall'esimere l'imputato da ogni responsabilità, avrebbe dovuto essere rilevata e segnalata dall'imputato, in ragione della posizione rivestita. Dette conclusioni si ricavano anche dalla lettura della norma richiamata nel ricorso, ossia l'art. 131 d.lgs n.163/2006, che prevede l'obbligo in capo all'impresa appaltatrice di predisporre e inviare all'ente appaltante il POS entro trenta giorni dalla aggiudicazione e comunque prima dell'inizio dei lavori, norma che certamente, stante la qualifica posseduta, l'odierno imputato avrebbe dovuto conoscere. Al riguardo, va rammentato che, secondo i consolidati approdi della giurisprudenza di legittimità, al coordinatore per la sicurezza fa capo la vigilanza sulla organizzazione complessiva del cantiere, con ciò intendendosi la conformazione dell'opera, dell'area di cantiere e della sequenza delle lavorazioni alla necessità di sicurezza dei lavoratori. Egli, infatti, è il soggetto dotato delle necessarie competenze tecniche (espressamente richieste dall'art. 10 d.lgs n.494/1996) che si interpone tra la committenza e le imprese esecutrici, quale garante della sicurezza del cantiere (Sez.4, n.38002 del 9/7/2008, RV 241217). In tal senso deve essere letto il significato del concetto di " alta vigilanza" che è stato delineato dalla giurisprudenza di legittimità, essendosi specificato che certamente il coordinatore per la sicurezza non deve controllare, momento per momento, le singole attività lavorative, competendo ciò al datore di lavoro (cd vigilanza operativa) ma certamente, come esposto, deve sorvegliare sulla generale conformazione delle lavorazioni alle prescrizioni in materia di sicurezza (sez. 4, n.18149 del 21/4/2010, Rv 247536; sez. 4, n.3288 del 27/9/2016, dep. 2017, Rv.269047). Sicuramente, dunque, il controllo sul rispetto del Piano di sicurezza e coordinamento (PSC) di cui all'art. 12 del citato d.lgs n.494/1996, con le relative prescrizioni più sopra citate, competeva all'odierno imputato.
4. Si impone, quindi, il rigetto del ricorso. Segue per legge la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
 

 

PQM

 


Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.