Cassazione Penale, Sez. 4, 27 ottobre 2014, n. 44814 - Infortunio mortale e ricorsi inammissibili





REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BRUSCO Carlo Giusepp - Presidente -
Dott. FOTI Giacomo - Consigliere -
Dott. D'ISA Claudio - Consigliere -
Dott. IZZO Fausto - Consigliere -
Dott. ESPOSITO Lucia - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza

sul ricorso proposto da:
G.P. N. IL (Omissis);
D.F. N. IL (Omissis);
DE.ME.AL. N. IL (Omissis);
C. IMPIANTI S.R.L. IN PERSONA DEL LEGALE RAPPR.TE PRO TEMPORE;
avverso l'ordinanza n. 316/2013 TRIBUNALE di PALERMO, del 02/12/2013;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCIA ESPOSITO;
lette le conclusioni del PG Dott. FRATICELLI Mari, che ha chiesto dichiararsi l'inammissibilità del ricorso


Fatto

 


1. Nell'ambito di procedimento penale relativo all'infortunio sul lavoro che aveva visto vittima N.R., il PM aveva chiesto al GIP presso il Tribunale di Palermo di disporre con incidente probatorio perizia tecnica sull'autocarro in sequestro che aveva cagionato l'evento mortale, al fine di accertare eventuali guasti dei sistemi di arresto, stabilizzazione e frenata del veicolo, ribaltatosi in una scarpata. Evidenziava il PM la indifferibilità dell'accertamento, in considerazione del continuo e irreversibile procedimento di ossidazione del mezzo, lasciato all'aperto, nonchè della sua irripetibilità, in relazione alla necessità di provvedere a smontare il veicolo sul posto. Chiedeva al Gip, altresì, di disporre perizia tecnica.

2. Il Gip rigettava la richiesta, rilevando che il PM poteva procedere con le forme di cui all'art. 360 c.p.p., salva l'opposizione da parte degli indagati. Di conseguenza il P.M. emanava avviso di accertamento tecnico non ripetibile, rispetto al quale gli indagati Ni., C., De.Me. e C. impianti formulavano riserva di promuovere incidente probatorio.

3. In sede dibattimentale, dinanzi al Tribunale di Palermo, i difensori degli imputati Ni., C., De.Me. e C. impianti hanno eccepito l'inutilizzabilità dell'accertamento tecnico non ripetibile disposto dal PM ed espletato, poichè effettuato nonostante la riserva di incidente probatorio e la ripetibilità della natura dell'accertamento. Il difensore dell'imputato G. e il difensore degli imputati precedentemente indicati hanno eccepito, altresì, l'inutilizzabilità dell'accertamento espletato per violazione del diritto di difesa, non avendovi potuto partecipare il proprio consulente, impedito per motivi di salute. I difensori di D., M. ed Enel Distribuzione s.p.a. hanno eccepito, inoltre, l'inutilizzabilità relativa del medesimo accertamento tecnico nei confronti dei propri assistiti sotto il profilo del mancato avviso di partecipazione alle attività di cui all'art. 360 c.p..

4. A fronte di tali rilievi il Tribunale osservava, quanto alla natura dell'accertamento disposto, che lo stesso doveva essere fatto rientrare nell'ambito di quelli irripetibili, derivando il carattere dell'irripetibilità dalla possibilità di mutamento dello stato dei luoghi, in relazione a una situazione modificabile nel tempo.

Evidenziava che, a norma dell'art. 360 c.p.p., comma 4, il PM non poteva procedere agli accertamenti tecnici quando era stata avanzata riserva di incidente probatorio, salvo che i suddetti accertamenti non potessero essere utilmente compiuti se differiti, derivandone la inutilizzabilità dei risultati. Accoglieva, pertanto, l'eccezione formulata nell'interesse degli imputati Ni., C., De.

M. e C. impianti. Rigettava l'eccezione di inutilizzabilità avanzata dall'imputato G., il quale non aveva formulato riserva di incidente probatorio.

5. Avverso il provvedimento propongono ricorso per cassazione con distinti atti G.P., D.F., nonchè unitariamente De.Me.Al. e C. Impianti s.r.l..

6. Il primo deduce violazione di legge e mancanza di motivazione.

Evidenzia che l'ordinanza non affronta il tema dell'accertamento della sussistenza o meno dell'impedimento fisico del consulente di parte, con ciò violando il diritto dell'esponente a partecipare alle operazioni peritali e a vedere garantito il contraddittorio nella formazione della prova.

7. D. deduce violazione di legge e mancanza di motivazione.

Osserva che egli non partecipò alle operazioni relative all'accertamento tecnico, perchè non ancora iscritto nel registro degli indagati e, una volta esercitata l'azione penale nei suoi confronti, egli sollevò eccezione di inutilizzabilità della relazione attinente all'accertamento tecnico e chiese lo stralcio dal fascicolo processuale, ribadendo l'eccezione al dibattimento ed eccependo l'inammissibilità dell'esame del consulente redattore dell'accertamento. Rileva che ex art. 431 c.p.p., l'inutilizzabilità dell'accertamento comporta che lo stesso non può essere inserito nel fascicolo del dibattimento. Evidenzia, pertanto, la conseguente violazione del principio del giusto processo quanto alla formazione della prova in contraddittorio. Osserva che il Giudice, oltre ad aver errato nell'omettere l'espunzione dal fascicolo della relazione di accertamento tecnico, in motivazione ha dato anche conto di averlo compiutamente conosciuto. Rileva che il vizio denunciato qualifica il provvedimento come abnorme e che la conservazione e la utilizzazione dell'accertamento nei confronti del G. pone un vulnus, dovendosi espletare l'istruttoria di causa nei confronti di tutte le parti, compreso il G., con ciò inevitabilmente determinandosi un condizionamento preventivo del pensiero del giudice.

8. Con ricorso congiunto il De.Me. e la C. impianti s.r.l., partendo dal rilievo che il giudice, pur accogliendo l'eccezione di inutilizzabilità, non ha disposto nulla riguardo all'espunzione dal fascicolo del dibattimento in contrasto con il disposto di cui all'art. 431, comma 1, formula doglianze sostanzialmente sovrapponibili a quelle formulate dal D..



Diritto

 

1. Va preliminarmente rilevato che il provvedimento impugnato non rientra tra quelli ricorribili secondo le norme del codice di rito.

Di conseguenza l'accesso all'esame di questa Corte non può che fondarsi sul rilievo di profili di abnormità, da individuare sulla base della situazione processuale prospettata nel ricorso, a prescindere da verifiche nel merito delle anomalie evidenziate. A fronte di atti caratterizzati da assoluta eccentricità rispetto al sistema legale (si è detto che l'abnormità può discendere da ragioni di struttura allorchè l'atto si ponga al di fuori del sistema organico della legge processuale, ovvero può riguardare l'aspetto funzionale nel senso che l'atto stesso, pur non essendo estraneo al sistema normativo, determini la stasi del processo e l'impossibilità di proseguirlo), la giurisprudenza di legittimità ha ritenuto indispensabile consentire l'impugnazione in cassazione al fine di rimuovere un provvedimento non inquadrabile nel sistema o che si pone di impedimento allo sviluppo processuale.

2. La categoria presenta indubbi caratteri di eccezionalità, in relazione alla deroga che viene attuata al principio di tassatività delle nullità (art. 177 c.p.p.) e dei mezzi di impugnazione (art. 568 c.p.p.). Così definiscono il ricorso per abnormità le Sezioni Unite di questa Corte (S.U. 26/3/2009 n. 25957 RV 243590, Toni): "è rimedio che, significativamente, racchiude in sè l'esigenza di approntare uno strumento - eventualmente alternativo e residuale rispetto a tutti gli altri rimedi che assicuri il controllo sulla legalità del procedere della giurisdizione. L'abnormità, quindi, più che rappresentare un vizio dell'atto in sè, da cui scaturiscono determinate patologie sul piano della dinamica processuale, integra - sempre e comunque - uno sviamento della funzione giurisdizionale, la quale non risponde più al modello previsto dalla legge, ma si colloca al di là del perimetro entro il quale è riconosciuta dall'ordinamento. Tanto che si tratti di un atto strutturalmente "eccentrico" rispetto a quelli positivamente disciplinati, quanto che si versi in una ipotesi di atto normativamente previsto e disciplinato, ma "utilizzato" al di fuori dell'area che ne individua la funzione e la stessa ragione di essere nell'iter procedimentale, ciò che segnala la relativa abnormità è proprio l'esistenza o meno del "potere" di adottarlo. In questa prospettiva, dunque, abnormità strutturale e funzionale si saldano all'interno di un "fenomeno" unitario".

3. Nessuno degli indicati caratteri si riscontra nelle prospettazioni dei ricorrenti con riferimento all'atto impugnato, posto che in riferimento ad esso sono evidenziati vizi attinenti alla violazione della garanzia del contraddicono nella formazione della prova o, specificamente, alla violazione delle regole di oralità e concentrazione nell'istruttoria dibattimentale (la cui eventuale esistenza verrà a riverberarsi sull'atto finale impugnabile), ma non si assume che lo stesso appaia avulso dal sistema, nè che i suoi effetti siano tali da pregiudicare lo sviluppo successivo del processo.

5. In base alle svolte argomentazioni il ricorso va dichiarato inammissibile nei confronti di tutti i ricorrenti. Ne consegue la condanna degli istanti al pagamento delle spese processuali e, non emergendo ragioni di esonero, della sanzione pecuniaria ex art. 616 c.p.p..


P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 ciascuno in favore della cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 1 ottobre 2014.

Depositato in Cancelleria il 27 ottobre 2014