Cassazione Penale, Sez. 4, 14 luglio 2011, n. 27738 - Caduta dall'alto e responsabilità


 


Responsabilità per la morte di un lavoratore che,  intento a completare i lavori di posa in opera di parapetti in ferro sui balconi del piano mansarda, dal piano di calpestio della mansarda dell'edificio in questione, precipitava nel vano sottostante per il cedimento di un pannello in cartongesso collocato su un'apertura a sezione rettangolare praticata nel pavimento del vano sottotetto inidonea a sorreggere una persona e non opportunamente delimitata e segnalata.

Furono imputati:

- Sc. Ep. quale datore di lavoro della vittima e titolare della s.n.c., società appaltatrice dei lavori di realizzazione e posa in opera di infissi esterni e vetrate interne su un edificio di civile abitazione;

- Ma. Ma. , quale amministratore unico e rappresentante legale della ditta AI. Si. s.r.l., società costruttrice dell'edificio sopradetto e committente delle opere appaltate alla ditta LA. Se. s.n.c.;


- Fl. Al. , quale coordinatore per la realizzazione dell'opera e per l'esecuzione dei lavori, nonchè di direttore degli stessi.


Condannati in primo grado, il solo Sc. Ep. veniva assolto in appello per non aver commesso il fatto.

Avverso tale sentenza ricorrono per cassazione Ma.Ma. e Fl. Al. nonchè, in relazione all'assoluzione dello Sc., il Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Catania e, ai soli fini civili, il difensore delle parti civili Ma. Ca. , M. M. R. e Ca. Ma. - I ricorsi del Procuratore generale e delle parti civili sono sostanzialmente fondati, essendo palese la carenza motivazionale dedotta in relazione alla posizione di Sc. Ep. .
Invece, i ricorsi proposti dagli imputati Fl. Al. e ma. ma. sono in buona parte infondati.

Quanto alla posizione di Fl. la Corte afferma che "In materia di infortuni sul lavoro, il coordinatore per l'esecuzione dei lavori - figura introdotta dal Decreto Legislativo n. 494 del 1996, articolo 5 in attuazione della Direttiva 92/57/CEE sulle prescrizioni minime di sicurezza e di salute nei cantieri temporanei o mobili - deve assicurare, nel caso della effettuazione dei lavori, il collegamento fra impresa appaltatrice e committente al fine di realizzare la migliore organizzazione ed ha il compito di adeguare il piano di sicurezza in relazione alla evoluzione dei lavori, di vigilanza sul rispetto del piano stesso e di sospendere, in caso di pericolo grave e imminente, le singole lavorazioni. Ne consegue che egli è responsabile delle conseguenze derivanti dalla violazione di tale posizione di garanzia" (Cass. pen. Sez. 4, n. 24010 del 3.4.2003, Rv. 228565).

Inoltre il Fl., come da imputazione, oltre al ruolo di coordinatore per la progettazione e per l'esecuzione dei lavori, assommava anche quello di direttore dei lavori e, come tale, ricopriva la cardinale posizione di garanzia che comportava l'onere della sua costante presenza sul cantiere e di controllo specifico circa l'apprestamento dei presidi antinfortunistici. Infatti a lui spettava la direzione, sorveglianza e cura degli aspetti sia tecnici che di prevenzione degli infortuni, con precise direttive circa lo svolgimento delle opere e la sicurezza dei lavoratori: la palese situazione di pericolo imponeva il suo tempestivo intervento e la puntuale verifica circa il rispetto delle direttive impartite.

Quanto invece alla posizione del ricorrente ma. (committente) e del coimputato assolto, Sc. (appaltatore), la Corte afferma come è innegabile che le rispettive posizioni siano da trattare congiuntamente poichè accomunate (come insistentemente insinuato dal ricorso del ma.) da un collegamento inscindibile.

"In tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, il contratto d'appalto determina il trasferimento dal committente all'appaltatore della responsabilità nell'esecuzione dei lavori, salvo che lo stesso committente assuma una partecipazione attiva nella conduzione e realizzazione dell'opera, nel qual caso anch'egli rimane destinatario degli obblighi assunti dall'appaltatore" (Cass. pen. Sez. 4, n. 38824 del 17.9.2008 Rv. 241063; Sez. 4, n. 46383 del 6.11.2007, Rv. 239338). Peraltro, il committente può essere chiamato a rispondere dell'infortunio qualora l'omessa adozione delle misure di prevenzione prescritte sia immediatamente percepibile cosicchè il committente medesimo sia in grado di accorgersi dell'inadeguatezza delle stesse senza particolari indagini; mentre, in questa evenienza, ad escludere la responsabilità del committente, non sarebbe sufficiente che questi abbia impartito le direttive da seguire a tale scopo, essendo comunque necessario che ne abbia controllato, con prudente e continua diligenza, la puntuale osservanza: nel caso di specie il Ma. aveva dato disposizioni circa la contestuale piastrellatura del pavimento della mansarda (anche con ulteriore appalti, con ciò inserendosi nell'organizzazione del complesso dell'attività lavorativa da svolgere sulla mansarda).

In tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, ciascun datore di lavoro, sia il committente che l'appaltatore, è esclusivo responsabile della tutela dei propri dipendenti dai rischi che coinvolgano unicamente questi ultimi, poichè la cooperazione tra committente ed appaltatore è imposta soltanto per eliminare i rischi comuni ai lavoratori dipendenti di entrambe le parti.

Sicchè, essendo proprio questo il caso, è chiaro come sia sul committente sia sull'appaltatore incombesse l'obbligo di cooperazione cioè di reciproca informazione e "di contribuire attivamente, dall'una e dall'altra parte, a predisporre ed applicare le misure di prevenzione e protezione necessarie"  la cui violazione ha chiaramente avuto diretta efficienza causale nella verificazione dell'evento letale.


 



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MARZANO Francesco Presidente

Dott. BIANCHI Luisa Consigliere

Dott. MASSAFRA Umberto rel. Consigliere

Dott. MARINELLI Felicetta Consigliere

Dott. VITELLI CASELLA Luca Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA



sul ricorso proposto da:

1) PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE DI APPELLO DI CATANIA;

2) MA. CA. PA. N. IL (Omissis) (parte civile);

3) CA. MA. N. IL (Omissis) (parte civile);

4) M. M. R. N. IL (Omissis) (parte civile);

Nei confronti di:

SC. EP. N. IL (Omissis) (imputato assolto non ricorrente);

e da:

5) ma. ma. N. IL (Omissis) (imputato);

6) FL. AL. N. (Omissis) (imputato);

avverso la sentenza n. 1141/2009 CORTE APPELLO DI CATANIA, DEL 26/02/2010;

Udita in pubblica udienza del 27/05/2011 la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO MASSAFRA;

Udito il Procuratore Generale Dott. VITO D'AMBROSIO che ha concluso per l'annullamento con rinvio per Sc. e per il rigetto dei ricorsi di Fl. e ma. .

Per le parti civili è presente l'Abb. Antonio Grippaldi, del Foro di Catania, che insiste per l'annullamento della sentenza impugnata relativamente all'imputato Sc. .

Per l'imputato ma. è presente l'Avv. Reale Ezechia Paolo, del foro di Siracusa, che insiste per l'annullamento della sentenza impugnata nonchè, in subordine, per la dichiarazione della prescrizione.

Per l'imputato Fl. è presente l'Avv. Seminara Fabrizio, del foro di Acireale, che insiste per l'annullamento della sentenza impugnata.

Per l'imputato Sc. è presente l'Avv. Mario Giuffrida, del foro di Catania, che insiste per il rigetto dei ricorsi del P.G. e delle parti civili.

Fatto



Con sentenza del 27.10.2008 il Tribunale di Siracusa - Sezione Distaccata di Lentini - condannava alla pena di anni due di reclusione, ciascuno:

- Sc. Ep. quale titolare della ditta LA. Se. s.n.c., società appaltatrice dei lavori di realizzazione e posa in opera di infissi esterni e vetrate interne su un edificio di civile abitazione;

- ma. ma. , quale amministratore unico e rappresentante legale della ditta AI. Si. s.r.l., società costruttrice dell'edificio sopradetto e committente delle opere appaltate alla ditta LA. Se. s.n.c.;

- Fl. Al. , quale coordinatore per la realizzazione dell'opera e per l'esecuzione dei lavori, nonchè di direttore degli stessi.

Tutti venivano riconosciuti colpevoli di avere cagionato, in cooperazione tra loro e nelle indicate qualità, la morte del lavoratore M. S., dipendente della LA. s.n.c., che, intento a completare i lavori di posa in opera di parapetti in ferro sui balconi del piano mansarda, il (Omissis), dal piano di calpestio della mansarda dell'edificio in questione, precipitava nel vano sottostante per il cedimento di un pannello in cartongesso collocato su un'apertura a sezione rettangolare praticata nel pavimento del vano sottotetto inidonea a sorreggere una persona e non opportunamente delimitata e segnalata.

Il Ma. e lo Sc. venivano, altresì, ritenuti responsabili:

- della violazione, contestata al capo C), della norma di prevenzione di cui al Decreto Legislativo n. 626 del 1994, articolo 7, comma 2, lettera a) e b) per avere omesso di cooperare ad attuare le misure di prevenzione e protezione dai rischi incidenti sull'attività lavorativa oggetto dell'appalto e di coordinare gli interventi di protezione e prevenzione dai rischi cui erano esposti i lavoratori, non informandosi reciprocamente in merito;

- della violazione, contestata al capo D), delle norme di prevenzione di cui al citato Decreto Legislativo n. 626 del 1994, articolo 4, comma 5, e comma 5, lettera e) per avere omesso di adottare le misure appropriate affinchè solo i lavoratori che avevano ricevuto adeguate istruzioni accedessero alle zone in cui erano esposti a gravi rischi.

Il ma., inoltre, era ritenuto responsabile anche:

- della violazione, contestata al capo E), di cui al già richiamato Decreto Legislativo n. 626 del 1994, articolo 7, comma 3, lettera b, per avere omesso di fornire all'impresa appaltatrice dettagliate informazioni sui rischi specifici esistenti nell'ambiente di lavoro e sulle misure di prevenzione adottate e di promuovere, tra impresa committente ed impresa appaltatrice, la cooperazione alla attuazione delle misure di prevenzione e di protezione dai rischi sul lavoro incidenti sull'attività lavorativa oggetto dell'appalto ed il coordinamento degli interventi di protezione e di prevenzione dei rischi cui si trovavano esposti i lavoratori.

Fl. Al. veniva, altresì, ritenuto responsabile:

- della violazione, contestata al capo F), del Decreto Legislativo n. 494 del 1996, articolo 5, comma 1, lettera a), c) ed d) per avere omesso di verificare l'applicazione, da parte dell'impresa esecutrice dei lavori, delle disposizioni contenute nel piano di sicurezza e coordinamento e di organizzare, tra i datori di lavoro, la cooperazione ed il coordinamento nonchè la reciproca informazione.

Gli imputati venivano, inoltre, condannati al risarcimento del danno in favore delle parti civili costituite, Ca. Ma. , M. M. R. e Ma. Ca. Pa. , alle quali veniva assegnata una provvisionale, immediatamente esecutiva, di euro 80.000.

La Corte di Appello di Catania, con sentenza in data 26.2.2010, in parziale riforma di quella predetta, assolveva Sc. Ep. per non aver commesso il fatto e riduceva la pena inflitta a ma. ma. ad anni uno e mesi quattro di reclusione e a Fl. Al. ad anni uno di reclusione, revocando la costituzione delle parti civili (come da loro espressa richiesta) nei confronti di ma. ma. e Fl. Al..

 

Avverso tale sentenza ricorrono per cassazione i difensori di fiducia di ma. ma. e Fl. Al. nonchè, in relazione all'assoluzione dello Sc., il Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Catania e, ai soli fini civili, il difensore delle parti civili Ma. Ca. , M. M. R. e Ca. Ma. .

Queste ultime deducono la violazione di legge in relazione al Decreto Legislativo n. 626 del 1994, articoli 4 e 7 ed il vizio motivazionale in riferimento alla ritenuta insussistenza della violazione del Decreto Legislativo n. 626 del 1994, articolo 7, comma 2, lettera a) e b) e dell'ipotesi omissiva prevista dal Decreto Legislativo n. 626 del 1994, articolo 4, comma 5, lettera e) e conseguente riconoscimento del diritto al risarcimento del danno.

Rilevano, in particolare, la condivisibilità delle conclusioni alle quali era pervenuto il giudice di primo grado e la contraddittorietà sul punto della sentenza impugnata.

Rappresentano, altresì, la mancata adeguata informazione del dipendente poi deceduto circa i pericoli nei quali poteva incorrere all'interno del cantiere in questione che si aggiungeva alla carenza sia nel P.S.C., che nel P.O.S. di espresse previsioni circa il rischio i caduta dall'alto derivante dalla realizzazione di un'apertura nella mansarda.

Analoghe censure formula il P.G., sotto il profilo del vizio motivazionale, in relazione al mancato adempimento all'obbligo di cooperazione con il committente e il direttore dei lavori e di informazione del dipendente in materia di prevenzione e sicurezza personale.

Infatti, la sentenza impugnata aveva ritenuto l'obbligo dello Sc. di cooperare con il committente, ma aveva illogicamente escluso la sua omissione. Conoscendo il cantiere, non poteva, in sostanza, limitarsi a verificare la situazione dei luoghi solo in un momento anteriore all'Inizio dei lavori, ma doveva attivarsi nei controlli per accertarsi che venissero applicate le misure di sicurezza; egli sapeva che il tavolato posto in corrispondenza del foro avrebbe dovuto essere rimosso per i lavori di piastrellatura: il tavolato venne rimosso e sostituito solo con un manufatto in cartongesso, che non resse al peso del lavoratore. Inoltre, la sentenza implicitamente riconosceva che l'imputato era venuto meno all'altro compito su di lui gravante, quello di "formare ed informare adeguatamente in materia di prevenzione e sicurezza il personale dipendente", nella specie la vittima.

Nell'interesse dell'imputato Fl. Al. si deduce la violazione di legge ed il vizio motivazionale, assumendosi che nella ricostruzione del sinistro la Corte territoriale si era affidata esclusivamente alla deposizione del teste C. (ritenuto credibile e coerente), dipendente della LA. come capo squadra del quale si rappresenta, invece, l'inattendibilità.

Ci si duole, altresì, della mancata considerazione e valutazione in sentenza di precisi dati istruttori secondo i quali il P.S.C., redatto dal Fl. , era munito anche della specifica previsione del rischio di caduta dall'alto (cap. 17), e delle deposizioni di altri testi (parzialmente riportate in ricorso) che avevano constatato le condizioni di sicurezza (presenza di tavoloni a copertura del foro) del locale sottotetto al pari di quella della proprietaria dell'immobile, Co. Gr. Ma. (che viene, anch'essa, quasi integralmente ritrascritta in ricorso), da cui si evinceva che durante le operazioni di pavimentazione del sottotetto, il foro era stato costantemente coperto, e quindi in perfetta sicurezza.

Nell'interesse dell'imputato ma. ma. si prospetta l'inosservanza o erronea applicazione del Decreto Legislativo n. 626 del 1994, articoli 3, 4, 5, 7 e 9 e cioè l'insussistenza delle relative violazioni contestategli quale committente ed il vizio motivazionale. Il ricorrente assume che, avendo la Corte ritenuto per lo Sc., appaltatore delle opere e datore di lavoro dell'operaio deceduto, l'inesistenza del nesso eziologico tra la determinazione dell'evento e la mancata cooperazione ed il mancato assolvimento dell'obbligo di reciproca informazione tra committente ed appaltante, altrettanto avrebbe dovuto valere anche per il ma. che avrebbe dovuto essere assolto anche dai reati di cui ai capi C) ed E) della rubrica, mentre le relative violazioni avrebbero dovuto essere riconosciute anche in suo favore come ininfluenti sulla determinazione dell'evento.

Altrettanto era da dirsi In ordine al reato congiuntamente ascritto al ma. e allo Sc. al capo D) dell'imputazione, atteso che destinatario dell'obbligo di informazione dei lavoratori di cui al Decreto Legislativo n. 626 del 1994, articolo 4, comma 5, lettera E era riferibile solo al datore di lavoro, cioè allo Sc. , mentre per il ma. il relativo obbligo poteva essere visto solo in un'ottica di concorso con lo Sc. , unico titolare della relativa posizione di garanzia.

Infine, si rappresenta la contraddittorietà del riconoscimento della responsabilità del ma. in ordine alla verificazione dell'evento, dovendosi la stessa escludere, secondo la normativa e la giurisprudenza di legittimità, avendo egli provveduto a nominare un responsabile, coordinatore per l'esecuzione dei lavori, munito della necessaria competenza. E ciò (ovvero la questione della ripartizione delle funzioni tra committente e coordinatore) era stato del tutto trascurato dalla Corte di appello, benchè oggetto di specifico motivo di gravame. Si sottolinea, inoltre, l'illogicità e contraddittorietà (a fronte della ricostruzione dell'incidente, per l'improvvisa decisione di rimuovere dei tavolati infissi al suolo) della decisione di escludere la responsabilità del datore di lavoro e non già del committente delle opere.

è stata depositata una memoria difensiva nell'interesse di Fl. Al. con la quale vengono ribadite le argomentazioni esposte in ricorso.

Diritto



I ricorsi del Procuratore generale e delle parti civili sono sostanzialmente fondati, essendo palese la carenza motivazionale dedotta in relazione alla posizione di Sc. Ep. .

Invece, i ricorsi proposti dagli imputati Fl. Al. e ma. ma. sono in buona parte infondati.

Va, anzitutto, rilevata la palese infondatezza delle censure mosse dal ricorrente Fl. (coordinatore per la realizzazione dell'opera e per l'esecuzione dei lavori, nonchè direttore degli stessi).

Il teste C., al quale la Corte catanese si affida, al pari del giudice di primo grado, per la ricostruzione del sinistro, era l'unico teste presente sul posto al momento dell'infortunio e le sue dichiarazioni (in particolare, l'apertura da cui precipitò il M. "non era adeguatamente coperta, nè recintata o evidenziata con opportuna segnaletica") oltre che credibili, trovavano non pochi riscontri nelle fotografie ritraenti lo stato dei luoghi immediatamente dopo l'incidente e richiamate dai giudici di merito.

Ne consegue che tutte le deposizioni richiamate in ricorso concernono periodi temporali di certo antecedenti a quello in cui si verificò l'infortunio, sicchè le protezioni (tavolati e segnalazioni) alle quali si riferiscono quei testi e lo stesso imputato ma. erano stati rimossi poco prima della verificazione del tragico incidente.

Del pari, quanto al P.S.C. (Piano di sicurezza e coordinamento) (recepito dal P.O.S.: Piano operativo di sicurezza), la generale previsione del rischio di cadute dall'alto, laddove si ipotizza la possibilità di aperture lasciate nel solai che devono essere circondate con tavola fermapiede o coperte con tavolato fissato e di resistenza idonea, come riportato in ricorso e nella memoria difensiva, palesemente non valeva certo a comprendere, come già sottolineato dal Giudice a quo, la peculiare circostanza in cui il tavolato, posto a copertura della suddetta apertura, dovesse temporaneamente essere rimosso per consentire l'effettuazione, come nel caso di che trattasi, di altri lavori di finitura (nella specie, piastrellatura del pavimento della mansarda). E tali opere prevenzionali, giova ripetere, erano certamente assenti in giorno dell'infortunio poichè, come ancora correttamente rileva la sentenza impugnata, altrimenti l'incidente non si sarebbe potuto verificare.

Si rammenta, al riguardo, che "In materia di infortuni sul lavoro, il coordinatore per l'esecuzione dei lavori - figura introdotta dal Decreto Legislativo n. 494 del 1996, articolo 5 in attuazione della Direttiva 92/57/CEE sulle prescrizioni minime di sicurezza e di salute nei cantieri temporanei o mobili - deve assicurare, nel caso della effettuazione dei lavori, il collegamento fra impresa appaltatrice e committente al fine di realizzare la migliore organizzazione ed ha il compito di adeguare il piano di sicurezza in relazione alla evoluzione dei lavori, di vigilanza sul rispetto del piano stesso e di sospendere, in caso di pericolo grave e imminente, le singole lavorazioni. Ne consegue che egli è responsabile delle conseguenze derivanti dalla violazione di tale posizione di garanzia" (Cass. pen. Sez. 4, n. 24010 del 3.4.2003, Rv. 228565).

Inoltre il Fl., come da imputazione, oltre al ruolo di coordinatore per la progettazione e per l'esecuzione dei lavori, assommava anche quello di direttore dei lavori e, come tale, ricopriva la cardinale posizione di garanzia che comportava l'onere della sua costante presenza sul cantiere e di controllo specifico circa l'apprestamento dei presidi antinfortunistici. Infatti a lui spettava la direzione, sorveglianza e cura degli aspetti sia tecnici che di prevenzione degli infortuni, con precise direttive circa lo svolgimento delle opere e la sicurezza dei lavoratori: la palese situazione di pericolo imponeva il suo tempestivo intervento e la puntuale verifica circa il rispetto delle direttive impartite.

Ne consegue che, a prescindere dal dedotto accordo tra la proprietaria Co. e il ma. circa la rifinitura della porzione del sottotetto contigua al foro e all'informazione da parte di costui di tale peculiare lavorazione al Fl. , questi avrebbe dovuto comunque accorgersi tempestivamente dell'anomala situazione creatasi sul pavimento del sottotetto e della rimozione delle opere prevenzionali e provvedere adeguatamente al riguardo.



Quanto invece alla posizione del ricorrente ma. (committente) e del coimputato assolto, Sc. (appaltatore), è innegabile che le rispettive posizioni siano da trattare congiuntamente poichè accomunate (come insistentemente insinuato dal ricorso del ma.) da un collegamento inscindibile.

Va premessa la incontestabile responsabilità del ma. nella causazione dell'infortunio sulla scorta della convergenza sul punto delle argomentazioni motivatorie di entrambe le sentenze di merito (tanto che nemmeno in ricorso si discute di ciò quanto, piuttosto, dell'equiparazione della posizione del ma. a quella dello Sc.): invero l'imputato si è persino indotto ad ammettere di essere a conoscenza che il lavoro di piastrellatura comportava necessariamente la rimozione dei tavoloni inchiodati al piano di calpestio e di essere stato assente dal cantiere il giorno dell'incidente, onde è palese la violazione degli obblighi che gl'incombevano. Lo Sc. è stato assolto poichè, dopo aver visionato i luoghi e constatato la presenza di idoneo tavolato posto a copertura del foro praticato sul pavimento della mansarda, aveva avvisato il ma. , come da questi ammesso, che gli operai della propria ditta avrebbero dovuto recarsi in mansarda per i lavori di finitura delle ringhiere: il ma. , però, non si curò di avvisare lo Sc. ed i suoi dipendenti che il tavolato era stato rimosso e sostituito dal cartongesso.

Ma tale risoluzione è chiaramente del tutto superficiale e disattende completamente la corretta analisi della posizione dello Sc. (al pari di quella del ma.) operata dal giudice di primo grado.

E ciò in pieno contrasto con l'orientamento di questa Corte che individua nell'appaltatore un sicuro centro d'imputazione di responsabilità nell'esecuzione dei lavori e degli infortuni verificatisi in costanza di essi per colpa a lui ascrivibile e alla cui responsabilità, rimanendo egli pur sempre garante della sicurezza delle persone da lui formalmente dipendenti, si aggiunge a quella dell'appaltante (Sez. 4, n. 37840 dell'1.7.2009, Rv. 24527; Sez. 4, n. 37049 del 3.6.2008, non massimata nel CED).

Infatti, "in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, il contratto d'appalto determina il trasferimento dal committente all'appaltatore della responsabilità nell'esecuzione dei lavori, salvo che lo stesso committente assuma una partecipazione attiva nella conduzione e realizzazione dell'opera, nel qual caso anch'egli rimane destinatario degli obblighi assunti dall'appaltatore" (Cass. pen. Sez. 4, n. 38824 del 17.9.2008 Rv. 241063; Sez. 4, n. 46383 del 6.11.2007, Rv. 239338). Peraltro, il committente può essere chiamato a rispondere dell'infortunio qualora l'omessa adozione delle misure di prevenzione prescritte sia immediatamente percepibile cosicchè il committente medesimo sia in grado di accorgersi dell'inadeguatezza delle stesse senza particolari indagini; mentre, in questa evenienza, ad escludere la responsabilità del committente, non sarebbe sufficiente che questi abbia impartito le direttive da seguire a tale scopo, essendo comunque necessario che ne abbia controllato, con prudente e continua diligenza, la puntuale osservanza: nel caso di specie il ma. aveva datp disposizioni circa la contestuale piastrellatura del pavimento della mansarda (anche con ulteriore appaltai, con ciò inserendosi nell'organizzazione del complesso dell'attività lavorativa da svolgere sulla mansarda.

In tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, ciascun datore di lavoro, sia il committente che l'appaltatore, è esclusivo responsabile della tutela dei propri dipendenti dai rischi che coinvolgano unicamente questi ultimi, poichè la cooperazione tra committente ed appaltatore è imposta soltanto per eliminare i rischi comuni ai lavoratori dipendenti di entrambe le parti (Cass. pen. Sez. 4, n. 28197 del 21.5.2009, Rv. 244691).

Sicchè, essendo proprio questo il caso, è chiaro come sia sul il committente sia sull'appaltatore incombesse l'obbligo di cooperazione (Cass. pen. Sez. 4 n. 19752 del 19.3.2009, Rv. 243642), cioè di reciproca informazione e "di contribuire attivamente, dall'una e dall'altra parte, a predisporre ed applicare le misure di prevenzione e protezione necessarie" (n. 28197 del 9.7.2009 sopra citata) la cui violazione ha chiaramente avuto diretta efficienza causale nella verificazione dell'evento letale.

In forza della disposizione generale di cui all'articolo 2087 cod. civ. e di quelle specifiche previste dalla normativa antinfortunistica, il datore di lavoro (al pari degli altri titolari di analoghe e contestuali posizioni di garanzia) è costituito garante dell'incolumità fisica e della salvaguardia della personalità morale dei prestatori di lavoro, con l'ovvia conseguenza che, ove egli non ottemperi agli obblighi di tutela, l'evento lesivo correttamente gli viene imputato in forza del meccanismo reattivo previsto dall'articolo 40 c.p., comma 2. Ne segue che il datore di lavoro, ha il dovere di accertarsi che l'ambiente di lavoro abbia i requisiti di affidabilità e di legalità quanto a presidi antinfortunistici, idonei a realizzare la tutela del lavoratore, e di vigilare costantemente a che le condizioni di sicurezza siano mantenute per tutto il tempo in cui è prestata l'opera (cfr. Cass. pen. Sez. Un. n. 5 del 25.11.1998, Rv. 212577 ed altre successive conformi).

Invece lo Sc. si limitò a ritenere che il tavolato che, in una certa fase dei lavori, era stato posto in corrispondenza dell'apertura tra i due livelli del fabbricato fosse sufficiente, una volta per tutte, a garantire al sicurezza dei suoi dipendenti; ma tale foro era ovviamente provvisorio e doveva necessariamente essere rimosso in occasione delle opere di piastrellatura: circostanza, questa, del tutto prevedibile. Ed appunto in occasione della rimozione del tavolato da parte degli addetti alla piastrellatura che intervenne l'apposizione del cartongesso non adeguato a sostenere il peso di una persona con la conseguente verificazione dell'infortunio: ma, come correttamente osservato dal P.G. ricorrente, non si rinviene alcuna traccia sia nella sentenza impugnata sia negli stessi ricorsi di una programmazione coordinata tra il committente, l'appaltatore e il direttore dei lavori, di questa specifica fase di lavorazione, che pure modificava sensibilmente gli assetti di sicurezza del cantiere con specifico riferimento alle condizioni di sicurezza dei lavoratori ed in particolare dei dipendenti della LA. FE. AL. .

Peraltro, sull'appaltatore Sc. gravava comunque l'onere, palesemente disatteso, d'informare il suo dipendente dei rischi specifici del cantiere ed in particolare consentendo che accedesse, senza le necessarie istruzioni, ad una zona che lo esponeva a rischio grave e specifico (Decreto Legislativo n. 626 del 1994, articolo 4, comma 5, lettera e).

E'stato affermato, infatti, che "in tema di sicurezza antinfortunistica, il compito del datore di lavoro, o del dirigente cui spetta la "sicurezza del lavoro", è molteplice e articolato, e va dalla istruzione dei lavoratori sui rischi di determinati lavori e dalla necessità di adottare certe misure di sicurezza, alla predisposizione di queste misure e quindi, ove le stesse consistano in particolari cose o strumenti, al mettere queste cose, questi strumenti, a portata di mano del lavoratore e, soprattutto, al controllo continuo, pressante, per imporre che i lavoratori rispettino quelle norme, si adeguino alla misure in esse previste e sfuggano alla superficiale tentazione di trascurarle. Il responsabile della sicurezza, sia egli o meno l'imprenditore, deve avere la cultura e la "forma minus" del garante del bene costituzionalmente rilevante costituito dalla integrità del lavoratore ed ha perciò il preciso dovere non di limitarsi a assolvere normalmente il compito di informare i lavoratori sulle norme antinfortunistiche previste, ma deve attivarsi e controllare sino alla pedanteria, che tali norme siano assimilate dai lavoratori nella ordinaria prassi di lavoro. Inoltre lo specifico onere di informazione e di assiduo controllo, se è necessario nei confronti dei dipendenti dell'impresa, si impone a maggior ragione nei confronti di coloro che prestino lavoro alle dipendenze di altri e vengano per la prima volta a contatto con un ambiente e delle strutture a loro non familiari e che perciò possono riservare insidie non note (Cass. pen. Sez. 4, n. 6486 del 3.3.1995, Rv. 201706; Sez. 4, n. 13251 del 10.2.2005, Rv. 231156).

Tale indirizzo giurisprudenziale non è certo eliso o vanificato, secondo la prospettazione finale del ricorrente, dalla presenza del Fl. , quale nominato coordinatore per la realizzazione dell'opera e per l'esecuzione dei lavori, nonchè direttore degli stessi, essendo questo un caso, come sopra accennato, in cui piu' sono i titolari della posizione di garanzia ovvero dell'obbligo di impedire l'evento, onde ciascuno è per intero destinatario dell'obbligo di tutela imposto dalla legge fino a quando si esaurisce il rapporto che ha legittimato la costituzione della suddetta posizione di garanzia (Cass. pen. Sez. 4, n. 8593 del 22.1.2008, Rv. 238936). Ad ogni modo, i reati contravvenzionali di cui ai capi C), D), E) ed F) dell'imputazione sono rimasti estinti per intervenuta prescrizione (al 22.6.2010, secondo la piu' favorevole normativa previgente) in assenza di sospensioni per un periodo utile (poco meno di un mese) alla data odierna onde, non ravvisandosi condizioni evidenti per l'assoluzione nel merito ai sensi dell'articolo 129 c.p.p., consegue l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata in ordine a tali reati, come rispettivamente ascritti ad ognuno degl'imputati Fl., ma. e Sc. , perchè estinti per la suddetta causa con riduzione della pena inflitta a Fl. Al. e ma. ma. di mesi sei di reclusione ciascuno.

I ricorsi di Fl. Al. e ma. ma. vanno, nel resto, rigettati. Consegue, infine, l'annullamento della sentenza impugnata nei confronti di Sc. Ep. in relazione al delitto di omicidio colposo aggravato ascrittogli con rinvio su tale capo ad altra Sezione della Corte di Appello di Catania cui si ritiene di demandare anche la regolamentazione tra le parti private delle spese relative a questo giudizio.


P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di ma. ma. e Fl. Al. limitatamente alle contravvenzioni di cui ai capi c), d) e) ed f) come loro ascritte perchè estinti tali reati per prescrizione ed elimina le relative pene di mesi sei di reclusione ciascuno. Rigetta nel resto i ricorsi dagli stessi proposti. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di Sc. Ep. in ordine alle contravvenzioni di cui al capi e) e d) perchè estinti tali reati per prescrizione. Annulla la sentenza impugnata nel confronti dello stesso Sc. in ordine al residuo delitto, con rinvio su tale capo ad altra sezione della Corte di Appello di Catania cui demanda anche la regolamentazione delle spese tra le parti private per questo giudizio.