REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCALI Piero
Dott. IACOPINO Silvana Giovanni
Dott. FOTI Giacomo
Dott. MASSAFRA Umberto
Dott. MARINELLI Felicetta

- Presidente
- Consigliere
- Consigliere
- rel. Consigliere
- Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
1) A.M. N. IL ***;
avverso la sentenza n. 1988/2007 CORTE APPELLO di GENOVA, del 05/02/2009;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 06/05/2010 la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO MASSAFRA;
udito il P.G. in persona del Dott. DI POPOLO Angelo che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito il difensore avv. Sciacchitano Giuseppe, del Foro di Genova, difensore di A.M., che conclude per l'accoglimento del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza in data 5.2.2009 la Corte di Appello di Genova confermava quella emessa in data 12.12.2006 dal locale Tribunale con cui A.M., quale titolare della E. s.r.l., era stato condannato, con circostanze attenuanti generiche e quella di cui all'articolo 62 c.p., n. 6 ritenute prevalenti sull'aggravante, alla pena di mesi otto di reclusione con i doppi benefici di legge perché riconosciuto colpevole del delitto di omicidio colposo aggravato dalla violazione delle norme a tutela degli infortuni sul lavoro, in danno del lavoratore F.B.J.L. (commesso il ***).

Il fatto come riportato nell'impugnata sentenza. La srl E. dell'A. stava effettuando uno scavo lungo circa 44 metri, largo 3,50 e profondo 3 e 10 nel quale venivano collocati dei prefabbricati rettangolari di cemento armato del peso di 7 tonnellate; questi prefabbricati erano ancorati ad una gru posta su un veicolo che li spostava col braccio semovente e li calava in verticale nello scavo; due operai, B*. e B., rimanevano nello scavo rifugiandosi, quando il conglomerato veniva calato, in un tunnel, e uscendone quando il blocco era a pochi centimetri dalla base per completare il lavoro. Al momento della calata dell'ultimo blocco, mentre il B*. era già al sicuro nel tunnel, a causa di una riduzione della superficie di base della gru per lo spostamento del braccio e per uno scorretto posizionamento dello stabilizzatore destro, la gru si ribaltava parzialmente e il blocco subiva una oscillazione che lo faceva collidere con la parete dello scavo: il B., allertato, che aveva cercato di uscire dallo scavo, rimaneva schiacciato contro la parete dello scavo e decedeva. In particolare, all'A. (coimputato con tale C.P., gruista e dipendente della ditta U. s.p.a. che forniva la gru a braccio telescopico, che patteggiava la pena) era contestata, oltre la colpa generica, anche quella specifica non avendo adottato, presente sul posto e dirigente dei lavori di posa, le misure organizzative imposte dal Decreto Legislativo n. 626 del 1994, articolo 35, atte ad evitare che i lavoratori si trovassero nella zona di attività della gru, e non avendo in particolare disposto che i due dipendenti che lo coadiuvavano, tra i quali il B., si posizionassero durante i lavori di scavo fuori dello scavo in cui i manufatti dovevano essere sistemati e vi rientrassero solo quando il carico si trovava sospeso a pochi centimetri dal fondo dello scavo, per movimentarlo e metterlo in opera.

Avverso la sentenza della Corte genovese ricorre per cassazione il difensore di fiducia dell'A., denunziando la violazione di legge per inosservanza ed erronea applicazione dell'articolo 43 c.p. e la contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione sul punto riguardante l'elemento soggettivo.

Assume che le regole cautelari di cui al contestato al Decreto Legislativo n. 626 del 1994, articolo 35 fanno carico al utilizzatore delle attrezzature di sollevamento (cioè il gruista coimputato) ma non al ricorrente. Rimarca l'erroneità dell'argomentare della Corte territoriale laddove riconosceva l'imprevedibilità del ribaltamento che, pertanto, non poteva essere addebitato all'A.; sostiene, inoltre, che la regola cautelare più appropriata nel caso di specie era quella di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 547 del 1955, articolo 186 in materia di manovre di sollevamento e trasporto dei carichi e che i lavori in corso di svolgimento rientravano tra quelli che imponevano le cautele di cui al Decreto Legislativo n. 494 del 1996 ove il titolare della posizione di garanzia era il committente o l'eventuale responsabile dei lavori, laddove l'A. era solo appaltatore che non aveva alcun dovere di sollecitare la designazione del coordinatore per la progettazione ed esecuzione dei lavori o di sostituirsi ad esso.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso è infondato e va rigettato.

Non può condividersi l'argomentazione difensiva secondo cui il ricorrente non era destinatario delle regole cautelari prescritte dal Decreto Legislativo n. 626 del 1994, articolo 35: tale disposizione normativa, infatti, si dirige indistintamente al "datore di lavoro" enunciandone specificamente gli obblighi, e cioè anche alla società di cui l'A. era titolare (peraltro presente sul posto ed impegnato nella direzione dei lavori di posa) e dalla quale la vittima dipendeva, e non già al solo utilizzatore dell'attrezzatura (cioè la ditta dalla quale dipendeva il coimputato C.), prescrivendo tra l'altro, che:

"il datore di lavoro attua le misure tecniche ed organizzative adeguate per ridurre al minimo i rischi connessi all'uso delle attrezzature di lavoro da parte dei lavoratori e per impedire che dette attrezzature possano essere utilizzate per operazioni e secondo condizioni per le quali non sono adatte...".

"Il datore di lavoro prende le misure necessarie affinché le attrezzature di lavoro siano:

a) installate in conformità alle istruzioni del fabbricante;

b) utilizzate correttamente...".

Né rileva che sia stata ritenuta dai giudici di merito "l'imprevedibilità" da parte dell'A. del ribaltamento della gru.

Invero, secondo il costante insegnamento di questa Corte, in tema di reati colposi, ai fini del giudizio di prevedibilità, deve aversi riguardo alla potenziale idoneità della condotta a dar vita ad una situazione di danno, non anche alla specifica rappresentazione "ex ante" dell'evento dannoso, come concretamente realizzatosi. Anche nella semplice possibilità che l'evento dannoso si verifichi può, invero, riconoscersi la prevedibilità dell'evento, laddove concrete si presentino le potenzialità dannose della condotta dell'agente (cfr. Cass. pen Sez. 4 25.2.2009, n. 21513 Rv. 243983).

Orbene, il ribaltamento della gru nelle concrete circostanze operative in cui si muovevano i lavoratori ( B*. e il deceduto B. ), rappresenta solo una delle possibili "modalità" di produzione dell'evento lesivo ma non l'evento in sé stesso.

Sicché, nel caso di specie, legittimamente i giudici del merito hanno rilevato precisi profili di colpa a carico dell'odierno ricorrente, nel non aver impedito i rischiosi movimenti dei suoi lavoratori nell'area di operatività della gru;ed in particolare di "rimanere nel raggio di azione di un carico in movimento traslativo orizzontale e poi verticale all'interno di uno scavo destinato a venir occupato da tale carico nella sua quasi totale interezza", prevedibilmente forieri, ex se, di pericoli e letali conseguenze.

In deflativa, le censure mosse dal ricorrente sono certamente infondate, di guisa che il ricorso proposto deve essere rigettato e lo stesso ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.