Cassazione Penale, Sez. Fer., 01 settembre 2014, n. 36510 - Cooperazione nella predisposizione e attuazione delle misure antinfortunistiche: responsabilità di un datore di lavoro, del CSE e di un preposto


 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE FERIALE PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BIANCHI Luisa - Presidente -
Dott. MULLIRI Guicla - Consigliere -
Dott. CAPOZZI A. - rel. Consigliere -
Dott. Carrelli Palombi Roberto - Consigliere -
Dott. LIGNOLA F. - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza


sul ricorso proposto da:
C.G. N. IL (Omissis) - M.A. N. IL (Omissis)

E.G. N. IL (Omissis);
avverso la sentenza n. 4844/2013 CORTE APPELLO di MILANO, del 20/01/2014;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 26/08/2014 la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANGELO CAPOZZI;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. BALDI Fulvio che ha concluso per l'annullamento con rinvio al giudice civile per E.G.; rigetto per M.A. e C. G.;
udito per la parte civile l'avv. SEMINO A. si associa alle richieste del P.G. e si rimette in relazione alla prescrizione;
uditi i difensori avv. POGGI, avv. NEGRI avv. LOSENGO che hanno chiesto l'accoglimento dei rispettivi ricorsi.

FattoDiritto


1. Con sentenza del 20.1.2014 la Corte di appello di Milano - a seguito di gravame interposto dall'imputato E.G. e dalla parte civile CA.Fr. nei confronti di C. G. e M.A. avverso la sentenza emessa in data 29.11.0112 dal Tribunale di Milano-Legnano - in parziale riforma di detta sentenza nella parte relativa alle statuizioni civili ha dichiarato M.A. e C.G. responsabili civilmente del reato di cooperazione colposa in lesioni pluriaggravate ai danni di CA.Fr. loro ascritto condannandoli al risarcimento del danno subito dalla parte civile, da liquidarsi in sede civile ed al pagamento della somma di Euro 20.000,00 a titolo di provvisionale, condannando, altresì, E. G. al pagamento della predetta provvisionale in solido con i coimputati.

2. Avverso la sentenza propongono ricorso per cassazione gli imputati C., M. ed E., a mezzo dei rispettivi difensori, denunciando:

2.1. Nell'interesse di C.G. con unico ed articolato motivo erronea applicazione del D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 4 D.Lgs. n. 494 del 1996, art. 2, comma 1, lett. f-ter) D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 89, lett. b) e allegato 15 punto 3.2.1, lett. g) D.P.R. n. 164 del 1996, art. 23, comma 3 e art. 40 c.p. nonchè carenza e contraddittorietà della motivazione in ordine alla rilevanza eziologica delle violazioni antinfortunistiche in contestazione ai fini dell'affermazione della responsabilità dell'imputato per il reato di cui all'art. 590 c.p.. In particolare la riforma della precedente pronunzia assolutoria del ricorrente si poggerebbe sulla mera veste formale di datore di lavoro del C. senza in concreto verificare l'oggettiva sussistenza dei profili di responsabilità colposa. Assolutamente inconferente sarebbe la contestazione di cui al D.P.R. n. 164 del 1996, art. 23, comma 3 in tema di ponteggi, posto che l'infortunio non costituisce la concretizzazione del rischio che la predetta norma tende a prevenire; nè, in ogni caso, i relativi adempimenti incombevano alla SIM SpA in quanto tutte le attività di realizzazione, di manutenzione e di eventuale adeguamento dei ponteggi erano di competenza della società DREMAR, mentre il controllo spettava al coordinatore per l'esecuzione. Quanto alla contestazione di cui al D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 4, comma 2 attinente alla valutazione dei rischi in capo al datore di lavoro nella redazione del piano operativo di sicurezza, come aveva notato il primo Giudice, la caduta di oggetti dall'alto non poteva considerarsi rischio tipico o proprio della attività della SIM, quanto di un rischio di natura interferenziale che avrebbe dovuto essere inserito nel piano di sicurezza e coordinamento.

Erroneamente sarebbe stata ritenuta irrilevante la posizione di secondo livello della SIM SpA, che - invece - l'aveva fatta escludere dalle riunioni indette dal coordinatore per l'esecuzione e non l'aveva resa edotta del rischio interferenziale. Sotto il profilo psicologico, inoltre, non è stata considerata la nomina da parte del ricorrente del proprio delegato alla sicurezza per il cantiere che escludeva che lo stesso avesse una propria autonoma consapevolezza dei rischi che non riguardavano il suo ambito di attività.

2.2. Nell'interesse di M.A. si deduce:

2.2.1. inosservanza ed erronea applicazione della legge penale in relazione al D.Lgs. n. 494 del 1996, art. 5, comma 1 e contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla ritenuta violazione da parte dell'imputato della normativa antinfortunistica. La Corte territoriale, dopo aver condiviso principi di legittimità in ordine ai compiti ed ai doveri del coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione dei lavori (CSE), ha tratto una conclusione del tutto contraddittoria stabilendo - in presenza delle segnalazioni delle inadeguatezze effettuate dal M. - che, pur non essendovi un obbligo di vigilanza quotidiana, tuttavia l'imputato doveva verificare l'effettiva e tempestiva predisposizione degli appositi dispositivi.

2.2.2. inosservanza ed erronea applicazione della legge penale in relazione al D.Lgs. n. 494 del 1996, art. 5, comma 1 e contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla ritenuta violazione da parte dell'imputato della normativa antinfortunistica, questa volta sotto il profilo della completezza della motivazione avendo affermato il predetto obbligo di verifica senza alcun riferimento al caso concreto ma solo sulla base di un astratto assunto tautologico. Senza considerare la comunicazione effettuata il 18 agosto 2006 con la quale il CSE aveva sospeso l'attività lavorativa sino ad adeguamento delle cautele di sicurezza indicate e non superando, quindi, la dettagliata analisi che aveva presieduto alla assoluzione.

2.2.3. violazione dell'art. 521 c.p.p. per difetto di correlazione fra l'imputazione e la sentenza di secondo grado in quanto, a fronte della contestata omissione dell'obbligo di informativa/confronto fra tutte le imprese, la Corte territoriale ha attribuito all'imputato la violazione di un obbligo di vigilanza concreta.

2.2.4. inosservanza della legge penale e difetto di motivazione con riferimento alle statuizioni civili in relazione all'art. 652 c.p.p. in quanto, essendo stato assolto per non aver commesso il fatto in primo grado ai sensi dell'art. 530 c.p.p., comma 1, e non essendo stata impugnata la statuizione da parte del P.M., tale decisione liberatoria ha efficacia di giudicato nel giudizio civile per le restituzioni e il risarcimento del danno, impedendosi al Giudice civile di rivalutare autonomamente il fatto oggetto dell'assoluzione.

2.2.5. inosservanza di legge in ordine alle statuizioni civili avendo la Corte territoriale deciso in assenza del necessario supporto probatorio per la quantificazione dei danni.

2.3. Nell'interesse di E.G. si deduce:

2.3.1. violazione del D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 7, comma 1 e artt. 4bis, 4 art. 590 c.p. e mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della sentenza in ordine alla affermazione di responsabilità del ricorrente, mancandosi l'individuazione di una specifica condotta, attiva od omissiva, ascrivibile al predetto che integri la violazione dell'asserito obbligo generale di collaborazione antinfortunistica siccome trattasi di soggetto terzo estraneo ai rapporti tra committente (CONSORZIO TURBIGO 800) e appaltatore (SIM spa). Invero, le funzioni di coordinamento tra i vari appaltatori onde evitare rischi da interferenza, spettano alla committenza alla quale incombe anche la funzione di cooperazione nell'attuazione delle misure prevenzionistiche incidenti sull'attività oggetto dell'appalto, rispetto alle quali non è ipotizzabile un obbligo di supplenza.

2.3.2. violazione dell'art. 597 c.p.p. in relazione alla condanna al pagamento in solido della provvisionale, in quanto la parte civile aveva appellato la prima sentenza solo nei confronti del M. e del C.. In ogni caso la relativa statuizione è approssimativa e manifestamente illogica, superandosi il solido presupposto del rigetto operato dalla prima sentenza.

2.3.3. Con memoria depositata il 23.7.2014 la difesa deduce la intervenuta prescrizione del reato alla data del 22.2.2014.

3. Il ricorso nell'interesse di C.G. è infondato.

3.1. La Corte territoriale - misurandosi con le ragioni dell'assoluzione e superandole in punto di fatto e di diritto - ne ha affermato la corresponsabilità nell'infortunio occorso allo SC. ascrivendogli, quale datore di lavoro, la omessa previsione - nella redazione del piano di sicurezza - dei rischi connessi alla caduta di oggetti all'interno della canalina, durante le lavorazioni effettuate dai propri dipendenti, tra i quali, appunto, l'infortunato.

3.2. Il Piano Operativo di Sicurezza (POS) è il documento che il datore di lavoro è tenuto a redigere per iniziare a operare in un cantiere esterno. Ogni impresa esecutrice dovrà necessariamente preparare il proprio POS, da considerarsi come piano complementare al Piano di Sicurezza e di Coordinamento (PSC). Per redigere un POS è necessario analizzare e valutare i rischi per la salute e la sicurezza specifici per l'impresa e per l'opera, rispetto a caratteristiche proprie del luogo, alle modalità operative e all'utilizzo di attrezzature. Una volta individuati i rischi è obbligatorio completare il piano operativo di sicurezza con l'indicazione delle misure di sicurezza da adottare nelle varie fasi lavorative. Il datore di lavoro è tenuto a vigilare sulla sicurezza dei lavori e sull'applicazione delle disposizioni prevista con il piano di sicurezza nonchè a coordinare gli interventi per garantire le misure generali di sicurezza.

3.3. Ritiene la Corte che la natura ed il contenuto del piano in questione, all'interno del costantemente affermato obbligo generale di collaborazione antinfortunistica, fonda la responsabilità del datore di lavoro in generale e del ricorrente in particolare che aveva l'obbligo di prevedere i rischi dei propri dipendenti connessi alla realizzazione delle opere di saldatura secondo il concreto contesto e andamento che essi assumevano.

3.4. Del tutto correttamente è stata esclusa la rilevanza della posizione della SIM spa nel contesto delle ditte di primo o secondo livello, versandosi in una inadempienza propria del datore di lavoro nella fase precedente a quella esecutiva, profilo che ha fatto, altresì, correttamente escludere la rilevanza della nomina di un addetto alla sicurezza.

4. Il ricorso nell'interesse di M. è infondato.

4.1. Il primo e secondo motivo sono infondati.

4.2. In tema di infortuni sul lavoro, il coordinatore per la progettazione, ai sensi del D.Lgs. n. 494 del 1996, art. 4 ha essenzialmente il compito di redigere il piano di sicurezza e coordinamento (PSC), che contiene l'individuazione, l'analisi e la valutazione dei rischi, e le conseguenti procedure, apprestamenti ed attrezzature per tutta la durata dei lavori; diversamente, il coordinatore per l'esecuzione dei lavori, ai sensi dell'art. 5 cit. D.Lgs., ha i compiti: (a) di verificare, con opportune azioni di coordinamento e di controllo, l'applicazione delle disposizioni del piano di sicurezza; (b) di verificare l'idoneità del piano operativo di sicurezza (POS), piano complementare di dettaglio del PSC, che deve essere redatto da ciascuna impresa presente nel cantiere; (c) di adeguare il piano di sicurezza in relazione all'evoluzione dei lavori ed alle eventuali modifiche intervenute, di vigilare sul rispetto del piano stesso e sospendere, in caso di pericolo grave ed imminente, le singole lavorazioni. Trattasi di figure le cui posizioni di garanzia non si sovrappongono a quelle degli altri soggetti responsabili nel campo della sicurezza sul lavoro, ma ad esse si affiancano per realizzare, attraverso la valorizzazione di una figura unitaria con compiti di coordinamento e controllo, la massima garanzia dell'incolumità dei lavoratori (Sez. 4, n. 18472 del 04/03/2008, Bongiascia, Rv. 240393); ancora, con riferimento alle attività lavorative svolte in un cantiere edile, il coordinatore per l'esecuzione dei lavori è titolare di una posizione di garanzia che si affianca a quella degli altri soggetti destinatari della normativa antinfortunistica, in quanto gli spettano compiti di "alta vigilanza", consistenti:

a) nel controllo sulla corretta osservanza, da parte delle imprese, delle disposizioni contenute nel piano di sicurezza e di coordinamento nonchè sulla scrupolosa applicazione delle procedure di lavoro a garanzia dell'incolumità dei lavoratori;

b) nella verifica dell'idoneità del piano operativo di sicurezza (POS) e nell'assicurazione della sua coerenza rispetto al piano di sicurezza e coordinamento; c) nell'adeguamento dei piani in relazione all'evoluzione dei lavori ed alle eventuali modifiche intervenute, verificando, altresì, che le imprese esecutrici adeguino i rispettivi POS (Sez. 4, n. 44977 del 12/06/2013, Lorenzi e altri, Rv. 257167); infine, il coordinatore per l'esecuzione dei lavori ha non soltanto compiti organizzativi e di raccordo tra le imprese che collaborano alla realizzazione dell'opera, ma deve anche vigilare sulla corretta osservanza delle prescrizioni del piano di sicurezza (Sez. 4, n. 32142 del 14/06/2011, Goggi, Rv. 251177).

4.3. La sentenza impugnata - misurandosi con le ragioni dell'assoluzione e superandole in punto di fatto e di diritto - si è posta nell'alveo di legittimità richiamato affermando la corresponsabilità del ricorrente nell'incidente occorso al lavoratore dovendosi escludere che la sola segnalazione del 18 agosto 2006 alla DREMAR in ordine alle inadeguatezze dei ponteggi rispetto ai pericoli di caduta dall'alto, esauriva gli obblighi gravanti nei suoi confronti, dovendosi ricomprendere anche quello della verifica dell'effettiva e tempestiva predisposizione dei dispositivi idonei ad evitare la caduta degli oggetti dall'alto, nei tempi dallo stesso indicati, e dunque prima dell'accesso degli operai di SIM e G..

4.4. Il terzo motivo è infondato.

4.4.1. In tema di reati colposi, non sussiste la violazione del principio di correlazione tra l'accusa e la sentenza di condanna se la contestazione concerne globalmente la condotta addebitata come colposa, essendo consentito al giudice di aggiungere agli elementi di fatto contestati altri estremi di comportamento colposo o di specificazione della colpa, emergenti dagli atti processuali e, come tali, non sottratti al concreto esercizio del diritto di difesa (Sez. 4, n. 51516 del 21/06/2013, Miniscalco e altro, Rv. 257902).

4.4.2. Ebbene, non v'è dubbio che nella specie è stato contestato un profilo colposo in relazione agli obblighi che gli incombevano quale coordinatore per l'esecuzione dei lavori ed in relazione alle specifiche attività di lavoro del CA. e la Corte territoriale ha valorizzato - nell'ambito predetto - la specifica violazione in ordine alla omessa verifica dell'adeguamento ai rilievi effettuati.

In relazione a tale contesto, sulla specifica impugnazione della parte civile, il ricorrente si è difeso nel merito e nel contraddittorio.

4.5. Il quarto motivo è infondato.

4.5.1. In tema di parte civile, è ammissibile l'impugnazione proposta dalla parte civile avverso la sentenza di assoluzione (art. 576 cod. proc. pen.) preordinata a chiedere l'affermazione della responsabilità dell'imputato, quale logico presupposto della condanna alle restituzioni e al risarcimento del danno, con la conseguenza che detta richiesta non può condurre ad una modifica della decisione penale, sulla quale si è formato il giudicato in mancanza dell'impugnazione del P.M., ma semplicemente all'affermazione della responsabilità dell'imputato per un fatto previsto dalla legge come reato, che giustifica la condanna alle restituzioni ed al risarcimento del danno (Sez. 2, n. 5072 del 31/01/2006, P.C. in proc. Pensa, Rv. 233273).

4.5.2. Cosicchè incensurabile è la affermazione di responsabilità del ricorrente ai fini civili, pur in assenza di impugnazione del P.M. avverso la prima decisione liberatoria per non aver commesso il fatto.

4.6. Inammissibile è il quinto motivo per genericità rispetto alla complessiva motivazione resa dalla sentenza in ordine alla natura indennitaria e non risarcitoria della rendita INAIL e della esclusione da questa del danno non patrimoniale e morale.

5. Il ricorso nell'interesse di E.G. è inammissibile.

5.1. Il primo motivo è inammissibile in quanto sostanzialmente reitera la medesima doglianza proposta in appello alla quale la Corte di merito ha dato risposta che è esente da vizi logici e giuridici.

5.2. In tema di infortuni sul lavoro, qualora vi siano più titolari della posizione di garanzia, ciascuno è per intero destinatario dell' obbligo di tutela impostogli dalla legge fin quando si esaurisce il rapporto che ha legittimato la costituzione della singola posizione di garanzia, per cui l'omessa applicazione di una cautela antinfortunistica è addebitabile ad ognuno dei titolari di tale posizione (Sez. 4, n. 18826 del 09/02/2012, Pezzo, Rv. 253850);

ed il capo cantiere, la cui posizione è assimilabile a quella del preposto, assume la qualità di garante dell'obbligo di assicurare la sicurezza del lavoro, in quanto sovraintende alle attività, impartisce istruzioni, dirige gli operai, attua le direttive ricevute e ne controlla l'esecuzione sicchè egli risponde delle lesioni occorse ai dipendenti. (Sez. 4, n. 9491 del 10/01/2013, Ridenti, Rv. 254403).

5.3. La sentenza impugnata ha ribadito la corresponsabilità del ricorrente, operante nell'area in qualità di capo cantiere e preposto, incaricato da G.F., amministratore di GALLO S.p.a. e di GALLO Tecnologie s.p.a. - ancorchè formalmente dipendente di altra società estranea ai rapporti di appalto - richiamando i principi affermati in relazione alla posizione del C. ed escludendo l'attinenza della deduzione difensiva in appello relativa alla contestazione del D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 7, comma 2 derivando la responsabilità dai principi predetti, oggetto di contestazione e accertamento in contraddittorio.

5.4. Sicchè l'affermazione di responsabilità del ricorrente si fonda ineccepibilmente sugli obblighi incombenti sul preposto in relazione alla natura della attività di impresa; nella specie - come risulta dalla conforme prima sentenza - nonostante il ricorrente fosse stato informato dal D.M. ed altri operai del pericolo di caduta di oggetti dall'alto, aveva omesso l'attività di coordinamento nel valutare i rischi connessi alle lavorazioni da eseguire sia l'adozione di misure di sicurezza specifiche per prevenire i pericoli connessi.

5.5. Il secondo motivo è inammissibile afferendo a provvedimento inoppugnabile (ex multis, Sez. 5, n. 32899 del 25/05/2011, Mapelli e altri, Rv. 250934).

5.6. L'inammissibilità del ricorso impedisce di considerare - secondo costante insegnamento di questa Corte - la causa di estinzione eventualmente maturata dopo la sentenza gravata, rilevando, in ogni caso, che - nella specie - al termine massimo individuato nella data del 22.2.2014 va aggiunto il periodo maturato a seguito delle sospensioni (pari a gg. 187) che, ai sensi dell'art. 161 c.p.p., comma 1, hanno effetto per tutti i coimputati.

6. In conclusione i ricorsi nell'interesse di C.G. e M.A. devono essere rigettati ed i ricorrenti vanno condannati al pagamento delle spese processuali; il ricorso nell'interesse di E.G. deve essere dichiarato inammissibile ed il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali ed alla somma che si stima equo determinare in Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.


P.Q.M.

Rigetta il ricorsi di C.G. e M.A. e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Dichiara inammissibile il ricorso di E.G. che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 26 agosto 2014.

Depositato in Cancelleria il 1 settembre 2014