Cassazione Penale, Sez. 4, 01 febbraio 2013, n. 5474 - Macchina smerigliatrice e mancato funzionamento dei dispositivi di sicurezza


 


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCO Carlo G. - Presidente -

Dott. FOTI Giacomo - rel. Consigliere -

Dott. D'ISA Claudio - Consigliere -

Dott. BIANCHI Luisa - Consigliere -

Dott. GRASSO Giuseppe - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

sentenza



sul ricorso proposto da:

L.G. N. IL (Omissis);

avverso la sentenza n. 4627/2010 CORTE APPELLO di NAPOLI, del 30/06/2011;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 24/05/2012 la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIACOMO FOTI;

Udito il Procuratore Generale, l'inammissibilità del ricorso;

Udito per la parte civile l'Avv. Ricca che si riporta alle conclusioni scritte;

Udito il difensore Avv. Preziosi che insiste per l'accoglimento del ricorso.

 

Fatto



1 - L.G., titolare dell'opificio conciario "G. di L.G. e figli s.n.c.", propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d'Appello di Napoli, del 30 giugno 2011, che ha confermato la sentenza del Tribunale di Avellino, del 4 dicembre 2008, che lo ha ritenuto colpevole del delitto di lesioni colpose commesse, con violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro, in pregiudizio della dipendente R. E. che, addetta ad una macchina smerigliatrice, a causa del mancato funzionamento del sistema di sicurezza, ha riportato lo sfacelo traumatico del polso e della mano destra, trascinati all'interno del macchinario. Con la stessa sentenza, l'imputato è stato condannato al risarcimento dei danni in favore della costituita parte civile, alla quale è stata assegnata una provvisionale di 50.000,00 Euro.

2 - La dinamica dell'infortunio è stata ricostruita nei seguenti termini.

La R. era addetta alla lavorazione delle pelli, cioè alla riduzione dello spessore delle stesse ed utilizzava a tal fine la macchina smerigliatrice. In tale fase lavorativa, le pelli venivano stese su un pianale di legno e dall'operaio addetto avvicinate con le mani alla macchina, al cui interno si trovano due rulli il cui funzionamento è avviato, agendo su un pedale, dallo stesso lavoratore. La R., quindi, in detta fase, nell'avvicinare le pelli all'imbocco della macchina aveva portato troppo avanti la mano destra che era stata attirata all'interno del macchinario e trascinata dai rulli. Inutili erano stati i tentativi della donna di fermare la macchina azionando sia la costala sensibile ("salvamani") sia il pedale; così come inutili erano stati i tentativi dello stesso L. di azionare il salvavita posto nel quadro comandi;

solo l'intervento del figlio dell'imputato, L.E., era riuscito a sollevare il coperchio del macchinario, facendo leva con una sbarra di ferro, e quindi a distanziare tra loro i rulli in movimento ed a liberare l'arto della lavoratrice.

3 - Deduce il ricorrente i vizi di violazione di legge e di motivazione della sentenza impugnata, laddove la corte territoriale, dopo aver dato atto del perfetto funzionamento del sistema di sicurezza di cui era dotata la macchina, ha affermato la responsabilità dell'imputato perchè il distacco del tubicino di collegamento tra l'interruttore e la costala sensibile ("salvamani") aveva causato il mancato funzionamento del sistema di arresto della stessa macchina; sarebbe stato quindi necessario, a giudizio del ricorrente, procedere alla rinnovazione del dibattimento per accertare il nesso di causalità tra la condotta contestata e l'evento.

Diritto



Il ricorso è manifestamente infondato.

E' stato, in realtà accertato che l'infortunio è stato determinato, da un lato, dal cattivo funzionamento del presidio di sicurezza posto sulla stessa macchina smerigliatrice, invano azionato dalla R., dall'altro dal mancato funzionamento dell'interruttore di arresto, peraltro posizionato lontano dalla macchina ed in modo da non potere essere direttamente azionato dal lavoratore. Interruttore ripetutamente ma inutilmente azionato dallo stesso imputato, tanto che l'arto della lavoratrice è stata liberata solo grazie all'intervento demolitore di L.E..

Alla stregua di quanto pacificamente accertato e ritenuto dai giudici del merito, non si comprende a che cosa potrebbe servire un accertamento tecnico, peraltro ad otto anni di distanza dai fatti, nè quale significato, in termini di nesso causale, possa avere la circostanza che, secondo quanto accertato dal funzionario dell'ASL recatosi sul posto nel pomeriggio, sia la costala sensibile che il microinterruttore collegato al carter di protezione superiore erano funzionanti, laddove è emerso pacificamente che, al momento dell'infortunio, il sistema certamente non aveva funzionato e che persino l'intervento sul tasto di arresto della macchina non aveva avuto esito.

Nè si deve dimenticare che la macchina in questione si presentava obsoleta proprio nei presidi di sicurezza, se è vero che A. M., consulente della difesa e titolare della ditta costruttrice della macchina, venduta all'imputato nel 1994, ha sostenuto che fin dal marzo del 1998 detto macchinario è stato fornito di ulteriori presidi antinfortunistici, posti a portata di mano dell'operatore, per renderli conformi alla normativa comunitaria, evidentemente ignorata dall'imputato.

Alla manifesta infondatezza del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento di una somma, in favore della cassa delle ammende, che si ritiene equo determinare in Euro 1.000,00, nonchè alla rifusione, in favore della parte civile, delle spese del presente giudizio, che si liquidano in complessivi Euro 2.500,00, oltre accessori come per legge.

La dichiarata inammissibilità non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare la prescrizione del reato, pur maturata dopo la sentenza impugnata.

P.Q.M.


Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende, oltre alla rifusione delle spese in favore della parte civile, che liquida in complessivi Euro 2.500,00 oltre accessori come per legge.