Categoria: Cassazione civile
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Cassazione Civile, Sez. 6, Ordinanza 22 novembre 2012, n. 20654 - Determinazione del periodo complessivo dell'esposizione ad amianto e CIG


 

 



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno - Presidente

Dott. LA TERZA Maura - Consigliere

Dott. IANNIELLO Antonio - Consigliere

Dott. TRIA Lucia - Consigliere

Dott. TRICOMI Irene - rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:



ORDINANZA



sul ricorso 7455-2011 proposto da:

(Omissis) (Omissis), elettivamente domiciliato in (Omissis), presso lo studio dell'avvocato (Omissis), che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato (Omissis), giusta delega a margine del ricorso;

- ricorrente -

contro

INPS - ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE (Omissis) in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l'AVVOCATURA CENTRALE DELL'ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati (Omissis), (Omissis), (Omissis), (Omissis), giusta procura speciale in calce al controricorso;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 132/2010 della CORTE D'APPELLO di GENOVA del 17.2.2010, depositatali 19/03/2010;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26/10/2012 dal Consigliere Relatore Dott. IRENE TRICOMI;

udito per il ricorrente l'Avvocato (Omissis) (per delega avv. (Omissis)) che si riporta ai motivi del ricorso;

udito per il contro ricorrente l'Avvocato (Omissis) che si riporta agli scritti.

è presente il Procuratore Generale in persona del Dott. CARLO DESTRO che nulla osserva rispetto alla relazione scritta.

FattoDiritto



Essendo stata ravvisata la possibilità di definire il giudizio ai sensi dell'articolo 375 c.p.c., n. 5, con ordinanza in camera di consiglio, è stata redatta relazione ai sensi dell'articolo 380 bis c.p.c., poi notificata ai difensori delle parti e comunicata al Pubblico Ministero presso la Corte.

è stata depositata memoria da (Omissis).

La relazione ha il seguente contenuto.

"Il consigliere relatore osserva quanto segue.

La Corte d'Appello di Genova, con la sentenza n. 132, depositata il 19 marzo 2010, rigettava l'appello proposto da (Omissis), nei confronti dell'INPS, in ordine alla sentenza n. 739/07 emessa dal Tribunale di Genova.

L' (Omissis) aveva adito il Tribunale per ottenere la rivalutazione contributiva di cui alla Legge n. 257 del 1992, articolo 13.

Il Tribunale rigettava la domanda in quanto, benchè vi fosse stata l'esposizione qualificata alle fibre di amianto nel corso del periodo di svolgimento dell'attività lavorativa, la contribuzione previdenziale era risultata insufficiente (in quanto inferiore a 521 settimane).

Per la cassazione della suddetta sentenza resa in secondo grado ricorre il lavoratore con ricorso notificato il 18 marzo 2011, prospettando tre motivi di ricorso.

Resiste con controricorso l'INPS.

Il ricorso è manifestamente infondato.

Con il primo motivo d'impugnazione è dedotta violazione e falsa applicazione dell'articolo 421 c.p.c., nonchè degli articoli 194, 196, 261, 132 e 134 c.p.c., nonchè dell'articolo 111 Cost..

Il ricorrente, che esponeva di essere stato esposto alle polveri sino al 2001, censura l'attività istruttoria svolta dal giudice di merito. In particolare, si duole della mancata rinnovazione della CTU che stimava venuto meno, con riguardo a livelli significatici, l'esposizione ad amianto dal 31 dicembre 1992, in quanto asserisce che tale situazione si verificava almeno sino al 31 dicembre 1994 e specifiche deduzioni erano effettuate dal ctp.

Deduce, altresì che al fine di contestare le risultanze della CTU in appello il ricorrente aveva chiesto la chiamata a chiarimento dei testi per chiarire meglio le mansioni dei ricorrenti dopo il 31 dicembre 1992, formulando espressi capitoli di prova.

La Corte d'Appello avrebbe dovuto chiamare a chiarimento i testi già escussi, ai sensi dell'articolo 421 c.p.c., ed invece violava quest'ultima e le altre disposizioni sopra richiamate.

Con il secondo motivo d'impugnazione è dedotta omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.

La Corte d'Appello non ha motivato in ordine al perchè non ha dato ingresso ai mezzi istruttori chiesti da esso ricorrente, ex articolo 421 c.p.c., benchè gli stessi avrebbero consentito i fare chiarezza e in ordine alla condivisione della CTU.

I primi due motivi di ricorso, in ragione della loro connessione devono essere trattati congiuntamente.

Gli stessi non sono fondati e vanno rigettati, in ragione dei principi di diritto di seguito riportati.

Ai fini dell'adeguata motivazione della sentenza, secondo le indicazioni desumibili, in particolare, dal combinato disposto dall'articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4, articoli 115 e 116 c.p.c., è necessario che il raggiunto convincimento del giudice risulti da un esame logico e coerente di quelle che, tra le prospettazioni delle parti e le emergenze istruttorie, siano state ritenute di per sè sole idonee e sufficienti a giustificarlo, mentre non si deve dar conto dell'esito dell'esame di tutte le prove prospettate o comunque acquisite (Cass., n. 5241 del 2011).

L'esame dei documenti esibiti e delle deposizioni dei testimoni, nonchè la valutazione dei documenti e delle risultanze della prova testimoniale, il giudizio sull'attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata (Cass., n. 17097 del 2010).

Il mancato esercizio, da parte del giudice di appello, del potere discrezionale di invitare le parti a produrre la documentazione mancante o di ammettere una prova testimoniale non può essere sindacato in sede di legittimità, al pari di tutti i provvedimenti istruttori assunti dal giudice ai sensi dell'articolo 356 c.p.c., salvo che le ragioni di tale mancato esercizio siano giustificate in modo palesemente incongruo o contraddittorio (Cass. , n. 1754 del 2012).

In tema di consulenza tecnica d'ufficio, il giudice di merito non è tenuto, anche a fronte di una esplicita richiesta di parte, a disporre una nuova consulenza d'ufficio, atteso che il rinnovo dell'indagine tecnica rientra tra i poteri istituzionali del giudice di merito, sicchè non è neppure necessaria una espressa pronunzia sul punto (Cass., n.20227 del 2010).

In materia di prestazioni previdenziali derivanti da patologie relative allo stato di salute dell'assicurato, il difetto di motivazione, denunciabile in cassazione, della sentenza che abbia prestato adesione alle conclusioni del consulente tecnico d'ufficio è ravvisabile in caso di palese devianza dalle nozioni correnti della scienza medica, la cui fonte va indicata, o nella omissione degli accertamenti strumentali dai quali secondo le predette nozioni non può prescindersi per la formulazione di una corretta diagnosi, mentre al di fuori di tale ambito la censura anzidetta costituisce mero dissenso diagnostico non attinente a vizi del processo logico formale traducendosi, quindi, in un'inammissibile critica del convincimento del giudice (Cass., n. 9988 del 2009).

La Corte d'Appello, con congrua e corretta motivazione, ha recepito l'accertamento effettuato dal CTU nominato nel corso del giudizio di primo grado, rilevando che lo stesso formulava le proprie conclusioni tenendo conto delle risultanze processuali, e ricostruiva, sulla base di una metodologia corretta, l'esposizione del ricorrente alle fibre di amianto nel corso dell'attività lavorativa, esposizione che lo stesso stimava venuta meno, con riferimento a livelli significativi, dal 31 dicembre 1992, ritenendo di poter escludere, oltre tale data, interventi incontrollati su MCA.

Il giudice d'appello da atto delle richieste istruttorie del ricorrente, sia con riguardo al rinnovo della CTU, in ordine alla quale, peraltro, il ctp sottoponeva al giudice proprie osservazioni, dando luogo a contraddittorio, sia con riguardo all'escussione dei testi dedotti, ma non vi da ingresso rilevando che uno dei due testi sentiti nel giudizio di primo grado, indicati dall'appellante, confermava la circostanza che il ricorrente rivestiva le mansioni di saldatore, assiematore e addetto allo stampaggio di pezzi di ferro utilizzando i relativi forni, senza però nulla riferire in ordine alle eventuali operazioni di manutenzione della copertura in eternit, nè, segnatamente, sulle caratteristiche dell'attività lavorativa dopo il 31 dicembre 1992.

Pertanto non sono ravvisatali i suddetti vizi, atteso che la Corte d'Appello, con congrua motivazione, nel corretto esercizio dei propri poteri istruttori, riteneva compiuta l'istruttoria stessa e valutava le risultanze probatorie e della CTU con statuizioni rispetto alle quali i suddetti motivi si traducono nella prospettazione di un dissenso diagnostico e di una rinnovazione del giudizio di merito che non può trovare ingresso in sede di legittimità.

Si può, in proposito, ricordare che è inammissibile il motivo di ricorso per cassazione con il quale la sentenza impugnata venga censurata per vizio di motivazione, ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., n. 5, qualora esso intenda far valere la rispondenza della ricostruzione dei fatti operata dal giudice al diverso convincimento soggettivo della parte e, in particolare, prospetti un preteso migliore e più appagante coordinamento dei dati acquisiti, atteso che tali aspetti del giudizio, interni all'ambito di discrezionalità di valutazione degli elementi di prova e dell'apprezzamento dei fatti, attengono al libero convincimento del giudice e non ai possibili vizi del percorso formativo di tale convincimento rilevanti ai sensi della disposizione citata.

In caso contrario, infatti, tale motivo di ricorso si risolverebbe in una inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e dei convincimenti del giudice di merito, e perciò in una richiesta diretta all'ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, estranea alla natura ed alle finalità del giudizio di cassazione (Cass., n. 7394 del 2010).

Con il terzo motivo d'impugnazione è prospettata omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.

La domanda di esso ricorrente era rigettata in ragione del mancato raggiungimento, nell'arco del periodo 2 agosto 1982 - 31 dicembre 1992, delle 521 settimane lavorative utili per il beneficio richiesto. Ed infatti, in detto periodo era raggiunta la soglia di 501 settimane. Nel medesimo periodo si verificavano diverse astensioni dal lavoro, di breve durata, del ricorrente, a causa di malattia e/o infortunio o cassa integrazione, per un totale di 36 settimane.

Assume il ricorrente, che la Corte d'Appello non ha motivato per quali ragioni ha omesso di considerare la rilevanza delle distinte frazioni temporali di sospensione dell'attività lavorativa per collocamento in cassa integrazione guadagni, e tale omissione, investendo un fatto controverso e decisivo per il giudizio configura vizio di motivazione. Tali sospensioni per la breve durata erano inidonee a far venire meno la sua esposizione all'amianto.

Occorre rilevare che, come ricordato dal ricorrente, questa Corte ha affermato che in tema di benefici previdenziali in favore dei lavoratori esposti all'amianto, non sono computabili per la determinazione del periodo complessivo dell'esposizione di cui alla Legge n. 257 del 1992, articolo 13, comma 8, i periodi di collocamento del lavoratore in cassa integrazione guadagni ove abbiano avuto significativa durata ed ove abbiano comportato in concreto, a cagione del loro protrarsi e dell'eventuale prossimità ad altre sospensioni della prestazione lavorativa, l'effettivo venir meno del rischio tutelato, senza che assuma rilievo la qualificazione della sospensione stessa come fisiologica, ossia tendenzialmente comune a tutti i lavoratori (quali le ferie, le festività, i riposi), ovvero riferibile solo al singolo lavoratore in dipendenza di condizioni soggettive (malattia) o delle particolari vicende del rapporto -collocamento in cassa integrazione guadagni, (Cass. n. 18134 del 4 agosto 2010).

Tuttavia, di tale giurisprudenza non può farsi applicazione nella fattispecie in esame, in ragione dell'inammissibilità del motivo di ricorso.

Il motivo è inammissibile, in quanto il generico riferimento alla produzione in udienza nel corso del giudizio di primo grado della copia dell'estratto contributivo del ricorrente alla data del 27 giugno 2006, senza peraltro alcun riferimento alla deduzione di specifico motivo d'appello, in merito a correlate deduzioni formulate dinanzi al giudice di primo grado e non accolte, rispetto al quale la Corte d'Appello avrebbe omesso di motivare, porta a ritenere priva la censura del carattere impugnatorio, venendo la sentenza della Corte d'Appello censurata tout court".

Il Consigliere relatore, quindi, ha concluso la relazione nel senso della manifesta infondatezza del ricorso.

Ritiene la Corte che tale conclusione, in ragione del percorso argomentativo, deve essere condivisa.

Il ricorso deve essere rigettato, con esonero della parte soccombente dalle spese ai sensi dell'articolo 152 c.p.c. nel testo vigente anteriormente all'entrata in vigore del Decreto Legge n. 269 del 2003, conv. dalla Legge n. 326 del 2003, applicabile ratione temporis alla presente controversia.

P.Q.M.



La Corte rigetta il ricorso.

Nulla spese.