Cassazione Penale, Sez. 3, 18 febbraio 2014, n. 7548 - Infortunio sul lavoro ed errore di fatto della Cassazione


 


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TERESI Alfredo - Presidente -
Dott. ORILIA Lorenzo - rel. Consigliere -
Dott. RAMACCI Luca - Consigliere -
Dott. ANDREAZZA Gastone - Consigliere -
Dott. SCARCELLA Alessio - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza


sul ricorso proposto da:
G.C. N. IL (Omissis);
avverso la sentenza n. 38614/2012 CORTE DI CASSAZIONE di ROMA, del 05/02/2013;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LORENZO ORILIA;
sentite le conclusioni del PG Dott GAETA P. accogliersi il ricorso.



Fatto



Con sentenza n. 9505 del 5.2.2013 la quarta sezione penale di questa Corte ha rigettato il ricorso proposto da G.C. contro la sentenza della Corte di Appello di Ancona che - per quanto ancora interessa - ne aveva confermato la colpevolezza in ordine al residuo reato di lesioni colpose in danno di Gu.Da. (capo B della rubrica).

Avverso la suddetta sentenza 5.2.2013, il difensore del G. ha proposto ricorso straordinario deducendo che la Corte di Cassazione non aveva provveduto a dichiarare l'estinzione del reato verificatasi il 25.7.2012, quindi dopo la pronuncia della Corte d'Appello, ma prima della decisione di legittimità: sussisteva pertanto l'errore di fatto, emendabile con la procedura di cui all'art. 625 c.p.p..

Il Procuratore Generale presso questa Corte ha concluso per l'ammissibilità del ricorso chiedendo che si proceda con il rito ex art. 127 c.p.p..


Diritto


1. Il ricorso è fondato.

Il nuovo testo dell'art. 625 bis c.p.p. prevede due istituti distinti: uno, il ricorso per la correzione di errore materiale, costituisce un mezzo di emenda del testo grafico; l'altro, il ricorso per correzione di errori di fatto, costituisce viceversa una vera e propria impugnazione (Sez. 1, Sentenza n. 26697 del 23/05/2013 Cc. dep. 19/06/2013 Rv. 255970; Cass., Sez. Unite, 27/03/2002, n. 16104).

L'errore di fatto appena evocato consiste nell'erronea percezione di un dato di fatto, così come rappresentato (o non rappresentato) negli atti del giudizio di cassazione, dalla quale derivi uno sviamento decisivo della deliberazione assunta (deliberazione che abbia implicato l'irrevocabilità di una sentenza di condanna).

L'errore, che può riguardare sia fatti processuali che circostanze pertinenti alla vicenda sottoposta a giudizio, è rilevante quando sia riconoscibile ictu oculi, senza alcuna necessità di valutazione critica delle risultanze e quando sia riferibile in via esclusiva al giudice di legittimità (dovendo gli errori di fatto dei giudici di merito essere emendati con gli ordinari mezzi di impugnazione: cfr. tra le varie, Sez. 1, Sentenza n. 26697/2013 cit.). Anche l'omessa trattazione di motivi di ricorso costituisce errore di fatto, ai sensi dell'art. 625 bis c.p.p., a condizione che sia dovuta a una svista (escludendosi dunque i motivi non vagliati perchè assorbiti in altri, o radicalmente incompatibili con l'impianto della sentenza) e che risulti decisiva, nel senso che la deliberazione sul ricorso originario sarebbe stata diversa se il motivo trascurato fosse stato invece valutato (Cass., Sez. Unite, 2002/16104 cit.; e tra le tante: Cass., Sez. 6, 10/03/2003, n. 18216). Insieme alla omessa trattazione dei motivi di ricorso, deve ritenersi che integri altresì errore di fatto ai sensi dell'art. 625-bis c.p.p. anche l'omessa considerazione delle conclusioni difensive là dove le stesse si appalesino decisive ai fini del giudizio di legittimità.

L'errore di fatto rilevante a norma dell'art. 625-bis cod. proc. pen. deve infatti possedere il carattere della decisività, nel senso che in sua assenza la pronunzia sarebbe comunque stata diversa da quella adottata (Cass. Sez. 1, 10/02/2010, n. 15422; Cass., Sez. 5, 20/03/2007, n. 20520; Cass. Sez. 4, 08/03/2006, n. 15137; Cass., Sez. 4 Sent., 17/01/2008, n. 6770), non potendosi provvedere in caso contrario - nel caso in cui, cioè, la decisione impugnata non sarebbe stata diversa anche se in assenza dell'errore- ad alcuna decisione favorevole all'istante, proprio perchè non incidente sul precedente giudicato.

2. Orbene, nel caso di specie, la difesa dell'imputato ricorrente in sede di discussione orale aveva chiesto l'applicazione della prescrizione e con essa la declaratoria di estinzione del reato, e la Corte, sez. 4, nulla aveva argomentato sul punto, limitandosi al rigetto del ricorso mentre, se fondata la tesi difensiva e le conclusioni conseguenti, la pronuncia avrebbe dovuto essere di annullamento senza rinvio perchè, appunto, estinto il reato nel corso del giudizio.

Va pertanto nella fattispecie delibato se sia fondata l'eccezione difensiva, perchè soltanto in tale ipotesi l'errore in fatto denunciato si appaleserebbe, altresì, decisivo ai fini della decisione.

Ebbene, dagli atti risulta che il reato di cui si discute (lesioni colpose in violazione di norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro, punito dall'art. 590 c.p.) risulta commesso in data (Omissis) ed è soggetto al termine massimo di prescrizione di sette anni e mezzo, anche volendo applicare il nuovo regime dell'art. 157 c.p.. La prescrizione sarebbe dunque maturata in data 11.4.2012.

Occorre però considerare - e aggiungere - l'unico periodo di sospensione durante il giudizio di primo grado, dal 29.1.2010 al 14.5.2010 per astensione proclamata dall'Unione Camere Penali (cfr. verbale 29.1.2010): trattasi di 105 giorni, sicchè il termine anzidetto dell'11.4.2012 deve essere postdatato fino al 25.7.2012, data anteriore, quindi, a quella (5.2.2013) della sentenza di rigetto del ricorso emessa della quarta sezione della Suprema Corte.

La fondatezza dell'eccezione di prescrizione dimostra la decisività dell'errore di fatto: consegue la revoca della sentenza 9505/2013 di questa Suprema Corte e l'annullamento senza rinvio della sentenza di appello perchè anche il residuo reato (capo B) è estinto per prescrizione, non ravvisandosi, ictu oculi, elementi per una assoluzione dell'imputato con formula ampia ai sensi dell'art. 129 c.p.p. (cfr. Sez. U., Sentenza n. 35490 del 28/05/2009 Ud. dep. 15/09/2009 Rv. 244274).





P.Q.M.

revoca la sentenza n. 9505/2013 emessa il 5.2.2013 dalla quarta sezione penale della Corte di Cassazione nei confronti di G. C. ed annulla senza rinvio la sentenza emessa il 31.1.2012 dalla Corte di Appello di Ancona perchè il residuo reato sub B è estinto per prescrizione.

Così deciso in Roma, il 12 febbraio 2014.

Depositato in Cancelleria il 18 febbraio 2014