Categoria: Cassazione civile
Visite: 18725


Cassazione Civile, Sez. 1, 17 luglio 2014, n. 16367 - Appalti e oneri di sicurezza




REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SALVAGO Salvatore - Presidente -
Dott. CECCHERINI Aldo - Consigliere -
Dott. MACIOCE Luigi - Consigliere -
Dott. GIANCOLA Maria Cristina - Consigliere -
Dott. MERCOLINO Guido - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza


sul ricorso proposto da:
COSTRUZIONI GENERALI G.S.V.M.D. S.R.L. (già Costruzioni Generali G.S.V.M.D. di D'Auria Luigi & C. S.a.s.), in persona dell'amministratore unico p.t. D.L., elettivamente domiciliata in Roma, al viale Regina Margherita n. 278, presso l'avv.  STEFANO GIOVE, unitamente all'avv. METAFORA VINCENZO, dal quale è rappresentata e difesa in virtù di procura speciale per notaio Francesco Zotta del 18 maggio 2012, rep. n. 17720;
- ricorrente -
contro MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITA' CULTURALI;
- intimato -
avverso la sentenza della Corte di Appello di Napoli n. 1445/07, pubblicata l'8 maggio 2007;
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 19 febbraio 2014 dal Consigliere dott. Guido Mercolino;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. FIMIANI Pasquale, il quale ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto


1. - La Costruzioni Generali G.S.V.M.D. di Luigi D'Auria & C. S.a.s. convenne in giudizio il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, chiedendone la condanna al rimborso degli oneri di sicurezza sostenuti per l'esecuzione dei lavori di recupero di una porzione del fabbricato denominato (OMISSIS), commissionati con atti di cottimo fiduciario del 30 aprile 1998, 15 settembre 1998 e 16 aprile 1999, nonchè al saldo dei corrispettivi per lavori di somma urgenza riconosciuti dalla Soprintendenza con decreti del 25 giugno 2002, nn. 75 e 77, e dei noli dei ponteggi fatti installare dalla direzione dei lavori dal mese di marzo 2001 al mese di maggio 2002 per ovviare ad una situazione di pericolo.

1.1. - Con sentenza del 18 maggio 2005, il Tribunale di Napoli accolse parzialmente la domanda, condannando il Ministero al pagamento della somma di Euro 75.652,68, a titolo di corrispettivo per il nolo dei ponteggi, e rigettando o dichiarando inammissibili le altre domande.

2. - L'impugnazione proposta dalla GSVMD è stata rigettata dalla Corte d'Appello di Napoli con sentenza dell'8 maggio 2007.

Premesso che, in materia di appalti pubblici, ogni pretesa di maggiori compensi, rimborsi o indennizzi deve risultare da apposita riserva tempestivamente iscritta nei documenti contabili, fatta eccezione soltanto per le pretese riguardanti la sorte del contratto o diritti dell'appaltatore da esercitarsi immediatamente o aventi origine da un comportamento doloso o colposo dell'Amministrazione, e precisato che il piano di sicurezza è previsto da tempo nel nostro ordinamento, che solo recentemente ha imposto lo scorporo dei costi della sicurezza dal prezzo dell'opera, sottraendoli al ribasso d'asta, la Corte ha rilevato che i contratti stipulati tra le parti facevano espresso riferimento al piano di sicurezza, ed ha pertanto escluso che i maggiori oneri sopportati dall'impresa derivassero da un comportamento doloso o colposo del committente, concludendo quindi che l'appellante era tenuta ad iscrivere riserva, trattandosi di fatti influenti sull'esecuzione delle opere. Ha aggiunto che la necessità della riserva era stata riconosciuta anche dall'impresa, che aveva provveduto ad iscriverla nel registro di contabilità in occasione dell'emissione del sesto s.a.l., ed ha ritenuto irrilevante che detti oneri riguardassero l'intero svolgimento dei lavori, precisando che la riserva avrebbe dovuto essere formulata fin dal momento dell'accertamento della loro esistenza, indipendentemente dalla loro quantificazione, che avrebbe potuto aver luogo successivamente.

Quanto al saldo del corrispettivo dovuto per lavori di somma urgenza, sul quale l'appellante aveva lamentato l'avvenuta applicazione di una detrazione pari al ribasso d'asta, la Corte ha osservato che l'accoglimento della domanda di pagamento avrebbe richiesto la stipulazione di un contratto in forma scritta, escludendo che, in mancanza di tale presupposto, il riconoscimento del debito da parte dell'Amministrazione fosse idoneo a far sorgere l'obbligazione.

3. - Avverso la predetta sentenza la GSVMD propone ricorso per cassazione, articolato in quattro motivi, illustrati anche con memoria. Il Ministero non ha svolto difese scritte.


Diritto


1. - Con il primo motivo d'impugnazione, la ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione del R.D. 25 maggio 1895, n. 350, artt. 54, 64 e 107 della L. 11 febbraio 1994, n. 109, art. 31 del D.Lgs. 14 agosto 1996, n. 494 e del D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626, censurando la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto che la domanda di rimborso degli oneri di sicurezza richiedesse l'iscrizione della riserva. Premesso che la legislazione di settore identifica nell'Amministrazione committente il soggetto tenuto a verificare le possibili fonti di pericolo per i lavoratori, imponendo lo scorporo dei costi di sicurezza dal prezzo dell'appalto e la loro sottrazione al ribasso d'asta, sostiene che il piano di sicurezza non investe singole partite di lavori, ma l'intera opera commissionata, dovendo essere elaborato in fase di progettazione e dovendo prevedere i relativi costi, da indicarsi specificamente nel bando di gara;

aggiunge che, ai sensi del D.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554, art. 41 e del D.Lgs. n. 494 del 1996, art. 3 il piano costituisce un documento complementare del progetto esecutivo, recante l'analisi e la valutazione dei rischi per tutto il corso dei lavori e le prescrizioni operative volte a garantire il rispetto delle norme per la prevenzione degl'infortuni e la salute dei lavoratori, ed i relativi costi sono stabiliti da norme di legge o regolamentari, non derogabili dalle parti, con il conseguente obbligo dell'Amministrazione di corrispondere per intero quanto dovuto a tale titolo. Afferma pertanto che il rimborso di tali costi non è soggetto all'onere della riserva, non riferibile a pretese non suscettibili di documentazione cronologica nella fase esecutiva del rapporto, precisando che la riserva iscritta al momento dell'emissione del sesto s.a.l. fu formulata non già per la convinzione della sua necessità, ma per mero tuziorismo, a fronte del persistente rifiuto della committente di riconoscere gli oneri in questione.

2. - Con il secondo motivo, la ricorrente ribadisce la violazione e la falsa applicazione del R.D. n. 350 del 1895, artt. 54, 64 e 107 e della L. n. 109 del 1994, art. 31 osservando che, nell'affermare la necessità della riserva per il rimborso degli oneri di sicurezza, la Corte di merito non ha considerato che il mancato adeguamento del piano di sicurezza alla disciplina prevista dall'art. 31 cit. e lo scorporo dei relativi costi, traducendosi nell'inadempimento dell'obbligo di adottare le misure prescritte, costituiva un illecito dell'Amministrazione in danno dell'appaltatore, privato di una parte del corrispettivo dall'applicazione di un indebito ribasso d'asta, oltre a vanificare le esigenze di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori perseguite dal legislatore.

3. - I predetti motivi, da esaminarsi congiuntamente, in quanto riflettenti profili diversi della medesima questione, sono infondati.

In proposito, occorre richiamare il principio, costantemente ribadito da questa Corte in tema di appalto di opere pubbliche e desumibile dal R.D. n. 350 del 1895, artt. 53, 54 e 64 secondo cui l'appaltatore, ove intenda contestare la contabilizzazione dei corrispettivi effettuata dall'Amministrazione, o comunque, avanzare pretese a maggiori compensi o ad indennizzi e danni a qualsiasi titolo, è tenuto ad iscrivere tempestivamente apposita riserva nel registro di contabilità o in altri documenti, ad esporre nel modo e nei termini indicati dalla legge gli elementi atti ad individuare il titolo e l'ammontare della pretesa, e infine a confermare la riserva all'atto della sottoscrizione del conto finale. Poichè, infatti, la realizzazione dell'opera pubblica ha luogo in fasi successive, attraverso un procedimento formale e vincolato che si articola in una serie di registrazioni e certificazioni, alla cui formazione l'appaltatore è chiamato di volta in volta a partecipare, allo stesso è imposto l'onere di segnalare immediatamente tutte le circostanze riguardanti le prestazioni (eseguite o non), che siano suscettibili di produrre un incremento delle spese previste, attraverso un atto, anch'esso a forma vincolata, da porre in essere entro un termine previsto a pena di decadenza: ciò non soltanto in adempimento del dovere di lealtà contrattuale e per l'esigenza di tempestivi controlli, ma soprattutto per consentire all'Amministrazione committente una tempestiva verifica delle contestazioni, in modo da assicurare una continua evidenza della spesa dell'opera, in funzione della corretta utilizzazione e dell'eventuale integrazione dei mezzi finanziari a tal fine predisposti. Si è pertanto ritenuto che l'onere di formulare la riserva, riferito dall'art. 53 cit. a tutte le domande che l'appaltatore crede di fare, rivesta carattere generale, ed includa tutte le richieste tali da incidere sul compenso spettante all'imprenditore, quali che siano i titoli e le componenti, nonchè la ragione giustificatrice: non soltanto, quindi, tutte le possibili richieste inerenti a partite di lavori eseguite (o che avrebbero dovuto essere eseguite) ed alle contestazioni tecniche e/o giuridiche circa la loro quantità e qualità, ma anche e soprattutto quelle relative a (maggiori) pregiudizi sofferti dall'appaltatore ed a costi aggiuntivi che egli abbia dovuto affrontare sia per lo svolgimento (anomalo) dell'appalto, sia per eventuali carenze progettuali o per le maggiori difficoltà dalle stesse ingenerate, sia infine per comportamenti inadempienti della stazione appaltante (cfr. Cass., Sez. 1, 7 luglio 2011, n. 15013; 22 maggio 2007, n. 11852; 3 marzo 2006, n. 4702).

3.1. - Non merita dunque censura la sentenza impugnata, nella parte in cui ha ritenuto che l'onere in questione dovesse essere esteso anche ai maggiori costi sopportati dalla ricorrente per l'adozione delle misure previste dal piano di sicurezza, trattandosi di fatti comunque incidenti sulla realizzazione delle opere commissionate, e quindi quantificabili, in quanto destinati a tradursi nell'esecuzione di maggiori lavori. Non può condividersi l'affermazione della ricorrente, secondo cui la formulazione della riserva avrebbe dovuto essere ritenuta superflua in virtù della portata generale degli oneri economici da essa sopportati, la cui incidenza, in quanto estesa all'intero svolgimento dei lavori, ne rendeva impossibile la quantificazione con specifico riferimento a singole partite:

l'unicità del piano di sicurezza e l'indivisibilità di gran parte delle misure dallo stesso previste, i cui costi erano indubbiamente destinati a ripercuotersi in maniera unitaria ed indifferenziata sulle diverse fasi di lavorazione, non impediva infatti di percepirne immediatamente la rilevanza economica e di contestare all'Amministrazione committente la presumibile entità degli oneri conseguenti, ferma restando la possibilità di procedere successivamente ad una più precisa quantificazione. A conclusioni non diverse, d'altronde, questa Corte è pervenuta in riferimento agli oneri derivanti dai fatti C.D. continuativi, vale a dire da eventi prodotti da una causa costante o da una serie causale di non immediata rilevanza onerosa, essendo stato affermato che in tali casi l'onere d'iscrivere la riserva diventa operativo non appena la potenzialità dannosa del fatto si presenti obiettivamente apprezzabile, secondo i criteri della diligenza e della buona fede, e l'appaltatore disponga di dati sufficienti per segnalare alla stazione appaltante le cause dell'evento per lui pregiudizievole ed il presumibile onere economico, salvo poi a precisarne l'entità nelle successive registrazioni o in chiusura del conto finale (cfr. Cass., Sez. 1, 6 novembre 2006, n. 23670; 4 settembre 2004, n. 17906; 19 marzo 2004, n. 5540).

3.2. - All'applicazione del predetto principio la ricorrente tenta di sottrarsi sostenendo la riconducibilità dei maggiori costi da essa sopportati al comportamento illecito dell'Amministrazione committente, la quale avrebbe omesso di provvedere all'adeguamento del piano di sicurezza ed allo scorporo dei relativi costi dal prezzo dell'appalto, in contrasto con quanto previsto dalla L. n. 109 del 1994, art. 31 come modificato dalla L. 18 novembre 1998, n. 415, art. 9, commi 60 e 61. Tale assunto appare ricollegabile ad una precisazione contenuta nella stessa sentenza impugnata, secondo cui l'onere d'iscrivere riserva resta escluso, oltre che per le pretese che toccano la sorte del contratto o che concerno-no diritti dell'appaltatore non tutelabili se non attraverso l'immediato esercizio dell'azione o incompatibili con la presentazione di una preventiva domanda, anche per quelle che traggono origine dal comportamento doloso o gravemente colposo o comunque da un fatto illecito dell'Amministrazione. Nel fare propria la predetta affermazione, piegandola alle proprie esigenze difensive, la ricorrente omette peraltro di considerare che essa riflette alcuni precedenti della giurisprudenza di legittimità, piuttosto risalenti nel tempo, nei quali veniva comunque ribadita la portata generale dell'onere d'iscrivere riserva, chiarendosi che i predetti comportamenti in tanto potevano ritenersi idonei a dispensare l'appaltatore dalla formulazione della stessa, in quanto, avendo un legame puramente occasionale con l'esecuzione dell'opera, costituissero fonte di responsabilità non contrattuale, ma aquiliana (cfr. Cass., Sez. 1, 13 marzo 1989, n. 1255; 13 luglio 1983, n. 4759; 1 aprile 1980, n. 2097). Tali precedenti non possono pertanto essere utilmente invocati in riferimento alla fattispecie in esame, la quale è caratterizzata dall'attribuzione alla committente di comportamenti che, in quanto contrastanti con obblighi specificamente posti a suo carico dalla legge, possono dar luogo soltanto a responsabilità per inadempimento.

4. - Resta conseguentemente assorbito il terzo motivo, con cui la ricorrente lamenta la contraddittorietà della motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, rilevando che la sentenza impugnata, dopo aver dichiarato di volersi attenere al principio secondo cui gli oneri di sicurezza vanno scorporati dal corrispettivo dell'appalto, se ne è poi distaccata, avendo ritenuto legittima la condotta dell'Amministrazione, che nel predisporre il piano di sicurezza non aveva provveduto alla separata quantificazione dei relativi costi.

5. - Con il quarto motivo, la ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione dell'art. 1988 cod. civ. e della L. 20 marzo 1865, n. 2248, art. 344, all. F, censurando la sentenza impugnata nella parte in cui ha rigettato la domanda di pagamento dell'importo sottratto a titolo di ribasso d'asta dal corrispettivo dei lavori extracontrattuali. Sostiene al riguardo che, nell'escludere l'efficacia della ricognizione di debito, la Corte di merito non ha tenuto conto della natura recettizia di tale atto, produttivo di effetti anche nei confronti della Pubblica Amministrazione, se indirizzato alla persona del creditore, e del tenore di due lettere prodotte in giudizio, con cui la Soprintendenza aveva comunicato ad essa ricorrente l'avvenuto riconoscimento. Nel rilevare la mancanza del contratto scritto, essa non ha considerato che la necessità dello stesso era esclusa dalla natura dei lavori, aventi carattere di somma urgenza, al cui corrispettivo l'Amministrazione aveva preteso di estendere il ribasso d'asta, benchè si trattasse di opere eccedenti un quinto dell'importo dell'appalto, con la conseguente applicabilità dei prezzi di mercato, ai sensi del D.P.R. n. 554 del 1999, art. 136.

5.1. - Il motivo è infondato.

E' pur vero, infatti, che nel caso di lavori di somma urgenza disposti nel corso della realizzazione dell'opera pubblica, ai sensi della L. n. 2248 del 1865, art. 342, all. F, il contratto di appalto in variante deve considerarsi pienamente legittimo, ancorchè non risulti da un atto scritto recante l'espressione contestuale della volontà delle parti, essendo sufficiente, ai fini del perfezionamento dell'accordo, il rispetto degli adempimenti prescritti dalla predetta disposizione, ovverosia l'ordine del direttore dei lavori e l'approvazione dell'Amministrazione committente (cfr. Cass., Sez. 1, 16 aprile 2008, n. 10069). Tale principio non è tuttavia applicabile all'ipotesi in cui, come nella specie, l'importo dei lavori richiesti in variante superi di oltre un quinto quello previsto dall'originario contratto d'appalto, trovando in tal caso applicazione la L. n. 2248 cit., art6. 344 in virtù del quale la predetta richiesta non è ricollegabile ad un potere dell'Amministrazione cui corrisponda un obbligo dell'appaltatore: ne consegue che l'accordo riguardante l'esecuzione di tale variante dev'essere parificato a quello avente ad oggetto lavori extracontrattuali in senso stretto, configurandosi pertanto come un nuovo ed autonomo contratto, modificativo di quello precedente, il cui perfezionamento richiede la sottoscrizione di un apposito atto di sottomissione da parte dell'appaltatore o la stipulazione di un atto aggiuntivo, previa determinazione del relativo impegno di spesa (cfr. Cass., Sez. 1, 1 agosto 2013, n. 18438; 13 maggio 2011, n. 10663; 14 giugno 2000, n. 8094).

L'inosservanza dei requisiti di forma previsti dalla predetta disposizione, escludendo l'insorgenza del vincolo contrattuale tra le parti, impedisce l'accoglimento della domanda di pagamento del corrispettivo dei lavori eseguiti, senza che assuma alcun rilievo, a tal fine, il riconoscimento del debito da parte dell'Amministrazione committente, in quanto tale atto, presupponendo necessariamente l'esistenza di un'obbligazione validamente assunta, non può spiegare alcun effetto in assenza di un contratto stipulato nella forma prescritta (cfr. Cass., Sez. 3, 27 aprile 2011, n. 9412; 18 novembre 2008, n. 27406).

6. - Il ricorso va pertanto rigettato, senza che occorra provvedere al regolamento delle spese processuali, avuto riguardo alla mancata costituzione dell'intimato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 19 febbraio 2014.

Depositato in Cancelleria il 17 luglio 2014