Cassazione Penale, Sez. 4, 17 dicembre 2014, n. 52455 - Caduta di un albero e infortunio mortale. Più posizioni di garanzia e ciascuno responsabile per intero dell'obbligo di impedire l'evento


 

 

 

Presidente Zecca – Relatore Dell’Utri

Fatto



1. Con sentenza resa in data 27/5/2013, la Corte d'appello di Genova ha confermato la decisione in data 14/3/2001 con la quale il Tribunale di La Spezia ha condannato C.L. , B.S. e D.R. alla pena di sei mesi di reclusione ciascuno, in relazione al reato di omicidio colposo commesso, in violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, ai danni di Ca.Lu. , in (omissis).
Agli imputati - nelle rispettive qualità 1) di Presidente del consiglio di amministrazione della cooperativa “La Fratellanza B.” (la C. ); 2) di capo cantiere, preposto della cooperativa “A.” e responsabile del cantiere ove l'infortunio ebbe a verificarsi (il B. ); 3) di responsabile del Servizio Prevenzione e Protezione del consorzio “L.”, nonché di coordinatore (in via di fatto) per la sicurezza in fase di esecuzione dei lavori (il D. ) - era stata originariamente contestata la violazione dei tradizionali parametri della colpa generica, nonché l'inosservanza delle norme di colpa specifica richiamate nei rispettivi capi d'imputazione, per aver omesso di predisporre le adeguate misure di prevenzione idonee a ridurre al minimo i rischi per la sicurezza dei lavoratori, nonché di vigilare sull'esecuzione dell'attività lavorativa e delle relative modalità di svolgimento, oltre che di informare e di istruire i lavoratori sui rischi connessi al-le lavorazioni di taglio degli alberi in corso di esecuzione in loco.
In particolare, per effetto delle omissioni ascritte a ciascuno degli imputati, nel corso dell'attività di taglio di taluni alberi che i lavoratori della cooperativa “La Fratellanza B.” stavano eseguendo a stretto contatto con i lavoratori della cooperativa “A.” (cui apparteneva il lavoratore deceduto), nel quadro delle attività delle diverse cooperative unitariamente organizzate attraverso il consorzio “L.” (appaltatore della provincia spezzina per la manutenzione dell'alveo del fiume (…)), un albero appena tagliato da un lavoratore della cooperativa “La Fratellanza B.” si era abbattuto sul Ca. provocandone il decesso.
Avverso la sentenza d'appello, a mezzo dei rispettivi difensori, hanno proposto ricorso per cassazione tutti e tre gli imputati.
2. C.L. propone ricorso sulla base di due motivi d'impugnazione. Con il primo motivo, la ricorrente censura la sentenza impugnata per vizio di motivazione, avendo la corte territoriale erroneamente e contraddittoriamente trascurato, nel pronunciare la condanna dell'imputata, la circostanza costituita dall'avvenuta delega delle funzioni in materia antinfortunistica in capo a D.R. , quale responsabile della sicurezza del consorzio “L.”, nonché in capo a B.S. , quale capo cantiere e preposto della cooperativa “A.”, società aderente al consorzio “L.” appaltatore per la manutenzione dell'alveo dei fiumi (…) e (…).
Sotto altro profilo, la ricorrente si duole della mancata considerazione, da parte della corte territoriale, dell'avvenuta assoluzione, in sede penale, del lavoratore ch'ebbe a procedere al taglio dell'albero poi crollato sul lavoratore deceduto, con la conseguente conferma, anche per questa via, dell'insussistenza di alcun rilievo contestabile all'imputata, a sua volta autrice del piano operativo di sicurezza della cooperativa “Fratellanza B.”.
Con il secondo motivo, la C. censura la sentenza impugnata per vizio di motivazione, per avere la Corte d'appello omesso di giustificare adeguatamente la mancata concessione, in termini di prevalenza sulle contestate aggravanti, delle circostanze attenuanti generiche alla stessa concesse.
3. B.S. propone ricorso sulla base di tre motivi d'impugnazione.
Con il primo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione di legge, avendo la corte territoriale erroneamente omesso di rilevare l'inutilizzabilità delle dichiarazioni de relato rese dagli organi di polizia giudiziaria con riguardo alle mansioni e alla condotta del B. , siccome basate sulle testimonianze rese da persone ascoltate a sommarie informazioni nel corso delle indagini preliminari.
Allo stesso modo, il ricorrente si duole dell'omesso riconoscimento dell'inutilizzabilità della documentazione relativa all'organigramma aziendale della cooperativa A. del 19/4/2004, siccome creata nel corso delle indagini preliminari e inammissibilmente acquisita agli atti del giudizio in sostituzione delle dichiarazioni del legale rappresentante della cooperativa.
Con il secondo motivo, il ricorrente si duole del vizio di motivazione in cui sarebbe incorsa la sentenza impugnata, per aver confermato la responsabilità del B. nonostante il contestuale accertamento delle responsabilità della C. e del D. , in presenza delle quali nessuna ulteriore influenza causale poteva essere ascritta alla condotta del B. , essendosi del tutto esaurita, l'intera vicenda che condusse al sinistro de quo, al di fuori delle possibilità di controllo e di intervento dell'imputato.
Con il terzo e ultimo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione di legge, avendo la corte territoriale erroneamente affermato la responsabilità del B. per il mancato coordinamento delle attività delle cooperative impegnate nel medesimo luogo di lavoro, in contrasto con le specifiche attribuzioni dello stesso imputato, nella specie limitate al disbrigo delle sole funzioni di preposto di una singola società, con l'esclusione di alcun ruolo dirigenziale idoneo a giustificare l'eventuale interferenza con l'organizzazione delle attività di lavoro di altra impresa.
4.1. Con un primo ricorso, a firma dell'avv.to Paolo Coli, D.R. contesta la sentenza d'appello sulla base di due motivi d'impugnazione.
Con il primo motivo, il ricorrente censura la sentenza d'appello per violazione di legge, avendo la corte territoriale omesso di rilevare l'insussistenza, a carico del responsabile del servizio di prevenzione e protezione (concretamente rivestito dal D. ), di alcuna formale posizione di garanzia in relazione all'osservanza della normativa antinfortunistica, trattandosi di una figura di mero ausilio del datore di lavoro.
Quanto all'imputazione sollevata a carico del ricorrente a titolo di coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione dei lavori (in ipotesi assunta in via di fatto dal D. ), il ricorrente ha dedotto la radicale inapplicabilità, al caso di specie, della disciplina di cui al d.lgs. n. 494/96, da ritenersi peraltro del tutto irrilevante in termini concreti, in mancanza dei requisiti normativi previsti per la nomina di un coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione (essendone in ogni caso mancata la nomina nelle forme prescritte dalla legge) e in assenza di qualsivoglia iniziativa formale in tal senso assunta dalla provincia di La Spezia committente dei lavori.
Con il secondo motivo, il ricorrente censura la sentenza d'appello per violazione di legge e vizio di motivazione, per avere la corte territoriale confermato la responsabilità dell'imputato nonostante allo stesso non fosse mai stato contestato l'esercizio scorretto delle funzioni di direttore tecnico o di direttore di cantiere (ai sensi del decreto ministeriale n. 145/2000), né fosse mai stato rilasciato allo stesso un mandato del consorzio “L.” destinato a conferirgli le corrispondenti funzioni.
Sotto altro profilo, il ricorrente contesta la sentenza impugnata nella parte in cui afferma la responsabilità del D. per aver trascurato di affrontare e risolvere i problemi e le disfunzioni relative alle interferenze tra le imprese impegnate nel medesimo cantiere, senza tener conto dell'estraneità di tali incombenze all'ambito delle mansioni proprie del responsabile del servizio di prevenzione e protezione; figura, quest'ultima, qualificabile alla stregua di un mero consulente del datore di lavoro, privo di alcuna posizione di garanzia in relazione alla predisposizione delle misure antinfortunistiche e alla vigilanza sulla sicurezza dei prestatori di lavoro.
4.2. Con un secondo ricorso, a firma dell'avv.to Valerio Pisani, il D. contesta la sentenza d'appello sulla base di quattro motivi d'impugnazione.
Con il primo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione di legge, avendo la corte territoriale ritenuto inapplicabile, al caso di specie, la disciplina di cui al d.lgs. n. 494/96, senza alcuna adeguata giustificazione.
Con il secondo motivo, il ricorrente si duole del travisamento delle norme in cui sarebbe incorsa la corte territoriale per aver trascurato l'inesistenza di alcun rapporto di lavoro dipendente tra il D. e il consorzio 'L.', la cui posizione processuale sarebbe, peraltro, giustificata unicamente in ragione della richiesta risarcitoria avanzata dalla parte civile.
Con il terzo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per manifesta illogicità della motivazione, attesa l'estraneità delle argomentazioni articolate dalla corte d'appello a sostegno della condanna pronunciata a carico dell'imputato, rispetto all'effettivo spessore delle responsabilità in concreto affidate al D. .
Da ultimo, il ricorrente censura la sentenza impugnata, per avere la corte territoriale omesso di rilevare l'insussistenza del reato contestato all'imputato e per aver determinato la pena allo stesso inflitta sulla base di un'insufficiente giustificazione, avendo omesso di motivare adeguatamente la decisione assunta circa l'esclusione della prevalenza delle circostanze attenuanti generiche, pur riconosciute in favore dell'imputato, rispetto alle contestate aggravanti.

Diritto



5. Il ricorso proposto da C.L. è infondato.
Devono essere in primo luogo disattese le doglianze avanzate dalla ricorrente con riguardo al mancato rilievo, da parte della corte territoriale, della circostanza costituita dall'avvenuta delega delle funzioni in materia antinfortunistica, da parte della C. , in capo al D. , quale responsabile della sicurezza del consorzio “L.”, nonché in capo al B. , quale capocantiere e preposto della cooperativa A.; nonché con riguardo alla mancata considerazione, nella prospettiva dell'innocenza dell'imputata, dell'avvenuta assoluzione del lavoratore ch'ebbe a procedere al taglio dell'albero poi crollato sul lavoratore deceduto.
Su ciascuno di tali punti, la corte territoriale, con motivazione immune da vizi d'indole logica o giuridica, ha correttamente evidenziato l'irrilevanza delle argomentazioni concernenti le pretese deleghe al D. o al B. , atteso che nessuno dei due soggetti aveva intrattenuto rapporti formali con la cooperativa “Fratellanza B.” (di cui l'imputata rivestiva la qualifica di presidente del consiglio di amministrazione), e dovendo ritenersi applicabili, al caso di specie, i principi generali in materia di sicurezza sul lavoro, con particolare riguardo alla disposizione dell'art. 7 della legge n. 626/94, laddove si prevede che tutti i datori di lavoro (ivi compresi quelli riguardanti eventuali società subappaltatrici) hanno l'obbligo di promuovere il coordinamento tra i lavoratori appartenenti a diverse società.
Nel caso di specie, secondo il progetto operativo di sorveglianza della cooperativa de quo, l'impegno a curare la sicurezza dei lavoratori era previsto a carico del capo cantiere della cooperativa responsabile, la cui mancata nomina ha avuto come conseguenza la ricaduta di tale obbligo in capo all'imputata.
Sotto altro profilo, del tutto correttamente la corte territoriale si è richiamata al consolidato insegnamento della giurisprudenza di legittimità, ai sensi del quale, in tema di reati omissivi colposi, se più sono i titolari della posizione di garanzia (nella specie, relativamente al rispetto della normativa antinfortunistica sui luoghi di lavoro), ciascuno è, per intero, destinatario dell'obbligo giuridico di impedire l'evento, con la conseguenza che, se è possibile che determinati interventi siano eseguiti da uno dei garanti, è, però, doveroso per l'altro o per gli altri garanti, dai quali ci si aspetta la stessa condotta, accertarsi che il primo sia effettivamente intervenuto (Sez. 4, Sentenza n. 45369 del 27/12/2010, Rv. 249072; cfr. altresì Sez. 4, Sentenza n. 18826 del 09/02/2012, Rv. 2538501, secondo cui, in tema di infortuni sul lavoro, qualora vi siano più titolari della posizione di garanzia, ciascuno è per intero destinatario dell'obbligo di tutela impostogli dalla legge fin quando si esaurisce il rapporto che ha legittimato la costituzione della singola posizione di garanzia, per cui l'omessa applicazione di una cautela antinfortunistica è addebitabile ad ognuno dei titolari).
È peraltro appena il caso di ribadire il principio già statuito da questa corte, ai sensi del quale, in caso di infortunio sul lavoro originato dall'assenza o inidoneità delle relative misure di prevenzione, la responsabilità del datore di lavoro non è esclusa dal comportamento di altri destinatari degli obblighi di prevenzione che abbiano a loro volta dato occasione all'evento, quando quest'ultimo risulti comunque riconducibile alla mancanza o insufficienza delle predette misure e si accerti che le stesse, se adottate, avrebbero neutralizzato il rischio del verificarsi di quell'evento (Sez. 4, Sentenza n. 43966 del 17/11/2009, Rv. 245527).
In particolare, allorquando l'obbligo di impedire l'evento ricada su più persone che debbano intervenire o intervengano in tempi diversi, il nesso di causalità tra la condotta omissiva o commissiva del titolare di una posizione di garanzia non viene meno per effetto del successivo mancato intervento da parte di un altro soggetto, parimenti destinatario dell'obbligo di impedire l'evento, configurandosi, in tale ipotesi, un concorso di cause ai sensi dell'art. 41, co. 1, e. p. (Sez. 4, Sentenza n. 1194 del 14/01/2014,Rv. 258232; Sez. 4, Sentenza n. 37992 del 01/10/2012, Rv. 254368).
Da ultimo, del tutto correttamente la corte territoriale ha escluso alcuna rilevanza all'avvenuta assoluzione in sede penale del lavoratore autore del taglio dell'albero crollato sulla vittima, essendo evidente come la posizione di tale ultimo lavoratore, mero dipendente della cooperativa presieduta dall'imputata, non possa in alcun modo compararsi con quella della legale rappresentante della cooperativa, su quest'ultima gravando oneri ben più penetranti e rilevanti in relazione alla prevenzione degli infortuni relativi ai propri dipendenti, con la conseguenza che la sentenza assolutoria emessa nei confronti del lavoratore originariamente imputato non può comportare alcun esito favorevole nei riguardi della datrice di lavoro.
Del tutta destituita di fondamento, infine, deve ritenersi la doglianza avanzata dall'imputata con riguardo al mancato riconoscimento della prevalenza delle circostanze attenuanti generiche rispetto alle aggravanti contestate, avendo la corte territoriale correttamente motivato la propria decisione sul punto, valorizzando, sulla base di un discorso giustificativo dotato di piena coerenza logica e adeguatezza argomentativa, la significativa circostanza di fatto costituita dalla gravità delle condotte omissive ascritte all'imputata e l'oggettiva grave situazione di pericolo in cui la stessa ha lasciato operare i propri dipendenti.
6. Il ricorso proposto dal B. è infondato.
Osserva preliminarmente il collegio come la doglianza avanzata dal ricorrente - con riguardo alla pretesa inutilizzabilità delle testimonianze rese dagli organi della Asl (sulle circostanze relative alla mancata presenza del B. sul cantiere al momento dell'infortunio e alla relativa qualità di capocantiere per conto della A.), nonché del documento concernente l'organigramma aziendale di detta cooperativa - deve ritenersi del tutto priva di concreto rilievo, avendo la corte territoriale correttamente rilevato (al di là della ritenuta sanatoria dell'eventuale vizio processuale denunciato, in ragione della mancata sollevazione di alcuna tempestiva eccezione difensiva: cfr. pagg. 26 s. della sentenza d'appello) come le circostanze secondo cui il B. rivestisse la qualità di capocantiere, e che non fosse presente sul cantiere al momento dell'infortunio, fossero già desumibili dal contenuto della memoria depositata dalla difesa nel corso del giudizio di primo grado (cfr. pag. 28 della sentenza d'appello), nonché dalle deposizioni degli stessi dipendenti della A. (e in particolare di quella resa del teste S. ), con la conseguenza della totale irrilevanza dell'eventuale utilizzazione processuale degli elementi istruttori in questa sede specificamente contestati dal ricorrente.
Quanto alle argomentazioni articolate dalla corte territoriale a sostegno della riconosciuta responsabilità penale del B. , osserva il collegio come i giudici del merito abbiano correttamente dedotto, dalla circostanza che il B. fosse stato pacificamente riconosciuto quale capocantiere della cooperativa di cui il lavoratore deceduto era dipendente, l'obbligo di provvedere al coordinamento delle attività dei lavoratori sottoposti alla sua responsabilità (nella specie, addetti alla raccolta e all'eliminazione del legname frutto del taglio operato dai dipendenti della diversa cooperativa “Fratellanza B.”) con quella svolta dai lavoratori di quest'ultima cooperativa, al fine di individuare, eventualmente in accordo con i responsabili della Fratellanza B., tutte le misure idonee a impedire i prevedibili eventi connessi al rischio legato alle attività in corso.
Del tutto correttamente, la corte ha quindi ricollegato, alle responsabilità dell'imputato, l'omessa comunicazione delle indispensabili istruzioni del caso ai lavoratori sottoposti alla sua responsabilità, l'omessa prestazione della necessaria sorveglianza e l'omesso controllo dell'uso, da parte degli stessi, di tutti i dispositivi di protezione individuale idonei a minimizzare i rischi connessi al potenziale ricorso di eventi traumatici. Rischi, nella specie, particolarmente significativi, avuto particolare riguardo alla scelta dei responsabili del cantiere (tra i quali necessariamente anche il B. ) di lasciar svolgere in modo contestuale i compiti dei lavoratori delle due cooperative, con la conseguente creazione di ulteriori rischi connessi all'interferenza delle attività delle due imprese.
Proprio tale ultima circostanza avrebbe imposto al B. di confrontarsi con continuità con i responsabili della cooperativa parallelamente impegnata nel medesimo contesto lavorativo, ed eventualmente di interdire la continuazione dell'attività della cooperativa A. fin quando entrambe le due cooperative non avessero risolto i problemi di coordinamento che la situazione venutasi a creare imponeva di affrontare.
Del tutto correttamente, al riguardo - e sulla base di un discorso giustificativo coerente e logicamente argomentato - la corte territoriale si è allineata al consolidato insegnamento della giurisprudenza di legittimità, secondo cui il capo cantiere, anche in assenza di una formale delega in materia di sicurezza sul lavoro, è destinatario diretto dell'obbligo di verificare che le concrete modalità di esecuzione delle prestazioni lavorative all'interno del cantiere rispettino le norme antinfortunistiche (Sez. 4, Sentenza n. 12673 del 04/03/2009, Rv. 243216); e tanto, sul presupposto per cui, in tema di prevenzione degli infortuni, il capo cantiere, la cui posizione è assimilabile a quella del preposto, assume la qualità di garante dell'obbligo di assicurare la sicurezza del lavoro, in quanto sovraintende alle attività, impartisce istruzioni, dirige gli operai, attua le direttive ricevute e ne controlla l'esecuzione sicché egli risponde delle lesioni occorse ai dipendenti (Sez. 4, Sentenza n. 9491 del 10/01/2013, Rv. 254403).
7. Entrambi i ricorsi proposti nell'interesse del D. sono infondati.
Con riguardo alla posizione di quest'ultimo, la corte territoriale, dopo aver ricapitolato le vicende preliminari all'attuazione del rapporto di appalto per la manutenzione dell'alveo dei fiumi (…) e (…) tra la provincia di La Spezia e il consorzio “L.” (dal quale il ricorrente era stato nominato quale responsabile del servizio di prevenzione e protezione), ha correttamente confermato la logica ricostruzione operata dal giudice di primo grado circa la riconducibilità alla figura del subappalto del rapporto tra il consorzio L. e le singole cooperative cui erano state da quello affidate le attività concesse in appalto dalla provincia di La Spezia, con la conseguente applicabilità, al consorzio sub-committente (e dunque ai responsabili di questo) di tutti gli oneri inerenti la materia del controllo sul rispetto delle misure antinfortunistiche nel corso delle lavorazioni.
Nella specie, tenuto conto della disciplina normativa generale in tema di appalti, e del capitolato speciale riferito al rapporto in esame (cfr. pag. 34 della sentenza d'appello), è emerso come, a carico del consorzio L., fosse stato contrattualmente previsto anche l'obbligo di curare il coordinamento di tutte le imprese operanti nel cantiere, al fine di rendere gli specifici piani redatti dalle imprese subappaltatrici compatibili tra loro e coerenti con il piano presentato dall'appaltatore.
In proposito, l'art. 14 del capitolato speciale aveva regolato l'obbligo dell'appaltatore di assumere la responsabilità di qualunque danno, derivante dai lavori e dal suo personale, ad opere e persone anche non di sua pertinenza, nei confronti del cliente e di terzi, con la conseguente previsione dell'obbligo del consorzio di adottare tutti gli accorgimenti necessari per garantire l'incolumità delle persone addette ai lavori e di terzi (loc. ult. cit.).
Proprio in relazione a tale caso trovava applicazione la disposizione di cui al d.m. n. 145/2000, ai sensi del quale l'appaltatore è tenuto alla nomina di un direttore tecnico di cantiere, o quantomeno di un direttore tecnico, al fine di garantire la propria presenza in cantiere per tutta la durata del lavoro.
In coerenza a tali premesse normative, il consorzio L. ebbe a provvedere ritualmente alla redazione di un piano operativo di sicurezza, nell'ambito del quale veniva ribadita la necessità di un coordinamento tra le diverse attività svolte, anche al fine di evitare che dette attività non avvenissero contemporaneamente nel medesimo luogo, qualora ciò potesse costituire fonte di pericolose interferenze.
Quanto alla persona dell'odierno imputato, varrà rilevare (in conformità alle stesse indicazioni contenute nella memoria del difensore del ricorrente ex art. 415-bis c.p.p.) come al D. fosse stato espressamente conferito l'incarico di consulente di supporto alle attività del consorzio, anche al fine del rispetto degli adempimenti in materia di sicurezza, essendo tra l'altro espressamente prevista l'organizzazione, da parte dello stesso, di corsi di informazione (regolarmente effettuati per i capocantiere dall'ingegner D. ), l'effettuazione di sopralluoghi nei cantieri e la segnalazione alle aziende, per opportuna conoscenza, di e-ventuali mancanze o difetti o comportamenti scorretti per prevenire eventuali infortuni.
Ciò posto, la corte territoriale, dopo aver riconosciuto come alla figura del responsabile del servizio di prevenzione e protezione (nella specie formalmente impersonata dal D. su incarico del consorzio L.) non risulti astrattamente ascrivibile alcuna diretta posizione di garanzia rispetto all'osservanza della normativa antinfortunistica, ha tuttavia correttamente evidenziato come la responsabilità di detta figura non possa in ogni caso essere esclusa laddove la mancata adozione di misure prevenzionali da parte della committenza sia dipesa, in tutto o in parte, dal relativo comportamento.
Sul punto, è appena il caso di richiamare l'insegnamento di questa corte di legittimità, là dove sottolinea come, in tema di infortuni sul lavoro, il responsabile del servizio di prevenzione e protezione, pur svolgendo all'interno della struttura aziendale un ruolo non operativo ma di consulenza, ha l'obbligo giuridico di collaborare con il datore di lavoro, individuando i rischi connessi all'attività lavorativa e fornendo le opportune indicazioni tecniche per risolverli, con la conseguenza che, in relazione a tale suo compito, può essere chiamato a rispondere, quale garante, degli eventi che si verifichino in conseguenza della violazione dei suoi doveri (Sez. 4, Sentenza n. 49821 del 23/11/2012, Rv. 254094).
Proprio tale vicenda, secondo il coerente e argomentato discorso giustificativo della corte territoriale, ebbe a verificarsi nel caso di specie, poiché, a prescindere dalle dirette responsabilità del consorzio L., proprio per la veste e per le funzioni concretamente svolte dal D. , non v'è dubbio che questi non potesse non essere a conoscenza dei problemi e delle disfunzioni che continuavano ad affliggere il cantiere ove ebbe a verificarsi l'infortunio, come peraltro attestato dalla nota redatta in data 22/10/2001 dallo stesso D. , in cui lo stesso, manifestando di conoscere personalmente i capi cantiere interessati dai lavori, sollecitava esplicitamente le cooperative destinatane della missiva alla redazione dei piani operativi di sicurezza che non gli erano ancora stati trasmessi.
Lo stesso D. , secondo quanto emerso dall'istruttoria condotta nel corso del giudizio, era solito sottoscrivere i documenti aziendali quale "coordinatore alla sicurezza", a riprova (se non già dell'effettiva assunzione dei relativi compiti, quantomeno) dell'esercizio effettivo di un ruolo concreto materialmente assunto nello specifico settore della sicurezza.
In modo del tutto consequenziale e coerente sul piano logico, la corte territoriale ha quindi desunto, sulla base delle premesse così compendiate, la conclusione secondo cui l'imputato avesse certamente contribuito alla condotta omissiva tenuta dal consorzio L., posto che, così come aveva puntualmente contestato la mancata trasmissione dei piani operativi di sicurezza, analogamente egli avrebbe dovuto segnalare la mancata presenza di un capo cantiere per la cooperativa “La Fratellanza B.” (e l'inerzia del relativo legale rappresentante nell'assumere le necessarie iniziative) e, conseguentemente, il mancato coordinamento tra le cooperative operanti contestualmente nel medesimo cantiere; così come, allo stesso modo, il D. avrebbe dovuto rendere immediatamente edotto il consorzio proprio committente di quanto verificato, sollecitandone i necessari interventi.
L'insieme di tali gravi omissioni accertate in capo al D. è dunque valso a integrare, secondo il persuasivo e corretto discorso della corte territoriale, i presupposti per il riconoscimento della relativa responsabilità per l'evento infortunistico in esame, che certamente ebbe a verificarsi anche in ragione della colpevole condotta omissiva nella specie osservata dal ricorrente.
Del tutta destituita di fondamento, infine, deve ritenersi la doglianza avanzata dal D. con riguardo al mancato riconoscimento della prevalenza delle circostanze attenuanti generiche rispetto alle aggravanti contestate, avendo la corte territoriale correttamente motivato la propria decisione sul punto, valorizzando, sulla base di un discorso giustificativo dotato di piena coerenza logica e adeguatezza argomentativa, la significativa circostanza di fatto costituita dalla gravità delle condotte omissive ascritte all'imputato e l'oggettiva grave situazione di pericolo in cui lo stesso ha lasciato che prestassero la propria attività lavorativa i dipendenti della cooperative coinvolte nelle attività di esecuzione dell'appalto tra la provincia spezzina e il consorzio L..
8. Il complesso delle motivazioni elaborate dalla corte territoriale, pienamente coerenti sul piano logico e del tutto lineari in chiave argomentativa, oltre che giuridicamente corrette, appaiono sufficienti a giustificare il giudizio di condanna emesso nei confronti di tutti gli odierni imputati, da tanto derivando il riscontro dell'infondatezza dei relativi ricorsi, cui segue la pronuncia del relativo rigetto e la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.



La Corte Suprema di Cassazione, rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.