Cassazione Penale, Sez. 3, 14 aprile 2011, n. 15177 - Sequestro probatorio di materiale contenente amianto: ballast


 

  • Amianto
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    "La L 27 marzo 1992, n. 257, art. 1, comma 2, vieta la commercializzazione e la produzione di prodotti contenenti amianto, sanzionando penalmente la relativa violazione.
    Ai sensi del
    D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, art. 248 (testo unico delle disposizioni in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro), inoltre, il datore di lavoro deve effettuare ogni indagine necessaria per individuare la presenza di materiali con potenziale contenuto di amianto e se vi è il minimo dubbio sulla presenza di amianto in un materiale o in una costruzione deve adottare le misure di sicurezza all'uopo indicate."


     

     


    REPUBBLICA ITALIANA
    IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
    LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
    SEZIONE TERZA PENALE
    Composta dagli III.mi Sigg.ri Magistrati:
    Dott. PETTI Ciro - Presidente
    Dott. TERESI Alfredo - Consigliere
    Dott. LOMBARDI Alfredo Maria - Consigliere
    Dott. ROSI Elisabetta - Consigliere
    Dott. GAZZARA Santi - Consigliere
    ha pronunciato la seguente:
    sentenza
    sul ricorso proposto da:


    Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Viterbo;
    avverso l'ordinanza in data 8.11.2010 del Tribunale di Viterbo, con la quale è stato annullato il decreto di sequestro probatorio di 15.000 me. di materiale inerte emesso dal P.M. in data 19.10.2010 in relazione al reato di cui alD.Lgs n. 152 del 2006, artt. 187 e 192 e art. 256, comma 1, lett. b) e comma 5, ed è stata disposta la restituzione di tale materiale alla R. Mario S.r.l.;
    Udita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Alfredo Maria Lombardi;
    Visti gli atti, la ordinanza denunziata ed il ricorso;
    Udito il P.M., in persona del Sost. Procuratore Generale Dott. D'Angelo Giovanni, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso e l'annullamento con rinvio dell'ordinanza;
    Udito il difensore del Rocchino Avv. Moncada Tommaso, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
     

      

    FattoDiritto

     

    Con la impugnata ordinanza il Tribunale di Viterbo, in funzione di giudice del riesame, ha annullato il decreto di sequestro probatorio di 15.000 mc. di materiale inerte, emesso dal P.M. in data 19.10.2010 in relazione al reato di cui al D.Lgs n. 152 del 2006, artt. 187 e 192 e art. 256, comma 1, lett. b) e comma 5, ed ha disposto la restituzione di tale materiale alla R. Mario S.r.l..
    Il materiale inerte oggetto di sequestro, proveniente da cantieri della rete ferroviaria, era stoccato all'interno di un terreno condotto in affitto dalla Soc. R. Mario, istante per il riesame.
    L'ordinanza ha osservato che, sebbene nella nota del 6.5.2010, inviata dalla AUSL di (OMISSIS) al Corpo Forestale dello Stato si affermi che i materiali sequestrati contengono amianto, deve essere escluso che detto minerale sia presente in concentrazione superiore al valore limite di 30 mg/1 stabilito dal D.M. 5 aprile 2006, n. 186.
    Su punto sì è osservato che l'affermazione che i materiali contengono amianto è fondata su analisi eseguite su singole pietre scelte in base al colore ed alla tipologia che rendeva maggiore la possibilità della presenza di detto minerale, mentre altre analisi effettuate senza una preselezione dei campioni da analizzare avevano dato esito negativo, con la conseguenza che al materiale sequestrato non era possibile attribuire la qualità di rifiuto. Nel caso in esame inoltre non poteva - neppure configurarsi il reato di miscelazione di rifiuti pericolosi con altri rifiuti, in quanto le fibre di amianto sono naturalmente presenti all'interno delle rocce analizzate e non derivano da contaminazione con altri rifiuti o dalla loro sottoposizione a precedenti trattamenti.

     

    Avverso l'ordinanza ha proposto ricorso il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Viterbo, che la denuncia per violazione di legge.

    Si deduce, in sintesi, che il sequestro probatorio è finalizzato proprio alla acquisizione della prova del reato oggetto di indagine e che a tale scopo in data 14.10.2010 è stato conferito incarico al ct., dr. L.A., al fine di effettuare gli esami necessari per accertare la presenza di amianto nel materiale sequestrato e la sua concentrazione.
    Si osserva che l'ipotesi accusatoria è fondata su una notizia di reato, per la quale era stato anche richiesto il sequestro preventivo del materiale al G.I.P., richiesta poi rigettata, proveniente dalla ASL, Laboratorio di Igiene Industriale Centro Regionale Amianto, con la quale si segnalava una concentrazione nei cumuli di materiale inerte di pietre di tipo basaltico e di pietre con presenza di amianto. Tale materiale, rimosso dalla rete ferroviaria, costituisce rifiuto e viene posto in vendita con presenza di fibre di amianto, soggette a liberarsi a seguito di   trattamento   mediante   sollecitazione   meccanica   nel   corso   della   sua frantumazione. Detto materiale, secondo una nota dell'ARPA di Reggio Emilia in data 15.10.2010, viene definito "Ballast", la cui riutilizzazione ai fini della successiva commercializzazione può avvenire solo previo accertamento della assenza di sostanze nocive ai sensi del D.Lgs. n. 81 del 2008, artt 246 e 247.
    Si aggiunge che i sedili ferroviari risultano normalmente contaminati anche per la presenza, in varie concentrazioni, di olio sintetico contenente PCB, classificato come rifiuto pericoloso con la direttiva n. 91/689/CE del 12.12.1991, in quanto altamente cancerogeno.
    Si deduce che il dato percentuale indicato nel D.M. n. 186 del 2006 citato nell'ordinanza assolve l'unica funzione di stabilire il limite di concentrazione dell'amianto ai fini della qualificazione dei rifiuti come non pericolosi e la loro suscettibilità di smaltimento in discarica, mentre nel caso in esame deve trovare applicazione la normativa di cui al D.Lgs n. 257 del 1992, che vieta ogni tipo di utilizzazione di materiali contenenti amianto, nonché i DM che disciplinano le modalità di gestione e recupero dei rifiuti contenenti amianto.
    Si conclude, osservando che il sequestro è finalizzato proprio all'accertamento, mediante le specifiche metodologie, della concentrazione di amianto presente nel materiale stoccato anche per poter attribuire a detti rifiuti un codice CER certo a seconda che si tratti di rifiuti pericolosi o non pericolosi.

    Con memoria depositato il 18.3.2011 la difesa del R. ha sostenuto la infondatezza del ricorso, richiamando sostanzialmente le argomentazioni del provvedimento impugnato.

    Il ricorso è fondato.

    Osserva la Corte che, mentre nel caso di sequestro preventivo l'accertamento del fumus commissi delicti ha ad oggetto la individuazione di concreti elementi atti a configurare la sussistenza del reato, in tema di sequestro probatorio il fumus commissi delicti, per la specificità delle ragioni che giustificano la misura reale, deve essere valutato con riferimento alla idoneità dei concreti elementi su cui si fonda la notizia di reato a rendere utile l'espletamento di ulteriori indagini da parte della pubblica accusa sull'oggetto del reato stesso o su cosa ad esso pertinente, ai fini della acquisizione di prove certe o di ulteriori prove della sua commissione; indagini non esperibili senza la sottrazione della disponibilità della cosa all'indagato ovvero l'acquisizione della sua disponibilità da parte dell'autorità giudiziaria.
    Peraltro, i concreti elementi indicati dal P.M. devono essere valutati esclusivamente al fine di verificare la confìgurabilità del reato e la necessità dell'acquisizione probatoria cui il sequestro è finalizzato, ma non per effettuare un giudizio di merito sulla fondatezza dell'accusa, (per tutte sez. un. 20.11.1996 n. 23 del 1997, Bassi ed altri, RV 206657).
    Orbene, l'ordinanza impugnata ha escluso la necessità del sequestro probatorio, finalizzato all'espletamento di indagini tecniche, che la notizia di reato proveniente dalla ASL rendevano evidentemente necessarie, sulla base del generico   riferimento   all'esito   di   precedenti   analisi,   della   cui   natura   e provenienza non viene dato conto.
    E' opportuno peraltro ricordare, con riferimento alla legislazione in materia di amianto, che la L 27 marzo 1992, n. 257, art. 1, comma 2, vieta la commercializzazione e la produzione di prodotti contenenti amianto, sanzionando penalmente la relativa violazione.
    Ai sensi del D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, art. 248 (testo unico delle disposizioni in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro), inoltre, il datore di lavoro deve effettuare ogni indagine necessaria per individuare la presenza di materiali con potenziale contenuto di amianto e se vi è il minimo dubbio sulla presenza di amianto in un materiale o in una costruzione deve adottare le misure di sicurezza all'uopo indicate.
    L'ordinanza impugnata deve essere, pertanto, annullata per un nuovo esame che tenga conto degli enunciati principi di diritto.

     

    P.Q.M.

     

    La Corte annulla l'ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Viterbo.