Cassazione Penale, Sez. 4, 19 marzo 2018, n. 12637 - Lavori in quota. Responsabilità di un coordinatore per la progettazione e l'esecuzione


 

Presidente: CIAMPI FRANCESCO MARIA Relatore: TORNESI DANIELA RITA Data Udienza: 20/12/2017

 

 

 

Fatto

 

1. Con sentenza emessa il 5 aprile 2013 il Tribunale di Firenze dichiarava, tra l'altro, G.S., nella qualità di coordinatore nella fase di progettazione e di esecuzione dei lavori di ristrutturazione del palazzo Tornabuoni - Corsi, responsabile dei seguenti reati a lui ascritti:
capo a) del reato di cui agli artt. 10, 16 e 77 del d.P.R. 07 gennaio 1956 n. 164, per avere omesso di adottare e mettere in opera adeguate impalcature, ponteggi o opere provvisionali, idonee a eliminare i pericoli di caduta delle persone.
In Firenze sino al 03 febbraio 2007;
capo b) del reato di cui agli artt. 113 e 590, commi 1 e 3, cod. pen. in relazione all'art. 583, comma 1, n. 1 cod. pen. perchè per colpa, cagionava lesioni personali gravi a E.C.O., dipendente della società Edilnova s.a.s., mentre era impegnato nella coibentazione del tetto dell'edificio mediante la messa in opera di pannelli di poliuretano e, quindi, lavorando ad un'altezza superiore a metri due.
1.1. In particolare l'addebito mosso nei suoi confronti è di avere omesso di verificare, con opportune azioni di coordinamento e di controllo, l'applicazione, da parte delle imprese esecutrici, società C.P.F. s.p.a. ed Edilnova s.a.s., delle disposizioni loro pertinenti contenute nel piano di sicurezza e di coordinamento e la corretta applicazione delle procedure di lavoro e di verificare l'idoneità del piano operativo di sicurezza e di adeguarlo in relazione all'evoluzione dei lavori e alle situazioni di rischio e, conseguentemente, pur avendo accertato la mancata predisposizione di un ponteggio, di avere omesso di disporre la sospensione dei lavori, così come prescritto dall'art. 5, comma 1, lett.a), b) ed f) del d.lgs. n. 494/1996.
In Firenze il 03 febbraio 2007.
1.2. Il G.S. veniva condannato, quanto al reato di cui al capo a) alla pena di Euro 100,00 di ammenda e in relazione al reato di cui al capo b) alla pena di Euro 1.200,00 di multa. Inoltre il predetto veniva condannato, in solido con gli altri imputati, al risarcimento del danno in favore della parte civile E.C.O., per la cui liquidazione rimetteva le parti davanti al competente giudice civile, con assegnazione di una provvisionale immediatamente esecutiva di Euro 20.000,00 e alla restituzione, in favore della parte civile INAIL, della rendita risultata pagata sino alla data del 04 marzo 2011 di Euro 13.395,84.
2. La Corte di appello di Firenze, in parziale riforma della sentenza di primo grado, dichiarava non doversi procedere nei confronti, tra l'altro, del G.S. perché i reati sono estinti per prescrizione dei reati. Confermava la pronuncia nel resto.
3. Secondo la ricostruzione dei fatti operata dal giudice di merito, in aderenza alle risultanze probatorie, emerge quanto segue.
L'infortunio si è verificato mentre erano in pieno svolgimento i lavori di ristrutturazione del palazzo Tornabuoni - Corsi che impegnava contemporaneamente più ditte.
La committente Hydra s.r.l. aveva appaltato i lavori alla C.P.F Costruzioni s.p.a. che, a sua volta, procedeva a sub - appaltare alcuni lavori, tra le altre, alla Edilnova s.a.s, incaricata di eseguire i lavori di intonaco delle facciate esterne e del tetto.
Quanto ai lavori di rifacimento del tetto, al momento del fatto la società Edilnova stava procedendo al montaggio dei pannelli di stiferite, ovvero del materiale termoisolante necessario per la coibentazione, al fine della successiva fase di stesura della guaina bitumosa e del montaggio delle tegole.
La procedura esecutiva in atto prevedeva giornalmente, al termine dei lavori, la stesura di un telo impermeabile per proteggere il tetto dall'azione di eventuali agenti atmosferici e i locali sottostanti da eventuali infiltrazioni di acqua piovana.
Il giorno 03 febbraio 2007 E.C.O., dipendente della società Edilnova, con funzioni di magazziniere, stava lavorando presso il cantiere edile quando, su indicazione di B.F., direttore tecnico del cantiere e dipendente della C.P.F Costruzioni s.p.a., si recava sul tetto, così come era già avvenuto altre volte, ad aiutare gli operai, G.C., e P.A., rispettivamente dipendenti delle società Edilnova e Costruzione S. di S. Pasquale, a stendere il telo protettivo. Passando sopra una delle aperture del tetto, chiusa in quel momento da un pannello di stiferite e non segnalata, E.C.O. precipitava nel solaio sottostante.
Al momento dell'accadimento tutti i lucernari del tetto, ancora privi di infissi, erano coperti di stiferite e dai primi rilievi effettuati circa un'ora dopo l'infortunio, il tecnico della A.S.L. riscontrava che sul lucernario da dove era caduto E.C.O. era stata collocata sopra il telo impermeabile, ovviamente dopo la caduta, una protezione di assi in legno.
Nell'ambiente sottostante a detto lucernario si trovava un ponteggio che non era posizionato in corrispondenza ad esso ma che era stato spostato verosimilmente da parte degli operai di un'altra ditta che stava eseguendo, all'interno del palazzo, lavori di muratura.
3.1. Nella sentenza impugnata la responsabilità del ricorrente è ancorata al fatto che sia nel piano di sicurezza e di coordinamento (P.S.C.) che nel piano operativo di sicurezza (P.O.S.) della società Edilnova non risultavano adottate, con riguardo alla specifica fase di copertura provvisoria del tetto che aveva più di dieci lucernari, le misure per la prevenzione dei rischi di caduta dall'alto.
I giudici di secondo grado rilevavano che il G.S. non aveva nemmeno provveduto a impartire specifiche disposizioni idonee ad evitare l'infortunio durante i sopralluoghi effettuati nel cantiere ai preposti ai lavori. Dal c.d. «giornale dei lavori» risultavano infatti solo generiche indicazioni sulla predisposizione di ponteggi in altezza senza alcun riferimento all'operazione in esame. Le disposizioni previste erano ritenute del tutto inconferenti con la fase di lavorazione in questione, ove la stesura del telo protettivo sul tetto al termine dei lavori di ogni giorno presupponeva la rimozione di eventuali parapetti attorno al lucernario, altrimenti il telo avrebbe creato delle zone di confluenza dell'acqua piovana.
L'ulteriore rischio, del tutto sottovalutato dal G.S., derivava dalle interferenze tra l'operato delle varie imprese contemporaneamente occupate nella attività di ristrutturazione in quanto mentre alcuni lavoratori erano addetti alla lavorazione sul tetto, altri provvedevano ai lavori di muratura all'interno e non risulta esservi stata alcuna comunicazione tra loro. Nel P.S.C. non erano state previste adeguate procedure per il doveroso coordinamento di dette attività.
4. G.S., a mezzo del difensore di fiducia, propone ricorso per cassazione elevando due motivi.
4.1. Con il primo motivo deduce la contraddittorietà e manifesta illogicità nonché la mancanza di motivazione della sentenza impugnata in relazione alla ricostruzione del fatto.
Evidenzia al riguardo che la Corte ha erroneamente ritenuto comprovato, in contrasto con le emergenze probatorie, che l'apposizione di una lastra di stiferite sulla apertura del tetto sulla quale stava lavorando l'infortunato non sarebbe da riferibile ad una sua iniziativa autonoma ma il frutto di una modalità abituale di lavoro.
Rileva inoltre che il G.S. aveva provveduto alla predisposizione di un ponteggio adeguato a salvaguardare i lavoratori nel caso di caduta dal tetto che quella mattina era stato spostato dagli operai che lavoravano al piano sottostante per la effettuazione di un lavoro non programmato, di cui non era a conoscenza nemmeno il capo cantiere.
4.2. Con il secondo motivo deduce il vizio di violazione di legge in relazione agli artt. 91 e 92 del d.lgs.n. 81/2008 e il vizio di manifesta illogicità della motivazione, anche sotto il profilo del travisamento dei fatti e degli atti del processo. 
Evidenzia che il giudizio di responsabilità è erroneo perché la Corte distrettuale ha trascurato di considerare che l'arch. G.S. operava nel cantiere con sopralluoghi e visite collegiali almeno settimanali e, a seguito di tali accessi, era stata messa in opera la doppia sicurezza dei parapetti con tavole di legno intorno ai lucernari nel corso dei lavori e, poi, a fine giornata della apposizione di dette tavole sulle predette aperture del tetto: ciò era avvenuto in contraddittorio con il capo cantiere e con i responsabili dei lavori.
Deduce di non essere stato messo al corrente della contemporanea esecuzione di più lavori nel palazzo, talché lo spostamento del ponteggio avvenuto dagli operai dell'altra ditta che lavorava all'Interno non poteva essergli addebitato.
4.3. Conclude chiedendo l'annullamento della sentenza impugnata perché il fatto non sussiste perchè non lo ha commesso annullando le statuizioni civili in favore dell'INAIL e della persona offesa.
5. Con memoria depositata in data 7 dicembre 2017 la parte civile E.C.O. chiede che venga dichiarato inammissibile il ricorso perché si risolve in una critica di merito in ordine alla valutazione del materiale probatorio effettuata dalla Corte distrettuale.
6. Con memoria depositata in data 12 dicembre 2017 l'INAIL chiede che il ricorso venga dichiarato inammissibile o infondatezza trattandosi di censure non consentite nel giudizio di legittimità in quanto concernenti la ricostruzione e la rivalutazione del fatto e l'apprezzamento del materiale probatorio utilizzato dalla Corte di Appello.
 

 

Diritto

 


1. Il ricorso va rigettato perché infondato.
La Corte distrettuale ha puntualmente rivalutato il medesimo compendio probatorio già sottoposto al vaglio del Tribunale di Firenze e, dopo avere esaminato analiticamente le censure dell'appellante è giunta, con motivazioni logiche e pienamente aderenti alla normativa in materia, alle medesime conclusioni in ordine alla affermazione della responsabilità penale del G.S..
2. I motivi di ricorso, in quanto strettamente connessi, vengono esaminati unitariamente.
3. Giova premettere che i compiti e la funzione normativamente attribuiti alla figura del coordinatore per la sicurezza risalgono all’entrata in vigore del d. lgs. 14 agosto 1996, n. 494 (di attuazione della Direttiva 92/57/CEE) - nell'ambito di una generale e più articolata ridefinizione delle posizioni di garanzia e delle connesse sfere di responsabilità correlate alle prescrizioni minime di sicurezza e di salute da attuare nei cantieri temporanei o mobili - a fianco di quella del committente - allo scopo di consentire a quest'ultimo di delegare, a soggetti qualificati, funzioni e responsabilità di progettazione e coordinamento, altrimenti su di lui ricadenti, implicanti particolari competenze tecniche.
La definizione dei relativi compiti e della connessa sfera di responsabilità discende, pertanto, da un lato, dalla funzione di generale, alta vigilanza che la legge demanda allo stesso committente, dall'altro dallo specifico elenco, originariamente contenuto nell'art. 5 d. lgs. 14 agosto 1996, n.494, attualmente trasfuso nell'art.92 d. lgs. n. 81 del 2008.
In base a tale normativa il coordinatore per l'esecuzione è tenuto: a verificare, con opportune azioni di coordinamento e controllo, l'applicazione, da parte delle imprese esecutrici e dei lavoratori autonomi, delle disposizioni loro pertinenti contenute nel Piano di Sicurezza e di Coordinamento (P.S.C.) e la corretta applicazione delle relative procedure di lavoro; a controllare l'idoneità del Piano Operativo di Sicurezza (P.O.S.), assicurandone la coerenza con il P.S.C., che deve provvedere ad adeguare in relazione all'evoluzione dei lavori ed alle eventuali modifiche intervenute, valutando le proposte delle imprese esecutrici dirette a migliorare la sicurezza in cantiere; a verificare che le imprese esecutrici adeguino, se necessario, i rispettivi P.O.S.; ad organizzare tra i datori di lavoro, ivi compresi i lavoratori autonomi, la cooperazione ed il coordinamento delle attività nonché la loro reciproca informazione; a verificare l'attuazione di quanto previsto negli accordi tra le parti sociali al fine di realizzare il coordinamento tra i rappresentanti della sicurezza finalizzato al miglioramento della sicurezza in cantiere; a segnalare, al committente o al responsabile dei lavori, le inosservanze alle disposizioni degli artt. 94, 95 e 96, e art. 97, comma 1, e alle prescrizioni del P.S.C., proponendo la sospensione dei lavori, l'allontanamento delle imprese o dei lavoratori autonomi dal cantiere, o la risoluzione del contratto in caso di inosservanza; a dare comunicazione di eventuali inadempienze alla Azienda Unità Sanitaria Locale e alla Direzione Provinciale del Lavoro territorialmente competenti; a sospendere, in caso di pericolo grave e imminente, direttamente riscontrato, le singole lavorazioni fino alla verifica degli avvenuti adeguamenti effettuati dalle imprese interessate.
Con riferimento, in particolare, alle attività lavorative svolte in un cantiere edile, il coordinatore per l'esecuzione dei lavori è titolare di una posizione di garanzia che si affianca a quella degli altri soggetti destinatari della normativa antinfortunistica, in relazione ai compiti di alta vigilanza sopra descritti. 
In particolare, si è condivisibilmente sottolineato (Sez. 4, n.37597 del 05/06/2015, Giambertone) che il controllo sul rispetto delle previsioni del piano non può essere meramente formale, ma va svolto in concreto, secondo modalità che derivano dalla conformazione delle lavorazioni.
4. Ciò posto, si osserva, anzitutto, che le censure incentrate sulla ricostruzione del fatto operata dai giudici di merito, asseritamente in contrasto con le emergenze probatorie, presentano profili di inammissibilità in quanto attinenti a motivi non scrutinabili in sede di legittimità, a fronte della completezza e della tenuta logica - giuridica dell'apparato argomentativo posto a supporto della sentenza impugnata; se ne rileva, comunque, la manifesta infondatezza.
La Corte distrettuale ha infatti escluso, con argomentazioni logiche e persuasive, che l'apposizione di una lastra di stiferite sul lucernaio sia stata una iniziativa estemporanea del lavoratore tale da costituire un imprevedibile sviluppo delle lavorazioni non riconducibile all'area di rischio sottoposta all'alta vigilanza del coordinatore per l'esecuzione e per la sicurezza dei lavori.
I giudici di merito hanno ritenuto non comprovata la tesi difensiva del G.S., secondo cui la prassi ordinariamente seguita per assicurare la sicurezza dei lucernari sul tetto alla fine dei lavori era costituita dalla loro copertura con tavoloni chiodati in quanto nessuna conferma di ciò era desumibile né dal Piano di Sicurezza e di Coordinamento (P.S.C) nè dal Piano Operativo di Sicurezza della società Edilnova (P.O.S) ed oltretutto risultava smentita dagli accadimenti.
A tale riguardo si è osservato che lo stato dei luoghi attestava la sola presenza di stiferite su tutti i lucernari privi di infissi e che sul tetto, al momento del fatto, stavano lavorando due lavoratori esperti che, evidentemente, avrebbero rappresentato la correttezza del loro operato rispetto a quello dell'infortunato che si era a loro aggiunto per aiutarli nella stesura del telo impermeabile.
E' stato altresì acclarato che solo l'apposizione delle lastre di stiferite garantiva uniformità di sostegno al telo di plastica ed evitava che l'acqua piovana si raccogliesse nelle zone vuote sottostanti e confluisse, poi, nel piano inferiore. Tale funzione non poteva essere, invece, adeguatamente assolta, dalla copertura dei lucernari con tavole di legno.
Non risulta nemmeno che il ricorrente abbia impartito alcuna disposizione scritta, neppure un ordine di servizio, per prevenire le cadute dal lucernario né che abbia provveduto a far aggiornare in tal senso il P.O.S in quanto le prescrizioni contenute nel c.d. «giornale di cantiere» riguardavano il rischio di cadute dal ponteggio esterno di via Tornabuoni.
Quanto al ponteggio trovato nell'ambiente sottostante al lucernario da cui è caduto l'infortunato, peraltro non in corrispondenza ad esso, la Corte ha, con motivazione esente da vizi, sottolineato che esso non presentava affatto le caratteristiche previste nel P.O.S. (c.d. a platea) ed era comunque inidoneo, anche per le sue ristrette dimensioni, a proteggere i lavoratori dal rischio di caduta dall'alto. Inoltre il suo spostamento dal luogo dalla originaria collocazione -verosimilmente ad opera degli operai della ditta che stavano contemporaneamente eseguendo lavori di montaggio di travi in ferro nel muro interno del palazzo - è ascrivibile proprio ad una omissione del G.S. e dimostra che il predetto non ha provveduto al coordinamento delle varie lavorazioni contemporaneamente in corso nel cantiere, indicando ad esempio tempi diversi per la esecuzione o comunque modalità di svolgimento tali da salvaguardare i lavoratori.
L'assoluta inadeguatezza dei sistemi di sicurezza risulta ulteriormente confermata dalla mancanza di ponteggi di protezione in corrispondenza dei restanti lucernari.
5. Conclusivamente, ancorché non possa ascriversi alla figura professionale di coordinatore della sicurezza rivestita dal G.S., l'obbligo di eseguire un puntuale controllo, momento per momento, delle singole attività lavorative (Sez.4, n.3288 del 27/09/2016, dep. 2017, Bellotti, Rv. 26904601; Sez.4, n.18149 del 21/04/2010, Celli, Rv. 24753601), la sentenza impugnata ha correttamente delineato i compiti, normativamente previsti, al cui assolvimento il ricorrente risulta essere stato non ottemperante.
6. Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato e il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali nonché alla rifusione delle spese sostenute dalle parti civili INAIL e E.C.O. che vengono liquidate come da dispositivo.
 

 

P.Q.M.

 


Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché alla rifusione delle spese sostenute dalle parti civili (INAIL e E.C.O.) che liquida, per ciascuna di esse, in complessivi Euro 2.500,00 oltre accessori.
Così deciso il 20 dicembre 2017