Tribunale di L'Aquila, 28 gennaio 2011 - Betonpompa ed elettrofolgorazione


 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE DI L'AQUILA

 

Il Giudice nella pubblica udienza del 28/1/2011 ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

CONTRO

 

1) T.C. nata *** ed elett.te dom.to in Roma Via *** presso avv. S.N. del foro di Roma;

PRESENTE

2) C.B. nato ***

ASSENTE

3) D.M. nato *** ed elett.te dom.to presso avv. F.G.;

CONTUMACE

4) S.G. nato ***

PRESENTE

5) L.G. nato *** elett.te dom.to Via *** (PG) presso la Soc. C. S.p.A.;

ASSENTE

6) B.G. nato *** ed elett.te dom.to presso avv. G.A.;

ASSENTE

7) D.T. nato *** elett.te dom.to in L'Aquila presso avv. A.V.;

CONTUMACE

8) C.G. nato ***

PRESENTE

 

IMPUTATI

 

1) T.C.;

2) C.B.;

3) C.G.;

4) D.M.;

5) S.G.;

6) L.G.;

7) B.G.;

8) D.T.

 

A) del delitto p. e p. dagli artt. 41 e 589 comma I e II c.p. perché: T.C. quale committente delle opere di costruzione di un edificio residenziale da edificare su terreno censito al fg. ***, p.le *** del NCT del Comune di Tornimparte, C.B. quale coordinatore per la progettazione e per l'esecuzione delle opere, C.G. quale delegato, in fatto, dal coordinatore per la progettazione e per l'esecuzione delle opere, D.M. quale legale rappresentante della ditta "*** S.r.l.", in qualità di appaltatore/subappaltante delle opere, S.G. quale titolare della ditta individuale "***", in qualità di subappaltatore delle opere, L.G., quale capo area della ditta "*** S.p.A.", in qualità di assuntore a noleggio della betonpompa, B.G. quale legale rappresentante della ditta "***", in qualità di proprietario della betonpompa concessa in noleggio e D.T. quale dipendente della ditta "***" e autista/manovratore della betonpompa, per colpa consistita in negligenza, imprudenza ed imperizia ed integrata nonché violazione delle norme di prevenzione di cui ai capi che seguono, cagionavano il decesso del dipendente della ditta "***" F.L. per arresto cardiaco determinato da elettrofolgorazione.

 

In particolare, il dipendente F.L., addetto al controllo manuale - onde garantire il corretto direzionamento del calcestruzzo fuoriuscente dalla stessa - della parte terminale del braccio meccanico della betonpompa utilizzata nel cantiere e manovrata mediante radiocomando a distanza dal D., mentre impugnava le apposite maniglie veniva attinto da una scarica di corrente elettrica che, per effetto di una errata manovra del braccio snodato della pompa, si scaricava sulla struttura metallica della betonpompa e quindi sul F. a causa del contatto tra il braccio della stessa e la linea elettrica aerea di media tensione a 20.000 Volt presente nell'area di cantiere nella parte sovrastante la zona interessata dai lavori per la gettata.

 

In Tornimparte (AQ), fraz. Villagrande, il ***.

 

1) T.C.;

2) C.B.;

3) C.G.;

4) D.M.;

5) S.G.;

 

B) del reato p. e p. dagli artt. 11 e 77 lett. b) del D.P.R. 7 gennaio 1956 n. 164 per avere, ciascuno nella qualità rispettivamente indicata al capo A), consentito e comunque non evitato l'esecuzione dei lavori di cui sopra, in prossimità di linee elettriche aeree poste a distanza inferiore a metri cinque rispetto all'area interessata dalle opere e segnatamente dalla macchina operatrice Betonpompa omettendo altresì di attendere il già richiesto intervento dell'ENEL per lo spostamento della linea elettrica, programmato per il giorno successivo e di adottare ogni altra misura idonea ad evitare contatti con la predetta linea ad alta tensione.

 

In Tornimparte (AQ), fraz. ***

 

1) T.C.;

2) C.B.;

3) C.G.;

4) D.M.;

5) SA.Gi.;

6) L.G.;

7) B.G.;

 

del reato p. e p. dagli artt. 7 comma II e 89 comma II lett. a) del D.Lgs. 29 settembre 1994 n. 626 per non avere, ciascuno nella qualità rispettivamente indicata al capo A), effettuato il coordinamento di legge degli interventi di protezione e prevenzione dei rischi cui era esposto il lavoratore F.L., informandosi reciprocamente, ciascuno quale datore di lavoro responsabile per le opere appaltategli e/o i macchinari approntati ed il C. per la specifica qualifica rivestita, al fine di eliminare i rischi dovuti alle interferenze tra i lavori delle diverse imprese a vario titolo coinvolte nell'esecuzione dell'opera complessiva e segnatamente della situazione dei luoghi in cui i propri dipendenti o i propri macchinari erano destinati ad operare, effettuando gli opportuni sopralluoghi al fine accertare ed eliminare la situazione di rischio specifica esistente per effetto della presenza della linea elettrica aerea nell'area interessata dai lavori.

 

In Tornimparte (AQ), fraz. ***.

 

I soli C.B. e C.G.:

 

D) Ciascuno del reato p. e p. dagli artt. 5 comma I lett. a), b), c), e),f) e 21 comma II lett. a) del D.Lgs. 29 settembre 1996 n. 494 per avere, nelle qualità rispettivamente indicate al capo A), omesso di provvedere: a verificare, tramite opportune azioni di coordinamento e controllo, l'applicazione da parte delle varie imprese impegnate a vario titolo nell'esecuzione dell'opera, delle disposizioni contenute del piano di sicurezza e coordinamento, con particolare riguardo alla parte relativa all'esistenza della linea elettrica e la corretta applicazione delle relative procedure di lavoro; ad organizzare tra i datori di lavoro C.B., D.M., S.G., L.G. e B.G. la cooperazione ed il coordinamento delle attività nonché la loro reciproca informazione; a segnalare a tutti i lavoratori interessati, e segnatamente allo stesso F.L., la situazione di rischio determinatasi per la presenza della linea elettrica e a sospendere, attesa la grave ed imminente situazione di pericolo, la lavorazione in corso fino all'avvenuto adeguamento del cantiere alle prescrizioni di sicurezza previste dal PSC;

 

In Tornimparte (AQ), ***.

 

La sola T.C.:

 

E) del reato p. e p. dagli artt. 6 comma II in relazione all'art. 5, comma I lett. a) del D.Lgs. 29 settembre 1996 n. 494 per avere, nella qualità indicata al capo A), omesso di verificare l'adempimento da parte del coordinatore per la progettazione e l'esecuzione C.B. e del suo delegato in fatto C.G., degli obblighi di cui all'art. 5, comma I lett. a) della stessa legge.

 

In Tornimparte (AQ), fraz. ***.

 

Il solo D.T.:

 

F) del reato p. e p. dagli artt. 5 comma I e II lett. b), d), ed h) del D.Lgs. 29 settembre 1994 n. 626 per avere, nella qualità indicata al capo A), omesso: di utilizzare correttamente il macchinario Betonpompa determinando, per effetto di una errata manovra nell'uso del radiocomando a distanza, il contatto tra il braccio meccanico impugnato da F.L. e la linea elettrica aerea sovrastante; di adoperarsi direttamente per eliminare la situazione di pericolo esistente a causa della presenza della linea elettrica aerea nell'area sovrastante la zona della gettata di cemento rifiutandosi di eseguire la manovra richiestagli al fine di porre in essere, per quanto di sua competenza e nell'ambito delle sue possibilità, le condizioni necessarie per tutelare la sicurezza e la salute dei lavoratori.

 

In Tornimparte (AQ), fraz. ***.

 

CONCLUSIONI

 

Il PM dr.ssa Ciccarelli: per T.C. anni 2 mesi 6 reclusione; per C.B. anni 3 reclusione; per D.M. anni 3 reclusione; per S.G. anni 3 reclusione; per L.G. anni 2 mesi 6 reclusione; per D.T. anni 2 reclusione; per C.G. e B.G.: assoluzione per non aver commesso il fatto, assoluzione per le contravvenzioni oblate.

 

Difensore di PC avv. Ap. del foro di Teramo: deposita conclusioni e nota spese eccetto che per il S. La difesa avv. G.A. e avv. C.V. di fiducia per B.G.: assoluzione perché il fatto non sussiste;

 

l'avv. G.P. di fiducia per T.C.: assoluzione perché il fatto non sussiste o per non aver commesso il fatto per tutti i capi d'imputazione;

 

L'avv. S.N. di fiducia per C.B. e C.G. e avv. C. di fiducia per C.G.: assoluzione perché il fatto non sussiste;

 

l'avv. F.G. di fiducia per D.M.: assoluzione perché il fatto non sussiste;

 

l'avv. Pr. in sost.ne di avv. L.N. di fiducia per S.G.: assoluzione perché il fatto non sussiste, per non averlo commesso o perché non costituisce reato;

 

L'avv. D.G. e avv. D.G. di fiducia per D.T.: assoluzione per non aver commesso il fatto;

 

l'avv. V.C. e avv. F.B. di fiducia per I.G.: assoluzione perché il fatto non sussiste, in sub.ne perché il fatto non costituisce reato.

 

NDP per contravvenzione S. capo B) e C) ex T. capo B) ed E).

 

FattoDiritto

 

La sussistenza del reato ascritto risulta con chiarezza dagli elementi emersi nell'istruttoria dibattimentale, seppure dovranno essere partitamente esaminate le posizioni degli odierni imputati, non tutti responsabili del reato ascritto, e comunque non tutti con lo stesso grado di responsabilità, in relazione ai diversi ruoli rivestiti nella vicenda.

 

In particolare, deve in primo luogo provvedersi ad un inquadramento complessivo della vicenda.

Nel caso in esame, si fa riferimento ad un incidente sul lavoro, in cui l'addetto al posizionamento del tubo di gettata del cemento della betonpompa ha trovato la morte mentre era addetto alla sua mansione.

Orbene, in primo luogo è necessario esaminare il contenuto della relazione del medico legale, in riferimento all'accertamento autoptico posto in essere. La conclusione è che senza dubbio alcuno la morte del F. sia avvenuta per elettrofolgorazione, che ha causato un arresto cardiaco nello stesso. E, del resto, tale conclusione emerge con chiarezza sia dall'esame istologico, ma anche ictu oculi dall'evidente presenza di lesioni da elettrocuzione agli arti inferiori, con formazione di vescicole su entrambe le mani.

E, chiaramente, tale morte si presenta ricollegabile alla attività svolta, essendo risultato che appunto con entrambe le mani la vittima stava tenendo il bocchettone della pompa della malta. Tale bocchettone era collegato al tubo di una betonpompa che stava operando al di sotto di una linea elettrica, per cui è ovvio concludere che la provenienza di corrente deve identificarsi appunto in relazione alla presenza di tale linea.

Ciò posto, ancora nulla può dirsi sulla eventuale responsabilità penale degli odierni imputati.

Andiamo allora a descrivere il luogo ove l'incidente si verificò, e i ruoli, i compiti e i correlati doveri di controllo gravanti sugli odierni imputati.

Al riguardo, si rivelano in primo luogo basilari gli accertamenti posti in essere dalla ASL, ed in particolare dall'ispettore F., che ha riferito sugli stessi all'udienza dibattimentale del 15 ottobre 2010 (cfr. verbale da pag. 14 a pag. 57).

 

Sulla base della prospettazione delineata dal teste FA. , è stata confermato sul punto quanto descritto dal capo a) dell'imputazione, ed in particolare il ruolo dei seguenti soggetti, ai quali per le ragioni che verranno in seguito esposte deve addebitarsi la responsabilità del decesso del F.:

 

1) T.C. era la committente delle opere che si stavano realizzando; la sua responsabilità emerge chiaramente dal fatto che non aveva proceduto alla nomina di un responsabile dei lavori, per cui essa stessa era tenuta all'osservanza dei compiti di controllo che altrimenti sarebbero spettati allo stesso;

2) C.B. era stato nominato coordinatore sia per la progettazione che per la esecuzione delle opere;

3) D.M. era titolare della ditta che aveva preso in appalto i lavori, e che poi li aveva in parte subappaltato alla ditta del S.G.;

4) S.G., appunto come subappaltatore;

5) L.G., come soggetto che aveva provveduto ad assicurare la presenza e la operatività della betonpompa, locandola da altra ditta;

6) D.T., il quale era l'operatore addetto alla manovra della betompompa.

Il capo di imputazione prevede altresì al presenza di altri due soggetti, il C.G. ed il B.G., ma verrà chiarito perché gli stessi sono da ritenersi estranei alla commissione del reato per cui è processo, dovendosi sul punto accogliersi la richiesta di assoluzione formulata dallo stesso PM di udienza.

 

Ma torniamo ora alla descrizione dell'episodio per cui è processo. E pacificamente risultato dagli accertamenti di p.g. operati in loco, nonché dalle concordi dichiarazioni testimoniali dei soggetti presenti al fatto e sentiti in udienza, che mentre il F. era intento a direzionare la parte finale del braccio meccanico della betonpompa, con la quale si stava versando il calcestruzzo per creare una base di magrone. E, per far ciò, il F. teneva con le mani la maniglia poste alla fine di tale braccio.

Risulta altresì che la zona di lavorazione era posta al di sotto delle linee elettriche aeree che passavano sul cantiere.

Ad un certo punto, il F. veniva con tutta evidenza attinto da una scarica elettrica, e per tale motivo si bloccava rimanendo incollato al tubo che aveva in mano. Veniva allora soccorso, ma non vi era nulla da fare per evitare il decesso. L'esame autoptico chiariva poi la causa della morte nel senso che si è prima descritto.

 

E, a conferma del fatto che la folgorazione vi sia stata a causa dell'energia elettrica che correva nelle linea elettrica che sovrastava il luogo in cui veniva effettuata la lavorazione, vi è la circostanza che in effetti, alle ore 15.32 del giorno dell'incidente sul lavoro, ossia al momento stesso della morte del F., fu registrata dalle apparecchiature dell'ENEL una dispersione di corrente, durata però solo una frazione di secondo, e che per la sua brevità non aveva fatto scattare le protezioni della linea, né interrotto il passaggio di corrente nella stessa. Ciò, ha spiegato il F., poiché il lasso di tempo in cui era stata effettuata la dispersione si presentava inferiore a 5 secondi.

 

Ma, come ha precisato il medico legale nella sua relazione, anche un contatto estremamente breve era sufficiente a provocare nell'organismo conseguenze mortali.

 

Come si è detto, la linea elettrica era situata appunto sopra il luogo in cui si stava operando la gettata di calcestruzzo; ed il F., che si recò in loco nel primo pomeriggio per gli accertamenti della ASL, ha precisato che ictu oculi si vedeva che il braccio della betonpompa, per come era posizionato, aveva la possibilità in movimento (considerando appunto la posizione del macchinario e la lunghezza del braccio) di andare a toccare la linea elettrica, e addirittura di superarla.

E, del resto, una tale possibilità appare confermata dalle foto in atti scattate dal corpo forestale dello stato il pomeriggio stesso, foto in atti e che sono state oggetto di conferma dal parte dell'ispettore P., sentito sempre alla stessa udienza del 15 ottobre.

Anche le risultanze testimoniali sembrano essere in tal senso. È vero che in un primo momento il teste D.S. aveva affermato che le tre parti del braccio della betonpompa erano tutti e tre in orizzontale, formando una linea orizzontale al terreno, e quindi a distanza di sicurezza dalla linea elettrica. Ma è anche vero che il teste ha ammesso che il macchinario (per ovvie ragioni), non venne spostato dopo il sinistro e prima dell'arrivo dei carabinieri, per cui le foto scattate dalle forze dell'ordine riproducono logicamente la situazione al momento del fatto. E, dall'analisi di tali foto, si deve dedurre che in realtà la posizione delle tre porzioni di braccio fosse la seguente: la prima parte verso l'alto, la seconda diretta verso il basso, la terza in orizzontale. Per cui, era ben possibile da parte dell'angolo formato dalle prime due porzioni di braccio l'avvicinamento alla linea elettrica sovrastante.

Ecco che quindi appare chiara la possibilità di un contatto tra il braccio della betonpompa e la linea elettrica sovrastante, contatto che aveva poi determinato la dispersione di corrente, il passaggio della stessa nel braccio del macchinario, e poi la folgorazione del lavoratore.

 

Che poi vi sia stato un effettivo contatto, o semplicemente un avvicinamento che abbia fatto scoccare il cosiddetto "arco voltaico", (fenomeno che si ha, come spiegato dal F., in caso di avvicinamento sotto il mezzo metro), ai fini che interessano non rileva. Ricordiamo infatti al riguardo come la normativa antinfortunistica preveda in tema (e la relativa violazione è contestata al capo b) della imputazione), che i lavori effettuati in prossimità di una linea elettrica debbano rispettare la distanza minima di 5 metri dalla linea stessa. E, ovviamente, sia per logica che per costante giurisprudenza di legittimità, non è accoglibile la prospettazione difensiva, fatta propria dall'imputato C.B., secondo cui la distanza di 5 metri debba calcolarsi in relazione alla distanza dal piano di lavoro. Infatti, in tale ipotesi non verrebbe meno il rischio di contatto accidentale ove si usassero, come nel caso in esame, apparecchiature che per la loro lunghezza colleghino la linea elettrica al lavoratore intento ai suoi compiti al piano di campagna.

 

E, difatti, il caso in esame è emblematico del fatto che i 5 metri debbano sussistere in relazione alle apparecchiature, spesso metalliche, che vengono adoperate sul luogo di lavoro (cfr. Cass. Pen., Sez. IV, 27 aprile 1991, n. 4707, secondo cui "non soltanto il posto di lavoro ma soprattutto gli strumenti e i mezzi adoperati nel lavoro devono trovarsi a una distanza superiore ai cinque metri dalle linee elettriche aeree").

Talune delle difese hanno però prospettato una spiegazione alternativa a quella all'effettivo contatto tra braccio della betonpompa e linea elettrica, o alla preazione dell'arco voltaico tra i due elementi: vi sarebbe stata una perdita nel - braccio della betonpompa, che avrebbe fatto si che il calcestruzzo che veniva immesso nella stessa fuoriuscisse nebulizzandosi, per cui tale nuvola vaporizzata avrebbe fatto da conduttore tra il braccio meccanico e la linea elettrica. Per cui, non vi sarebbe stato l'errore umano che aveva semplicemente comportato il contatto o l'avvicinamento tra il braccio e la linea elettrica: ma vi sarebbe stata la fatalità della rottura del braccio, la uscita di calcestruzzo nebulizzato e la creazione di una nuvola di pulviscolo che fungesse da conduttore. E, a riprova di tale ipotesi, la difesa non solo ha addotto pareri tecnici relativi alla compatibilità di tale ipotesi con le modalità di dispersione di corrente, ma ha anche fatto rilevare come dalle foto in atti si rilevi che sul braccio della betonpompa vi siano segni di colata di cemento.

Tale prospettazione non può però trovare accoglimento: difatti, è stato ascoltato come teste il D.T., responsabile regionale ENEL, il quale ha chiarito i seguenti aspetti in ordine alla ricostruzione del fatto: vi fu all'ora anzidetta (ore 15.32), una dispersione di 7 ampere, che in relazione ad una linea di 20.000 volts poteva avere certamente effetti letali. Le protezioni di linea non scattarono, ma evidentemente per la ridotta durata del contatto. Per cui, il D.T. ha concluso come sia meno probabile il cosiddetto contatto franco (il contatto vero e proprio tra il braccio e la linea, che avrebbe comportato verosimilmente una dispersione dell'ordine di almeno 40 ampere), mentre si presentano senz'altro tecnicamente possibili sia l'ipotesi del contatto strisciante che quella dell'arco voltaico, con una dispersione compatibile con i 7 ampere rilevati. E, si ribadisce, a detta del responsabile ENEL entrambe tale ipotesi si presentano ben possibili (cfr. pagine da 74 a 86 dell'udienza del 15 ottobre). Oltre a ciò, vi sono poi ulteriori considerazioni che inducono a ritenere non accoglibile la prospettazione relativa alla possibilità di una nuvola vaporizzata di calcestruzzo: è pur vero che sul braccio si vedono residui di calcestruzzo, ma è anche vero che tali residui sono localizzati in un punto di ridotta estensione, per cui la spiegazione più probabile appare quella di una leggera perdita all'atto delle operazioni di smontaggio dei bracci. Se altrimenti si ritenesse possibile la ipotesi della vaporizzazione, e la creazione di una nuvola talmente ampia da superare la distanza dei 5 metri dal braccio alla linea elettrica, di conseguenza anche la ricaduta di tale nuvola avrebbe comportato l'imbrattamento di una porzione di braccio appunto lunga almeno 5 metri.

 

Né, da un punto di vista chimico, appare credibile che un invisibile punto di rottura nel tubo abbia comportato la possibilità di vaporizzazione di una sostanza di apprezzabile corposità quale il calcestruzzo.

E, infine, in ogni caso, vi è un ultimo argomento in tema che taglia la testa al toro: se un tale fenomeno vi fosse stato, sarebbe apparso visibile agli astanti, mentre in realtà nessuno dei presenti ha riferito sulla esistenza e sul levarsi di una tale nuvola di calcestruzzo vaporizzato.

In conclusione, quindi, la ricostruzione dei fatti appare la più intuitiva, la più ovvia e la più verosimile: il macchinario lavorava ad una distanza inferiore a quella prescritta per legge, e si verificò a causa della ridotta distanza tra il braccio

metallico e la linea elettrica un arco voltaico o un contatto strisciante, che comportò una dispersione di corrente, che attraversò il braccio, si propagò all'operaio che impugnava le maniglie del tubo posto alla fine del braccio, e ne causò la morte.

 

Esaminiamo ora le posizioni dei singoli imputati.

 

In ordine alla posizione del D.M., la sua responsabilità per l'evento occorso deriva chiaramente dalla seguente ricostruzione fattuale: come si è detto, lo stesso era il legale rappresentante della ditta D.M., che aveva la veste di appaltatore delle opere. Orbene, è risultato dall'esame dei testi dipendenti della C. che fu egli a richiedere per il giorno dell'incidente la betonpompa, appunto per porre in essere il lavoro di gettata del magrone. Egli si era rivolto alla; C., che non aveva nessun mezzo disponibile, e che allora aveva contattato la I.M., che aveva concesso in locazione uno dei suoi mezzi.

 

E, per la C., emerge la responsabilità del L., che come capoarea di tale ditta aveva fatto in modo di procurare tale mezzo, per adibirlo ai compiti di gettata del calcestruzzo in una posizione in cui ben poteva esserci il contatto con la linea elettrica sovrastante, senza porre in essere nessun accertamento o cautela alcuna.

 

Il S., a sua volta, ben avrebbe dovuto intervenire per eliminare il rischio a carico del lavoratore, ed impedire che lo stesso si esponesse al rischio di folgorazione: ricordiamo infatti che il S. aveva subappaltato le opere da realizzare, per cui era prevista al sua manodopera; e, difatti, il F. era un suo dipendente.

 

Il profilo di responsabilità del D. è anch'esso estremamente evidente: egli era il manovratore della betonpompa, e fu il soggetto che con la sua errata manovra causò l'avvicinamento eccessivo del braccio della betonpompa alla linea elettrica, e la successiva dispersione di corrente.

 

Estremamente evidente è poi il profilo di colpa relativo al D.B., il quale rivestiva la qualità di coordinatore per l'esecuzione delle opere: difatti, lo stesso imputato nelle sue dichiarazioni ha ammesso che la mattina si era recato in cantiere, e poi non vedendo arrivare gli operai al lavoro ad una certa ora aveva deciso di andare via, ritenendo che gli stessi non arrivassero più. Ma, si rileva, egli tenne tale comportamento senza essersi minimamente assicurato in alcun modo che la sua previsione di non compimento dei lavori per quel giorno fosse esatta, non avendo in realtà ricevuto comunicazione da alcuno, e non avendo egli stesso provveduto a chiamare la ditta i cui operai dovevano mettersi al lavoro. Ugualmente, la T. risponde in quanto, non si era avvalsa della facoltà di nominare un responsabile dei lavori, e conseguentemente era rimasta gravata dai doveri di controllo che altrimenti avrebbe preso in carico quest'ultimo. E, al riguardo, è estremamente chiaro il disposto dell'art. 6 del D.Lgs. 494/1996, secondo cui "il committente è esonerato dalle responsabilità connesse all'adempimento degli obblighi limitatamente all'incarico conferito al responsabile dei lavori" (cfr. al riguardo Cass. Pen. Sez. III, 21 febbraio 2007, n. 7209, secondo cui "in materia di infortuni sul lavoro in un cantiere edile, il committente rimane il soggetto obbligato in via principale all'osservanza degli obblighi imposti in materia di sicurezza, atteso che l'effetto liberatorio si verifica solo a seguito della nomina del responsabile dei lavori e nei limiti dell'incarico conferito a quest'ultimo").

 

Precisa poi la norma, al secondo comma, la designazione del mero coordinatore per la progettazione e per l'esecuzione (nel nostro caso il C.B.) non esonera il committente in relazione agli obblighi di cui all'art. 4, comma 1, e 5, comma 1, lettera a). E, in particolare, nel caso in esame, non sembra dubbia la riconducibilità del caso in esame nell'ambito appunto dell'art. 5 comma 1 lettera a.

 

A tal riguardo, poi, la difesa ha sostenuto che sarebbe spettata in mancanza del responsabile dei lavori solo il compito di alta vigilanza in capo sia alla TA. che al C. Ma, in realtà, esaminando il quadro normativo, è chiaro che la distinzione che deve essere fatta è quella sulla attività di controllo minuto, sulla singole manovre degli operai, (che non ricadeva sugli imputati in questione), e quella di programmazione dei lavori. E, in tale ultimo concetto, senza dubbio alcuno ricade quella relativa alla organizzazione e al posizionamento per l'intera giornata della betonpompa sotto le linee elettriche, in un punto in cui il braccio della betonpompa aveva la concreta possibilità di toccare le linee elettriche, o comunque di far scoccare un arco voltaico.

 

E, tanto più pare pregnante tale profilo di colpa, alla luce della seguente considerazione. La linea elettrica sarebbe stata distaccata il giorno successivo l'incidente, come dagli avvisi affissi dall'ENEL. Per cui, se si fosse aspettato un solo giorno, in luogo di far si che i lavori andassero avanti per non perdere appunto una sola giornata, l'incidente non si sarebbe verificato, poiché il giorno successivo si sarebbe operato in condizioni di totale sicurezza.

 

Esaminiamo però ora le posizioni degli imputati per i quali non può arrivarsi ad una pronuncia di condanna.

 

Essi sono il C.G. ed il B.G. In relazione alla posizione di C.G., padre di C.B., si deve rilevare come egli non abbia avuto nessun incarico formale, e come neppure sia vera la circostanza che da un punto di vista concreto sia da considerarsi di fatto delegato dal figlio nella veste di coordinatore della esecuzione delle opere. Difatti, il compito svolto dal C. padre appare molto più marginale, e limitato ad una sola occasione: lo stesso intervenne in luogo del figlio alla riunione che si svolse il giorno precedente all'incidente, e in tale occasione precisò (come riferito dal teste V.A., marito della T., a pag. 42 ss. udienza del 29 ottobre) che si potevano eseguire i lavori di posizionamento del magrone solo ove l'ENEL avesse staccato la tensione dalla linea elettrica, o comunque tenendo la giusta distanza prevista dalla normativa vigente.

 

In ordine poi alla posizione del B.G. Un corretto inquadramento della normativa che regola l'istituto della locazione di mezzi industriali e di lavoro (come appunto la betonpompa) fa ritenere pienamente condivisibile la richiesta di assoluzione formulata dal PM di udienza.

 

Difatti, deve ritenersi che, nel caso di locazione di una macchina di particolare complessità, la cui utilizzazione richieda una specifica competenza tecnica, debba appunto ritenersi sussistere l'ipotesi di locazione di cosa mobile e non di noleggio. Ciò appunto nell'ipotesi in cui il conduttore si ingerisca nelle modalità di esecuzione dell'opera da realizzare, impartendo ordini al conducente distaccato per il concreto utilizzo della cosa.

 

E proprio questa è l'ipotesi in questione, in cui nulla il B. sapeva sul luogo o sulla concreta utilizzazione del macchinario, mentre tali dati erano a conoscenza, e quindi sotto la conseguente responsabilità del conduttore. In tale ipotesi, quindi, il conduttore acquista la detenzione del macchinario, che entra nell'ambito della sua disponibilità; ciò comporta l'assunzione da parte del conduttore dei rischi inerenti all'utilizzazione del macchinario, anche se eventualmente alla locazione si accompagni il distacco di personale del locatore. Per cui, seppure temporaneamente, il dipendente del locatore viene inserito nell'organizzazione aziendale del conduttore; da ciò consegue che dell'attività del dipendente del locatore distaccato presso il conduttore risponde solo quest'ultimo, sia ai fini penali che civili, per cui nessuna responsabilità di nessun tipo può essere configurata a carico del locatore nell'ipotesi in cui dall'operato del suo dipendente sia derivato colposamente a terzi un danno risarcibile.

 

Per cui, la responsabilità per il reato di omicidio colposo deve conseguentemente essere ravvisata in capo agli imputati: T., D.M., S., L., D. e C.B.

 

In astratto, sussiste anche la responsabilità, per i capi rispettivamente ascritti, in relazione alle violazioni antinfortunistiche. In particolare:

per il capo b), si è spiegato come la lavorazione sia avvenuta al di sotto del limite di legge dei 5 metri;

per il capo c), in relazione al fatto che nella situazione di rischio consistente nella presenza sopra il cantiere di una linea elettrica attiva gli imputati non effettuarono il previsto coordinamento ai fini della prevenzione dei rischi;

per il capo d), non venne verificata da parte di nessuno l'applicazione delle disposizioni previste nel PSC;

per il capo e), la T. non verificò l'adempimento da parte del C. degli obblighi di cui all'art. 5 d. lvo 494;

per il capo f), il D. non utilizzò correttamente il macchinario in relazione alla situazione di pericolo esistente.

 

Taluni di questi reati sono però estinti per oblazione speciale. Trattasi dei capi b), c) ed e) per T. e S., per i quali quindi si deve pronunciare il ndp.

 

In ordine alla pena: valutati i fatti, pena equa si stima in maniera diversa per gli imputati, tenendo presente il diverso ruolo avuto dagli stessi. In relazione al S., si deve inoltre prendere atto del fatto che lo stesso ha provveduto al risarcimento del danno.

 

Tenuto conto poi del fatto che, pur se vi è stata una grave imprudenza, vi è stato anche il concorso di circostanze sfortunate, relative ad un contatto ad arco voltaico con la linea elettrica (quindi senza contatto materiale vero e proprio), pur se prevedibile ed evitabile, possono concedersi generiche attenuanti equivalenti alla contestata aggravante.

 

Per cui:

per T. pena equa si stima in anni 1;

per D. pena equa si stima in anni 1 mesi 5 giorni 20, aumentata ad anni 1 mesi 6 per la continuazione con le contravvenzioni;

per S. anni 1 mesi 9;

per i rimanenti imputati, pena equa si stima in anni 1 mesi 11 e giorni 20, aumentata ad anni 2 per la continuazione.

Vista l'incensuratezza di tutti gli imputati, si concedono loro i benefici della sospensione della pena e della non menzione.

 

In ordine poi ai capi civili, il danno va determinato in separata sede, data la complessità delle voci di danno. Segue quindi condanna generica ai danni, con una provvisionale a carico degli imputati condannati (eccezion fatta che per il S., per cui le p.c. non hanno concluso), di 15.000 per ogni parte civile costituita.

 

Seguono infine le spese legali di costituzione e difesa di p.c., quantificate nella misura indicata in dispositivo.

 

 

P.Q.M.

 

 

Visto l'art. 530 c.p.p.

 

Assolve B.G. e C.G. dai reati ascritti per non aver commesso il fatto; visto l'art. 531 c.p.p. dichiara ndp per essere i reati estinti per oblazione in relazione ai capi B - C - E per S. e T. Visti gli artt. 533 ss. c.p.p.

 

Dichiara T., C.B., D.M., S., L., D., colpevoli dei rimanenti reati ascritti, unificati ex art. 81 c.p., e li condanna, concesse generiche attenuanti equivalenti alla contestata aggravante, alla pena della reclusione: T. di anni 1;

 

D. di anni 1 mesi 6; S. di anni 1 mesi 9; L., D.M., C.B. di anni 2; oltre al pagamento delle spese processuali, al risarcimento dei danni nei confronti della p.c., da determinarsi in separata sede, ad una provvisionale di 15.000 Euro per ogni p.c., alla rifusione delle spese legali, che determina in complessivi 3.000 Euro + spese forfetarie, IVA e CPA. Pena sospesa e non menzione. Mesi 1 deposito motivazione.

 

Così deciso in L'Aquila, il 28 gennaio 2011.

 

Depositata in Cancelleria il 28 gennaio 2011.