Responsabilità del legale rappresentante di un'impresa edile per il reato di cui all'art. 11 del D.P.R. 547/55 poichè, durante l'esecuzione dei lavori di scavo e rifacimento della rete idrica pubblica nella Via (OMISSIS), ometteva di adottare tutte le adeguate cautele a difesa dell'incolumità dei pedoni ed in particolare per non avere protetto e segnalato in modo chiaramente visibile le zone di pericolo quali scavi e sconnessioni del manto stradale.

 

La Corte, nel confermare la responsabilità dell'imputato, afferma che sussiste continuità normativa tra il suddetto art. 11 ed il D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81: l'Allegato IV, punto 1.8.3., di quest'ultimo decreto riprende infatti l'art. 11 del D.P.R. 547/55 quando stabilisce che i posti di lavoro, le vie di circolazione e altri luoghi o impianti all'aperto utilizzati od occupati dai lavoratori durante le loro attività debbano essere concepiti in modo tale che la circolazione dei pedoni e dei veicoli possa avvenire in modo sicuro.


 

 

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ONORATO Pierluigi - Presidente -
Dott. TERESI Alfredo - Consigliere -
Dott. FRANCO Amedeo - Consigliere -
Dott. AMOROSO Giovanni - Consigliere -
Dott. AMORESANO Silvio - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza

 

 sul ricorso proposto da:
Z.J.D.S., nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 30.6.2009;
Udita la relazione fatta in pubblica udienza dal Consigliere Dott. Giovanni Amoroso;
Udito il P.M., in persona del S. Procuratore Generale Dott. MONTAGNA Alfredo, che ha concluso per l'inammissibilità/il rigetto del ricorso;
udito il difensore Avv. SPADA Antonello;
la Corte osserva:

 

 

FattoDiritto

 

1. Z.J.D.S., nato a (OMISSIS), imputato del reato di cui al D.P.R. 27 aprile 1955, n. 547, art. 11, comma 3 e art. 389, lett. B), poichè in qualità di rappresentante legale dell'impresa edile "M.M. Costruzioni", durante l'esecuzione dei lavori di scavo e rifacimento della rete idrica pubblica nella Via (OMISSIS), ometteva di adottare tutte le adeguate cautele a difesa dell'incolumità dei pedoni ed in particolare per non avere protetto e segnalato in modo chiaramente visibile le zone di pericolo quali scavi e sconnessioni del manto stradale (in (OMISSIS)).


Con decreto del P.M., notificato nei modi e termini di legge, veniva disposta la citazione a giudizio di Z.J.D.S. davanti al competente Tribunale per rispondere del reato specificato in rubrica, previo stralcio di altra posizione.
All'esito dell'istruttoria dibattimentale, svoltasi con l'esame dei testi dedotti e produzioni documentali, nonchè con l'esame dell'imputato, è rimasta pienamente provata la responsabilità penale di dell'imputato in ordine al reato a lui ascritto in rubrica.

Con sentenza n. 90/09 del 30 giugno 2009, depositata il 30.06.2009, il Tribunale di Oristano, Sezione distaccata di Macomer, dichiarava Z.J.D.S. colpevole del reato a lui ascritto in imputazione e lo condannava alla pena di Euro 2.500,00 di ammenda, nonchè al pagamento delle spese processuali.

 

3. L'imputato proponeva appello.


La Corte d'appello rilevato che era stato proposto appello contro una sentenza di condanna alla sola pena dell'ammenda, disponeva la trasmissione degli atti a questa Corte.

4. Il ricorso, articolato in un unico motivo con cui il ricorrente deduce, in punto di fatto, l'insussistenza della condotta contestatagli, è inammissibile.
Premesso che vi è continuità normativa tra il D.P.R. 27 aprile 1955, art. 11, comma 3, e art. 389, lett. b), ed il D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, correttamente la Corte d'appello ha osservato che l'imputato nell'esecuzione dei lavori indicati in imputazione ometteva di adottare le adeguate cautele a tutela dell'incolumità dei pedoni.


Il ricorso si appalesa inammissibile sia sotto il profilo dell'incensurabilità delle valutazioni di merito adeguatamente e correttamente motivate nella sentenza impugnata, che sotto il profilo della genericità dei motivi di ricorso che, in tal modo, non denunciano specificamente un errore logico o giuridico determinato.


L'inammissibilità del ricorso, anche per manifesta infondatezza dei motivi, configura in ogni caso una causa originaria di inammissibilità dell'impugnazione, e non sopravvenuta, sicchè non si costituisce il rapporto di impugnazione e conseguentemente non è possibile invocare eventuali cause estintive dei reati (Cass., sez. un., 22 novembre - 21 dicembre 2000, n. 32, De Luca).

Tenuto poi conto della sentenza 13 giugno 2000 n. 186 della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che "la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", alla declaratoria dell'inammissibilità medesima consegue, a norma dell'art. 616 c.p.p., l'onere delle spese del procedimento nonchè quello del versamento di una somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in Euro 1.000,00.

 

P.Q.M.

 

la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di Euro mille alla Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 2 luglio 2010.

Depositato in Cancelleria il 7 ottobre 2010