Categoria: Cassazione penale
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  • Datore di Lavoro
  • Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione
  • Informazione, Formazione, Addestramento
  • Delega di Funzione
  • Infortunio sul Lavoro
 
Responsabilità  di un datore di lavoro, che svolgeva anche il ruolo di RSPP, per infortunio occorso a sua dipendente - Mancata informazione, formazione e addestramento della lavoratrice - Sussiste.
 
La Corte afferma che " evocare in tal modo l'assoluta eccezionalità dell'evento e la sua imputabilità a caso fortuito non coglie nel segno, a sol considerare che, quand'anche il compimento delle operazioni di pulizia del filtro a caldo, l'uso di friggitrici con manici difficilmente impugnabili e di guanti di un'unica dimensione siano effettivamente procedure e utensili imposti dalla (OMISSIS) in sede mondiale, ciò non farebbe certo venir meno la responsabilità dell' A., in quanto datore di lavoro della F., in applicazione del principio generale, icastacamente espresso nell'art. 2087 c.c., per cui l'imprenditore è garante della integrità fisica e della personalità morale dei prestatori di lavoro."
 
E ancora:

"la mancanza di un trasferimento degli obblighi di prevenzione, assicurazione e sorveglianza gravanti sul datore di lavoro, idoneo a scriminare l' A., si evince anche, a tacer d'altro, dalla genericità della allegazione del S. di avere anche una certa autonomia di spesa, laddove l'atto di delega, per produrre gli invocati effetti esonerativi, deve essere espresso, inequivoco e certo; deve investire persona tecnicamente capace, che abbia accettato lo specifico incarico e che sia dotata delle necessarie cognizioni tecniche e dei relativi poteri decisionali e di interventoo, ribadendosi peraltro la perdurante vigenza, in ogni caso, dell'obbligo per il datore di lavoro di vigilare e di controllare che il delegato usi, poi, concretamente la delega, secondo quanto la legge prescrive (Cass. pen., sez. 4^, 19 giugno 2006, n. 38425).
Ciò è tanto più vero nella fattispecie, in cui la mancanza di procedure e strumenti di lavoro idonei a scongiurare il pericolo di infortuni riguardavano aspetti dell'organizzazione generale del lavoro, sì da rientrare nella sfera di intervento tipica e propria dell'imprenditore."

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BRUSCO Carlo Giuseppe - Presidente -
Dott. FOTI Giacomo - Consigliere -
Dott. AMENDOLA Adelaide - Consigliere -
Dott. BRICCHETTI Renato - Consigliere -
Dott. BLAIOTTA Rocco Marco - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
1) A.P. N. IL (OMISSIS);
avverso SENTENZA del 02/02/2006 CORTE APPELLO di CATANZARO;
visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione fatta dal Consigliere Dott. AMENDOLA ADELAIDE;
Udito il Procuratore generale, Dott. CEDRANGOLO Oscar, che ha chiesto l'annullamento senza rinvio della impugnata sentenza, relativamente alle imputazioni di cui ai capi b) e c), in quanto estinti per
prescrizione e l'annullamento con rinvio per il capo a);
Udito il difensore della parte civile, avvocato Corridoni, che ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso;
Udito il difensore dell'imputato, avvocato ARICO' GIOVANNI, che ha chiesto l'accoglimento del ricorso.

FattoDiritto
1.1 Con sentenza del 29 novembre 2004 il Tribunale di Cosenza dichiarava A.P. colpevole del reato di cui all'art. 590 c.p., commi 1, 2 e 3, commesso in (OMISSIS) in danno di F.M.F., nonchè dei reati di cui al D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 37, comma 1, lett. a), art. 68, comma 1, lett. b) e art. 89, comma 2, lett. b), e, concesse le attenuanti generiche equivalenti alle contestate aggravanti, lo condannava a pena ritenuta di giustizia.
Proposto gravame, la Corte d'appello di Catanzaro, in data 2 febbraio 2006, confermava l'impugnata pronuncia.
L'imputato era stato tratto a giudizio con l'accusa che, quale amministratore unico di American Food s.r.l., gestore del punto (OMISSIS) sito in (OMISSIS), e datore di lavoro di F.M.F., per colpa generica e specifica, aveva cagionato alla stessa una contusione alla mammella sinistra, con conseguente resezione parziale dei dotti galattofori e indebolimento permanente dell'organo dell'allattamento: la lavoratrice si era invero infortunata perchè, nel trasportare il filtro dalla base della friggitrice al lavello, al fine di evitarne la caduta provocata dal peso e dalla difficile impugnabilità dell'utensile, lo aveva trattenuto portandolo verso il proprio corpo, così procurandosi le lesioni innanzi descritte.
Quale profilo di colpa specifica era stato ascritto all'imputato di non avere predisposto che l'operazione di filtraggio dell'olio della friggitrice venisse eseguito a macchina freddaa, alternativa che avrebbe reso non necessario il ricorso ai guanti anti-calore;
nel non avere informato la dipendente in ordine alle condizioni di impiego della friggitrice, anche sulla base di esperienze già acquisite e nel non averle inoltre fornito guanti termoresistenti commisurati alle dimensioni delle mani, in violazione del D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 37, comma 1, lett. a) e art. 68, comma 1, lett. b).
In motivazione il giudicante rilevava che si era dato corso alla rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale con la sola acquisizione delle produzioni documentali, mentre erano stati ritenuti non necessari, ai sensi dell'art. 603 c.p.p., gli ulteriori mezzi di prova dedotti dalla difesa dell' A., alla luce delle risultanze probatorie del processo di prime cure.
Osservava quindi che era assolutamente condivisibile il giudizio formulato nella sentenza impugnata in punto di derivazione diretta e immediata della patologia riportata dalla F. al violento urto del filtro dell'olio contro la mammella;
di estraneità delle mansioni dalla stessa espletate al momento dell'infortunio a quelle per le quali era stata assunta;
di mancato espletamento nella struttura aziendale di corsi volti a illustrare tempi, modalità e tecniche per operare la pulizia del filtro dell'olio in condizioni di sicurezza nonchè di inadeguatezza dei presidi attraverso i quali tali operazioni venivano svolte.
La Corte affermava anche che era l'imputato il soggetto responsabile del servizio di prevenzione e sicurezza del punto (OMISSIS), non avendo lo stesso prodotto la documentazione necessaria a dimostrare che le relative funzioni erano state delegate al S..
Riteneva infine che la gravità del fatto giustificasse la reiezione del beneficio della non menzione.
1.2 Propone ricorso per cassazione A.P..
Premesse articolate argomentazioni sull'accoglimento solo parziale, da parte della Corte d'appello, della richiesta di rinnovazione della istruzione dibattimentale, non avendo il giudice del gravame dato accesso alla audizione di testi la cui esistenza era emersa successivamente alla sentenza di primo grado e che erano in grado di riferire in ordine alla posizione di garanzia esercitata dal preposto, signor S., e segnatamente alla delega di attribuzioni, in materia di misure di sicurezza, allo stesso conferita, l'impugnante chiede l'annullamento della pronuncia della Corte d'appello, denunciando l'insufficiente approccio del giudice di merito con l'elemento del nesso eziologico tra l'infortunio occorso alla lavoratrice e la patologia riscontrata.
Sul punto, ricordato che il sinistro si sarebbe verificato il 7 settembre del 2002, mentre solo il 12 successivo era stata diagnosticata la mastite pretesamente conseguita alla lesione, evidenzia che, secondo il consulente della difesa, era praticamente impossibile che questa fosse stata determinata dall'infortunio in ipotesi occorso alla lavoratrice ed estremamente improbabile che la dolenzia si fosse prodotta solo a distanza di qualche giorno dal fatto.
Sostiene anche il ricorrente che il giudice di merito avrebbe errato nel non considerare che le mansioni svolte dalla persona offesa erano ricomprese nella qualifica di crew, contrattualmente alla stessa attribuita;
che la friggitrice poteva essere pulita solo a caldo;
che i guanti disponibili al momento del fatto erano di misura standard su tutto il territorio nazionale;
che la F. aveva ricevuto e riceveva periodicamente adeguato addestramento, circostanza, quest'ultima, sulla quale era stata chiesta l'audizione di testi e del consulente di parte.
Avrebbe ancora errato il giudice di merito nell'escludere che fosse stata concessa una valida delega di funzioni in materia di sicurezza al S., benchè questi avesse dichiarato di essere gestore del punto vendita;
di avere seguito corsi di addestramento specifici e di avere autonomia di spesa, circostanze che emergevano altresì dalla documentazione prodotta, di modo che, opinando diversamente, il decidente sarebbe incorso nel vizio di travisamento del fatto.
Con altro motivo l'impugnante denuncia violazione di legge, nonchè mancanza di motivazione, in ordine al diniego del beneficio della non menzione, fondato su una indimostrata protrazione della inosservanza degli obblighi di prevenzione, specificamente contestata nell'atto di appello, senza che alcuna risposta fosse stata dal decidente offerta sul punto.
2.1 Il ricorso deve essere rigettato.
Prive di fondamento sono anzitutto le serrate critiche formulate dal ricorrente al mancato accoglimento della richiesta di audizione di testi in ordine alla pretesa delega al S. delle attribuzioni in materia di sicurezza.
Si ricorda in proposto che la rinnovazione del dibattimento in appello è governata dalla norma racchiusa nell'art. 603 c.p.p., comma 1, e cioè dal principio per cui l'assunzione di nuove prove è disposta solo quando il giudice ritiene di non essere in grado di decidere allo stato degli attii.
E invero gli istituti della rinnovazione del dibattimento in grado di appello (art. 603 c.p.p.) e quello dell'acquisizione di una prova decisiva (art. 495 c.p.p.) sono strettamente complementari nel senso che, tenuto conto del carattere eccezionale del primo, si fa luogo alla rinnovazione del dibattimento solo allorchè la prova da acquisire abbia il carattere della "decisività", il che implica il giudizio del decidente di non essere in grado di pervenire a una decisione sulla base degli elementi probatori raccolti in primo grado (confr. Cass. pen., 19 novembre 2004, n. 1289; Cass. pen., sez. 6^, 19 ottobre 2004, n. 7544).
Nella fattispecie non solo il compendio probatorio acquisito consentiva di ricostruire l'assetto delle attribuzioni in materia antinfortunistica in maniera coerente alle dimensioni del contesto imprenditoriale di riferimento, ma la stessa prospettazione dell'impugnante in punto di scoperta di nuovi testi, dopo la pronuncia della sentenza di primo grado, era ed è scarsamente credibile, tenuto conto del fatto che le responsabilità in subiecta materia, lungi dall'essere tenute riservate, sono solitamente bene evidenziate negli ambienti di lavoro.
Prima di passare all'esame delle censure attinenti al merito della decisione della Corte d'appello, sembra opportuno ricordare che, per giurisprudenza consolidata di questo Supremo Collegio, allorchè le sentenze di primo e di secondo grado concordino nell'analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento delle rispettive decisioni, la struttura motivazionale della sentenza di appello si salda con quella precedente per formare un unico, complesso corpo argomentativoo (Cass. pen., sez. 1^, 26 giugno 2000, n. 8868).
E ciò tanto più laddove, come nella fattispecie, il giudice del gravame si richiami espressamente e integralmente alla ricostruzione dei fatti operata dal primo decidente, limitandosi all'analisi critica delle doglianze prospettate dall'impugnante.
Il ricorrente contesta in primis che sia ravvisabile il necessario nesso eziologico tra la patologia diagnosticata alla lavoratrice e l'infortunio alla stessa occorso.
Svolge poi articolate argomentazioni a sostegno della assoluta adeguatezza e regolarità dell'ambiente di lavoro in cui la vittima operava, nonchè della inerenza delle mansioni svolte al profilo professionale nel quale era inquadrata.
Ritiene il collegio che le critiche non abbiano pregio.
Il giudice di merito ha invero esplicitato in maniera esaustiva e convincente, sulla scorta di rilievi tecnici ineccepibili, le ragioni per le quali doveva ritenersi che la mastite insorta nella F. fosse stata determinata dal violento impatto del filtro contro il seno, altresì evidenziando le gravi lacune in punto di presidi di sicurezza, riscontrabili nell'organizzazione aziendale nella quale la lavoratrice era inserita.
Nè la persuasività di tali rilievi può essere scalfita dalla ripetuta, pretesa, omogeneità di tale organizzazione, a quella di tutti gli altri (OMISSIS) della catena: il trasparente fine dell'impugnante di evocare in tal modo l'assoluta eccezionalità dell'evento e la sua imputabilità a caso fortuito non coglie nel segno, a sol considerare che, quand'anche il compimento delle operazioni di pulizia del filtro a caldo, l'uso di friggitrici con manici difficilmente impugnabili e di guanti di un'unica dimensione siano effettivamente procedure e utensili imposti dalla (OMISSIS) in sede mondiale, ciò non farebbe certo venir meno la responsabilità dell' A., in quanto datore di lavoro della F., in applicazione del principio generale, icastacamente espresso nell'art. 2087 c.c., per cui l'imprenditore è garante della integrità fisica e della personalità morale dei prestatori di lavoro.
Ne deriva che le censure dell'impugnante, dove non sollecitano una rilettura degli elementi istruttori preclusa in questa sede di legittimità, partono da una interpretazione della portata e della incidenza degli obblighi antinfortunistici assolutamente sbagliata.
2.2 Le considerazioni innanzi svolte consentono di risolvere agevolmente anche le problematiche inerenti alla pretesa esistenza di una valida delega al S. delle funzioni in materia di sicurezza.
Si è già detto della assoluta plausibilità della valutazione del contesto probatorio effettuata, sul punto, dal giudice di merito.
Non è superfluo aggiungere che la mancanza di un trasferimento degli obblighi di prevenzione, assicurazione e sorveglianza gravanti sul datore di lavoro, idoneo a scriminare l' A., si evince anche, a tacer d'altro, dalla genericità della allegazione del S. di avere anche una certa autonomia di spesa, laddove l'atto di delega, per produrre gli invocati effetti esonerativi, deve essere espresso, inequivoco e certo; deve investire persona tecnicamente capace, che abbia accettato lo specifico incarico e che sia dotata delle necessarie cognizioni tecniche e dei relativi poteri decisionali e di interventoo, ribadendosi peraltro la perdurante vigenza, in ogni caso, dell'obbligo per il datore di lavoro di vigilare e di controllare che il delegato usi, poi, concretamente la delega, secondo quanto la legge prescrive (Cass. pen., sez. 4^, 19 giugno 2006, n. 38425).
Ciò è tanto più vero nella fattispecie, in cui la mancanza di procedure e strumenti di lavoro idonei a scongiurare il pericolo di infortuni riguardavano aspetti dell'organizzazione generale del lavoro, sì da rientrare nella sfera di intervento tipica e propria dell'imprenditore.
2.3 Infine non è vero che il giudice di merito non abbia motivato o abbia motivato con argomentazioni non pertinenti il diniego del beneficio della non menzione:
questo è stato invero negato in ragione della gravità del fatto.
La motivazione, sintetica ma appagante, è sufficiente perchè la relativa valutazione sfugga al sindacato di questa Corte.
In definitiva, mentre le imputazioni di cui ai capi b) e c) della rubrica devono essere dichiarate estinte per prescrizione, il ricorso deve essere nel resto rigettato.
Segue la condanna del ricorrente a rifondere le spese sostenute dalla costituita parte civile, nella misura di cui al dispositivo.

P.Q.M.
La Corte di cassazione annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente ai capi b) e c), per essere i reati estinti per prescrizione.
Rigetta nel resto il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese in favore della parte civile, che liquida in Euro 2.000,00, oltre IVA, CPA e spese generali, come per legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 10 luglio 2008.
Depositato in Cancelleria il 3 ottobre 2008