Cassazione Penale, Sez. 4, 19 novembre 2014, n. 47751 - Lavori di posa di una condotta idrica. Appalto e ruolo del Committente


 

 

 

"In sede di legittimità si è reiteratamente precisato, giudicando della responsabilità dei garanti in relazione ad infortuni sul lavoro, quali siano le condizioni ricorrendo le quali il committente resta esonerato dalla penale responsabilità. Non potendo esigersi da questi un controllo pressante, continuo e capillare sull'organizzazione e sull'andamento dei lavori ceduti in appalto, ai fini della configurazione della responsabilità del committente occorre verificare in concreto quale sia stata l'incidenza della sua condotta nell'eziologia dell'evento, a fronte delle capacità organizzative della ditta scelta per l'esecuzione dei lavori, avuto riguardo alla specificità dei lavori da eseguire, ai criteri seguiti dallo stesso committente per la scelta dell'appaltatore o del prestatore d'opera, alla sua ingerenza nell'esecuzione dei lavori oggetto di appalto o del contratto di prestazione d'opera, nonchè alla agevole ed immediata percepibilità da parte del committente di situazioni di pencolo. Di conseguenza, il contratto di appalto non solleva da precise e dirette responsabilità il committente allorchè lo stesso assuma una partecipazione attiva nella conduzione e realizzazione dell'opera, in quanto, in tal caso, rimane destinatario degli obblighi assunti dall'appaltatore, compreso quello di controllare direttamente le condizioni di sicurezza del cantiere (cfr., fra le tante, Cass. Sez. 4, n. 3563 del 18/1/2012, Sez. 4, n. 14407 del 7/12/2011, dep. 2012; Sez. 4, n. 1479 del 13/11/2009, dep. 2010)."


 


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ROMIS Vincenzo - Presidente -
Dott. VITELLI CASELLA Luca - Consigliere -
Dott. PICCIALLI Patrizia Consiglie - N. 1916 -
Dott. GRASSO G. - rel. Consigliere -
Dott. MONTAGNI Andrea - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza


sul ricorso proposto da:
P.A. N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 843/2008 CORTE APPELLO di CATANIA, del 28/02/2013;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 16/10/2014 la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIUSEPPE GRASSO;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Umberto De Augustinis che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso.
Udito per la parte civile Avv. FICHERA Domenico da Catania, che si è associato alle conclusioni del PG.
Udito il difensore Avv. BONSIGNORE BARGHI Stefano il quale ha insistito per l'accoglimento del ricorso.

Fatto


1. La Corte di appello di Catania, con sentenza del 28/3/2013, in parziale riforma della sentenza emessa dal Tribunale della stessa città il 31/7/2007, ridusse la somma liquidata a titolo di provvisionale in favore delle costituite parti civili, confermando nel resto la sentenza di primo grado, la quale, giudicato P. A. colpevole del delitto di cui all'art. 589 c.p., commi 1 e 2, in relazione all'art. 21 C.d.S., perchè in qualità di amministratore unico della s.r.l. A. Sud, incaricata dei lavori di posa di una condotta idrica, per colpa generica e specifica, in violazione del nulla-osta rilasciato dal comune di Catania e della richiamata norma del C.d.S., omettendo di adeguatamente segnalare il dissesto stradale causato dai lavori in corso, aveva cagionato la morte di D.G.D., sbalzato dal motociclo, del quale aveva perso il controllo, nel percorrere, in ora notturna, quel tratto viario, riconosciute le attenuanti generiche con criterio di equivalenza, aveva condannato l'imputato alla pena stimata di giustizia.

2. Il P. ricorre per cassazione illustrando cinque motivi di censura.

2.1. Con il primo il ricorrente deduce violazione della corrispondenza tra il fatto contestato e quello ritenuto in sentenza, in quanto la Corte territoriale, accogliendo specifico motivo d'appello, aveva confermato che "fra le A. Sud e la G., c'era stato un regolare contratto d'appalto per cui ne dovrebbe conseguire la nullità della sentenza". Inoltre, il motociclo aveva perso il corretto assetto di marcia molto prima rispetto a quanto ipotizzato.

2.2. Con il successivo motivo viene negato che l'imputato si fosse in alcun modo ingerito, quale rappresentante legale della società committente (la A. Sud) nei confronti della impresa appaltatrice (la G.) e, di conseguenza, il P. non poteva rivestire ruolo di garanzia di sorta. Peraltro, soggiunge il ricorrente, non viene contestata l'idoneità dell'impresa scelta per l'effettuazione dei lavori; nè poteva confondersi il diritto, nascente dal negozio giuridico d'appalto, del committente di verificare che l'appaltatore svolga in conformità del contratto i lavori, del quale è estrinsecazione la nomina del direttore dei lavori, con l'indebita ingerenza, fonte di penale responsabilità.

2.3. Il terzo motivo, esaminando la dinamica dell'evento, esclude che l'incidente stradale fu causato dal lieve dislivello stradale procurato dallo scavo (assai meno di 10 cm.), perfettamente colmato con terriccio compattato, in attesa di essere ricoperto dal tappetino di bitume. L'elevata velocità tenuta dal motociclista, in uno al suo stato d'ebbrezza alcolica, nonostante che la zona fosse adeguatamente illuminata, dovevano considerarsi causa esclusiva dell'incidente, invece attribuito al modestissimo dislivello dalle vaghe congetture espresse dai CC intervenuti dopo la caduta del D.G.. Quanto, poi, al contributo degli esperti di settore rileva il P. che il perito d'ufficio non aveva apportato alcun elemento di conoscenza utile, mentre l'elaborato e le osservazioni del consulente tecnico della Difesa (i pochi centimetri di dislivello ben distribuiti e la deformazione del cerchione anteriore del motociclo erano incompatibili con la dinamica affermata in sentenza) non erano stati affatto presi in considerazione dalla Corte di merito.

2.4. Con la quarta censura il ricorrente si duole del fatto che la Corte etnea, pur avendo riconosciuto un concorso di colpa della vittima superiore al 15% stimato dal Tribunale, non aveva fatto luogo a puntuale quantificazione, pur riducendo la misura della provvisionale.

2.5. Con il quinto ed ultimo motivo si osserva che la prevalenza delle attenuanti generiche e il beneficio della non menzione erano stati negati assumendosi che l'imputato aveva tenuto condotta sleale, attivandosi perchè la mattina successiva lo scavo fosse asfaltato d'urgenza, così da pregiudicare approfondimento d'indagine. Un tale convincimento era privo di fondamento per più ragioni: ad asfaltare non avrebbe provveduto la A. Sud, bensì operai della G.; il teste C. non aveva dichiarato il vero, o serbava cattivo ricordo; l'asserto contrastava con le foto prodotte al dibattimento e con la data della fattura d'acquisto del bitume; non si era tenuto conto della deposizione di Co.An., legale rappresentante della G., il quale aveva spiegato che poichè il 15/7/2000 era sabato, le macchine del bitume sarebbero state disponibili solo il lunedì successivo; in ogni caso al P. non avrebbe potuto attribuirsi responsabilità alcuna "perchè la bitumazione era compito della G. e alla stessa non avrebbe potuto impedirle senza una seria ragione che nessuno mai gli ha sottoposto".

 

 

Diritto

 

3. Solo l'ultimo motivo merita di essere accolto.

La denunciata violazione del principio di corrispondenza fra il chiesto ed il pronunciato è palesemente infondata. Come risulta dallo stesso ricorso, avendo l'imputato avuto modo di conoscere ed interloquire su ogni specifico profilo dell'addebito preso poi in considerazione dal giudice, non emerge alcun vulnus difensivo.

Invero, in tema di correlazione tra imputazione contestata e sentenza, per aversi mutamento del fatto occorre una trasformazione radicale, nei suoi elementi essenziali, della fattispecie concreta nella quale si riassume l'ipotesi astratta prevista dalla legge, in modo che si configuri un'incertezza sull'oggetto dell'imputazione da cui scaturisca un reale pregiudizio dei diritti della difesa; ne consegue che l'indagine volta ad accertare la violazione del principio suddetto non va esaurita nel pedissequo e mero confronto puramente letterale fra contestazione e sentenza perchè, vertendosi in materia di garanzie e dì difesa, la violazione è del tutto insussistente quando l'imputato, attraverso l'iter del processo, sia venuto a trovarsi nella condizione concreta di difendersi in ordine all'oggetto dell'imputazione" (fra le tante, 4, 22/11/2011, n. 47474; 4, 28/6/2011, n. 36891; S.U., 15/7/2010, n. 36551; 4, 21/6/2012, n. 32746).

Non è, infatti, dubbio che al ricorrente si rimprovera, quale legale rappresentante dell'impresa (A. Sud), che aveva avuto commessa dalla S., azienda speciale del comune di Catania, la fornitura d'acqua per uso industriale, che imponeva la realizzazione di un acquedotto tra il comune di Misterbianco e la zona industriale di Catania, di aver proceduto ai lavori di collocamento della conduttura, mediante interramento, violando l'art. 21 C.d.S. e le prescrizioni impartite dal comune di Catania con il nullaosta (eseguire gli scavi senza creare intralcio alla circolazione, impegnando solo mezza carreggiata alla volta; apporre cartelli di efficace segnalazione di pericolo, orizzontali, verticali e luminosi; transennare la zona interessata ai lavori, ecc.). Resta escluso potersi affermare che la circostanza dell'avere la società da lui rappresentato stipulato, a sua volta, un contratto di appalto con la G. s.r.l. per le opere di scavo, messa in opera e connessione delle tubature, nonchè ripristino della traccia, possa importare un difetto di correlazione tra l'accusa e la sentenza di condanna, trattandosi di una descrizione fattuale inequivoca, preventivamente ben nota al P., che ha avuto modo di esercitare a pieno il proprio diritto di difesa.

Ove, poi, con la censura il ricorrente abbia inteso dolersi della diversità fattuali in ordine all'esatto punto di caduta al suolo della vittima ("al civico (OMISSIS) si apriva un passo carraio a qualche metro del quale si era arrestata la moto. La moto non aveva perso l'assetto davanti al civico 184, ma molto prima") la doglianza è ancor meno apprezzabile, trattandosi di questione attinente alla ricostruzione della dinamica del sinistro affrontata nella sede propria dalla Corte di merito e sulla quale si ritornerà per rispondere ad altra specifica censura.

3.1. Nonostante l'apprezzabile sforzo dimostrativo anche il secondo motivo non può trovare accoglimento.

In sede di legittimità si è reiteratamente precisato, giudicando della responsabilità dei garanti in relazione ad infortuni sul lavoro, quali siano le condizioni ricorrendo le quali il committente resta esonerato dalla penale responsabilità. Non potendo esigersi da questi un controllo pressante, continuo e capillare sull'organizzazione e sull'andamento dei lavori ceduti in appalto, ai fini della configurazione della responsabilità del committente occorre verificare in concreto quale sia stata l'incidenza della sua condotta nell'eziologia dell'evento, a fronte delle capacità organizzative della ditta scelta per l'esecuzione dei lavori, avuto riguardo alla specificità dei lavori da eseguire, ai criteri seguiti dallo stesso committente per la scelta dell'appaltatore o del prestatore d'opera, alla sua ingerenza nell'esecuzione dei lavori oggetto di appalto o del contratto di prestazione d'opera, nonchè alla agevole ed immediata percepibilità da parte del committente di situazioni di pencolo. Di conseguenza, il contratto di appalto non solleva da precise e dirette responsabilità il committente allorchè lo stesso assuma una partecipazione attiva nella conduzione e realizzazione dell'opera, in quanto, in tal caso, rimane destinatario degli obblighi assunti dall'appaltatore, compreso quello di controllare direttamente le condizioni di sicurezza del cantiere (cfr., fra le tante, Cass. Sez. 4, n. 3563 del 18/1/2012, Sez. 4, n. 14407 del 7/12/2011, dep. 2012; Sez. 4, n. 1479 del 13/11/2009, dep. 2010).

Nel caso di specie, il P., così assumendo ruolo di garanzia in favore dei terzi, si era obbligato personalmente con il comune di Catania al rispetto scrupoloso delle cautele prevenzionali del caso e in special modo ad apporre la completa segnaletica di pericolo prevista. Inoltre, le opere non erano di esclusiva competenza della G., stante che la committente si era riservata di fornire la conduttura, e l'opera di saldatura dei relativi tranci, di pari passo con l'andamento dello scavo, sorgendo, così, all'evidenza una esigenza di coordinamento, vigilanza e verifica certamente esuberante rispetto ai poteri del nudo committente. Da questa speciale ingerenza, giustificata dalla parzialità dell'appalto e dagli obblighi assunti nei confronti del comune di Catania, deriva la sussistenza del ruolo di garanzia nei confronti degli utenti della strada in capo all'imputato, ovviamente, nell'eventuale concorso di responsabilità altrui. Questo nucleo motivazionale essenziale risulta essere stato colto dalla Corte territoriale, dovendosi considerare erroneo, ma ininfluente, il riferimento alla condotta di mera verifica circa l'andamento dei lavori e la nomina del direttore dei lavori, compatibili, invece, con i diritti del committente derivanti dal contratto d'appalto.

3.2. Il successivo motivo di doglianza, volto a contestare la ricostruzione del fatto operata dalla Corte catanese, non mostra di aver tenuto in adeguato conto la norma processuale la quale consente riesame in sede di legittimità del percorso motivazionale (salvo l'ipotesi dell'inesistenza) nei soli casi in cui lo stesso si mostri manifestamente (cioè grossolanamente, vistosamente, ictu oculi) illogico o contraddittorio, dovendo, peraltro, il vizio risultare, oltre che dalla medesima sentenza, da specifici atti istruttori, espressamente richiamati (art. 606, comma 1, lett. e).

Peraltro, in questa sede non sarebbe consentito sostituire la motivazione del giudice di merito, pur anche ove il proposto ragionamento alternativo apparisse di una qualche plausibilità.

Sull'argomento può richiamarsi, fra le tante, la seguente massima, tratta dalla sentenza n. 15556 del 12/2/2008 di questa Sezione, particolarmente chiara nel delineare i confini del giudizio di legittimità sulla motivazione: Il nuovo testo dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), come modificato dalla L. 20 febbraio 2006, n. 46, con la ivi prevista possibilità per la Cassazione di apprezzare i vizi della motivazione anche attraverso gli "atti del processo", non ha alterato la fisionomia del giudizio di cassazione, che rimane giudizio di legittimità e non si trasforma in un ennesimo giudizio di merito sul fatto. In questa prospettiva, non è tuttora consentito alla Corte di cassazione di procedere a una rinnovata valutazione dei fatti ovvero a una rivalutazione del contenuto delle prove acquisite, trattandosi di apprezzamenti riservati in via esclusiva al giudice del merito. Il "novum" normativo, invece, rappresenta il riconoscimento normativo della possibilità di dedurre in sede di legittimità il cosiddetto travisamento della prova, finora ammesso in via di interpretazione giurisprudenziale: cioè, quel vizio in forza del quale la Cassazione, lungi dal procedere a un'inammissibile rivalutazione del fatto e del contenuto delle prove, può prendere in esame gli elementi di prova risultanti dagli atti onde verificare se il relativo contenuto sia stato o no "veicolato", senza travisamenti, all'interno della decisione.

Il Giudice d'appello, esaminate le emergenze istruttorie, alle pagg. 16 e ss, ha esaustivamente, e senza incorrere in incongruenze logiche, descritto la dinamica dell'incidente, vagliando l'apporto del perito, dei consulenti della Difesa, la documentazione fotografica, le dichiarazioni testimoniali, qualificando lo stato dei luoghi come una tipica insidia stradale, poichè "la presenza del dislivello, non adeguatamente segnalato da cartelli di qualsiasi tipo nel senso di marcia percorso dalla vittima al momento dell'incidente, stante la non ultimazione dei lavori a causa della mancanza della necessaria asfaltatura dello scavo, aveva rappresentato per il conducente una turbativa in assenza della quale l'incidente non si sarebbe verificato". Prescindendo dalla circostanza che il luogo fosse illuminato o meno ed elevando a mera congettura priva di alcun fondamento il tentativo difensivo di attribuire l'incidente alla presenza di un veicolo proveniente dall'opposto senso di marcia, la corte territoriale, inoltre, spiega compiutamente (pag. 18) perchè la deformazione del cerchione della ruota anteriore, pur non da porsi in diretta relazione con l'impatto con il dislivello del tratto non asfaltato, doveva ritenersi del tutto compatibile con il complessivo svolgimento dell'incidente, in uno al punto di quiete della moto e del corpo. Infine, risponde ad un valutazione di merito in questa sede intangibile l'avere affermato che il tasso alcolemico riscontrato nel sangue della vittima (0,95 g/l), la velocità eccessiva e l'assenza di casco costituirono concause da sole non sufficienti a provocare l'evento.

3.3. Manifestamente infondata risulta la quarta censura. La Cassazione ha avuto modo di spiegare che il giudice penale non è obbligato alla specificazione quantitativa del concorso di colpa della vittima (Sez. 4, n. 31346 del 18/6/2013); spetterà, poi, al giudice civile una precipua analisi sul punto. Peraltro, esattamente al contrario dell'assunto impugnatorio, la Corte di merito alla pagina 20 ha proceduto ad una tale quantificazione, stimando il concorso di colpa della vittima in misura non inferiore al 40%.

3.4. Come si è anticipato l'ultimo motivo è fondato.

Le contestazioni mosse dal ricorrente in ordine alla portata e al vaglio delle testimonianze e alla valutazione di foto e documenti, largamente in fatto e, per un verso aspecifiche (non contestano analiticamente la motivazione resa sul punto dal Giudice) e, per altro verso, non autosufficienti (alla Corte di legittimità non è dato conoscere l'esatto contenuto delle deposizioni evocate), non colgono nel segno.

Tuttavia, non par dubbio al Collegio che la Corte territoriale non ha adempiuto all'onere di dimostrare la sleale condotta dell'imputato (unica ragione per la quale è stata esclusa la prevalenza delle attenuanti generiche e la meritevolezza della non menzione). Infatti, la bitumazione sarebbe stata operata dalla G., impresa appaltatrice, e, quindi, sarebbe occorso dimostrare che artefice, o, perlomeno, istigatore o suggeritore della condotta diretta ad inquinare le prove era stato il P., non bastando a dimostrare ciò l'apodittico asserto secondo il quale l'imputato non poteva essere all'oscuro dell'operazione "stante il suo costante interessamento ai lavori e la sua presenza sul luogo dell'Incidente il giorno dell'accaduto". Invero, per la prima parte l'affermazione costituisce un assioma fondato sul sospetto mero e, per la seconda parte, si appalesa illogica, in quanto la circostanza che il P. si sia recato sul luogo dell'incidente, appena avvertito della gravita dello stesso, appare ampiamente giustificato e da essa non deriva quale conseguenza che abbia necessariamente influito sulla decisione di bitumare al più presto lo scavo.

In conseguenza di quanto immediatamente sopra esposto la sentenza impugnata deve essere annullata perchè il giudice del rinvio rivaluti il punto riguardante il giudizio di comparazione predetto e quello attinente alla meritevolezza della non menzione.

4. L'epilogo impone condanna del ricorrente al rimborso delle spese legali in favore delle parti civili, essendo rimasta confermata la responsabilità del medesimo, nella misura, vista la notula, ritenuta congrua di cui in dispositivo.


P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente alle questioni concernenti il giudizio di comparazione fra le attenuanti generiche e la contestata aggravante ed il beneficio della non menzione. Rinvia per nuovo esame al riguardo ad altra Sezione della Corte di Appello di Catania.

Rigetta nel resto il ricorso e per l'effetto condanna il ricorrente a rimborsare alle costituite parti civili le spese sostenute per questo giudizio che liquida in complessivi Euro 3.500,00 oltre accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 16 ottobre 2014.

Depositato in Cancelleria il 19 novembre 2014