Cassazione Penale, Sez. 4, 11 ottobre 2011, n. 36612 - Committente: responsabilità solo per quanto riguarda la verifica dell'idoneità tecnico-professionale della ditta incaricata dei lavori


 

 

Responsabilità per la morte di un lavoratore nell'ambito dei lavori di rifacimento del tetto di un capannone industriale.

La vittima, intenta a posare le lastre di copertura del tetto all'altezza di circa nove metri, aveva appoggiato uno o entrambi i piedi su una lastra appena posata che, con il peso, si era deformata sbilanciando l'operaio che aveva trovato appoggio su una lastra di copertura di un lucernario non protetta. Sotto il peso del corpo, la lastra si era infranta facendolo precipitare al suolo riportando ferite rivelatesi mortali.

Furono imputati e condannati in primo grado:
il committente, per aver affidato i lavori ad una ditta che non si era rivelata in grado di svolgerli in sicurezza;
il titolare della ditta stessa per non aver predisposto le opere idonee a garantire la sicurezza del lavoratore, per non aver imposto l’uso delle cinture di sicurezza, per non aver formato adeguatamente il lavoratore e anche per non averlo edotto dei rischi che correva;
il subappaltatore nonchè datore di lavoro dell’operaio deceduto a cui era stato affidato in concreto lo svolgimento del lavoro.

Su appello degli imputati, la Corte d'Appello di Torino, ha assolto il solo committente da ogni addebito per non avere commesso il fatto ed ha confermato, nei confronti dei restanti imputati, la sentenza impugnata.

Avverso tale sentenza propongono ricorso, attraverso i rispettivi difensori, il datore di lavoro e la parte civile con riguardo all'assoluzione del committente - La Corte rigetta entrambi i ricorsi.

La Suprema Corte ribadisce infatti quanto già affermato in sede d'appello in relazione alla responsabilità del committente: "giustamente la corte territoriale ha sostenuto che, secondo il disposto dell'8° comma dell'art. 3 del d.l.vo n. 494/96, al committente non spettava alcun obbligo di predisposizione di cautele antinfortunistiche, né di controllare il rispetto, da parte della ditta incaricata dell'esecuzione dei lavori, della relativa normativa, bensì solo di verificare l'idoneità tecnico-professionale della stessa ditta incaricata, anche attraverso l'iscrizione della medesima alla camera di commercio, industria ed artigianato.

Verifica che, secondo il giudice del gravame, è stata puntualmente eseguita.

La modestia dei lavori affidati e l'iscrizione alla predetta camera della ditta (...) di (...) forniva sufficienti garanzie, secondo il condivisibile giudizio del giudice del gravame, circa l'idoneità della stessa di eseguire regolarmente i lavori affidati".


 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

QUARTA SEZIONE PENALE

 

Composta dagli Ill.mi Sigg.:

Dott. Gaetano ZECCA Presidente

Dott. Giacomo FOTI Consigliere

Dott. Felicetta MARINELLI Consigliere

Dott. Rocco Marco BLAIOTTA Consigliere

Dott. Luca VITELLI CASELLA Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

 

sul ricorso proposto da:

1) ... 

2) ... parte civile, nei confronti di I. R.
avverso la sentenza n. 10493/2007 del 19/04/2010 della Corte di Appello di Torino;
visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;
Udita in pubblica udienza la relazione del Consigliere Dott. Giacomo Foti;
Udito il Procuratore generale in persona del Dott. Geraci, che ha concluso chiedendo l'inammissibilità del ricorso della parte civile ed il rigetto del ricorso del S.;
Udito per la parte civile l'avv. ... che ha chiesto l'accoglimento del proprio ricorso;
Udito il difensore di ... che ha chiesto il rigetto del ricorso della parte civile. ed il difensore dell'imputato ..., avv. ..., che ha chiesto l'accoglimento del proprio ricorso.

 

Fatto

 




-1- Con sentenza del 24 ottobre 2006, il giudice monocratico del Tribunale di Torino ha ritenuto (...) colpevoli del delitto di omicidio colposo commesso, con violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni sui lavoro, in pregiudizio di (...) , riconosciute le circostanze attenuanti generiche con giudizio di prevalenza rispetto all'aggravante contestata, li ha condannati alle diverse pene ritenute di giustizia, nonché, in solido, al risarcimento dei danni, da liquidarsi in separato giudizio, in favore della parte civile (...), alla quale è stata assegnata una provvisionale di euro 75.000,00.

Secondo l'accusa, condivisa dal tribunale, gli imputati:

a) (...), quale amministratore della ditta (...) committente dei lavori di posa di lastre di copertura sul tetto di un capannone industriale di proprietà della stessa ditta,

b)(...) quale titolare della ditta individuale (...) incaricata di svolgere detti lavori,

c) (...) quale datore di lavoro del (...), hanno cagionato per colpa, consistita in imprudenza, negligenza ed imperizia e nella violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sui lavoro, la morte del lavoratore, intervenuta per arresto circolatorio conseguente a gravissimo politrauma da precipitazione.

In fatto, era accaduto che il (...) intento a posare le lastre di copertura del tetto, posto ad un'altezza di circa nove metri dal suolo, aveva appoggiato uno o entrambi i piedi su una lastra appena posata che, con il peso, si era deformata sbilanciando l'operaio che aveva trovato appoggio su una lastra di copertura di un lucernario non protetta. Sotto il peso del corpo, la lastra si era infranta facendo precipitare al suolo il (...) che aveva riportato ferite rivelatesi mortali.

La responsabilità dell'incidente è stata attribuita ai tre imputati nella cui condotta sono stati rilevati profili di colpa specifica per avere: a) (...), violato l'art.21/22 del predetto d.l.vo negli stessi termini contestati a (...).
 


-2- Su appello degli imputati, la Corte d'Appello di Torino, con sentenza del 19 aprile 2010, ha assolto (...) da ogni addebito per non avere commesso il fatto, eliminando la condanna al risarcimento del danno allo stesso inflitta dal primo giudice, ed ha confermato, nei confronti dei restanti imputati, la sentenza impugnata.

La corte territoriale, dunque, da un lato, ha ribadito, quanto a (...) e (...), la sussistenza nelle condotte dagli stessi tenute nell'occasione, dei profili di colpa rilevati dai primo giudice, dall'altro, ha ritenuto inesistenti tali profili con riguardo all'(...), avendo considerato che lo stesso non fosse tenuto a predisporre cautele antinfortunistiche, né a controllarne la predisposizione da parte della ditta esecutrice dei lavori. A giudizio della stessa corte, invero, a carico del committente la legge impone solo l'onere di verificare l'idoneità tecnico professionale dell'impresa incaricata dei lavori e di chiedere alla stessa le dichiarazioni relative al numero dei dipendenti, alla regolarità contributiva ed al contratto collettivo di lavoro applicato. Detta verifica non esigeva, secondo il giudice del gravame. particolari interventi, né era necessaria la predisposizione di un contratto scritto, poiché il lavoro in questione era di modesta entità; di guisa che la documentata iscrizione della (...)all'albo delle imprese artigiane forniva sufficienti garanzie di idoneità dell'impresa alla quale, peraltro, in passato l'(...) aveva affidato altri lavori. In definitiva, secondo lo stesso giudice, l'addebito di colpa mosso a detto imputato non era fondato.

Di qui la decisione assolutoria.

 

-3- Avverso tale sentenza propongono ricorso, attraverso i rispettivi difensori, l'imputato (...) e la parte civile (...) con riguardo all'assoluzione di (...) ed alla eliminazione della condanna dello stesso al risarcimento del danno.

A) deduce vizio di motivazione della sentenza impugnata in punto di affermazione della responsabilità.

Sostiene il ricorrente che la decisione di condanna si fonda essenzialmente sulle dichiarazioni del coimputato (...) la cui attendibilità non sarebbe stata in nessun modo verificata dai giudici del merito, benché nei motivi d'appello fossero stati mossi seri dubbi riguardo alla credibilità dello stesso, avendo egli interesse ad estendere ad altri la responsabilità patrimoniale per il risarcimento del danno. In maniera illogica sarebbe stato affrontato il tema della consapevolezza dell'imputato delle reali mansioni alle quali il (...) sarebbe stato addetto, laddove il ricorrente aveva sempre negato di esserne stato informato, avendo la vittima autonomamente deciso di lavorare per conto del (...), così come il tema relativo all'esistenza di un accordo economico tra il (...) e lo stesso ricorrente in ordine alla retribuzione dell'operaio. In generale, la corte territoriale non avrebbe eseguito alcuna concreta valutazione della credibilità del (...) non avrebbe ricercato i riscontri alle sue dichiarazioni, ovvero avrebbe indicato quali riscontri circostanze prive di rilievo.

Con memoria depositata presso la cancelleria di questa Corte, il ricorrente segnala l’intervenuta prescrizione del reato.

B) La parte civile deduce:

a) Inosservanza ed erronea applicazione degli art. 8, a meno che non provveda a nominare un responsabile dei lavori- osserva che la verifica di cui all'8° comma della citata norma non ha carattere meramente formale ma deve tendere al concreto accertamento dell'affidabilità dell'impresa alla quale sono affidati i lavori. Detta verifica ha carattere sostanziale e comporta che il committente deve accertare che l'appaltatore abbia a disposizione, tra l'altro, sufficienti attrezzature e mezzi d'opera, strumenti di prevenzione individuali e collettivi, nonché un'adeguata organizzazione aziendale capace di garantire la salute e la sicurezza dei lavoratori. Valutazioni che, secondo la parte civile ricorrente, sono state del tutto omesse dal giudice del gravame, che avrebbe in tal guisa erroneamente interpretato la norma di legge sopra citata;

b) Vizio di motivazione della sentenza impugnata rilevabile dagli atti del procedimento, con particolare riferimento al verbale d'interrogatorio reso dall'imputato (...) il 21.7.04 (allegato, in copia, al ricorso); omessa valutazione e travisamento dello stesso. Sostiene la ricorrente che dalie stesse dichiarazioni dell'(...) emergerebbe chiaramente che costui non aveva effettuato alcuna verifica dell'idoneità tecnica della attraverso l'ausilio della visura camerale e, conseguentemente, attraverso l'iscrizione alla camera di commercio, industria ed artigianato. Egli, in realtà, si era rivolto al (...) , conosciuto come lattoniere, senza effettuare alcuna indagine e solo perché lo stesso gli aveva assicurato di essere in grado di effettuare i lavori. Questi, peraltro, non erano per nulla agevoli vista anche l'altezza dal suolo alla quale dovevano svolgersi, per cui, anche per questo, il committente avrebbe dovuto usare maggiore prudenza.


 

Diritto



-1- Ambedue i ricorsi sono infondati.

A). Rileva preliminarmente la Corte che, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, i termini prescrizionali non sono ancora interamente decorsi.

In realtà, se è vero che nel caso di specie, trattandosi di reato consumato il 13 agosto 2003, deve ritenersi applicabile, in tema di prescrizione, la disciplina previgente le modifiche apportate all'art. 157 cod. pen. con la L. n. 251/05, in quanto più favorevole, e se è anche vero che detta disciplina prevedeva, per il reato in esame, come ritenuto dai giudici del merito (generiche prevalenti), un termine di prescrizione di cinque anni (art. 157  co. 1 n. 4, vecchia formulazione), estensibile fino a sette anni e mezzo, è altresì vero che in due occasioni, nel corso del giudizio di primo grado, il procedimento è stato rinviato su richiesta delle difese. In una prima occasione, il rinvio è stato richiesto per consentire l'avvio di trattative tra le parti per eventuali accordi in ordine al risarcimento del danno -che questa Corte già in altre occasioni ha considerato causa di sospensione del corso della prescrizione (Cass. n. 39606/07)-, in altra occasione, per adesione dei difensori all'astensione dalle udienze proclamata dall'associazione di categoria. Sospensioni che hanno spostato al 22.6.2011 la scadenza di detto termine, indicata nella citata memoria dallo stesso imputato alla data del 13.2.2011.

Nel merito, il ricorso è certamente infondato.

Deve, in proposito, osservarsi che questa Corte ha costantemente affermato che il vizio della mancanza o manifesta illogicità della motivazione, valutabile in sede di legittimità, sussiste allorché il provvedimento giurisdizionale manchi del tutto della parte motiva ovvero la medesima, pur esistendo graficamente, sia tale da non evidenziare l'iter argomentativo seguito dal giudice per pervenire alla decisione adottata. Il vizio è altresì presente nell'ipotesi in cui dai testo della motivazione emergano illogicità o contraddizioni di tale evidenza da rivelare una totale estraneità tra le argomentazioni adottate e la soluzione decisionale prescelta.

Orbene, nel caso di specie le censure mosse dal ricorrenti, che in parte ripropongono questioni già poste all'attenzione dei giudici del merito, si rivelano del tutto infondate, inesistenti essendo, in realtà, i pretesi vizi motivazionali della sentenza impugnata che, viceversa, presenta una struttura argomentativa adeguata e coerente sotto il profilo logico.

Riprendendo le linee argomentative tracciate dal primo giudice a sostegno della propria decisione, i giudici del gravame hanno ampiamente esaminato ogni questione sottoposta al loro giudizio e, dopo avere ricostruito i fatti, hanno adeguatamente motivato le ragioni del proprio dissenso rispetto alle argomentazioni ed osservazioni difensive. In particolare, gli stessi giudici hanno legittimamente ritenuto che l'eventuale interesse del (...) ad estendere ad altri la responsabilità patrimoniale conseguente all'infortunio, non potesse metterne in discussione la credibilità, posto che le dichiarazioni dallo stesso rese avevano trovato precisi riscontri, mentre dei tutto inconsistenti si erano rivelate le difese opposte dall'imputato.

In realtà, secondo quanto ha sostenuto il primo giudice, la circostanza rivelata dal (...) secondo cui il (...) impegnato nella riparazione di un refrigeratore della ditta, gli aveva chiesto di aiutarlo ad eseguire l'intervento, promettendogli, date le resistenze dell'altro, a propria volta impegnato nell'esecuzione del lavoro commissionatogli dall'(...), di mettergli, in cambio, a disposizione il proprio operaio per consentirgli di terminare detto impegno-tale circostanza, dunque, ha trovato sostanziale conferma nelle dichiarazioni dello stesso (riportate per estratto nella sentenza di primo grado e non smentite dal ricorrente), il quale ha ammesso, non solo di avere chiamato (...) per eseguire il lavoro commissionato dalla (...) ma che lo stesso (...) gli aveva chiesto di “procurargli” un operaio.

Legittimamente, quindi, il giudice di primo grado, alla luce di tali non contestate emergenze probatorie, ha rilevato come le due dichiarazioni fossero nella sostanza collimanti, e dunque si riscontrassero, divergendo le stesse solo circa la individuazione di chi tra i due aveva avuto l'iniziativa di utilizzare un operaio del (...) se lo stesso (...) per convincere (...) a "dargli una mano" nel lavoro da eseguirsi presso la ditta (...), ovvero da quest'ultimo come condizione per eseguire detto intervento.

Divergenza, peraltro, che, ove anche realmente esistente, sarebbe del tutto irrilevante ai fini della difesa dell'imputato, posto che, di chiunque fosse stata l'iniziativa, e persino ove anche il (...) come pure costui sostiene (smentito da ... non avesse avuto notizia circa il tipo ai lavoro che il suo dipendente avrebbe dovuto svolgere per conto del (...), proprio all'odierno ricorrente, in quanto datore di lavoro del (...) spettava di informarsi circa le mansioni che a costui sarebbero state affidate, la sicurezza del luogo di lavoro, il rispetto delle norme antinfortunistiche.

Vanamente, d'altra parte, l'imputato ha tentato di negare l'esistenza dell'accordo con il (...) e di attribuire al dipendente l'autonoma decisione di porsi a disposizione del (...), rilevando che dall' 11 agosto il (...) era in ferie. La tesi, puntualmente esaminata dal giudice del gravame e, prima di lui, dal giudice di primo grado, è stata legittimamente ritenuta inconsistente alla stregua della testimonianza resa dalla moglie della vittima, la quale ha riferito che il marito si era recato in Romania nel maggio del 2003 e che avrebbe lavorato per tutto il mese di agosto (tranne la giornata del 15).

Da un punto di vista logico, peraltro, è stata giustamente rilevata l'incongruità della messa in ferie del dipendente, da parte del (...) con effetto immediato a partire dall'11 agosto, avendolo in tal senso asseritamente avvertito l'imputato proprio la mattina dello stesso giorno. E' sembrato giustamente poco credibile che l'avvio alle ferie fosse stato comunicato al (...) proprio nella giornata di inizio delle stesse e non in precedenza e solo occasionalmente, al rientro del (...) dall’isola d'Elba, da dove era rientrato trovandosi in ferie. Non è chiaro, poi, di quali ferie il lavoratore avrebbe dovuto godere, essendo stato lo stesso assunto, secondo quanto sostenuto dalla moglie, solo da un paio di mesi ed essendosi lo stesso recato in Romania nel mese di maggio.

Per il resto, le ulteriori considerazioni contenute nel ricorso riguardano valutazioni in fatto, non deducibili nella sede di legittimità.

Inesistenti sono, in conclusione, i dedotti vizi motivazionali, avendo il giudice del gravame dato puntuali e coerenti risposte alle osservazioni e contestazioni poste dall'imputato nei motivi d'appello, ivi comprese quelle relative alla credibilità delle dichiarazioni del (...), di guisa che il ricorso proposto deve essere rigettato, con condanna dello stesso ai pagamento delle spese processuali ed alla rifusione, in favore della parte civile costituita, delle spese del presente giudizio, che si liquidano in euro 2.500,00, oltre accessori come per legge.



B) Parte civile

Respinta la preliminare eccezione proposta dal difensore di (...) essendo stato il ricorso della (...) ritualmente proposto dal difensore, avv. (...) al quale è stata conferita a tal fine procura speciale, osserva la Corte che il ricorso è infondato.

a) Nessuna violazione di legge può addebitarsi all'...

In realtà, giustamente la corte territoriale ha sostenuto che, secondo il disposto dell'8° comma dell'art. 3 del d.l.vo n. 494/96, al committente non spettava alcun obbligo di predisposizione di cautele antinfortunistiche, né di controllare il rispetto, da parte della ditta incaricata dell'esecuzione dei lavori, della relativa normativa, bensì solo di verificare l'idoneità tecnico-professionale della stessa ditta incaricata, anche attraverso l'iscrizione della medesima alla camera di commercio, industria ed artigianato.

Verifica che, secondo il giudice del gravame, è stata puntualmente eseguita.

La modestia dei lavori affidati e l'iscrizione alla predetta camera della ditta (...) di (...) forniva sufficienti garanzie, secondo il condivisibile giudizio del giudice del gravame, circa l'idoneità della stessa di eseguire regolarmente i lavori affidati, mentre non vi era alcuna necessità di richiedere le dichiarazioni relative all'organico dei dipendenti, al contratto collettivo applicato ed alla regolarità contributiva, poiché dalla visura camerale del 5.9.03 era emerso che la stessa ditta non aveva dipendenti.

b) Irrilevante è la censura, proposta con il secondo motivo di ricorso, con la quale la parte civile sostiene che (...) non avrebbe provveduto a verificare l'idoneità tecnico-professionale della ditta esecutrice dei lavori neanche attraverso il ricorso alla visura camerale e che, sul punto, la corte territoriale avrebbe travisato le dichiarazioni rese in dibattimento dallo stesso (...), dalle quali emergeva chiaramente che quella visura egli non aveva richiesto.

Rilievo attraverso il quale la ricorrente sostanzialmente vorrebbe individuare un profilo di colpa in capo alla (...) nella mancata verifica camerale, pacifica essendo l'iscrizione della ditta in questione. Se così è, deve rilevarsi che alla contestata omissione, ove anche esistente, non potrebbe attribuirsi alcun rilievo causale nella determinazione dell'evento, dovuto certamente a fattori diversi dalla mancata richiesta della certificazione di una iscrizione in effetti esistente.



-2- Il ricorso deve essere, dunque, rigettato e la ricorrente condannata al pagamento delle spese processuali.


 

P.Q.M.




Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Condanna altresì (...) al pagamento delle spese sostenute da (...) per questo giudizio di cassazione e le liquida in euro 2.500,00 oltre accessori come per legge.

Così deciso in Roma il 7 giugno 2011

Depositato in Cancelleria l'11 ottobre 2011