Cassazione Penale, Sez. Fer., 01 settembre 2014, n. 36511  - Cedimento del piano di calpestio e responsabilità




REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE FERIALE PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BIANCHI Luisa - Presidente -
Dott. MULLIRI Guicla - Consigliere -
Dott. CAPOZZI A. - rel. Consigliere -
Dott. Carrelli Palombi Roberto - Consigliere -
Dott. LIGNOLA F. - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza


sul ricorso proposto da:
C.G. N. IL (OMISSIS); M.F. N. IL
(OMISSIS);
avverso la sentenza n. 265/2011 CORTE APPELLO di CAMPOBASSO, del 24/04/2014;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 26/08/2014 la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANGELO CAPOZZI;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. BALDI Fulvio che ha concluso per il rigetto dei ricorsi;
uditi i difensori avv. RIVELLINO DEMETRIO per entrambi i ricorrenti che ha chiesto l'accoglimento del ricorso.


FattoDiritto

1. Con sentenza del 24.4.2014 la Corte di appello di Campobasso, a seguito di gravame interposto dagli imputati C.G. e M.F. avverso la sentenza emessa il 2.12.2010 dal Tribunale di Campobasso, in parziale riforma della predetta sentenza ha dichiarato n.d.p. nei confronti degli imputati in ordine al capo b) della rubrica, perchè il reato è estinto per prescrizione, rideterminando la pena loro inflitta in relazione al reato di cui al capo a) art. 113 c.p., art. 590 c.p., comma 1 e art. 3 c.p. ai danni di MA.Be..

2. Avverso la sentenza propongono ricorso per cassazione gli imputati, a mezzo del difensore, e anche personalmente il C. con ricorsi di identico contenuto i quali si dolgono con unico ed articolato motivo della inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, manifesta illogicità della motivazione, travisamento della prova, omessa valutazione di prova decisiva, violazione ed erronea applicazione degli artt. 125, 533 e 530 c.p.p..

In particolare, la Corte territoriale avrebbe omesso di valutare in concreto quale utilizzo e ruolo avesse avuto nella dinamica del sinistro la tavola di compensato ritrovata addosso al MA. al momento del primo soccorso, apparendo verosimile che il predetto lavoratore avesse utilizzato detta tavola per creare un'opera provvisionale per sporgersi al di fuori della passerella del silos, al fine di tagliare i bulloni con la fiamma ossidrica. Nel che si ravviserebbe, secondo i ricorrenti, l'abnorme comportamento del lavoratore infortunato che diede luogo all'evento lesivo.

3. I ricorsi sono inammissibili siccome generici ed in fatto.

4. Invero, la sentenza gravata ha ricondotto la dinamica del sinistro sul lavoro occorso al MA. precipitato al suolo da un'altezza di circa cinque metri a causa di un cedimento del piano di calpestio - costituito da una vetusta passerella afferente al silos - sul quale il MA. lavorava senza un preventivo intervento di messa in sicurezza. In particolare, secondo la ricostruzione offerta da tutti i presenti e resa dal reperto fotografico, alla passerella, dopo l'incidente, risultava mancare parte compatibile con l'asse in legno e il grigliato rinvenuti accanto al MA. (v. pg. 6 sentenza impugnata). La ricostruzione era avallata dallo stesso ispettore dell'Asrem che aveva accertato che, all'altezza di cinque metri dal luogo della caduta, vi era un buco nella passerella stessa, e che le assi rinvenute nel luogo sottostante erano della stessa misura di quelle del foro v. pg.7 sentenza impugnata). Conforme a tale versione era la testimonianza del R. che aveva visto il MA., poco prima della caduta, lavorare proprio sulla parte della passerella dove, poi, era risultato mancante un asse, mentre il teste G., aveva affermato di aver visto già dalla mattina l'asse di legno sulla passerella. Aggiunge la sentenza che risultava permesso dal M. l'alleggerimento della struttura del silos tramite la rimozione delle lamiere che costituivano l'originario dispositivo ferma piede, atto ad evitare la caduta di chi si trovata a lavorare sulla passerella stessa (pg. 7 della sentenza impugnata) e che concordemente rendeva insicuro il luogo ove il MA. stava lavorando. Il tutto in un contesto in cui la maggior parte dei dipendenti, compreso il MA., non aveva mai svolto corsi sulla sicurezza risultando che il M. lasciava liberi i lavoratori di decidere se, ad esempio, indossare le cinture di sicurezza, come era risultato per il MA. al momento dell'incidente, che ne era privo senza che perciò fosse neanche ammonito in tal senso dai ricorrenti.

5. Alla stregua della motivazione resa, l'omissione valutativa di cui si dolgono i ricorrenti - sotto le formali e cumulative qualificazioni prospettate - non costituisce censura della motivazione medesima quanto, invece, proposizione di una ricostruzione alternativa della dinamica dell'infortunio, per di più neanche esplicitata - come si desume dalla stessa sentenza impugnata - dinanzi alla Corte di merito. Proposizione in fatto, pertanto, che è inammissibile in sede di legittimità.

6. All'inammissibilità del ricorso consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno della somma che si stima equo determinare in Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.


P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno a quello della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 26 agosto 2014.

Depositato in Cancelleria il 1 settembre 2014