Cassazione Penale, Sez. 4, 22 agosto 2023, n. 35278 - Infortunio mortale del lavoratore alla guida di una trattrice a cingoli. Mancata formazione e omessa vigilanza sul corretto uso del telaio di sicurezza antiribaltamento


 


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI SALVO Emanuele - Presidente -

Dott. RANALDI Alessandro - Consigliere -

Dott. CENCI Daniele - Consigliere -

Dott. RICCI Anna Luisa A. - Consigliere -

Dott. D'ANDREA Alessandro - rel. Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA



sul ricorso proposto da:

A.A., nato a (Omissis);

avverso la sentenza del 21/03/2022 della CORTE APPELLO di PERUGIA;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. D'ANDREA ALESSANDRO;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott.ssa MARINELLI FELICETTA;

Il Proc. Gen. conclude per il rigetto;

udito il difensore;

E' presente l'avvocato FESTA EMILIO del foro di TERNI in difesa di:

PARTE CIVILE il quale chiede il rigetto del ricorso.

E' presente l'avvocato SANTARELLI GUGLIELMO del foro di TERNI in difesa di:

A.A.;

Il difensore presente chiede l'accoglimento del ricorso.

 

Fatto


1. Con sentenza del 21 marzo 2022, la Corte di appello di Perugia, in parziale riforma della pronuncià del Tribunale di Terni del 20 febbraio 2020, ha ridotto la pena inflitta a A.A. nella misura di anni uno di reclusione, ritenute le già concesse circostanze attenuanti generiche.

L'imputato è stato ritenuto responsabile del delitto di cui all'art. 589 c.p., per avere, nella qualità di datore di lavoro, cagionato la morte di B.B. per colpa, consistita in negligenza e imperizia, e per violazione delle norme di prevenzione degli infortuni sul lavoro, in particolar modo per non aver informato adeguatamente e sufficientemente il A.A. sui rischi riferiti alle sue mansioni e ai possibili danni, nonchè alle conseguenti misure e procedure di prevenzione e protezione caratteristici del settore o comparto di appartenenza dell'azienda, altresì non vigilando in ordine all'uso e all'osservanza dei dispostivi di protezione e sulle disposizioni aziendali in materia di sicurezza e di igiene del lavoro, ed in specie sul corretto uso del telaio di sicurezza antiribaltamento del quale era dotato il trattore oggetto dell'infortunio, non essendo risultato conforme alle disposizioni legislative e regolamentari di recepimento della normativa comunitaria, in particolar modo perchè carente di cinture di sicurezza ancorate alla parte fissa del trattore.

2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione A.A., a mezzo del suo difensore, deducendo sette motivi di doglianza.

Con il primo ha eccepito contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, violazione o falsa applicazione dell'art. 125 c.p.p., travisamento della prova ed erronea applicazione dell'art. 192 c.p.p..

La Corte territoriale avrebbe del tutto erroneamente e superficialmente vagliato i motivi di appello, operando una contraddittoria e illogica lettura degli elementi probatori, avendo dapprima ritenuto corretta la conclusione del consulente tecnico per cui il trattore avrebbe effettuato, in occasione del sinistro, una rotazione di 270 gradi, per, poi, invece discostarsi, sotto vari profili, dalle valutazioni espresse dal tecnico nella sua relazione.

Con la seconda censura il ricorrente ha lamentato contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine ai profili di colpa specifica e generica (formazione e vigilanza), oltre a violazione o falsa applicazione dell'art. 125 c.p.p. e violazione o falsa applicazione del D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, art. 37, comma 1, lett. b) e art. 55, comma 5, lett. c), in combinato disposto con il D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276, art. 49, comma 5, e art. 192 c.p.p..

Il A.A. ha contestato la superficialità con cui i giudici di merito, ricorrendo a mere formule di stile, avrebbero ritenuto che il lavoratore defunto non avesse ricevuto una formazione adeguata e sufficiente, in senso contrario dovendosi osservare come al momento della verificazione del sinistro non fosse ancora consolidata la normativa che impone lo svolgimento di 120 ore di formazione del lavoratore. La disciplina allora vigente, infatti, prevedeva che la formazione potesse essere effettuata sia in aula che sul luogo di lavoro, potendo anche essere fornita dal datore di lavoro in maniera libera, nel rispetto della durata minima di quattro ore.

Essa, pertanto, sarebbe stata adeguatamente impartita da parte del A.A., che non solo aveva fatto svolgere al A.A. corsi di formazione per complessive sei ore, ma che aveva anche sottoposto il lavoratore a numerose ulteriori ore di apprendistato, svolte, in maniera continuativa e quotidiana, direttamente sui luoghi di lavoro.

Il A.A., quindi, era assolutamente pronto e formato per poter svolgere un lavoro semplice quale quello di erpicatura, peraltro posto in essere, al momento del sinistro, con un mezzo adeguato e su un fondo connotato da pendenza moderata.

Con la terza censura sono stati dedotti contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine ad aspetti fattuali quali i luoghi del sinistro, la capacità del mezzo, i dispositivi di sicurezza, la dinamica dell'incidente, oltre a violazione o falsa applicazione dell'art. 125 c.p.p., omessa valutazione e travisamento della prova, nonchè violazione dell'art. 192 c.p.p..

La sentenza impugnata sarebbe, infatti, illogica e contraddittoria, osservato che, diversamente da quanto ritenuto in essa, deve essere considerato, ai fini dell'esonero da responsabilità del prevenuto, che: il terreno non era particolarmente bagnato o fangoso, nè era connotato da uno particolare pendenza, perciò non risultando di ostacolo all'effettuazione di un lavoro con un trattore cingolato; tale mezzo era provvisto di adeguati dispositivi di sicurezza, essendovi un arco di protezione antiribaltamento, peraltro non necessitante del contemporaneo utilizzo delle cinture di sicurezza; contrariamente alle raccomandazioni del datore di lavoro, il A.A. aveva, del tutto inopportunamente, abbassato l'arco di protezione del trattore; nell'eseguire il lavoro di erpicatura, il A.A. non aveva seguito le indicazioni fornite da parte del A.A.; il trattore aveva effettuato una rotazione di soli 90 gradi, e non già di 270, come erroneamente ritenuto da parte del secondo giudice.

Con il quarto motivo il ricorrente ha lamentato contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla mancanza di necessità di una perizia, oltre a violazione o falsa applicazione dell'art. 125 c.p.p., omessa valutazione e travisamento della prova, nonchè violazione dell'art. 192 c.p.p..

La Corte di appello avrebbe commesso errori su aspetti di natura tecnica, derivanti dalla particolare complessità della materia, tali per cui sarebbe stata del tutto inadeguata e illogica la decisione con cui i giudici di appello hanno ritenuto di non dover ricorrere all'espletamento di una perizia tecnica, invece idonea a consentire di ricostruire l'esatta dinamica dell'incidente mortale.

Con la quinta doglianza il A.A. ha eccepito contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine ai profili di colpa generica e di colpa specifica attinenti alla inosservanza dei dispositivi di protezione e sulle misure aziendali in materia di sicurezza e igiene sul lavoro, sul corretto uso del telaio di sicurezza, oltre a violazione o falsa applicazione dell'art. 125 c.p.p., del D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 37, comma 1, lett. b) e art. 55, comma 5, lett. c), in combinato disposto con il D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 49, comma 5, e dell'art. 192 c.p.p..

Non rileverebbero i profili di colpa ascritti al prevenuto, sul presupposto che, alla stregua di quanto giudizialmente accertato, l'uso del dispositivo antiribaltamento sarebbe stato debitamente esplicato al A.A., e lo stesso sarebbe stato adeguatamente attivato al momento di inizio dei lavori - come solitamente avveniva - per poi essere stato imprevedibilmente abbassato dal lavoratore, con scelta eccentrica e abnorme.

Con la sesta censura il ricorrente ha dedotto contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine al profilo di colpa specifica ascrittogli, oltre a violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 87, dell'art. 125 c.p.p. e dell'art. 192 c.p.p..

Nessuna responsabilità sarebbe ascrivibile all'imputato, anche tenuto conto del fatto che, per come debitamente esplicato nel libretto di istruzioni del trattore, una volta attivato dal A.A. il dispositivo antiribaltamento non avrebbe dovuto utilizzare le cinture di sicurezza, trattandosi di pratica altamente pericolosa per l'incolumità del conducente. Pertanto, anche ove il lavoratore avesse indossato tali cinture, non si sarebbe potuta comunque scongiurare la verificazione del tragico evento, non essendo esse in grado di incidere positivamente sulla sopravvivenza del A.A..

Con l'ultimo motivo il ricorrente ha eccepito contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine al mancato riconoscimento dell'attenuante di cui all'art. 62 c.p., n. 6, oltre a violazione e falsa applicazione dell'art. 125 c.p.p., dell'art. 62 c.p., n. 6 e dell'art. 192 c.p.p..

L'avvenuto risarcimento ai familiari della vittima, peraltro effettuato prima dell'inizio del processo, legittimerebbe, infatti, il riconoscimento in favore dell'imputato della circostanza attenuante di cui all'art. 62 c.p., n. 6.

3. Il Procuratore generale ha rassegnato conclusioni scritte, con cui ha chiesto il rigetto del ricorso.

4. Il difensore delle parti civili B.B., D.D. e E.E. ha depositato conclusioni scritte, con cui ha chiesto il rigetto del ricorso e la condanna di A.A. alla rifusione delle spese processuali.



Diritto


1. Il ricorso è manifestamente infondato e deve, pertanto, essere dichiarato.

2. L'esame della impugnata sentenza consente, infatti, di constatare come le censure in questa sede proposte siano sostanzialmente coincidenti con quelle dedotte nel giudizio di appello, rispetto alle quali non può che ribadirsi quanto già, più volte, chiarito da parte di questa Corte di legittimità, per cui è inammissibile il ricorso per cassazione che riproduce e reitera gli stessi motivi prospettati con l'atto di appello e motivatamente respinti in secondo grado, senza confrontarsi criticamente con gli argomenti utilizzati nel provvedimento impugnato ma limitandosi, in maniera generica, a lamentare una presunta carenza o illogicità della motivazione (così, tra le altre, Sez. 2, n. 27816 del 22/03/2019, Rovinelli, Rv. 276970-01; Sez. 3, n. 44882 del 18/07/2014, Cariolo, Rv. 260608-01; Sez. 6, n. 20377 del 11/03/2009, Arnone, Rv. 24383801).

3. In ogni modo, a prescindere dalla decisività della superiore argomentazione, il Collegio rileva, in primo luogo, come sia del tutto infondata l'introduttiva doglianza, con cui il ricorrente, in termini del tutto generici e assertivi, ha lamentato vizio di motivazione e travisamento della prova per avere la Corte di merito illogicamente e contraddittoriamente vagliato le emergenze probatorie, dapprima ritenendo corretta la conclusione del consulente tecnico per cui il trattore avrebbe effettuato una rotazione di 270 gradi, per poi successivamente disattendere tutte le ulteriori valutazioni espresse dallo stesso consulente.

Trattasi, infatti, di censura: priva della necessaria specificazione del vizio perpetrato; afferente ad un'incongruenza di certo non ravvisabile nel caso di specie, ben potendo la Corte di appello convenire sul fatto che il mezzo avesse avuto una rotazione di 270 gradi, senza, per ciò solo, dover aderire necessariamente a tutte le ulteriori conclusioni espresse da parte del consulente tecnico; comunque inerente ad aspetti relativi alla ricostruzione fattuale della vicenda, di cui il ricorrente ha proposto un'alternativa lettura, suggerendo un tipo di vaglio certamente non sottoponibile a questo giudice di legittimità.

4. La considerazione da ultimo espressa comporta, quindi, un identico giudizio di manifesta infondatezza pure con riguardo alla censura dedotta con il terzo motivo di ricorso, con cui il A.A., in termini maggiormente dettagliati, ha eccepito contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione con cui la Corte di merito ha valutato aspetti di indubbio rilievo probatorio, quali: i luoghi del sinistro, la capacità del mezzo, i dispositivi di sicurezza e la dinamica dell'incidente.

Trattasi, all'evidenza, di doglianze di fatto, afferenti alla ricostruzione della dinamica dell'incidente e all'interpretazione delle prove assunte, e cioè a questioni non passibili di valutazione in questa sede di legittimità.

In tema di sindacato del vizio di motivazione, infatti, il compito della Corte di Cassazione non è quello di sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dai giudici di merito in ordine all'affidabilità delle fonti di prova, bensì quello di stabilire se questi ultimi abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, se abbiano fornito una corretta interpretazione di essi - dando esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti - e se abbiano esattamente applicato le regole della logica nello sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato la scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre (così, tra le tante, Sez. U, n. 930 del 13/12/1995, dep. 1996, Clarke, Rv, 203428-01).

Esula, quindi, dai poteri della Corte di legittimità la rilettura della ricostruzione storica dei fatti posti a fondamento della decisione di merito, dovendo l'illogicità del discorso giustificativo, quale vizio di legittimità denunciabile mediante ricorso per cassazione, essere di macroscopica evidenza (cfr. Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794-01; Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, Dessimone e altri, Rv. 207944-01).

Sono precluse al giudice di legittimità, pertanto, la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (cfr., fra i molteplici arresti in tal senso: Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, F., Rv. 28060101; Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, Musso, Rv. 265482-01; Sez. 1, n. 42369 del 16/11/2006, De Vita, Rv. 235507-01). E', conseguentemente, sottratta al sindacato di legittimità la valutazione con cui il giudice di merito esponga, con motivazione logica e congrua, le ragioni del proprio convincimento.

4.1. Ebbene, nel caso di specie può senz'altro ritenersi che la Corte territoriale abbia fornito una chiara rappresentazione degli elementi di fatto considerati nella propria decisione, oltre che della modalità maggiormente plausibile in cui è da ritenersi si sia verificato l'evento mortale.

E' stato, infatti, adeguatamente esplicato, con ragionamento congruo ed esente da ogni illogicità, come - in antitesi a quanto ritenuto dal ricorrente - non possano esservi dubbi di sorta in ordine al fatto che, per come giudizialmente accertato: il terreno teatro del sinistro, su cui il A.A. stava svolgendo il lavoro di erpicatura, presentava una non irrilevante pendenza media del 25%, peraltro presentandosi nel giorno dell'incidente come particolarmente fangoso, e quindi imponendo l'adozione di una particolare cautela nell'espletamento del lavoro; l'arco di protezione antiribaltamento presente sulla trattrice utilizzata dal A.A. era abbassato e addirittura fermato con appositi ganci, senza che vi fosse alcun presidio di trattenuta del conducente sul sedile di guida; il mezzo aveva effettuato una rotazione non di soli 90 gradi, per come ritenuto dal ricorrente, bensì di 270, per come evincibile dalla posizione di quiete finale assunta dalla trattrice e dal corpo della vittima, considerato che, ove il mezzo si fosse semplicemente adagiato sul lato sinistro, con rotazione di soli 90 gradi, "il corpo del suo conducente avrebbe dovuto essere semplicemente ed invariabilmente solo scaricato indenne nel detto lato sinistro e giammai sovrastato e sepolto dallo stesso".

In ragione delle rappresentate argomentazioni, allora, non appare esservi dubbio di sorta in ordine al fatto che le censure mosse dal A.A. con riguardo all'erroneità della ricostruzione dei fatti ed alla mancata considerazione di alcuni decisivi elementi di valutazione si appalesano, nella sostanza, come volte ad ottenere solo una rivalutazione del materiale probatorio raccolto in sede di merito, il che, avuto riguardo alla coerenza ed alla logicità della motivazione resa, appare del tutto infondato.

D'altro canto, gli elementi dedotti dal ricorrente possono, al più, valere a suggerire una lettura alternativa delle emergenze probatorie, ma non di certo a ribaltarne l'esito in modo univoco, con ciò che ne consegue in termini di affermazione della penale responsabilità dell'imputato. E' noto, in proposito, come il principio dell'"oltre ogni ragionevole dubbio" non possa essere utilizzato, nel giudizio di legittimità, per valorizzare e rendere decisiva la duplicità di ricostruzioni alternative del medesimo fatto emerse in sede di merito su segnalazione della difesa, se tale duplicità sia stata oggetto di puntuale e motivata disamina da parte del giudice di appello (così, tra le altre, Sez. 1, n. 53512 del 11/07/2014, Gurgone, Rv. 261600-01).

5. All'evidenza priva di ogni pregio è, poi, anche la doglianza eccepita con il secondo motivo, con cui il A.A. ha contestato la ritenuta mancata sussistenza di una formazione adeguata e sufficiente impartita al A.A., sul presupposto che al momento della verificazione del sinistro non fosse ancora consolidata la norma del D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 37, comma 1, lett. b), che ha imposto lo svolgimento di una formazione del lavoratore in materia di salute e sicurezza della durata minima 120 ore.

Risulta corretta, infatti, la valutazione espressa dalla Corte di merito per cui l'indicata disposizione, al momento del fatto, era perfettamente vigente, conseguentemente imponendo al A.A. l'onere, da questi non osservato, di sottoporre il lavoratore alle proprie dipendenze ad un periodo formativo almeno corrispondente al monte ore minimo indicato dalla suddetta previsione normativa.

6. Stesso giudizio di manifesta infondatezza deve essere espresso, quindi, con riguardo alla quarta doglianza, con cui il ricorrente ha contestato l'illogicità della decisione con cui la Corte di appello ha ritenuto di non dover ricorrere all'espletamento di una perizia tecnica finalizzata alla ricostruzione dell'esatta dinamica dell'incidente mortale, stante la particolare complessità della materia, ritenuta comprovata dai diversi errori tecnici asseritamente commessi dai giudici di merito.

Orbene, il Collegio rileva come, rispetto alla superiore doglianza, la Corte di merito abbia contrariamente ritenuto, con argomentazione del tutto logica e adeguata, come non vi fosse la necessità di disporre l'invocata perizia, tenuto conto del "copioso materiale disponibile di natura dichiarativa e documentale, che non lascia trasparire alcuna incompletezza meritevole della rinnovazione istruttoria richiesta". Trattasi, all'evidenza, della manifestazione di una valutazione discrezionale pienamente rimessa alla competenza dei giudici di merito, che, in quanto resa con argomentazione congrua e logica, non può essere sottoposta al vaglio di questo Collegio.

7. In ordine, poi, alla doglianza dedotta con il quinto motivo, con cui il A.A. ha contestato la ricorrenza dei profili di colpevolezza ascrittigli, per non essere configurabile l'elemento soggettivo del reato, stante l'univoca riferibilità eziologica dell'evento all'eccentrica ed imprevedibile condotta posta in essere dal A.A., che, benchè reso edotto dei rischi correlati, avrebbe del tutto inopinatamente abbassato il dispositivo antiribaltamento della trattrice, il Collegio rileva come la censura risulti del tutto infondata, in quanto palesemente contraddetta dalle logiche e giuridicamente corrette esplicazioni rese da parte dei giudici di merito, che hanno debitamente rappresentato le ragioni di configurazione della colpevolezza del datore di lavoro, quale garante dell'incolumità fisica del suo dipendente, dovendosi a lui imputare - sotto i diversi profili della mancata adeguata formazione del lavoratore, dell'omesso controllo delle specifiche condizioni di lavoro e della messa a disposizione di una trattrice non del tutto a norma - anche l'avvenuto utilizzo del mezzo con il sistema di antiribaltamento abbassato.

Tale interpretazione si conforma, del resto, ai principi resi da questa Corte di legittimità in tema di interruzione del nesso causale tra la condotta del gestore del rischio e l'evento, in ragione dell'eccentricità del rischio determinato dalla condotta del lavoratore.

E' stato osservato, infatti, che il datore di lavoro, destinatario delle norme antinfortunistiche, è esonerato da responsabilità solo quando, diversamente dal caso di specie, la condotta del dipendente sia abnorme, dovendosi definire tale il comportamento imprudente del lavoratore che sia stato posto in essere da quest'ultimo del tutto autonomamente e in un ambito estraneo alle mansioni affidategli - e, pertanto, al di fuori di ogni prevedibilità per il datore di lavoro - o rientri nelle mansioni che gli sono proprie ma sia consistito in qualcosa radicalmente, ontologicamente, lontano dalle ipotizzabili e, quindi, prevedibili, imprudenti scelte del lavoratore nella esecuzione del lavoro (così, tra le tante, Sez. 4, n. 40164 del 03/06/2004, Giustiniani, Rv. 229564-01).

La più recente interpretazione resa da questa Corte di legittimità ha, quindi, ricondotto, superando il requisito della radicale imprevedibilità, il concetto di abnormità della condotta colposa del lavoratore (interruttiva del nesso causale) a quella che sia tale da attivare un rischio eccentrico o esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia (così, tra le altre, Sez. 4, n. 33976 del 17/03/2021, Vigo, Rv. 281748-01). In tema di infortuni sul lavoro, cioè, la condotta abnorme del lavoratore, idonea ad escludere il nesso causale, non è solo quella che esorbita dalle mansioni affidate al lavoratore, ma anche quella che, nell'ambito delle stesse, attiva un rischio eccentrico od esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia (Sez. 4, n. 5007 del 28/11/2018, dep. 2019, Musso Rv. 275017/01).

E' stato, infine, chiarito che qualora l'evento sia riconducibile alla violazione di una molteplicità di disposizioni in materia di prevenzione e sicurezza del lavoro, il comportamento del lavoratore che abbia disapplicato elementari norme di sicurezza non può considerarsi eccentrico o esorbitante dall'area di rischio propria del titolare della posizione di garanzia in quanto l'inesistenza di qualsiasi forma di tutela determina un ampliamento della stessa sfera di rischio fino a ricomprendervi atti il cui prodursi dipende dall'inerzia del datore di lavoro (Sez. 4, n. 15174 del 13/12/2017, dep. 2018, Spina, Rv. 273247-01).

8. Per le ragioni da ultimo espresse è, poi, all'evidenza priva di ogni fondamento anche la censura dedotta con il sesto motivo, per cui l'imputato dovrebbe essere esonerato da responsabilità per il fatto che, una volta attivato il dispositivo antiribaltamento, il A.A. non avrebbe comunque dovuto utilizzare le cinture di sicurezza, ragion per cui il loro eventuale uso non avrebbe, in ogni modo, potuto evitare la verificazione dell'evento mortale.

Trattasi, invero, di doglianza palesemente inidonea ad escludere le ragioni di colpevolezza dell'imputato, atteso che, per come adeguatamente evidenziato dalla Corte territoriale, rispetto ad essa risulta troncante osservare come al vertice della sequenza causale residui, comunque, la condotta dell'imputato, "il quale ha affidato al A.A. la esecuzione di una lavorazione con l'ausilio di una trattrice a cingoli senza averlo reso edotto dei rischi connessi all'utilizzo del detto mezzo nelle specifiche condizioni operative registratesi e non lo ha poi controllato in ordine all'osservanza dei dispositivi di protezione".

9. Manifestamente infondata, infine, è anche l'ultima censura, con cui il ricorrente ha lamentato l'omesso riconoscimento in suo favore dell'attenuante di cui all'art. 62 c.p., n. 6.

In proposito, infatti, risulta troncante osservare che, per consolidata esegesi di questa Suprema Corte, la circostanza attenuante prevista dall'art. 62 c.p., comma 1, n. 6, implicando che le condotte riparatorie siano efficaci e che quindi concretamente elidano o attenuino le conseguenze dannose o pericolose del reato, non può essere applicata al reato di omicidio colposo, produttivo della irreversibile distruzione del bene giuridico protetto dalla norma (così, espressamente, Sez. 4, n. 18802 del 11/04/2019, Catalani, Rv. 27565502; ma cfr. anche, in termini conformi: Sez. 1, n. 46232 del 27/11/2008, Truffi, Rv. 242054-01; Sez. 1, n. 34342 del 11/05/2005, Solpasso, Rv. 232495-01).

10. Il ricorso, in conclusione, deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero (Corte Cost., sent. n. 186/2000).

A.A. deve, altresì, essere condannato alla rifusione delle spese sostenute dalle costituite parti civili B.B., D.D. e E.E., da liquidarsi complessivamente in Euro 4.600,00, oltre accessori come per legge.
 


P.Q.M.
 

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende nonchè alla rifusione delle spese di giudizio sostenute dalle parti civili B.B., D.D. e E.E., che liquida in complessivi Euro 4.600,00, oltre accessori, come per legge.

Così deciso in Roma, il 25 maggio 2023.

Depositato in Cancelleria il 22 agosto 2023