Cassazione Penale, Sez. 4, 19 febbraio 2013, n. 7957 - Infortunio di un commesso apprendista e responsabilità di un preposto


 

 


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCO Carlo - Presidente -

Dott. MASSAFRA U. - rel. Consigliere -

Dott. VITELLI CASELLA Luca - Consigliere -

Dott. GRASSI Aldo - Consigliere -

Dott. DELL'UTRI Marco - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

sentenza



sul ricorso proposto da:

R.G. N. IL (Omissis); C.D.E. N. IL (Omissis);

avverso la sentenza n. 15122/2008 CORTE APPELLO di TORINO, del 12/03/2012;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 17/01/2013 la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO MASSAFRA;

Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. FODARONI Giuseppina che ha concluso per l'inammissibilità dei ricorsi;

Udito il difensore Avv. Mussa Carlo del foro di Torino di fiducia dei ricorrenti il quale insiste nell'accoglimento dei motive di ricorso.

 

Fatto



Con sentenza in data 29.11.2007 il Tribunale di Asti affermava la penale responsabilità di R.G., quale amministratore delegato de la Prealpina Divisione Commercio s.p.a con sede operativa in (Omissis) ss. s.n.c. e C.D.E., quale preposto responsabile del punto vendita di (Omissis), in ordine al delitto di lesioni colpose gravissime (politrauma cranico con indebolimento permanente delle funzioni cerebrali superiori e perdita delle funzioni di deambulazione e deglutizione) aggravate dalle norme a tutela degli infortuni sul lavoro in danno del dipendente D.T. commesso apprendista presso l'unità di operativa di (Omissis) il quale, mentre movimentava merci con un carrello elevatore elettrico, nell'effettuare una brusca manovra di curva a sinistra, perdeva il controllo del mezzo che si ribaltava sul lato destro, sicchè il D., privo di cintura di sicurezza, fuoriusciva con la parte superiore del corpo dalla gabbia di protezione, battendo il capo per terra e procurandosi le suddette lesioni (fatto del (Omissis)). Il R. era altresì ritenuto colpevole dei reati contravvenzionali di cui al D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 37, comma 1, lett. a) e b) e comma 1 bis (omessa informazione del lavoratore D. dei rischi legati alle condizioni di impiego dei carrelli elevatori), e di cui all'art. 38 comma 1, lett. a) e b) cit. D.Lgs. (omessa formazione ed addestramento del lavoratore predetto in modo adeguato e specifico all'uso dei carrelli elevatori); mentre il C. era, altresì, ritenuto colpevole del reato di cui al D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 37 per omessa informazione del dipendente D. in ordine ai rischi legati all'impiego dei carrelli elevatori anche in relazione alle condizioni anormali prevedibili e alla necessità di indossare la cintura di sicurezza, disponendo che usasse il carrello in sostituzione del magazziniere e in assenza del responsabile del punto vendita (nonchè tutor dello stesso).

Seguiva la condanna dei due imputati alle rispettive pene di giustizia, condizionalmente sospese.

Con sentenza in data 12.3.2012 la Corte di appello di Torino, in riforma della predetta sentenza, dichiarava non doversi procedere nei confronti di R.G. e C.D.E. in ordine a tutti i reati loro ascritti perchè estinti per prescrizione.

Avverso tale sentenza interpongono ricorso per cassazione, con due distinti atti, i rispettivi difensori di fiducia di R.G. e di C.D.E.. Con un primo ricorso, nell'interesse di entrambi, si rappresenta la violazione di legge in ordine al mancato accoglimento delle richieste difensive di assoluzione ai sensi dell'art. 129 c.p.p., assumendo che il nesso di causalità tra condotta omissiva degli imputati e l'evento era rimasto interrotto dalla condotta anomala ed imprevedibile del lavoratore, del tutto estranea al processo produttivo e all'attività lavorativa medesima (perchè meramente ludica).

Con altro ricorso, nell'interesse del solo C.D.E., si deducono la violazione di legge ed il vizio motivazionale in relazione agli artt. 41 e 43 c.p. ovvero per mancanza assoluta di motivazione con riferimento alla ritenuta insussistenza di un comportamento abnorme del lavoratore interruttivo del nesso di causalità rispetto alle asserite omissioni colpose in materia di formazione ed informazione. Si assume l'erroneità del principio adottato dalla Corte territoriale che, mentre aveva riconosciuto che la manovra del lavoratore era stata sconsiderata e scorretta, aveva ribadito che, ciononostante, essa non incideva sul nesso causale, non potendosi escludere una violazione della normativa antinfortunistica da parte dei "garanti" della prevenzione e sicurezza sul lavoro.

Si rappresenta, inoltre, la mancanza assoluta di motivazione con riferimento ai diversi rilievi addotti dalla difesa sugli altri aspetti devoluti alla valutazione della Corte di Appello a dimostrazione dell'assoluta carenza di prova della responsabilità degli imputati.

Si deduce, infine, la violazione del D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 37 e la mancanza assoluta di motivazione in ordine alla ritenuta violazione dell'art. 37 cit. e alla ritenuta sussistenza di una colpa del C., poichè mero preposto con compiti, quindi, solo di vigilanza e controllo.

Diritto


I ricorsi sono inammissibili essendo le censure mosse manifestamente infondate ed aspecifiche.

Invero, si è ben al di fuori della possibilità di un immediato proscioglimento nel merito nè i ricorrenti hanno ritenuto, come in loro facoltà, di rinunciare alla prescrizione. Premessa la dubitatività dello stesso ricorso, che espone plurime carenze motivazionali incompatibili con la pretesa applicabilità dell'art. 129 c.p.p., comma 2 e propone una ricostruzione alternativa degli accadimenti, si rileva che in presenza della causa estintiva della prescrizione del reato, l'obbligo del giudice di immediata declaratoria ex art. 129 cod. proc. pen. postula che gli elementi idonei ad escludere l'esistenza del fatto, la rilevanza penale di esso e la non commissione del medesimo da parte dell'imputato emergano dagli atti in modo assolutamente non contestabile, sicchè la valutazione che deve essere compiuta appartiene più al concetto di constatazione ossia di percezione "ictu oculi", che a quello di "apprezzamento" e sia quindi incompatibile con qualsiasi necessità di accertamento o di approfondimento (Cass. pen. Sez. Un., n. 35490 del 28.5.2009, Rv. 244274; Sez. 5, n. 14981 del 24.3.2005, Rv. 231461).

Nel caso di specie, però, la sentenza impugnata ha escluso con congrua motivazione la capacità della condotta del lavoratore, benchè scorretta, di assurgere a causa sopravvenuta da sola sufficiente a produrre l'evento, avendola espressamente ritenuta comunque riconducibile anche al deficit di formazione ed informazione incombente sugli imputati, in particolare nella guida del mezzo: al riguardo è stato, peraltro, sottolineato come il lavoratore non indossasse neppure le cinture di sicurezza.

Consegue che le censure oggi proposte si pongono come reiterazione di quelle alle quali ha già esaurientemente risposto la Corte territoriale sicchè devono, altresì, ritenersi aspecifiche: infatti è stato affermato che "è inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame, dovendosi gli stessi considerare non specifici. La mancanza di specificità del motivo, Invero, dev'essere apprezzata non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell'impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità conducente, a mente dell'art. 591, comma 1, lett. c), all'inammissibilità" (Cass. pen. Sez. 4, 29.3.2000, n. 5191 Rv. 216473 e successive conformi, quale: Sez. 2, 15.5.2008 n. 19951, Rv. 240109). E', altresì, appena il caso di rilevare (quanto all'ultima censura formulata per il C.) che l'onere d'informazione del lavoratore incombe sia sul datore di lavoro sia sui soggetti "assimilati" (Cass. pen. Sez. 4, n. 41707 del 23.9.2004, Rv. 230257).

Peraltro il dovere d'informazione sui rischi insiti nell'uso degli strumenti di lavoro rientra certamente e logicamente nei doveri di controllo e vigilanza.

Alla declaratoria di inammissibilità dei ricorsi consegue, a norma dell'art. 616 c.p.p., la condanna dei ricorrenti ai pagamento delle spese processuali e della somma, che si ritiene equo liquidare in Euro 1.000,00 ciascuno in favore della cassa delle ammende, non ravvisandosi assenza di colpa in ordine alla determinazione della causa di inammissibilità.

P.Q.M.



Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno a quello della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.