Cassazione Penale, Sez. 4, 28 maggio 2012, n. 20644 - Macchinario per marchiare i componenti di rubinetteria con il logo aziendale e infortunio ad una mano


 

 


Responsabilità del Presidente del Consiglio di Amministrazione di una S.P.A. (impresa avente per oggetto la produzione ed il commercio di rubinetteria ed apparecchi idro e termosanitari), per il reato di lesioni colpose gravi a danno di un dipendente.

In fatto, era avvenuto che il lavoratore, addetto presso la macchina predisposta per marchiare componenti di rubinetteria con il logo aziendale, essendosi incastrato un pezzo, aveva spostato la leva dell'interruttore per fermare il ciclo della macchina, il che aveva determinato il blocco della platea ma improvvisamente si era messo in movimento il punzone che lo aveva attinto al secondo dito della mano destra provocandogli l'amputazione della terza falange. Conseguiva così l'indebolimento permanente dell'organo della prensione.


Condannato in primo e secondo grado, ricorre in Cassazione - Rigetto.

"Va osservato che i Giudici di merito hanno correttamente applicato la normativa in tema di prevenzione infortuni, in relazione alle emergenze concrete dell'accadimento. Al riguardo, si è ritenuto congruamente che il macchinario al quale era addetto il lavoratore non fosse idoneo, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 547 del 1955, articolo 115, ad evitare danni alle mani del lavoratore, in quanto privo dei necessari dispositivi a tutela. Le valutazioni formulate sul punto si presentano corredate da argomentazioni fornite di logica e ragionevolezza giuridica, in correlazione con la peculiarità degli elementi di fatto acquisiti."

Parimenti, correttamente individuata si palesa la posizione di garanzia attribuita all'imputato connessa alla qualifica aziendale ricoperta di Presidente del Consiglio di Amministrazione della Società "(Omissis)" ed ai conseguenti obblighi posti a suo carico per la tutela della sicurezza nell'attività lavorativa.

 


 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MARZANO Francesco - Presidente

Dott. ZECCA Gaetanino - Consigliere

Dott. GALBIATI Rugger - rel. Consigliere

Dott. PICCIALLI Patrizia - Consigliere

Dott. VITELLI CASELLA Luca - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

 



sul ricorso proposto da:

1. (Omissis) n. il (Omissis);

avverso la sentenza n. 12437/2008 della Corte di Appello di Torino in data 19/12/2011;

udita la relazione svolta dal consigliere Ruggero Galbiati;

udito il Pubblico Ministero in persona del dott. DELEHAYE Enrico che ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito il difensore Avv.to (Omissis) che ha chiesto l'accoglimento del ricorso.

Fatto



1. (Omissis), nella qualità di Presidente del Consiglio di Amministrazione della " (Omissis) S.P.A." (impresa avente per oggetto la produzione ed il commercio di rubinetteria ed apparecchi idro e termosanitari), veniva tratto a giudizio innanzi al Tribunale di Verbania per rispondere del reato di lesioni colpose gravi a danno del dipendente (Omissis) a seguito di infortunio sul lavoro.

In fatto ((Omissis)), era avvenuto che il lavoratore (Omissis) era addetto presso la macchina predisposta per marchiare componenti di rubinetteria con il logo aziendale, allorchè, essendosi incastrato un pezzo, aveva spostato la leva dell'interruttore per fermare il ciclo della macchina, il che aveva determinato il blocco della platea ma improvvisamente si era messo in movimento il punzone che lo aveva attinto al secondo dito della mano destra provocandogli l'amputazione della terza falange. Conseguiva così l'indebolimento permanente dell'organo della prensione.

2. Il Tribunale di Verbania-giudice monocratico-, con sentenza in data 10/10/2007, dichiarava l'imputato colpevole per il reato ascritto, con Il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche. Lo condannava alla pena detentiva ed a quella pecuniaria.

Il giudice osservava che a carico dell'imputato ricorreva sicuramente la violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 547 del 1955, articolo 115, poichè la macchina su cui stava operando l'operaio infortunatosi era qualificabile come una pressa, per cui essa avrebbe dovuto essere attrezzata in modo tale da rendere materialmente impossibile al lavoratore l'inserimento delle mani nelle parti mobili dell'apparecchio in funzione. Per contro, la parte offesa aveva manovrato una leva per bloccare la macchina, ma in tal modo non aveva in effetti fermato il punzone, poichè il macchinario funzionava in maniera idraulica a pressione d'aria ed il punzone era sceso giù per forza della pressione idraulica ancora non esaurita.

3. L'imputato proponeva impugnazione con appello.

La Corte di Appello di Torino, con sentenza in data 19/12/2011, confermava la responsabilità per l'occorso a carico del prevenuto.

Sotto il profilo processuale, rilevava che la prescrizione del reato non poteva ritenersi maturata, diversamente da quanto sostenuto dall'imputato. Invero, era principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità che la normativa più favorevole per il reo ai sensi dell'articolo 2 cod. pen., comma 3, (nel caso in tema di prescrizione) non poteva essere tratta dalle singole disposizioni contenute nelle leggi succedutesi, ma occorreva invece scegliere la legge nel complesso più favorevole al reo.

Il Collegio di Appello applicava all'imputato la sola pena detentiva di giorni venti di reclusione, sostituiti in euro 760,00 di multa; concedeva il beneficio della non menzione della condanna nonchè l'indulto.

4. (Omissis) avanzava ricorso per cassazione avverso la decisione di appello.

Ribadiva che a suo avviso il delitto contestato doveva ritenersi prescritto in data 16/01/2011, calcolando il termine prescrizionale in anni sei e mesi tre (computando anni 5 di prescrizione ordinaria in base alla normativa previgente alla Legge n. 251 del 2005 e l'aumento di 1/4 quale proroga ai sensi di quest'ultima normativa).

Nel merito, contestava la ritenuta pericolosità del macchinario di per sè per la sua conformazione; mentre risultava che, comunque, la manovra di spegnimento del macchinario non era stata compiuta correttamente dal lavoratore, forse per eccesso di sicurezza nella lavorazione.

Rilevava che non sussistevano elementi di colpa da porsi a carico di esso istante, poichè l'occorso al più si palesava ascrivibile a caso fortuito ed imprevedibile con evidente interruzione del nesso di causalità tra l'attività svolta dal dipendente addetto alla macchina e l'evento ovvero egualmente tra questo e gli obblighi di garanzia per la tutela antinfortunistica facenti carico al datore di lavoro.

Il ricorrente presentava altra memoria rappresentando la sussistenza di un contrasto di giurisprudenza nelle sezioni semplici della Corte di Cassazione sulla questione della normativa in tema di prescrizione applicabile ai fatti-reato perpetrati prima del dicembre 2005 e per i quali non fosse intervenuta ancora alcuna decisione di merito prima di detta data. Pertanto chiedeva la rimessione del ricorso alle Sezioni Unite per la soluzione del contrasto.

In subordine, chiedeva l'annullamento della sentenza senza rinvio ovvero con rinvio.

Diritto



1. Il ricorso deve essere respinto perchè infondato.

Si osserva che la prescrizione applicabile nel caso di specie, reato di lesioni colpose gravi punito con la reclusione inferiore a cinque anni o con la multa, ha una durata di anni sette e mezzo, comprensiva della proroga massima per le interruzioni. Il decorso del termine prescrizionale si presenta, nell'ipotesi in esame, eguale sia in base alla normativa introdotta dalla Legge n. 251 del 2005 che per quella precedente.

D'altro canto, è affermazione comune, in dottrina e giurisprudenza, che non possano applicarsi le singole disposizioni contenute nelle leggi succedutesi (c.d. tertia lex) ma occorre invece individuare la legge nel complesso più favorevole in concreto al reo. Anche di recente, Cass. 05/10/2010 n 43343, si è ribadito , in tema di prescrizione, che non è consentita l'applicazione simultanea di disposizioni introdotte dalla Legge 5 dicembre 2005, n. 251 e di quelle precedenti, secondo il criterio della maggiore convenienza per l'imputato, occorrendo applicare integralmente runa o l'altra disciplina (v. in precedenza pure Cass. 10/02/2004 n 23274; Cass. 04/06/2004 n 36757; e successivamente, Cass. 07/07/2011 n 31145). In particolare, non si può procedere ad una combinazione delle disposizioni più favorevoli della nuova legge con quelle più favorevoli della precedente, in quanto ciò comporterebbe la creazione di una terza legge di carattere intertemporale, diversa sia da quella abrogata, sia da quella in vigore, non prevista dal legislatore e violando così il principio di legalità.

Nè detto orientamento appare seriamente contrastato da una sola pronuncia di segno opposto emessa in giurisprudenza che, peraltro, appare contraddire il significato letterale della disposizione ex articolo 2 cod. pen., comma 4, ed il ragionevole intendimento del legislatore. Ne discende che nella fattispecie il termine prescrizionale, essendo avvenuto il fatto in data (Omissis), maturerà il (Omissis).

2. Nel merito della controversia, va osservato che i Giudici di merito hanno correttamente applicato la normativa in tema di prevenzione infortuni, in relazione alle emergenze concrete dell'accadimento. Al riguardo, si è ritenuto congruamente che il macchinario al quale era addetto il lavoratore non fosse idoneo, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 547 del 1955, articolo 115, ad evitare danni alle mani del lavoratore, in quanto privo dei necessari dispositivi a tutela. Le va lutazioni formulate sul punto si presentano corredate da argomentazioni fornite di logica e ragionevolezza giuridica, in correlazione con la peculiarità degli elementi di fatto acquisiti.

Parimenti, correttamente individuata si palesa la posizione di garanzia attribuita a (Omissis) connessa alla qualifica aziendale ricoperta di Presidente del Consiglio di Amministrazione della Società "(Omissis)" ed ai conseguenti obblighi posti a suo carico per la tutela della sicurezza nell'attività lavorativa.

3. Il rigetto del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.



Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.