Cassazione Civile, Sez. Lav., 07 maggio 2024, n. 12418 - Copertura assicurativa esclusa per omessa dolosa denuncia dell'infortunio



 


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO CIVILE


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto - Presidente

Dott. MARCHESE Gabriella - Consigliere

Dott. CAVALLARO Luigi - Consigliere

Dott. BUFFA Francesco - Consigliere

Dott. GNANI Alessandro - Relatore

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA
 


sul ricorso 23566-2019 proposto da:

A.A., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall'avvocato SALVATORE ALFANO;

- ricorrente -

contro

AVIVA ITALIA Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE TIZIANO 3, presso lo studio dell'avvocato BRUNO DORIA, rappresentata e difesa dall'avvocato CARMELA BARRETTA;

- controricorrente -

nonché contro

I.N.A.I.L. - ISTITUTO NAZIONALE PER L'ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO, B.B., C.C., D.D., E.E.;

- intimati -

avverso la sentenza n. 152/2019 della CORTE D'APPELLO di CATANZARO, depositata il 08/03/2019 R.G.N. 121/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 30/01/2024 dal Consigliere Dott. ALESSANDRO GNANI.

 

Fatto


In riforma della pronuncia di primo grado, la Corte d'appello di Catanzaro rigettava la domanda di manleva svolta da A.A. nei confronti della compagnia di assicurazione Aviva Italia Spa e avente ad oggetto la condanna subita in ragione dell'accoglimento dell'azione di regresso ex artt.10 e 11 D.P.R. n. 1124/65 e svolta dall'Inail nei confronti di A.A. quale responsabile, insieme a B.B., C.C., E.E., D.D., di un infortunio mortale sul lavoro.

Riteneva la Corte che la copertura assicurativa fosse esclusa per omessa dolosa denuncia dell'infortunio. Questo era occorso nel 2003, in presenza di A.A., mentre la denuncia di infortunio era stata inoltrata alla compagnia nel 2007, dopo il ricevuto rinvio a giudizio per omicidio colposo, e dopo che l'Inail gli aveva inviato lettere di diffida minacciando l'azione di regresso. La Corte dichiarava poi assorbita l'ulteriore domanda di manleva svolta da A.A. nei confronti di Aviva Italia Spa avente ad oggetto somme già pagate a titolo di risarcimento agli eredi del defunto.

Avverso la sentenza, A.A. ricorre per quattro motivi, illustrati da memoria.

Resiste con controricorso Aviva Italia Spa, mentre sono rimasti intimati l'Inail, B.B., C.C., E.E., D.D.

All'adunanza il collegio si riservava il termine di 60 giorni per il deposito dell'ordinanza.

 

Diritto


Con i primi due motivi di ricorso, A.A. deduce rispettivamente violazione degli artt.112, 416, 437 c.p.c. e nullità della sentenza (art.360, co.1, n.4 c.p.c.). Essi pongono come unica questione l'errore della sentenza, la quale avrebbe accolto l'appello di Aviva Italia Spa sulla base di un'eccezione proposta tardivamente solo in appello, ovvero quella di dolo nell'omessa denuncia dell'infortunio (art.1915 c.c.). Il dolo non era mai stato eccepito dalla compagnia in primo grado, dove si era contestata soltanto la prescrizione.

Con il terzo motivo di ricorso, A.A. deduce violazione e falsa applicazione degli artt.1913 e 1915 c.c. Non vi era stato ritardo nella denuncia di infortunio, poiché la manleva aveva ad oggetto l'azione di regresso dell'Inail, e questa presuppone la condanna penale del responsabile, ai sensi degli artt.10 e 11 d.P.R. n.1124/65. Prima del passaggio in giudicato della sentenza di condanna in sede penale, non sussistendo il diritto di regresso non vi era obbligo di denuncia, e questa fu inoltrata alla compagnia nel 2007, ovvero ben prima del passaggio in giudicato della sentenza penale, avvenuto nel 2010.

Con il quarto motivo di ricorso, A.A. deduce violazione degli artt.36 e 40 c.p.c., nonché contraddittoria e insufficiente motivazione. Il motivo ripropone di argomenti di censura alla sentenza di primo grado che aveva dichiarato inammissibile la domanda di manleva di A.A. verso la compagnia, avente ad oggetto le somme già pagate agli eredi del defunto, e dichiarata assorbita dalla Corte d'appello.

I primi due motivi sono inammissibili per difetto di autosufficienza.

Essi si limitano a dedurre che in primo grado, né in sede di costituzione né con la memoria difensiva, la compagnia aveva eccepito il dolo dell'art.1915 c.c. L'eccezione sarebbe stata svolta solo in appello. Tuttavia, i motivi non riportano in modo compiuto e dettagliato il contenuto delle difese svolte da Aviva in primo grado, onde specificare la effettiva novità dell'eccezione.

Il terzo motivo è per un verso infondato e per altro inammissibile.

L'inammissibilità non deriva dall'art.360 bis c.p.c., come invece ritenuto dalla controricorrente, poiché la questione dedotta col motivo, ovvero la decorrenza o meno del termine di denuncia dal passaggio in giudicato della sentenza penale, non risulta essere stata decisa da questa Corte con orientamento già consolidato al tempo della proposizione del ricorso.

Il motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza poiché si limita genericamente ad affermare il passaggio in giudicato avvenuto nel 2010, senza riportare in modo specifico la data di tale giudicato a mezzo dell'attestazione di cancelleria ex art.124 d.a. c.p.c.

Per altro verso, il motivo è infondato poiché, anche ad ammettere il passaggio in giudicato successivo alla inoltrata denuncia del 2007, il termine di tre giorni per la denuncia non decorre da tale passaggio in giudicato. Al contrario, l'art.1913 c.c., e anche la clausola contrattuale della polizza assicurativa come riportata in sentenza, fanno decorrere il termine della denuncia dalla conoscenza dell'infortunio. La ratio della previsione è quella di consentire all'assicuratore la tempestiva conoscenza del sinistro e del danno (Cass.3044/97), prima ancora che l'azione risarcitoria possa concretamente essere esercitata. Nello specifico, la tempestiva denuncia aveva la funzione di consentire ad Aviva Italia Spa di valutare il danno conseguente all'infortunio, la sua effettiva consistenza e risarcibilità, e in tal modo di confrontarsi con l'Inail già prima che l'ente potesse intraprendere l'azione giudiziaria. Il passaggio in giudicato della sentenza penale non può dunque far decorrere il termine di denuncia.

Ciò detto, resta da aggiungere che l'accertamento della sussistenza del dolo compiuto dalla sentenza, in quanto accertamento di fatto, non è sindacabile in questa sede di legittimità se non nei limiti dell'art.360, co.1, n.5 c.p.c., i cui presupposti non sono argomentati con il motivo.

Il quarto motivo è assorbito, stante il rigetto del terzo.

Conclusivamente, il ricorso va respinto con condanna alle spese di lite verso Aviva Italia Spa secondo soccombenza. Nulla sulle spese nei confronti delle altre parti, rimaste intimate.

 

P.Q.M.


La Corte rigetta il ricorso;

condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione in favore di Aviva Italia Spa, liquidate in Euro 7000 per compensi, Euro 200 per esborsi, oltre 15% per spese generali, e accessori di legge;

dà atto che, atteso il rigetto, sussiste il presupposto processuale di applicabilità dell'art.13, co.1 quater, d.P.R. n.115/02, con conseguente obbligo in capo a parte ricorrente, di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso.

Roma, deciso all'adunanza camerale del 30 gennaio 2024.

Depositato in Cancelleria il 7 maggio 2024.