Sentenza della Corte (Sesta Sezione) del 29 maggio 1997. - Handels- og Kontorfunktionærernes Forbund i Danmark, che agisce per conto di Helle Elisabeth Larsson contro Dansk Handel & Service, che agisce per conto della Føtex Supermarked A/S. - Domanda di pronuncia pregiudiziale: Sø- og Handelsretten - Danimarca. - Parità di trattamento fra uomini e donne - Direttiva 76/207/CEE - Condizioni di licenziamento - Assenza dovuta a una malattia causata da gravidanza o parto - Assenza durante la gravidanza e dopo il parto. - Causa C-400/95.

raccolta della giurisprudenza 1997 pagina I-02757

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Parole chiave

Politica sociale - Lavoratori di sesso maschile e lavoratori di sesso femminile - Accesso al lavoro e condizioni di lavoro - Parità di trattamento - Licenziamento di una lavoratrice a seguito di assenze dovute a una malattia causata dalla gravidanza o dal parto - Ammissibilità - Presa in considerazione, per il calcolo del periodo che giustifica il licenziamento, delle assenze avvenute al di fuori del congedo di maternità - Ammissibilità
(Direttiva del Consiglio 76/207/CEE, artt. 2, nn. 1 e 3, e 5, n. 1)
Massima

Fatte salve le disposizioni del diritto nazionale dirette alla tutela della donna, in particolare per quanto concerne la gravidanza e la maternità, adottate in applicazione dell'art. 2, n. 3, della direttiva 76/207, relativa all'attuazione del principio della parità di trattamento fra gli uomini e le donne per quanto riguarda l'accesso al lavoro, alla formazione e alla promozione professionali e le condizioni di lavoro, il combinato disposto degli artt. 5, n. 1, e 2, n. 1, di detta direttiva non vieta i licenziamenti per assenze dovute ad una malattia causata dalla gravidanza o dal parto, neanche se questa malattia si è manifestata durante la gravidanza e si è protratta durante e dopo il congedo di maternità.
In particolare, il principio della parità di trattamento sancito dalla direttiva non osta a che l'assenza di una lavoratrice protrattasi dall'inizio della sua gravidanza fino all'inizio del congedo di maternità sia considerata per il calcolo del periodo che giustifica il suo licenziamento in base al diritto nazionale.
Infatti, durante il congedo di maternità di cui fruisce in forza del diritto nazionale, la donna è tutelata contro i licenziamenti motivati dalla sua assenza. La presa in considerazione di assenze durante detto periodo per giustificare un licenziamento successivo sarebbe pertanto in contrasto con l'obiettivo perseguito dall'art. 2, n. 3, della direttiva e priverebbe detta norma del suo effetto utile. Per contro, al di fuori dei periodi di congedo di maternità, e in mancanza di disposizioni nazionali o, se del caso, di norme comunitarie che garantiscano alle donne una tutela specifica, la lavoratrice non fruisce, in forza della direttiva, di una tutela contro il licenziamento per assenze dovute a una malattia causata dalla gravidanza.
Parti

Nel procedimento C-400/95,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell'art. 177 del Trattato CE, dal Sø- og Handelsret di Copenaghen nella causa dinanzi ad esso pendente tra
Handels- og Kontorfunktionærernes Forbund i Danmark, che agisce per conto della signora Helle Elisabeth Larsson,
e
Dansk Handel & Service, che agisce per conto della Føtex Supermarked A/S,
domanda vertente sull'interpretazione degli artt. 5, n. 1, e 2, n. 1, della direttiva del Consiglio 9 febbraio 1976, 76/207/CEE, relativa all'attuazione del principio della parità di trattamento fra gli uomini e le donne per quanto riguarda l'accesso al lavoro, alla formazione e alla promozione professionali e le condizioni di lavoro (GU L 39, pag. 40),
LA CORTE
(Sesta Sezione),
composta dai signori G.F. Mancini, presidente di sezione, J.L. Murray, P.J.G. Kapteyn (relatore), G. Hirsch e H. Ragnemalm, giudici,
avvocato generale: D. Ruiz-Jarabo Colomer
cancelliere: H. von Holstein, vicecancelliere
viste le osservazioni scritte presentate:
- per lo Handels- og Kontorfunktionærernes Forbund i Danmark, che agisce per conto della signora Helle Elisabeth Larsson, dall'avv. U. Jacobsen, del foro di Århus;
- per la Dansk Handel & Service, che agisce per conto della Føtex Supermarked A/S, dall'avv. P. Vibe Jespersen, del foro di Copenaghen;
- per il governo olandese, dal signor J.G. Lammers, consigliere giuridico, in qualità di agente;
- per il governo del Regno Unito, dal signor J.E. Collins, Assistant Treasury Solicitor, in qualità di agente, e dalla signorina D. Rose, barrister;
- per la Commissione delle Comunità europee, dalla signora M. Wolfcarius e dal signor H. Støvlbæk, membri del servizio giuridico, in qualità di agenti,
vista la relazione d'udienza,
sentite le osservazioni orali dello Handels- og Kontorfunktionærernes Forbund i Danmark, rappresentato dall'avv. U. Jacobsen, della Dansk Handel & Service, rappresentata dall'avv. P. Vibe Jespersen, del governo danese, rappresentato dal signor P. Biering, capodivisione presso il ministero degli Affari esteri, in qualità di agente, del governo del Regno Unito, rappresentato dalla signorina S. Ridley, del Treasury Solicitor's Department, in qualità di agente, assistita dal signor R. Plender, QC, e della Commissione, rappresentata dalla signora M. Wolfcarius e dal signor H. Støvlbæk, all'udienza del 16 gennaio 1997,
sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 18 febbraio 1997,
ha pronunciato la seguente

 


Sentenza
Motivazione della sentenza


1 Con ordinanza 19 dicembre 1995, pervenuta alla Corte il 21 dicembre seguente, il Sø- og Handelsret ha sollevato, ai sensi dell'art. 177 del Trattato CE, una questione pregiudiziale concernente l'interpretazione degli artt. 5, n. 1, e 2, n. 1, della direttiva del Consiglio 9 febbraio 1976, 76/207/CEE, relativa all'attuazione del principio della parità di trattamento fra gli uomini e le donne per quanto riguarda l'accesso al lavoro, alla formazione e alla promozione professionali e le condizioni di lavoro (GU L 39, pag. 40; in prosieguo: la «direttiva»).
2 Tale questione è sorta nell'ambito di una controversia fra la signora Larsson e il suo ex datore di lavoro, vale a dire la Føtex Supermarked A/S (in prosieguo: la «Føtex»). La signora Larsson, assunta dalla Føtex nel marzo 1990, informava il suo datore di lavoro, nell'agosto 1991, di essere incinta. Durante la sua gravidanza la signora Larsson usufruiva del congedo di malattia in due occasioni. Il primo congedo durava dal 7 al 24 agosto 1991. Il secondo congedo, conseguenza di un prolasso della pelvi causato dalla gravidanza, durava dal 4 novembre 1991 al 15 marzo 1992, data in cui ha avuto inizio il suo congedo di maternità.
3 La signora Larsson partoriva il 2 aprile 1992. Essa usufruiva in seguito di un congedo di maternità della durata di 24 settimane, cui aveva diritto in base alla legge danese vigente. Il suo congedo di maternità scadeva il 18 settembre 1992, data in cui prendeva le ferie fino al 16 ottobre 1992. In seguito, poiché continuava ad essere curata per il prolasso della pelvi, usufruiva nuovamente di un congedo di malattia. Veniva dichiarata abile a riprendere il lavoro soltanto il 4 gennaio 1993.
4 Con lettera 10 novembre 1992, vale a dire meno di un mese dopo la fine delle sue ferie, la Føtex informava la signora Larsson che poneva fine al contratto di lavoro a decorrere dalla fine del dicembre 1992, provvedimento dovuto:
«alla Sua lunga assenza nonché al fatto che non è verosimile che Lei sia nuovamente in grado - per motivi di salute - di svolgere il Suo lavoro in modo soddisfacente per il futuro (...)».
5 La signora Larsson adduce che il licenziamento avvenuto durante il suo congedo di malattia è in contrasto con la direttiva in quanto tale malattia, manifestatasi durante la sua gravidanza, si era protratta dopo il congedo di maternità.
6 La direttiva mira, ai sensi dell'art. 1, n. 1, all'attuazione negli Stati membri del principio della parità di trattamento fra uomini e donne per quanto riguarda l'accesso al lavoro, alla formazione e alla promozione professionali, nonché le condizioni di lavoro.
7 L'art. 2, n. 1, della direttiva definisce il principio della parità di trattamento come l'assenza di qualsiasi discriminazione fondata sul sesso, direttamente o indirettamente, in particolare mediante riferimento allo stato matrimoniale o di famiglia. Il n. 3 di detto articolo enuncia tuttavia che la direttiva non pregiudica le disposizioni relative alla protezione della donna, in particolare per quanto riguarda la gravidanza e la maternità.
8 L'art. 5, n. 1, della direttiva precisa che il principio della parità trattamento così definito riguarda le condizioni di lavoro, ivi comprese le condizioni inerenti al licenziamento.
9 Nell'ambito del ricorso che lo Handels- og Kontorfunktionærernes Forbund i Danmark (in prosieguo: lo «HK»), che agisce per conto della signora Larsson, ha proposto contro il datore di lavoro di quest'ultima, le parti hanno chiesto al Sø- og Handelsret di sottoporre alla Corte una questione pregiudiziale diretta a stabilire se la direttiva osti al licenziamento in circostanze come quelle della causa principale.
10 Il Sø- og Handelsret si è rifiutato di accogliere tale domanda in quanto dalla sentenza 8 novembre 1990, causa C-179/88, Handels- og Kontorfunktionærernes Forbund (Racc. pag. I-3979; in prosieguo: la «sentenza Hertz»), emergeva che la direttiva non vieta il licenziamento in un caso come quello della signora Larsson. Su appello della ricorrente, l'ordinanza del Sø- og Handelsret è stata annullata il 27 ottobre 1995 dallo Højesteret, il quale ha rilevato invece che la causa Hertz non era identica a quella di cui si discute nel presente caso.
11 In tali circostanze, il Sø- og Handelsret ha sottoposto alla Corte la seguente questione:
«Se il combinato disposto dell'art. 5, n. 1, e dell'art. 2, n. 1, della direttiva del Consiglio 9 febbraio 1976, 76/207/CEE, relativa all'attuazione del principio della parità di trattamento fra gli uomini e le donne per quanto riguarda l'accesso al lavoro, alla formazione e alla promozione professionali, e le condizioni di lavoro, riguardi anche il licenziamento in conseguenza di assenze dopo il congedo di maternità, qualora le assenze siano dovute a malattia manifestatasi nel corso della gravidanza e protrattasi durante e dopo il congedo di maternità, atteso che il licenziamento è avvenuto dopo il congedo di maternità».
12 Occorre ricordare che nella sentenza Hertz, la quale riguardava il licenziamento di una lavoratrice a causa di assenze dopo il suo congedo di maternità, la Corte ha dichiarato che, fatte salve le disposizioni del diritto nazionale adottate in applicazione dell'art. 2, n. 3, della direttiva, il combinato disposto dell'art. 5, n. 1, e dell'art. 2, n. 1, di detta direttiva non vieta il licenziamento per assenze dovute ad una malattia causata dalla gravidanza o dal parto.
13 Nel corso del procedimento nella causa principale, le parti hanno esposto punti di vista diversi quanto all'interpretazione e alla portata della sentenza Hertz. Contrariamente alle altre parti, lo HK adduce che si deve distinguere fra, da un lato, le malattie collegate alla gravidanza o al parto che, come nella causa Hertz, si sono manifestate soltanto dopo la fine del congedo di maternità e, dall'altro, le malattie che, come nella specie, si sono manifestate già durante la gravidanza o durante il congedo di maternità e la cui terapia continua dopo la fine di questo congedo. Benché dalla sentenza Hertz emerga che la prima situazione rientra nell'ambito del regime generale applicabile alle ipotesi di malattia, la direttiva vieterebbe tuttavia il licenziamento della lavoratrice nella seconda situazione. Se ciò non avvenisse, la questione se una lavoratrice affetta da una malattia causata dalla gravidanza o dal parto fruisca o meno di una tutela conforme ai principi comunitari vigenti dipenderebbe unicamente dalla durata del congedo di maternità fissata dallo Stato membro di cui trattasi.
14 Questa tesi non può essere accolta.
15 Va ricordato che, al punto 15 della sentenza Hertz, la Corte ha constatato che la direttiva non contempla l'ipotesi della malattia provocata da una gravidanza o da un parto. Tuttavia, detta direttiva consente di adottare disposizioni nazionali che garantiscano alle donne diritti specifici a motivo della gravidanza e della maternità, come il congedo di maternità, di modo che, durante il congedo di maternità, di cui fruisce in forza del diritto nazionale, la donna è tutelata contro i licenziamenti motivati dalla sua assenza. La Corte ha affermato infine che spettava a ciascuno Stato membro fissare i periodi del congedo di maternità in modo da consentire alle lavoratrici di assentarsi durante il periodo nel corso del quale si verificano i disturbi inerenti alla gravidanza ed al parto.
16 La Corte ha inoltre considerato, al punto 16 della sentenza Hertz, che, nel caso di una malattia che sopraggiunga dopo il congedo di maternità, non si deve distinguere la malattia causata dalla gravidanza o dal parto da qualsiasi altra malattia, ma che un tale stato patologico rientra nel regime generale applicabile alle ipotesi di malattia.
17 Contrariamente a quanto addotto dallo HK, è errato sostenere che la Corte ha così effettuato una distinzione a seconda del momento in cui la malattia è apparsa o si è manifestata. Infatti, essa ha soltanto considerato, nell'ambito fattuale di quella causa, che non si deve, dal punto di vista del principio della parità di trattamento sancito dalla direttiva, distinguere la malattia causata dalla gravidanza o dal parto da qualsiasi altra malattia. Questa interpretazione è corroborata, del resto, dalla mancanza nel dispositivo della sentenza Hertz di qualsiasi riferimento al momento in cui la malattia è apparsa o si è manifestata.
18 Infatti, come la Corte ha rilevato al punto 17 della sentenza Hertz, i lavoratori di sesso femminile e maschile sono del pari esposti alle malattie. Anche se taluni disturbi sono specifici dell'uno o dell'altro sesso, l'unico problema è quello di sapere se una donna sia licenziata per le assenze dovute a malattia nelle stesse condizioni di un uomo; se per entrambi valgono le stesse condizioni non vi è discriminazione diretta in ragione del sesso.
19 Del pari, in un caso del genere, la Corte ha considerato, al punto 18 della sentenza Hertz, che non è necessario domandarsi se le donne facciano registrare maggiori assenze per causa di malattia rispetto agli uomini né quindi se vi sia un'eventuale discriminazione indiretta.
20 Di conseguenza, la direttiva non vieta il licenziamento per assenze dovute ad una malattia causata dalla gravidanza o dal parto, neanche se questa malattia si è manifestata durante la gravidanza e si è protratta durante e dopo il congedo di maternità.
21 Lo HK, il governo danese e la Commissione sostengono che in ogni caso è incompatibile col diritto comunitario il fatto che il datore di lavoro possa tener conto, ai fini del calcolo del periodo che giustifica il licenziamento in base al diritto nazionale, da un lato, dell'assenza protrattasi dall'inizio della gravidanza fino all'inizio del congedo di maternità e, dall'altro, dell'assenza durante il congedo di maternità. Dal fascicolo nella causa principale risulta che se non vengono considerati detti periodi, nonché le quattro settimane di ferie, la signora Larsson è stata assente per motivi di malattia solo per meno di quattro settimane prima del suo licenziamento.
22 A questo proposito, occorre rilevare che, durante il congedo di maternità di cui fruisce in forza del diritto nazionale, la donna è tutelata contro i licenziamenti motivati dalla sua assenza (v. sentenza Hertz, punto 15). L'ammettere che l'assenza durante questo periodo possa essere presa in considerazione per giustificare un licenziamento successivo sarebbe in contrasto con l'obiettivo perseguito dall'art. 2, n. 3, della direttiva, che consente misure nazionali relative alla tutela della donna, in particolare per quanto riguarda la gravidanza e la maternità, e priverebbe di efficacia pratica detta norma (v., per quanto attiene al lavoro notturno delle donne in stato interessante, sentenza 5 maggio 1994, causa C-421/92, Habermann-Beltermann, Racc. pag. I-1657, punto 24).
23 Per contro, al di fuori dei periodi di congedo di maternità fissati dagli Stati membri in modo da consentire alle lavoratrici di assentarsi durante il periodo nel corso del quale si verificano i disturbi inerenti alla gravidanza e al parto, e in mancanza di norme nazionali - o, eventualmente, di norme comunitarie - che garantiscano alle donne una tutela specifica, la lavoratrice non fruisce, in forza della direttiva, di una tutela contro il licenziamento per assenze dovute a una malattia causata dalla gravidanza. Infatti, come si è ricordato in precedenza, essendo i lavoratori di sesso femminile e maschile esposti del pari alle malattie, la direttiva non contempla la malattia causata dalla gravidanza o dal parto.
24 Ne consegue che il principio della parità di trattamento sancito dalla direttiva non osta a che l'assenza di una lavoratrice protrattasi dall'inizio della sua gravidanza fino all'inizio del congedo di maternità sia considerata per il calcolo del periodo che giustifica il suo licenziamento in base al diritto nazionale.
25 Occorre tuttavia rilevare che, in considerazione dei rischi che un eventuale licenziamento fa pesare sullo stato fisico e psichico delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento, ivi compreso il rischio particolarmente grave di spingere la lavoratrice gestante ad interrompere volontariamente la gravidanza, il legislatore comunitario, ai sensi dell'art. 10 della direttiva del Consiglio 19 ottobre 1992, 92/85/CEE, concernente l'attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute sul lavoro delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento (GU L 348, pag. 1), ha poi previsto una protezione specifica per la donna, sancendo il divieto di licenziamento, tranne che nei casi eccezionali non collegati allo stato dell'interessata, nel periodo compreso tra l'inizio della gravidanza e il termine del congedo di maternità (sentenza 14 luglio 1994, causa C-32/93, Webb, Racc. pag. I-3567, punti 21 e 22). Dallo scopo perseguito da detto articolo risulta che l'assenza durante il periodo tutelato, salvo per motivi non collegati allo stato dell'interessata, d'ora in poi non può più essere considerata per giustificare un licenziamento successivo. Tuttavia, il termine per il recepimento della direttiva 92/85 non era ancora scaduto all'atto del licenziamento della signora Larsson.
26 Si deve quindi risolvere la questione sollevata dichiarando che, fatte salve le disposizioni del diritto nazionale adottate in applicazione dell'art. 2, n. 3, della direttiva, il combinato disposto degli artt. 5, n. 1, e 2, n. 1, di detta direttiva non vieta il licenziamento per assenze dovute ad una malattia causata dalla gravidanza o dal parto, neanche se questa malattia si è manifestata durante la gravidanza e si è protratta durante e dopo il congedo di maternità.
Decisione relativa alle spese

Sulle spese

27 Le spese sostenute dai governi danese, olandese e del Regno Unito, nonché dalla Commissione delle Comunità europee, che hanno presentato osservazioni alla Corte, non possono dar luogo a rifusione. Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese.
Dispositivo

Per questi motivi,
LA CORTE

(Sesta Sezione),
pronunciandosi sulla questione sottopostale dal Sø- og Handelsret con ordinanza 19 dicembre 1995, dichiara:
Fatte salve le disposizioni del diritto nazionale adottate in applicazione dell'art. 2, n. 3, della direttiva del Consiglio 9 febbraio 1976, 76/207/CEE, relativa all'attuazione del principio della parità di trattamento fra gli uomini e le donne per quanto riguarda l'accesso al lavoro, alla formazione e alla promozione professionali e le condizioni di lavoro, il combinato disposto degli artt. 5, n. 1, e 2, n. 1, della direttiva 76/207 non vieta il licenziamento per assenze dovute ad una malattia causata dalla gravidanza o dal parto, neanche se questa malattia si è manifestata durante la gravidanza e si è protratta durante e dopo il congedo di maternità.


 

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