Cassazione Penale, Sez. 4, 21 febbraio 2012, n. 6870 - Macchina insacchettatrice e mancanza di un dispositivo di emergenza: colpa generica e colpa specifica


 

 

Responsabilità del legale rappresentante di una s.a.s. e del RSPP della stessa Società, per il reato di lesioni personali gravi nei confronti del lavoratore G. F., apprendista metalmeccanico, che stava lavorando nell'azienda da solo presso un macchinario complesso, con il compito di raccogliere con il muletto il prodotto finito portato dalla macchina "pallettizzatrice" (destinata a sistemare la merce sulla piattaforma); detto impianto, alimentato con materiale sfuso da altro operatore, in maniera totalmente automatica insaccava, contava, disponeva sul bancale e metteva a disposizione dell'operatore (il G.) il prodotto finito da movimentare. Ad un certo momento, uno dei detti sacchetti portato dalla macchina si era incastrato tra il primo e secondo nastro trasportatore, per cui il G. aveva tentato di spostarlo con la mano, ma i dentini di gomma dei nastri si erano agganciati al suo guanto trascinandolo con la mano all'interno dell'ingranaggio, provocando così gravi lesioni alla mano destra con prognosi superiore ai 40 giorni.

Gli imputati erano accusati di avere causato l'evento per colpa consistita in negligenza, imprudenza, imperizia, nonchè per violazione del
D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 35, comma 4 in particolare per non avere dotato la macchina insacchettatrice a ciclo automatico di un dispositivo di arresto di emergenza funzionante.

Condannati in primo grado, propongono appello: la Corte di Appello di Firenze, con sentenza in data 6/12/2010, riteneva di dovere escludere la contestazione concernente il profilo di colpa specifica, relativo all'addebito di mancato funzionamento del dispositivo di arresto della macchina in caso di emergenza: per contro, ad avviso della Corte di merito, gli elementi probatori acquisiti confermavano che il meccanismo di sicurezza era funzionante.
Tuttavia, ai prevenuti doveva attribuirsi la colpa generica di avere lasciato lavorare da solo l'operaio apprendista durante lo svolgimento di un'attività lavorativa potenzialmente fonte di pericoli per la sua incolumità. D'altro canto, l'esclusione della violazione della normativa antinfortunistica comportava l'esclusione della relativa aggravante contestata e la derubricazione del reato in lesioni colpose gravi, non punibili nel caso in esame per mancanza di querela. Di conseguenza,la Corte di Firenze riformava la sentenza di primo grado dichiarando non doversi procedere nei confronti degli imputati per improcedibilità dell'azione penale per mancanza di querela.

Il Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Firenze proponeva ricorso per cassazione avverso la decisione: il ricorso è fondato. La Corte annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio alla Corte di Appello di Firenze.

Invero, appare errato l'assunto della Corte di Appello che ha qualificato come colpa generica l'addebito attribuito ai prevenuti. Sicuramente, rientrano nell'ambito delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, gli obblighi di tutela e vigilanza facenti carico sui responsabili dell'azienda e specificamente della materia antinfortunistica in ordine all'attività effettuata dall'apprendista il quale, in quanto tale deve essere affidato ad altro operaio più esperto onde evitare il compimento da parte del tirocinante di azioni pericolose, manovre improprie dovute alla sua inesperienza. Nel caso di specie, il lavoratore incaricato della formazione del G. - parte offesa - si era allontanato dal posto di lavoro per eseguire un incarico esterno disposto dai responsabili.
D'altro canto, a carico del datore di lavoro e dei preposti al servizio di prevenzione sussiste un obbligo generale di controllo dell'osservanza da parte dei singoli lavoratori delle norme vigenti e delle disposizioni e procedure aziendali di sicurezza. In altre parole, i responsabili sono costituiti garanti dell'incolumità fisica dei prestatori di lavoro, con l'ovvia conseguenza che, ove essi non ottemperino agli obblighi di tutela, l'evento lesivo correttamente può loro venire imputato in forza del meccanismo reattivo previsto dall'art. 40 c.p.p., comma 2. Pertanto, non appare corretta la dichiarazione di improcedibilità emessa dalla Corte di Firenze.


 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE


SEZIONE QUARTA PENALE


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCO Carlo Giuseppe - Presidente

Dott. ZECCA Gaetanino - Consigliere

Dott. GALBIATI Ruggero - rel. Consigliere

Dott. D'ISA Claudio - Consigliere

Dott. BLAIOTTA Rocco Marco - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

sentenza

 


sul ricorso proposto da:

1. Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Firenze;

contro

2. P.M.P. n. il (OMISSIS);

3. B.A. n. il (OMISSIS);

avverso la sentenza n. 1564/2010 della Corte di Appello di Firenze in data 6/12/2010;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. Ruggero Galbiati;

udito il Pubblico Ministero in persona del Dott. Aniello Roberto che ha chiesto l'annullamento con rinvio.

udito il difensore della parte civile Avv.to Vannetti Roberto che ha chiesto la conferma della sentenza;

uditi i difensori di B. Avv.ti Mercatali Gianna e Calò Marco che hanno chiesto l'inammissibilità del ricorso.

udito il difensore di P. Avv.to Piero Rita che ha chiesto l'inamissibilità del ricorso.

 

Fatto


1. P.M.P., in qualità di legale rappresentante della Società Agricola 2.000 s.a.s. con sede in (OMISSIS) e di datore di lavoro; B.A., in qualità di responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione dei rischi sui luoghi di lavoro della Società, venivano tratti a giudizio innanzi al Tribunale di Grosseto - Sezione Distaccata di Orbetello - per rispondere del reato di lesioni personali gravi nei confronti del lavoratore G. F..

In fatto ((OMISSIS)), era avvenuto, secondo la ricostruzione dell'accusa, che G.F., apprendista metalmeccanico, stava lavorando nell'azienda da solo presso un macchinario complesso, con il compito di raccogliere con il muletto il prodotto finito portato dalla macchina "pallettizzatrice" (destinata a sistemare la merce sulla piattaforma); detto impianto, alimentato con materiale sfuso da altro operatore, in maniera totalmente automatica insaccava, contava, disponeva sul bancale e metteva a disposizione dell'operatore (il G.) il prodotto finito da movimentare.

Ad un certo momento, uno dei detti sacchetti portato dalla macchina si era incastrato tra il primo e secondo nastro trasportatore, per cui il G. aveva tentato di spostarlo con la mano, ma i dentini di gomma dei nastri si erano agganciati al suo guanto trascinandolo con la mano all'interno dell'ingranaggio, provocando così gravi lesioni alla mano destra con prognosi superiore ai 40 giorni.

Gli imputati erano accusati di avere causato l'evento per colpa consistita in negligenza, imprudenza, imperizia, nonchè per violazione del D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 35, comma 4 in particolare per non avere dotato la macchina insacchettatrice a ciclo automatico di un dispositivo di arresto di emergenza funzionante.

2. Il Giudice monocratico del Tribunale di Grosseto - Sezione Distaccata di Orbetello -, con sentenza in data 5/11/2009, dichiarava gli imputati responsabili per il reato ascritto e li condannava alla pena ciascuno di mesi tre di reclusione oltre al risarcimento in solido dei danni in favore della parte civile, con il riconoscimento di una provvisionale di Euro 15.000,00.

Il Giudice rilevava che sussisteva un contrasto insuperabile tra i vari testi escussi circa il funzionamento o meno del dispositivo di arresto del macchinario, che non era stato utilizzato dal G. perchè da lui ritenuto non funzionante. Peraltro, detto profilo di responsabilità risultava comunque assorbito dall'altro consistente nell'avere lasciato l'apprendista G. da solo, mentre avrebbe dovuto essere affiancato dal dipendente più esperto D.F., il quale invece si era allontanato dall'Azienda per disposizioni dei responsabili dovendo effettuare una consegna.

Anche detta omissione configurava una grave violazione della posizione di garanzia da parte dei prevenuti. Invero, qualora la parte offesa fosse stata assistita da operaio più esperto, come necessario, il comportamento pericoloso attuato dall'apprendista avrebbe potuto essere evitato.

3. Veniva proposto appello dagli imputati.

La Corte di Appello di Firenze, con sentenza in data 6/12/2010, riteneva di dovere escludere la contestazione concernente il profilo di colpa specifica, relativo all'addebito di mancato funzionamento del dispositivo di arresto della macchina in caso di emergenza: per contro, ad avviso della Corte di merito, gli elementi probatori acquisiti confermavano che il meccanismo di sicurezza era funzionante.

Tuttavia, ai prevenuti doveva attribuirsi la colpa generica di avere lasciato lavorare da solo l'operaio apprendista durante lo svolgimento di un'attività lavorativa potenzialmente fonte di pericoli per la sua incolumità. D'altro canto, l'esclusione della violazione della normativa antinfortunistica comportava l'esclusione della relativa aggravante contestata e la derubricazione del reato in lesioni colpose gravi, non punibili nel caso in esame per mancanza di querela.

Di conseguenza,la Corte di Firenze riformava la sentenza di primo grado dichiarando non doversi procedere nei confronti degli imputati per improcedibilità dell'azione penale per mancanza di querela.

4. Il Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Firenze proponeva ricorso per cassazione avverso la decisione.

Osservava che, a suo avviso, risultava ricorrente la violazione specifica antinfortunistica contestata originariamente ai prevenuti, poichè il lavoratore infortunato aveva potuto infilare la mano nel macchinario in funzione, dopo avere rimosso una protezione metallica, mentre a fronte di tale operazione avrebbe dovuto conseguire l'immediato blocco della macchina.

Comunque, quand'anche si dovesse ritenere non sussistente detto profilo di colpa, come sostenuto da entrambi i giudici di merito, permaneva la colpa per non avere affiancato il G. - lavoratore apprendista - con un lavoratore esperto, il che configurava egualmente una violazione della disciplina in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro e non giustificava affatto l'esclusione dell'aggravante ex art. 590 c.p.p., comma 1, con l'ulteriore effetto della sua punibilità a querela della persona offesa secondo il disposto del citato articolo ultimo capo verso.

Chiedeva l'annullamento della decisione.

5. Presentavano memorie difensive la parte civile, nonchè gli imputati prospettando posizioni giuridiche rispettivamente favorevoli meno alle argomentazioni esposte dal P.G.

Diritto

 


1. Il ricorso del Procuratore Generale si palesa fondato.

Invero, appare errato l'assunto della Corte di Appello che ha qualificato come colpa generica l'addebito attribuito ai prevenuti di avere consentito che un lavoratore apprendista lavorasse da solo senza il necessario ausilio di operaio più esperto, così come stabilito dalla normativa (v. D.P.R. 27 aprile 1955, n. 547; L. 17 ottobre 1967, n. 977, art. 6 comma 2; D.Lgs. n. 19 settembre 1994, n. 626, art. 35, comma 5, lett. a). Sicuramente, rientrano nell'ambito delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, gli obblighi di tutela e vigilanza facenti carico sui responsabili dell'azienda e specificamente della materia antinfortunistica in ordine all'attività effettuata dall'apprendista il quale, in quanto tale deve essere affidato ad altro operaio più esperto onde evitare il compimento da parte del tirocinante di azioni pericolose, manovre improprie dovute alla sua inesperienza. Nel caso di specie, il lavoratore incaricato della formazione del G. - parte offesa - si era allontanato dal posto di lavoro per eseguire un incarico esterno disposto dai responsabili, (v. giurisprudenza più risalente Cass. 3/2/1984 n1683; e di recente Cass. 17/2/2009 n 15009).

D'altro canto, a carico del datore di lavoro e dei preposti al servizio di prevenzione, ai sensi della normativa in materia di sicurezza aziendale e di cantiere ed anche in riferimento alla norma c.d. "di chiusura del sistema" ex art. 2087 c.c., sussiste un obbligo generale di controllo dell'osservanza da parte dei singoli lavoratori delle norme vigenti e delle disposizioni e procedure aziendali di sicurezza. In altre parole, i responsabili sono costituiti garanti dell'incolumità fisica dei prestatori di lavoro, con l'ovvia conseguenza che, ove essi non ottemperino agli obblighi di tutela, l'evento lesivo correttamente può loro venire imputato in forza del meccanismo reattivo previsto dall'art. 40 c.p.p., comma 2.

2. Pertanto, non appare corretta la dichiarazione di improcedibilità emessa dalla Corte di Firenze. La sentenza impugnata va annullata con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Firenze per un nuovo esame della vicenda processuale alla luce del principio di diritto sopra indicato. Il giudice di rinvio dovrà provvedere anche a liquidare le spese tra le parti per questo giudizio.



P.Q.M.


Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio alla Corte di Appello di Firenze cui rimette il regolamento delle spese tra le parti del presente giudizio.