Cassazione Civile, Sez. Lav., 28 ottobre 2014, n. 22827 - Mansioni di aiuto cuoca e caduta dalle scale: listelli e calzature antiscivolo. Datore di lavoro non colpevole


 

 

 

Presidente Vidiri – Relatore Arienzo

 

Fatto


Con sentenza del 21.5.2007, la Corte di appello di Torino respingeva il gravame proposto 4 da C.L. avverso la decisione di primo grado che aveva rigettato il ricorso della predetta inteso ad ottenere il risarcimento dei danni alla salute, alla vita di relazione e morale conseguenti all'infortunio sul lavoro subito in data 13.10.1998 presso la mensa regionale di Aosta gestita dalla società Ansermè s.n.c., allorché, nell'espletamento delle mansioni di aiuto cuoca, era caduta dalle scale che conducevano alla cantina, ove si stava recando dalla cucina della mensa. Rilevava la Corte che l'appello si fondava unicamente sull'assunto che il datore di lavoro non aveva fornito ai lavoratori le calzature antiscivolo e non aveva installato listelli antiscivolo sulle scale, laddove era stato confermato in sede istruttoria che le scale erano sufficientemente illuminate ed agevoli e che non risultavano disposizioni di legge che imponessero l'adozione di un montacarichi, né l'installazione di listelli antisdrucciolo, previsti solo per scale doppie o a pioli od, ai sensi dell'art. 7 d.P.R. 303/56, in presenza di liquidi o materiali putrescenti. Doveva, pertanto, secondo il giudice del gravame, ritenersi insussistente il nesso di causalità con l'accaduto, essendosi la lavoratrice infortunata mentre trasportava una cassa di bottiglie che le impediva la vista.
Per la cassazione di tale decisione ricorre la C. , affidando l'impugnazione a due motivi, cui resistono la società ed i soci illimitatamente responsabili.

Diritto



Con il primo motivo, la C. denunzia omessa ed insufficiente motivazione su di un punto decisivo della controversia prospettato dall'appellante, che aveva rilevato come l'esonero totale del datore da responsabilità è previsto solo quando la condotta del dipendente presenti i caratteri dell'abnormità, inopinabilità ed esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo ed alle direttive ricevute, ovvero dell'atipicità e dell'eccezionalità.
Osserva come non possa ritenersi abnorme il comportamento di un aiuto cuoco che trasporta bottiglie dalla cucina alla dispensa e che la mancata previsione di misure di sicurezza necessitava di una maggiore argomentazione a sostegno dell'esonero da responsabilità della datrice di lavoro, non avendo quest'ultima mai fatto cenno ad eventuali istruzioni contrarie alla condotta tenuta dalla lavoratrice. La ostruzione alla vista delle scale per effetto della cassa trasportata non escludeva che essa lavoratrice fosse scivolata in conseguenza della mancanza di dispositivi antisdrucciolo.
Con il secondo motivo, la ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione dell'art. 2087 c.c. e dell'art. 48, comma 1, del d.lgs. 626/94, ai sensi dell'art. 360, n. 3, c.p.c., evidenziando come, secondo l'insegnamento della S. C, l'art. 2087 c.c. fondi un principio di carattere generale in tema di doveri di prevenzione imposti dall'ordinamento a carico del datore ed imponga al predetto non solo le particolari misure imposte tassativamente dalla legge in relazione allo specifico tipo di attività esercitata e quelle generiche imposte dalla comune prudenza, ma anche tutte le altre misure che si rendano necessarie per la tutela del lavoro in base all'esperienza ed alla tecnica. Nel caso in esame la necessità per l'aiuto cuoco di recarsi nella dispensa doveva indurre il datore a dotare i gradini di apposite listarelle antisdrucciolo idonee a tutelare l'integrità fisica del lavoratore. Peraltro, l'art. 48 del d. lgs. 626/94 stabilisce che il datore adotti le misure organizzative necessarie o ricorra ai mezzi appropriati, in particolare attrezzature meccaniche, per evitare la necessità di una movimentazione manuale dei carichi da parte dei lavoratori, laddove nessuna misura era stata adottata al riguardo. Non poteva ritenersi che il datore avesse fatto tutto il possibile per evitare il danno e che il fatto stesso di trasportare carichi che impedissero la visuale nello scendere le scale poteva concretizzare il nesso causale, non essendo tale comportamento definibile come imprevedibile, poiché connesso alle normali mansioni collegate alla qualifica ricoperta, e potendo la caduta essere evitata con l'utilizzo di un montacarichi o limitata dall'utilizzo di calzature antiscivolo e dalla predisposizione di listelle antisdrucciolo.
Il ricorso è infondato.
La Corte di Torino ha evidenziato come, non sussistendo le condizioni per l'adozione di particolari dispositivi di sicurezza, correttamente fosse stato nella specie escluso il nesso di causalità con l'accaduto, poiché la lavoratrice non era scivolata, ma la caduta era da collegare al trasporto di una cassa di bottiglie che impediva alla stessa la vista delle scale.
Quanto alla prima censura, deve rilevarsi come la responsabilità conseguente alla violazione dell'art. 2087 cod. civ. ha natura contrattuale, sicché il lavoratore che agisca per il riconoscimento del danno da infortunio, o l'Istituto assicuratore che agisca in via di regresso, deve allegare e provare la esistenza dell'obbligazione lavorativa e del danno, cioè il nesso causale di questo con la prestazione, mentre il datore di lavoro deve provare che il danno è dipeso da causa a lui non imputabile, e cioè di aver adempiuto al suo obbligo di sicurezza, apprestando tutte le misure per evitare il danno, e che gli esiti dannosi sono stati determinati da un evento imprevisto ed imprevedibile (cfr., tra le altre, Cass. 23.4.2008 n. 10529).
Secondo i principi enunciati da questa Corte di legittimità anche più di recente (cfr. Cass. 22 dicembre 2011 n. 28205, Cass. 25 febbraio 2011 n. 4656; Cass. 10 settembre 2009 n. 19494) le norme dettate in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro sono dirette a tutelare il lavoratore non solo dagli incidenti derivanti dalla sua disattenzione, ma anche da quelli ascrivibili a sue imperizia, negligenza ed imprudenza, con la conseguenza che il datore di lavoro è sempre responsabile dell'infortunio occorso al lavoratore, sia quando ometta di adottare le idonee misure protettive, sia quando non accerti e vigili che di queste misure protettive venga fatto effettivamente uso da parte del dipendente, non potendo attribuirsi alcun effetto esimente per l'imprenditore all'eventuale concorso di colpa del lavoratore, la cui condotta può comportare l'esonero totale del medesimo imprenditore da ogni responsabilità solo quando presenti i caratteri dell'abnormità ed esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo ed alle direttive ricevute, così da porsi come causa esclusiva dell'evento, essendo necessaria, a tal fine, una rigorosa dimostrazione dell'indipendenza del comportamento del lavoratore dalla sfera di organizzazione e dalle finalità del lavoro, e con esse, dell'estraneità del rischio affrontato a quello connesso alle modalità ed esigenze del lavoro da svolgere (cfr. Cass. 22.12.2011 n. 28205) cit.).
Nel caso considerato è stato correttamente evidenziato che non erano state disattese le disposizioni di sicurezza quanto ai listelli antisdrucciolo, in quanto, in base al DPR 545/1955, essi sono previsti solo per le scale doppie o a pioli e quindi di nessuna rilevanza è l'osservazione che non poteva essere escluso che la lavoratrice fosse caduta non per la mancanza di visuale ma per la mancanza dei dispositivi anzidetti, una volta accertato che il datore non dovesse ottemperare alla relativa predisposizione in relazione alla mancanza delle condizioni che ne imponessero l'adozione.
È stato anche osservato che nessuna allegazione vi era stata in ordine alla circostanza che le scale fossero scivolose e, peraltro, anche in base al richiamato art. 7 DPR 303/57, doveva, ai fini del nesso causale, essere dimostrato che le scale fossero normalmente bagnate o coperte da materiali putrescenti che imponessero la collocazione nel percorso di graticolati idonei a rendere sicuro il passaggio.
In relazione al secondo motivo, oltre a dovere ribadire le considerazioni che precedono, deve osservarsi che l'art. 48 d. lgs. 626/1994, che impone l'adozione, quando sia possibile, di attrezzature meccaniche per evitare la movimentazione manuale dei carichi, è diretto a tutelare le condizioni di salute del lavoratore connesse alla pesantezza dei carichi da trasportare, come di evince dalle previsioni di cui al quarto comma, e dal riferimento, in particolare, ai rischi di lesioni dorso - lombare e pertanto esula dall'oggetto della specifica doglianza.
Esclusa, pertanto, correttamente, la inadempienza del datore rispetto alla predisposizione di dispositivi di sicurezza, deve in conclusione ritenersi che la stessa configurabilità del comportamento abnorme non sia configurabile ai fini dell'esonero da responsabilità, essendo la mancanza di imputabilità del datore da ricollegare, piuttosto, come bene evidenziato dalla Corte del merito, alla mancanza di ogni nesso causale della caduta con la prestazione lavorativa svolta, le cui modalità non imponevano, per quanto visto, l'adozione delle cautele invocate dalla lavoratrice.
Alla stregua delle esposte considerazioni, deve pervenirsi al rigetto del ricorso.
Le spese del presente giudizio cedono, per il principio della soccombenza, a carico della C. e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.


La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore dei contro ricorrenti, delle spese del presente giudizio, liquidate in euro 100,00 per esborsi, in euro 3000,00 per compensi professionali, oltre accessori come per legge.