Categoria: Cassazione penale
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Cassazione Penale, Sez. 4, 26 febbraio 2014, n. 9256 - Mancata redazione del documento di valutazione dei rischi


 

 

Fatto



1. Il Tribunale di Frosinone, con sentenza del 6.7.2011 ha condannato alla pena dell'ammenda G. T. e M. T., imputati «del reato p. e p. dall'art. 17, comma 1, lett. a) in relazione agli artt. 28 commi 1 e 2 lett. a) e lett. d), art. 55, comma 1 lett. a) d.lgs. 81/2008 per non aver provveduto a redigere il Piano di Sicurezza Operativo (POS) per valutare i rischi per la sicurezza e salute dei lavoratori stessi» (in Castro dei Volsci, 16.6.2008).
Avverso tale pronuncia i predetti propongono separati ricorsi per cassazione, di identico tenore.
2. Con un primo motivo di ricorso deducono il vizio di motivazione e la violazione di legge, rilevando che il giudice del merito aveva attribuito rilevanza alla mancata consegna, all'atto dell'accertamento, del documento di valutazione di rischio (DVR), sollevando successivamente dubbi sulla validità dell'autocertificazione esibita in udienza, circostanza che escluderebbe, conseguentemente, l'affermazione di penale responsabilità oltre ogni ragionevole dubbio.
Aggiungono che, a fronte dell'imputazione formulata, il giudice del merito li ha giudicati in applicazione di norme diverse e, segnatamente, in base al disposto dell’art. 17, comma 1, lett. a), 29 comma 5 e 55, comma 3 d.lgs. 81/2008, rilevando che tale ultimo articolo, nello stabilire la sanzione, non richiama affatto l'art. 29, comma 5.
3. Con un secondo motivo di ricorso deducono il vizio di motivazione, rilevando che la decisione impugnata si porrebbe in contrasto con le risultanze dell'istruzione dibattimentale, ritenendoli responsabili per la violazione accertata nonostante essi non impiegassero nell'azienda lavoratori dipendenti.
Insistono, pertanto, per l'accoglimento del ricorso.

Diritto



4. Il ricorso è fondato nei termini di seguito specificati.
Occorre in primo luogo rilevare che, come fatto presente dal giudice di prime cure, nell'imputazione viene erroneamente fatto riferimento al Piano di Sicurezza Operativo (POS), alla cui redazione non erano tenuti gli imputati, operando in settore di attività che non lo richiede, in luogo del documento di valutazione di rischio (DVR).
L'imputazione richiama, inoltre, l'art. 17, comma 1, lett. a) d.lgs. 81/2008, che vieta al datore di lavoro di delegare la valutazione di tutti i rischi con la conseguente elaborazione del documento previsto dall'articolo 28; l'art. 28, commi 1 e 2 lett. a) e lett. d) del medesimo decreto, che individua l'oggetto della valutazione dei rischi, che deve riguardare tutti quelli concernenti la sicurezza e la salute dei lavoratori, precisando che il relativo documento deve avere data certa e contenere, tra l'altro, una relazione sulla valutazione di tutti i rischi per la sicurezza e la salute durante l'attività lavorativa, nella quale siano specificati i criteri adottati per la valutazione stessa e l'individuazione delle procedure per l'attuazione delle misure da realizzare, nonché dei ruoli dell'organizzazione aziendale che vi debbono provvedere, a cui devono essere assegnati unicamente soggetti in possesso di adeguate competenze e poteri. Un ulteriore richiamo riguarda, poi, l'art. 55, comma 1 lett. a) del d.lgs. 81/2008, il quale indica le sanzioni per il datore di lavoro che omette la valutazione dei rischi e l'adozione del documento di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a), ovvero che lo adotta in assenza degli elementi di cui alle lettere a), b), d) ed f) dell'articolo 28 e che viola le disposizioni di cui all'articolo 18, comma 1, lettere q) e z), prima parte.
5. A fronte di tale imputazione, come osservato dai ricorrenti, il giudice del merito ha fatto invece riferimento all'art. 29, comma 5 del medesimo decreto legislativo, il quale stabilisce che i datori di lavoro che occupano fino a 10 lavoratori effettuano la valutazione dei rischi di cui al medesimo articolo sulla base delle procedure standardizzate di cui all'articolo 6, comma 8, lettera f) e che fino alla scadenza del diciottesimo mese successivo alla data di entrata in vigore del decreto interministeriale di cui all'articolo 6, comma 8, lettera f), e, comunque, non oltre il 30 giugno 2012, gli stessi datori di lavoro possono auto certificare l'effettuazione della valutazione dei rischi.
Nel dispositivo della sentenza il giudice del merito ha, invece, dato atto della diversa qualificazione del fatto, menzionando il combinato disposto degli articoli 17, comma 1, lett. a), 29 comma 2 lett. b) e 55, comma 3 d.lgs. 81/2008. Alla luce di tale diversa qualificazione del fatto, ha applicato la sanzione prevista dall'art. 55, comma 3, il quale punisce il datore di lavoro che non redige il documento di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a), secondo le modalità di cui all'articolo 29, commi 1, 2 e 3, nonché nei casi in cui nel documento di valutazione dei rischi manchino una o più delle indicazioni di cui all'articolo 28, comma 2, lettere c) ed e).
In altra parte della motivazione (pag. 6, quarto paragrafo) specifica, testualmente, che «(...) erroneamente si è fatto riferimento all'art. 29, comma 2 lett. b del summenzionato Decreto, dovendosi più correttamente intendersi il riferimento al comma 5 dello stesso articolo».
Va rilevato, a tale proposito, che nell'articolo 29, comma 2 non vi è alcuna lettera b) e che la sanzione indicata dall'art. 55, comma 3 non riguardano neppure il comma 5 dell'art. 29.
Deve peraltro presumersi, sulla scorta della pena in concreto irrogata (euro 1.500,00 di ammenda), che il giudice del merito abbia preso in considerazione effettivamente l'art. 55, comma 3, perché la pena prevista dall'art. 55, comma 1 lett. a), menzionato nell'imputazione (da 5.000,00 a 15.000,00 euro), avrebbe dovuto essere necessariamente maggiore anche applicando le attenuanti generiche nella massima estensione.
6. Ma vi è di più.
Il d.lgs. 81/2008 è entrato in vigore il 15.5.2008, ma le disposizioni considerate dal giudice del merito a quella data non erano ancora vigenti.
Stabilisce infatti l'art. 306, comma 2 del medesimo decreto che «le disposizioni di cui agli articoli 17. comma 1, lettera a), e 28, nonché le altre disposizioni in tema di valutazione dei rischi che ad esse rinviano, ivi comprese le relative disposizioni sanzionatone, previste dal presente decreto, diventano efficaci a decorrere dal 1° gennaio 2009; fino a tale data continuano a trovare applicazione le disposizioni previgenti». Il termine è stato poi prorogato al 16.5.2009 dal decreto legge 30 dicembre 2008, n. 207, convertito con modificazioni dalla L. 27 febbraio 2009, n. 14.
I fatti contestati risalgono al 16.6.2008, dunque a quella data le disposizioni in precedenza richiamate non erano vigenti.
Avrebbe dovuto invece applicarsi l'art. 4, comma 11 del d.lgs. 626/1994, il quale stabiliva che il datore di lavoro delle aziende familiari, nonché delle aziende che occupavano fino a dieci addetti, non era soggetto agli obblighi di cui ai commi 2 e 3, quindi alla predisposizione e tenuta del documento di valutazione dei rischi, ma era tenuto comunque ad autocertificare per iscritto l'avvenuta effettuazione della valutazione dei rischi e l'adempimento degli obblighi ad essa collegati.
7. Alla luce di quanto emerso, appare evidente che la sentenza fa riferimento a disposizioni non ancora vigenti, peraltro erroneamente contestate ed ha proceduto ad una riqualificazione dei fatti sempre sulla base di norme non ancora entrate in vigore, richiamate, inoltre, in maniera confusa e senza corrispondenza tra motivazione e dispositivo.
Risulta poi, dal provvedimento impugnato, che i ricorrenti hanno esibito, al dibattimento, un'autocertificazione concernente la valutazione del rischio in ordine alla datazione della quale il giudice del merito solleva generici dubbi in considerazione della mancata tempestiva esibizione in sede di controllo e della assenza di prove circa l'avvenuta ricezione da parte dell'ASL cui era stata spedita per raccomandata, senza alcun ulteriore specifico approfondimento in merito.
8. La sentenza, prescindendo dall'esaminare gli ulteriori aspetti evidenziati dai ricorrenti, risulta dunque palesemente carente nella motivazione e meritevole di annullamento, annullamento che va tuttavia disposto senza rinvio in considerazione del fatto che, non risultando sospensioni, deve ritenersi maturato, a far data dal 16.6.2013, il temine M. di prescrizione.

P.Q.M.


Annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essere il reato estinto per intervenuta prescrizione.