Cassazione Penale, Sez. 4, 29 luglio 2014, n. 33415 - Lesioni colpose aggravate dalla violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro e prescrizione del reato





 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ROMIS Vincenzo - Presidente -
Dott. FOTI Giacomo - Consigliere -
Dott. MARINELLI Felicetta - Consigliere -
Dott. CIAMPI Francesco M. - Consigliere -
Dott. IANNELLO Emilio - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza


sul ricorso proposto da:
F.G. N. IL (Omissis);
avverso la sentenza n. 2719/2012 CORTE APPELLO di ROMA, del 16/01/2013;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 26/06/2014 la relazione fatta dal Consigliere Dott. EMILIO IANNELLO;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. GALLI Massimo che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso;
udito il difensore avv. Fischetti del Foro di Roma il quale si è riportato ai motivi di ricorso.


Fatto

 


1. Con sentenza del 26/5/2011 il Tribunale di Roma dichiarava F.G. colpevole del reato di lesioni colpose aggravate dalla violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro ai danni di F.G.: fatto commesso il (Omissis).

Era accaduto che quest'ultimo, amministratore della OLTEC Service S.r.l., durante i lavori di revisione del commutatore sotto carico (CSC) dell'autotrasformatore ATR - 3, commessi in appalto alla predetta società dalla Terna S.p.a. per l'area operativa di Roma di cui era responsabile il F., dopo aver chiuso il vano contenitore col coperchio veniva colpito dal "disco di scoppio" presente in detto coperchio a causa della forte pressurizzazione del vano contenitore medesimo, a sua volta determinata dall'utilizzo, per il riempimento di tale vano con olio, di una pompa di travaso non adeguata.

Concesse le attenuanti generiche, il Tribunale condannava il F. alla pena di mesi tre di reclusione, con i benefici di legge, nonchè al risarcimento del danno in favore della costituita parte civile, da liquidarsi in separata sede, con la provvisionale di Euro 150.000.

Interposto gravame, la Corte d'appello di Roma, con sentenza del 16/1/2013, revocata la costituzione di parte civile, confermava la sentenza appellata in punto di responsabilità ma riduceva la pena ad un mese di reclusione, convertendola ai sensi della L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 53 nella pena pecuniaria di Euro 1.154,00 di multa, revocando, su richiesta dello stesso imputato, il beneficio della sospensione condizionale della pena.

2. Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione l'imputato, per mezzo del proprio difensore, sulla base di due motivi.

2.1. Con il primo deduce violazione di legge, nonchè vizio di motivazione, in relazione all'affermazione di penale responsabilità.

Lamenta che la Corte d'appello ha omesso di confrontarsi con le censure svolte in punto di nesso causale, con le quali si era dedotto che l'evento era in realtà ascrivibile esclusivamente al comportamento inosservante delle prescrizioni contenute nella specifica tecnica consegnata alla società appaltatrice, limitandosi a contrapporre a tali critiche la sola affermazione secondo cui "resta a carico dell'imputato ... l'inidoneità del tipo di pompa messa a disposizione ...: inidoneità da qualificarsi quantomeno come concausa del verificarsi dell'evento lesivo". Deduce che tale affermazione è priva di ogni giustificazione logica, non essendo supportata da un accertamento in concreto, da svolgersi mediante giudizio controfattuale.

Rileva al riguardo che, diversamente da quanto considerato dai giudici del merito, l'errore imputabile all'operatore era consistito non solo nella omessa apertura della valvola esistente nella tubazione di collegamento tra il commutatore e il soprastante conservatore ma anche nell'aver utilizzato la pompa sopra descritta al fine di riempire il vano contenitore anzichè, come prescritto nella menzionata specifica tecnica, al solo fine di svuotarlo.

Lamenta, inoltre, che la responsabilità dell'imputato viene argomentata in sentenza anche in ragione della presunzione secondo cui egli dovesse essere a conoscenza della specifica tecnica elaborata dalla società appaltatrice Oltec Service S.r.l. indispensabile per l'adozione di un adeguato piano di valutazione dei rischi (D.Lgs. n. 626 del 1994, ex artt. 4 e 7), in realtà pacificamente omesso: presunzione, però, a sua volta basata su una mera congettura, quella cioè secondo cui, pur essendo stato ammesso dalla stessa persona offesa che tale documento era stato consegnato al responsabile delle stazioni elettriche di Napoli, esso comunque dovesse ritenersi trasmesso alle contigue stazioni elettriche di Roma, "posto che l'Oltec proprio per tali stazioni operava".

2.2 Con il secondo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione anche in punto di trattamento sanzionatorio.

Lamenta che la Corte d'appello ha omesso di motivare in ordine al secondo motivo di gravame con il quale si era dedotto che il Tribunale avrebbe dovuto applicare la sola pena pecuniaria in luogo di quella detentiva.



Diritto


3. Deve preliminarmente dichiararsi l'estinzione del reato per prescrizione, maturata anteriormente alla presente decisione.

Trattandosi infatti di fatto anteriore all'entrata in vigore della L. 5 dicembre 2005, n. 251 (cd. legge ex Cirielli) ma essendo stata la sentenza di primo grado pronunciata in epoca successiva (26/5/2011), in forza delle disposizioni transitorie contenute nell'art. 10, commi 2 e 3, L. cit., occorre aver riguardo, ai fini dell'individuazione del regime prescrizionale applicabile, alla disciplina in concreto più favorevole.

In ragione di tale criterio, nella specie deve trovare applicazione in relazione il termine prescrizionale previsto dall'art. 157 cod. pen. nella formulazione antecedente alle modifiche introdotte dalla citata legge, pari dunque anni cinque (trattandosi di lesioni colpose con applicazione delle circostanze attenuanti generiche ritenute prevalenti alla contestata aggravante, punito dunque con pena inferiore nel massimo a cinque anni), prolungato della metà per effetto degli atti interruttivi ai sensi dell'art. 160 c.p., comma 3, nella previgente formulazione, per un totale dunque di sette anni e mezzo.

Ne discende che, alla data della odierna decisione - anche tenendosi conto delle sospensioni derivanti: a) dal rinvio dell'udienza del 23/3/2009 a quella successiva del 7/10/2009 determinato dall'adesione del difensore all'astensione dalle udienze proclamata da organismi di categoria (112/gg.); b) dal rinvio disposto all'udienza del 26/9/2012 su concorde richiesta delle parti per trattative (198 gg.) - la prescrizione deve ritenersi ad oggi già maturata e segnatamente alla data del 15/8/2013.

4. In presenza di tale causa estintiva potrebbe pervenirsi a una pronuncia diversa da quella di annullamento della sentenza impugnata per essere i reati estinti per intervenuta prescrizione solo nel caso in cui le prove rendano evidente che i fatti addebitati non sussistono, o che l'imputato non li ha commessi, o che i fatti non sono preveduti dalla legge come reati.

Perchè possa applicarsi, infatti, la norma di cui all'art. 129 cpv. cod. proc. pen., che impone il proscioglimento nel merito in presenza di una causa di estinzione del reato, è necessario che risulti evidente dagli atti processuali la prova dell'insussistenza del fatto, o che l'imputato non lo ha commesso o che il fatto non è preveduto dalla legge come reato.

Pertanto, quando il processo si trova nella fase di legittimità, il sindacato della Corte di Cassazione deve limitarsi ad accertare se una delle ipotesi di cui all'art. 129 cpv. cod. proc. pen. ricorra in maniera evidente in base alla situazione di fatto risultante dalla stessa sentenza impugnata, senza che possa estendersi ad una critica del materiale probatorio acquisito al processo, implicando ciò indagini e valutazioni di fatto che esulano dai compiti costituzionali della Corte (v. e pluribus Sez. 4. n. 12724 del 28/10/1988, Fermo, Rv. 180023).

Tanto premesso, nella fattispecie che ci occupa non può ritenersi che risulti evidente l'esistenza di una delle ipotesi di cui all'art. 129 cpv. cod. proc. pen., dovendosi anzi - per le ragioni che saranno appresso illustrate - pervenirsi al rigetto del ricorso agli effetti civili.

5. Per contro non può nemmeno ritenersi che sia intervenuto il giudicato in punto di responsabilità per manifesta infondatezza del ricorso, non essendo questa predicabile avuto riguardo alla peculiarità della fattispecie ed alle numerose questioni poste in ricorso e, per contro, alla sinteticità delle considerazioni svolte nella sentenza impugnata e della astratta ipotizzabilità di diversi esiti valutativi.

6. In ragione delle considerazioni che precedono, deve dunque pronunciarsi l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, per essere il reato ascritto estinto per prescrizione, restando assorbito l'esame del secondo motivo di ricorso.


P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perchè il reato è estinto per prescrizione.

Così deciso in Roma, il 26 giugno 2014.

Depositato in Cancelleria il 29 luglio 2014