Cassazione Penale, Sez. 4, 01 ottobre 2012, n. 37989 - Ribaltamento di una piattaforma semovente e lavori in altezza: elevatore a pantografo

 


 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCO Carlo Giuseppe - Presidente

Dott. FOTI Giacomo - Consigliere

Dott. IZZO Fausto - Consigliere

Dott. BLAIOTTA Rocco Marco - Consigliere

Dott. GRASSO Giuseppe - rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

 



sul ricorso proposto da:

1) (Omissis) N. IL (Omissis);

2) (Omissis) N. IL (Omissis);

avverso la sentenza n. 1824/2010 CORTE APPELLO di BRESCIA, del 29/03/2011;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 10/07/2012 la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIUSEPPE GRASSO;

Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. SCARDACCIONE Eduardo Vittorio che ha concluso per il rigetto dei ricorsi;

udito per la parte civile l'avv. (Omissis) del Foro di (Omissis) che conclude per la conferma della sentenza impugnata nei confronti di (Omissis).

Udito il difensore avv. (Omissis) del Foro di (Omissis) che concluso per l'accoglimento del ricorso.

Fatto




1. Il Tribunale di Bergamo, Sede Distaccata di Grumello del Monte, con sentenza del 3/11/2009, condannò (Omissis), amministratore della (Omissis) e (Omissis), coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione a riguardo dei lavori di cui al cantiere sito in (Omissis), alle pene reputate di giustizia, in relazione alle lesioni personali gravissime subite da (Omissis), operaio alle dipendenze della (Omissis), il quale, a seguito del ribaltamento della piattaforma semovente, sul cestello aereo della quale trovavasi per svolgere la propria attività lavorativa, precipitava al suolo dall'altezza di circa 3 metri.

1.1. La Corte d'appello di Brescia, giudicando sulle impugnazioni proposte dagli imputati, in parziale riforma della sentenza gravata, che nel resto confermava, concesse le attenuanti generiche con criterio di equivalenza, riduceva la pena inflitta al (Omissis).

2. Entrambi gli imputati proponevano separati ricorsi per cassazione.

2.1. Con il primo motivo (Omissis) denuncia inosservanza di legge in relazione alla dichiarazione di utilizzabilità delle dichiarazioni rese alla p.g. da (Omissis) e (Omissis).

La Corte territoriale aveva reputato sussistessero i presupposti di cui all'articolo 512 cod. proc. pen., in quanto i due operai, presenti sui luoghi al momento dell'infortunio, non censiti all'anagrafe e non più reperibili all'indirizzo da loro indicato, dei quali si sconosceva la residenza e il luogo di nascita in (Omissis), non avrebbero potuto in alcun modo essere escussi al dibattimento.

Assume il ricorrente, dopo aver premesso che il contenuto dell'articolo 512 in parola doveva reputarsi sostanzialmente mutato dopo le modifiche apportate all'articolo 111 della Costituzione nel 2009 (residuando solo in via d'ipotesi del tutto eccezionale la possibilità di sottrarre al contraddittorio delle parti la formazione della prova) e dopo aver preso in considerazione la regola derivante dall'articolo 6 della C.E.D.U., così come interpretato dalla Corte Europea, che impone cautela nella ponderazione probatoria di acquisizioni avvenute solo per lettura e necessità di specifica correlazione con altri elementi probatori, esclude che il giudice si trovasse nell'oggettiva impossibilità di avere la presenza in aula dei due operai, non potendo costituire prova dell'irreperibilità una mera verifica burocratica e, in ogni caso, assume che la ritenuta condizione d'irreperibilità fosse circostanza prevedibile al momento dell'acquisizione delle dichiarazione delle persone informate in discorso. In definitiva, per un verso, la prospettata impossibilità dovevasi addebitare alla parte processuale richiedente la lettura; per altro verso, il giudice non aveva fornito motivazione adeguata per dimostrare che l'irreperibilità non fosse dipesa da una libera scelta dei due soggetti.

2.2. Con il secondo motivo il (Omissis) deduce violazione dell'articolo 606 cod. proc. pen., lettera e), lamentando erronea ricostruzione dei fatti, che sarebbe stata causa dell'ingiusta affermazione di colpevolezza del predetto.

Il ricorrente, amministratore unico della società (Omissis) con sede in (Omissis), nonchè socio e amministratore della (Omissis) s.r.l., nel luglio del 2005 aveva stipulato, nella detta ultima qualità, un contratto d'appalto con la (Omissis) s.n.c., per i lavori di fornitura e montaggio di serramenti e rivestimenti facciate da effettuarsi nell'indicato sito, con facoltà di subappalto ed in effetti veniva stipulato, nei giorni successivi, contratto di subappalto tra la (Omissis) e la (Omissis). Il committente, per contratto era obbligato a farsi carico dei ponteggi esterni o, in alternativa, di adeguati strumenti di sollevamento. Sul finire del luglio del 2005 l'arch. (Omissis), coordinatore per la sicurezza nominato dal (Omissis), aveva richiesto alla (Omissis) il rilascio del Piano Operativo di Sicurezza, rilascio effettuato a cura del (Omissis). Predisposto il POS definitivo, il giorno successivo (il 31/8/2005) sia il committente che l'arch. (Omissis) venivano avvertiti del fatto che ad operare nel cantiere sarebbero stati gli operai della (Omissis). Il POS non prevedeva l'utilizzazione di piattaforme mobili ma solo di ponteggi, a riguardo dei quali venivano presi in rassegna i rischi. Imposto blocco dei lavori e smontaggio dei ponteggi a causa di opere di scavo prescritte dai Vigili del Fuoco, il (Omissis), onde ridurre i danni del fermo, aveva proposto al (Omissis) di sospendere i lavori solo al pianterreno e coltivare gli altri mediante ricorso ad acconci strumenti di sollevamento. Dopo che per qualche tempo i predetti lavori erano continuati mediante l'uso di una piattaforma/navicella a braccio, risultando pericolosa quelle di tipo verticale, a cagione della sporgenza del marciapiedi, il committente, a causa dei costi, aveva deciso di non avvalersi più del predetto strumento. Al contrario di quel che avevano reputato i giudici di merito l'imputato aveva fatto utilizzare solo il sicuro sollevatore a braccio, nel mentre si deve all'inopinata e autonoma decisione della vittima l'uso della piattaforma verticale, il cui utilizzo il (Omissis) aveva espressamente vietato, se non su superfici perfettamente piane e lisce. Peraltro, l'infortunato era operaio esperto ed informato e giammai si sarebbe potuto sentire costretto ad utilizzare strumento di lavoro insicuro; inoltre era dotato dei presidi di sicurezza personali.

Andava soggiunto che in data 27/3/2006 il POS (controfirmato dall'arch. (Omissis) in pari data), specificamente aggiornato, prevedeva l'uso di "ponteggi, piattaforme aeree, trabattelli".

In definitiva, la Corte territoriale aveva malamente interpretato i fatti reputando che la decisione di usare il sollevatore causa dell'incidente fosse stata presa dal (Omissis); che il POS non fosse stato modificato; che l'operaio infortunato non fosse stato formato ed informato, oltre che dotato dei presidi di sicurezza personali, dei quali per sua scelta non si era avvalso.

2.3. Il (Omissis), poi, si duole del capo concernente le statuizioni civili. In particolare l'entità della disposta provvisionale (600.000 euro) doveva reputarsi tale da procurare pregiudizio grave ed irreparabile al ricorrente, il quale avrebbe dovuto dismettere l'attività d'impresa, già di per sè non florida, e vendere la propria personale abitazione.

3. Il (Omissis) con il primo motivo enuclea doglianza sostanzialmente identica a quella prospettata nel primo motivo del (Omissis). Di specifico il predetto ricorrente soggiunge che i due cittadini polacchi, con un ragionevole sforzo di ricerca, avrebbero potuto essere rintracciati in Polonia; oltre a sottolineare che, senza garanzia di affidabilità della traduzione, i due operai erano stati sentiti in assenza d'interprete. Nè poteva mettersi in dubbio la decisività delle dichiarazioni attribuite ai due operai in discorso (solo dal verbale firmato da (Omissis) risultava che l'infortunato utilizzava la piattaforma causa dell'incidente da una decina di giorni).

3.1. Con il secondo motivo il ricorrente denunzia la nullità della sentenza per difetto di correlazione tra imputazione contestata e l'ipotesi concretamente ritenuta, il (Omissis) rivestiva la carica di coordinatore per la sicurezza solo a riguardo della fase esecutiva dei lavori e non per quella di progettazione.

3.2. Con il successivo motivo in rassegna il ricorrente lamenta mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione a riguardo del ritenuto nesso di causalità.

Secondo la Corte d'Appello di Brescia il (Omissis) non aveva preso visione del piano integrativo presentato dalla (Omissis) in data 27/3/2006 e per questo non era intervenuto per impedire l'uso della piattaforma a pantografo; intervento che, comunque, si sarebbe reso necessario a causa della genericità del piano. Nell'affermare ciò i giudici erano incorsi in errore: la piattaforma in discorso ben avrebbe potuto utilizzarsi anche all'esterno e anche sopra un marciapiedi, a condizione che, seguendo le istruzioni del libretto d'uso, fossero previamente stati messi in sicurezza i luoghi (la larghezza del marciapiedi avrebbe dovuto essere portata a misura congrua e andavano eliminate pendenze e difformità del suolo). Il coordinatore per la sicurezza in fase esecutiva non poteva essere considerato responsabile di manchevolezze derivanti dalla mancata conformazione al manuale della macchina, specie tenuto conto che nel PSC era trascritto lo specifico avvertimento di consultare il manuale d'uso di siffatto macchinario.

3.3. Collegato al motivo precedente risulta il successivo con il quale il ricorrente esclude poterglisi addebitare responsabilità penale a causa dell'erroneo utilizzo della piattaforma.

Egli, in qualità di coordinatore per la sicurezza in fase di progettazione, aveva predisposto il PSC, che prevedeva, oltre all'uso di ponteggi, quello di piattaforme aeree, indicando le relative prescrizioni e cautele d'uso. Egli si recava in cantiere 3/4 volte alla settimana, nè poteva esigersi maggior presenza. Avrebbe potuto ordinare la sospensione dei lavori solo in caso di situazione di pericolo grave ed imminente. L'elevatore causa dell'incidente, ove correttamente utilizzato, non poteva costituire pericolo. Aveva visto in uso solo cestelli su mezzi mobili ben diversi dall'elevatore di cui si è detto e, peraltro, anche a voler credere che lo strumento in questione fosse stato utilizzato da una decina di giorni, non emergono elementi per potersi affermare che il detto utilizzo fosse stato difforme dalle modalità previste dal relativo libretto.

3.4. Con la successiva doglianza il ricorrente assume che non aveva avuto comunicazione del subappalto in favore della (Omissis). Il tecnico della Asl, (Omissis), infatti, non aveva rinvenuto in cantiere il POS aggiornato. Anche ad ammettere, peraltro, che il detto documento gli fosse stato consegnato dalla ditta, la stessa, in assenza di visto di congruità da parte del coordinatore non lo avrebbe potuto considerare operativo. Infine, la (Omissis) era tenuta al rispetto delle misure di sicurezza del PSC. Inoltre il PSC non necessitava di adeguamenti, essendo completo e, comunque, l'incidente non era dipendente causalmente da esso, ma andava ricondotto ad un erroneo utilizzo della piattaforma.

Nulla, infine, sapeva il (Omissis) degli accordi intercorsi tra il (Omissis) e il (Omissis) e, in special modo, della decisione di far utilizzare agli operai la piattaforma dell'impresa Faletti, incaricata d'installare gli impianti elettrici.

3.5. Di poi, l'imputato insiste nel prospettare l'impossibilità di conoscere la situazione di pericolo. Escluso che egli potesse vigilare continuativamente sul cantiere, non poteva averlo allarmato aver visto usare l'elevatore di cui si discorre in condizione di piena sicurezza (all'interno dell'edificio). Non avrebbe potuto prevedere che lo stesso sarebbe stato illogicamente adoperato sul marciapiedi esterno, che aveva uno spazio utile corrispondente, nella sostanza, alle dimensioni della piattaforma, dotata di quattro ruote, delle quali le due anteriori sterzanti e motrici, ancor più in assenza di un operatore a terra, addetto alle necessarie informazioni per gli spostamenti.

3.6. Con successiva censura il (Omissis) si duole, anche in questo caso deducendo difetto motivazionale rilevabile in sede di legittimità, della condanna al risarcimento del danno e al pagamento della provvisionale, al quale ultimo era stata subordinata la sospensione condizionale della pena. A parere della stessa Corte di merito gli si poteva attribuire un grado minore di colpa rispetto al coimputato e, pertanto, anche la misura di partecipazione alla provvisionale avrebbe dovuto tener conto di ciò. Irragionevole, inoltre, doveva reputarsi la subordinazione del beneficio della sospensione condizionale al pagamento di una provvisionale di così elevato importo.

3.7. Infine,con l'ultimo motivo, il ricorrente rileva analogo vizio motivazionale a riguardo del trattamento sanzionatorio: la Corte d'Appello, pur accogliendo sul punto l'appello, non aveva, di poi, sostituito la pena detentiva con l'equivalente pecuniario, nonostante l'incensuratezza.

 

Diritto


4. Conviene, in primo luogo, prendere in esame le censure afferenti l'assunta violazione dell'articolo 512 cod. proc. pen., avuto riguardo alla lettura delle dichiarazioni a suo tempo rese dagli operai (Omissis) e (Omissis), mosse da entrambi i ricorrenti (cfr. p. 2.1. e 3.). La questione, peraltro dipanata dal giudice del merito con argomenti che, in questa sede, appaiono esenti da censure (in particolare, la Corte territoriale ha evidenziato che i due soggetti, cittadini polacchi, erano muniti di passaporto privo d'indicazione del luogo di residenza in Polonia e, pertanto, non censiti fra la popolazione residente, nonostante avessero dichiarato, quando vennero intesi, di abitare a (Omissis), ne era divenuta impossibile la ricerca, circostanza, questa, peraltro, non prevedibile allorquando erano stati sentiti) non assume carattere decisivo sul piano delle acquisizioni probatorie.

La vicenda e i suoi contorni, anche minuti, risultano, infatti ben acquisiti e riportati in sentenza attraverso il complesso dell'istruttoria svolta (audizioni testimoniali di (Omissis), di (Omissis), dalle stesse dichiarazioni degli imputati e dalla documentazione prodotta). Appare, sul punto, decisivo osservare che la Corte territoriale ha esattamente colto che la circostanza che l'uso spericolato ed improprio della piattaforma a pantografo non poteva considerarsi fatto estemporaneo ed occasionale, dovuto a bizzarra ed imprevedibile decisione del lavoratore rimasto tragicamente infortunato, stante che risaliva a circa quindici giorni prima dell'incidente la restituzione della sicura piattaforma a braccio (punto rimasto incontroverso) e poichè non consta che i lavori restarono fermi dopo la detta restituzione ne consegue che gli stessi proseguirono mediante l'uso della piattaforma mobile a pantografo.

Evenienza, questa che non avrebbe dovuto sfuggire all'osservazione del responsabile per la sicurezza (il quale, ovviamente, in un lasso così cospicuo di tempo avrebbe dovuto rendersi conto della macroscopica pericolosità dello strumento siffattamente adoperato) e che indubbiamente, come in seguito si avrà modo di rimarcare, è da addebitare a scelta dell'imprenditore.

5. Non ha apprezzabile fondamento il motivo di ricorso del (Omissis), enucleato al p. 2.2., con il quale costui lamenta erronea ricostruzione dei fatti. Al contrario dell'assunto impugnatorio il Giudice del merito ha puntualmente ripercorso gli avvenimenti, sulla base delle acquisizioni istruttorie, senza che si possano qui rilevare manifeste contraddizioni o lacune. Quale che sia stata, infatti, la verità in ordine alla pretesa integrazione del POS (sul punto il contrasto di versione tra i due imputati è stridente), è certo che il (Omissis), factotum di due società gemelle (la (Omissis), con sede in (Omissis) e la (Omissis) s.r.l., con sede in (Omissis)), per le esigenze organizzative che prima si sono narrate, decise di proseguire i lavori d'installazione di chiusure delle facciate dell'edificio in ristrutturazione, mediante utilizzo di pannellature precostruite in profilati e vetri, utilizzando degli strumenti elevatori che consentissero di raggiungere i piani superiori, senza necessità di ponteggio. Per far ciò occorreva, a parte ogni altra considerazione (attinente al provato disinteresse per il rispetto dell'effettivo uso dei mezzi antinfortunistici individuali, e il mancato adempimento degli obblighi di formazione ed informazione del personale), utilizzare macchine elevatrici che consentissero di lavorare in sicurezza all'esterno.

Tale era, a dire degli stessi imputati, la navicella a braccio, in un primo tempo utilizzata e poi accantonata a causa dei costi di noleggio. Tale, invece, non era, e per più ragioni, l'elevatore a pantografo precipitato rovinosamente al suolo. Trattasi, invero, di macchinario mobile, dotato di ruote, incapace di mantenere la posizione in presenza di accidentalità o pendenze del terreno (e il marciapiedi era accidentato e in pendenza), al quale sarebbe comunque, occorso spazio di manovra adeguato (invece risultava largo praticamente quanto il marciapiedi).

La circostanza che uno strumento del genere, che ha precipua destinazione d'uso all'interno di edifici e che proprio all'interno di quel fabbricato era stato utilizzato dalla ditta che si occupava dell'impianto elettrico, possa, eccezionalmente, previa attenta verifica e bonifica dei luoghi, essere utilizzato anche all'esterno, non sposta i termini della questione, perchè, appunto, nessuna previa messa in sicurezza dei luoghi venne posta in essere.

Infine, onde evitare inutili ripetizioni è bastevole rinviare alle pagine 13 e 14 della sentenza d'appello per rendersi conto dell'inconcludenza degli asserti del (Omissis), il quale prospetta che la decisione di utilizzare l'elevatore a pantografo dovevasi attribuire ad autonoma decisione del lavoratore, quando quello sicuro a cestello era stato restituito al noleggiatore; che, nonostante ciò la vittima avrebbe potuto (e come?) utilizzare l'elevatore a cestello; che egli avesse vietato d'utilizzare la piattaforma a pantografo (affermazione, questa, ridimensionata dallo stesso (Omissis), il quale, nel corso dell'esame ha ammesso che, nonostante non vi fosse stato un suo esplicito divieto, era competenza della persona offesa rendersi conto della pericolosità di quell'impiego del macchinario).

6. Privo di pregio si appalesa il motivo sub. P. 2.3.

Assume il (Omissis) l'ingiustizia della statuizione civile concernente la provvisionale, giudicata d'entità tale da procurargli pregiudizio grave ed irreparabile, senza tuttavia fornire alcun concreto elemento a corredo, sia in ordine alle proprie capacità economiche, che a riguardo del pregiudizio gravissimo patito dalla persona offesa, la quale durante tutto il corso del processo ha versato in stato di coma vegetativo, senza contare che la condanna è solidalmente estesa ad entrambi gli imputati.

7. I motivi da sub. p. 3.1., 3.2., 3.3., 3.4, 3.5. del (Omissis), presi in esame unitario, stante la loro interconnessione, vanno disattesi. Non ha fondamento il preteso difetto di correlazione tra imputazione contestata e concretamente ritenuta. Sul punto ha risposto in maniera convincente la Corte d'Appello di Brescia: il medesimo imputato, infatti, aveva asserito (e anche in questa sede confermato) che il progetto per la sicurezza da lui redatto era esente da censure e, pertanto, si è difeso sul punto ampiamente. Invero, "in tema di correlazione tra imputazione contestata e sentenza, per aversi mutamento del fatto occorre una trasformazione radicale, nei suoi elementi essenziali, della fattispecie concreta nella quale si riassume l'ipotesi astratta prevista dalla legge, in modo che si configuri un'incertezza sull'oggetto dell'imputazione da cui scaturisca un reale pregiudizio dei diritti della difesa; ne consegue che l'indagine volta ad accertare la violazione del principio suddetto non va esaurita nel pedissequo e mero confronto puramente letterale fra contestazione e sentenza perchè, vertendosi in materia di garanzie e di difesa, la violazione è del tutto insussistente quando l'imputato, attraverso l'iter del processo, sia venuto a trovarsi nella condizione concreta di difendersi in ordine all'oggetto dell'imputazione" (in senso conforme, fra le tante, 4, 22/11/2011, n. 47474; 4, 28/6/2011, n. 36891; S.U., 15/7/2010, n. 36551).

Non inficiano i solidi argomenti della sentenza gravata quelli difensivi spesi al fine di contestare la sussistenza del nesso di causalità e della colpevole condotta omissiva e commissiva tenuta.

Il (Omissis), tecnico responsabile della sicurezza, anche per la fase progettuale (a suo stesso dire), il quale, quindi, aveva l'obbligo di vigilare sulla correttezza delle procedure al fine di garantire la sicurezza dei lavoratori, non può, di certo, pretendere di andare esente da responsabilità assumendo di non aver preso visione del piano integrativo presentato dalla (Omissis) in data 27/3/2006, peraltro contro le risultanze processuali; nè che l'infortunio dipese da un uso inadeguato dell'elevatore a pantografo dovuto a improvvida scelta dell'operaio, il quale, come si è visto, invece, non tenne condotta tale da potersi definire imprevedibile, tale da spezzare il nesso di causalità. Se egli, invece, avesse vigilato si sarebbe dovuto accorgere (e si è visto che l'uso si protrasse per diversi giorni) che la macchina veniva utilizzata in assenza delle condizioni di bonifica minime dell'ambiente esterno per garantire la sicurezza del personale operante.

Ininfluente, ovviamente, resta l'affermazione secondo la quale il (Omissis) avrebbe ignorato gli accordi intercorsi tra il (Omissis) e il (Omissis); quel che rileva è che il (Omissis), dotato delle necessarie competenze tecniche e assunta funzione allo scopo, omise, per restare alla fase esecutiva, di vigilare sul singolare metodo d'assicurare le protezioni individuali agli operai (i presidi, nella migliore delle ipotesi, venivano lasciati alla loro iniziativa non sindacata) e, qual che più è grave, lasciò che fosse impiegato nei lavori esterni l'elevatore in discorso, tipicamente impiegabile solo nei lavori al chiuso, senza prima essersi assicurato che l'area di lavoro fosse stata resa idonea ad un tal utilizzo. Da qui l'ineludibile conclusione che si ebbe a trattare di evento prevenibile e prevedibile, ove fossero state osservate le condotte doverose previste ed impedite quelle vietate.

In ogni caso, non par dubbio che la prevedibilità altro non significa che porsi il problema delle conseguenze di una condotta commissiva od omissiva avendo presente il cosiddetto "modello d'agente", il modello dell'"homo eiusdem condicionis et professionis", ossia il modello dell'uomo che svolge paradigmaticamente una determinata attività, che importa l'assunzione di certe responsabilità, nella comunità, la quale esige che l'operatore si ispiri a quel modello e faccia tutto ciò che da questo ci si aspetta (Sez. 4, 1/71992, n. 1345, massima; più di recente e sullo specifico argomento qui in esame, sempre Sez. 4, 1/4/2010, n. 20047). Un tale modello impone, nel caso estremo in cui il garante si renda conto di non essere in grado d'incidere sul rischio, l'abbandono della funzione, previa adeguata segnalazione al datore di lavoro (sul punto, Sez. 4 n. 20047 cit.).

8. Il motivo di cui al 3.6., del pari infondato, impone, tuttavia, modifica della statuizione gravata per fatto sopravvenuto.

Non può dolersi il (Omissis) della condanna solidale al pagamento della provvisionale, asserendo apoditticamente di aver avuto l'incidenza della sua condotta rilevanza maggiore rispetto a quella tenuta dal coimputato. Fermo restando, infatti, che il riparto interno per il successivo regresso potrà formare oggetto d'esame da parte del giudice civile, chiamato a stimare l'entità del danno, in questa sede deve osservarsi che l'obbligo solidale di anticipare alla persona offesa una parte del danno discende dalla legge.

Fondatamente, invece, il ricorrente chiede di risolversi la subordinazione del beneficio della sospensione condizionale della pena ai pagamento della detta provvisionale. Infatti, come risulta pacificamente dagli atti, successivamente alla sentenza di secondo grado, il detto ricorrente ha provveduto a risarcire la p.o., con piena soddisfazione della stessa.

9. Inammissibile, infine, deve qualificarsi l'ultimo motivo con il quale il (Omissis) si duole della mancata sostituzione della pena detentiva con l'equivalente pena pecuniaria. Trattasi, invero, di doglianza nuova, proposta per la prima volta in questa sede, peraltro sprovvista di specifico corredo motivazionale, in presenza d'infortunio sul lavoro di particolare gravità e di grossolana violazione delle norme cautelari.

P.Q.M.



Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti ai pagamento delle spese processuali.

Revoca le statuizioni civili nei confronti di (Omissis) ed elimina la disposta subordinazione della sospensione condizionale della pena al pagamento della provvisionale.

Condanna (Omissis) alla rifusione delle spese in favore della parte civile che liquida in complessivi euro 2.500,00, oltre accessori come per legge.