Cassazione penale, 02 novembre 2011, n. 39535 -  Malfunzionamento del sistema frenante di una pressa meccanica e manutenzione


 

Responsabilità del presidente del consiglio di amministrazione di una spa per lesioni colpose in danno di una dipendente della società: quest'ultima,  addetta ad una pressa meccanica, mentre era intenta alla lavorazione di un pezzo di ricambio, a causa dell'improvvisa discesa del blocco dello stampo, aveva subito lo schiacciamento delle mani, da cui era derivata l'amputazione della falange distale del secondo dito della mano destra e del quinto dito della mano sinistra, con indebolimento permanente dell'organo della prensione.

Secondo l'accusa, condivisa dal giudice del merito, l'infortunio era stato determinato dal cattivo funzionamento del sistema frenante della pressa, che presentava uno stato di avanzata usura e la parziale rottura del ferodo, con conseguente impossibilità che la macchina potesse effettuare frenature regolari e continue. La rottura del ferodo era stata, peraltro, causata dall'assoluta mancanza di interventi manutentivi che, se eseguiti, come consigliato dal fabbricante della pressa, ne avrebbero evidenziato la rottura e la necessità della sostituzione dello stesso, grazie alla quale il sistema frenante avrebbe riacquistato la sua efficienza.

Condannato in primo e secondo grado, ricorre in Cassazione - Inammissibile.

 



 
Fatto

 

1 Con sentenza del Tribunale di Verbania del 12 maggio 2006, (...)(...) è stato ritenuto colpevole del delitto di lesioni colpose commesse, con violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro, in pregiudizio di (...)(...), dipendente della “(...) s.p.a.", al cui interno egli ricopriva la carica di presidente del consiglio di amministrazione.
 
All'affermazione della responsabilità è seguita la condanna dell'imputato, riconosciute le circostanze attenuanti generiche con giudizio di equivalenza rispetto all'aggravante contestata, alla pena di due mesi di reclusione, con i benefici di legge.
 
In fatto, era accaduto che la (...) operaia addetta ad una pressa meccanica, mentre era intenta alla lavorazione di un pezzo di ricambio, a causa dell'improvvisa discesa del blocco dello stampo, aveva subito lo schiacciamento delle mani, da cui era derivata l'amputazione della falange distale del secondo dito della mano destra e del quinto dito della mano sinistra, con indebolimento permanente dell'organo della prensione.
 
Secondo l'accusa, condivisa dal giudice del merito, l'infortunio era stato determinato dal cattivo funzionamento del sistema frenante della pressa, che presentava uno stato di avanzata usura e la parziale rottura del ferodo, con conseguente impossibilità che la macchina potesse effettuare frenature regolari e continue, tanto che il blocco dello stampo si fermava, non nello spazio predefinito al punto morto superiore, ma in punti sempre diversi, con grave rischio per l'operatore addetto alla pressa di essere attinto alle mani. La rottura del ferodo era stata, peraltro, causata dall'assoluta mancanza di interventi manutentivi che, se eseguiti, come consigliato dal fabbricante della pressa, ne avrebbero evidenziato la rottura e la necessità della sostituzione dello stesso, grazie alla quale il sistema frenante avrebbe riacquistato la sua efficienza.
 

2 Su appello dell'imputato, la Corte d'Appello di Torino, con sentenza del 1° ottobre 2010 ha confermato la decisione impugnata.
 
 

3 Avverso tale sentenza, propone ricorso per cassazione, personalmente e per il tramite del difensore, il (...), che deduce:
 
 1. Vizio di motivazione della sentenza impugnata, laddove la corte territoriale non ha considerato che il cattivo funzionamento della pressa non poteva essere addebitato all'imputato; ciò alla luce della documentazione acquisita e delle testimonianze assunte nel corso del dibattimento. La stessa corte, sostiene il ricorrente, non avrebbe indicato gli elementi dai quali ha desunto la responsabilità dell'imputato;
 
 2 Violazione di legge e vizio di motivazione con riguardo:
 
 a al mancato riconoscimento dell'attenuante di cui all'art. 62 n. 6 del codice penale, ingiustamente negata solo perché il risarcimento, eseguito da una società assicuratrice, è intervenuto con pochi giorni di ritardo (il 20.1.06) rispetto alla data di apertura del dibattimento (11.1.06);
 
 b al mancato giudizio di prevalenza delle già concesse attenuanti generiche rispetto all'aggravante contestata, nonché alla mancata condanna alla pena pecuniaria, in alternativa alla pena detentiva; e) alla mancata declaratoria di estinzione della pena a seguito di indulto.


 
 
Diritto

 

 
 
1 Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per la manifesta infondatezza e la genericità dei motivi proposti.
 
1.1 Manifestamente infondato e generico è il primo motivo, avendo il giudice del gravame, in punto di responsabilità, ampiamente motivato le ragioni del proprio convincimento, tratto da elementi di indiscutibile rilievo probatorio, costituiti:
 
 a dagli esiti dell'inchiesta svolta dal Servizio prevenzione infortuni sul lavoro dell'AsL (...);
 
 b dalla testimonianza resa dalla persona offesa, e) dalla consulenza tecnica disposta dal PM, i cui contenuti in tesi d'accusa, peraltro, precisamente indicati nella sentenza impugnata, il ricorrente non ha mai contestato, essendosi genericamente limitato a sostenere di non essere responsabile dell'omessa manutenzione dell'impianto frenante della pressa.
 
Ancora in questa sede, egli ribadisce di non essere responsabile dell'infortunio in termini del tutto generici, richiamando la "'documentazione prodotta" e le "altre testimonianze assunte nel corso del procedimento"; documentazione e testimonianze la cui natura, i cui contenuti ed il cui rilievo ai fini della decisione non sono stati, tuttavia, in nessun modo specificati.
  

1.2 Manifestamente infondato è il secondo motivo di ricorso, posto che:
 
 a Quanto al mancato riconoscimento dell'attenuante di cui all'art. 62 n. 6 cod. pen., i giudici del merito hanno giustamente rilevato la tardività del risarcimento, peraltro ammessa, sia pure per soli nove giorni, dallo stesso ricorrente. L'infortunio, peraltro, risale all'anno 2003, di guisa che vi erano certamente spazi e possibilità per l'imputato di intervenire presso l'assicurazione per ottenere un sollecito risarcimento, ovvero di provvedervi personalmente, senza prolungare l'attesa della persona offesa fino al gennaio del 2006;
 
 b Quanto al giudizio di comparazione tra circostanze, richiesto dal ricorrente in termini di prevalenza, ed alla mancata condanna alla pena pecuniaria, in alternativa alla pena detentiva, i giudici del gravame hanno ritenuto che il grado della colpa e lo specifico precedente erano tali da non consentire un giudizio più favorevole all'imputato né la condanna alla pena pecuniaria.
 
Decisione coerente rispetto alle emergenze probatorie in atti, congruamente motivata dunque incensurabile nella sede di legittimità.
 
Spetterà, eventualmente, al giudice dell'esecuzione accertare la ricorrenza delle condizioni per l'applicazione dell'indulto di cui alla legge n. 241 del 2006.
 
2 Alla declaratoria di inammissibilità consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma, in favore della cassa delle ammende, che si ritiene equo determinare in 1.000,00 euro.
 
La medesima declaratoria non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare la prescrizione del reato, pur maturata dopo la sentenza di secondo grado.
 
 
 

P.Q.M.


 
 
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.