Cassazione Penale, Sez. 4, 19 dicembre 2014, n. 53060 - Infortunio sul lavoro. Prescrizione





REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SIRENA Pietro Antonio - Presidente -
Dott. IZZO Fausto - Consigliere -
Dott. IANNELLO Emilio - Consigliere -
Dott. MONTAGNI Andrea - rel. Consigliere -
Dott. SERRAO Eugenia - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza


sul ricorso proposto da:
D.P.P. N. IL (Omissis);
avverso la sentenza n. 3808/2010 CORTE APPELLO di CATANIA, del 11/01/2013;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 16/12/2014 la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANDREA MONTAGNI;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Iacoviello Francesco Mauro, che ha concluso per l'annullamento senza rinvio per prescrizione.
udito il difensore avv. Pavone Salvatore, del foro di Catania, che chiede l'accoglimento del ricorso.


Fatto




1. Il Tribunale di Catania, con sentenza in data 20.07.2010, assolveva S.M., D.P.P. e M.C. dal reato di omicidio colposo aggravato dalla violazione della disciplina per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, perchè il fatto non sussiste.

2. La Corte di Appello di Catania, con sentenza in data 11.01.2013, per quanto qui rileva, in riforma della sentenza di primo grado, accogliendo l'appello del pubblico ministero, dichiarava S. M. e D.P.P. responsabili del reato di cui all'art. 589 c.p., esclusa l'aggravante di cui al medesimo art. 589 c.p., comma 2; concesse le attenuanti generiche, condannava gli imputati alle pene di giustizia. La Corte territoriale osservava che la condotta posta in essere dagli imputati, oltre che dalla vittima, integrava la violazione delle ordinarie regole di prudenza e diligenza.

3. Avverso la predetta sentenza della Corte di Appello di Catania ha proposto ricorso per cassazione D.P.P., a mezzo del difensore.

Con il primo motivo il ricorrente deduce la violazione di legge, in riferimento all'art. 521 c.p.p.. Dopo aver rilevato che la contestazione nei confronti dei coniugi D.P. discende dall'incarico conferito ad un artigiano per l'effettuazione di opere di ristrutturazione del vano cucina del proprio appartamento - in quanto i committenti avrebbero omesso di verificare l'idoneità tecnico professionale del lavoratore autonomo - il ricorrente osserva che, nella sentenza di condanna, la Corte di Appello ha di converso fatto riferimento al ruolo assunto dal D.P., quale concorrente morale con altri, condotta del tutto estranea, rispetto ai termini della contestazione originaria.

Con il secondo motivo l'esponente deduce violazione di legge e vizio motivazionale. La parte osserva che la stessa definizione di "concorso morale" si pone in termini antitetici, rispetto al reato colposo ed alla cooperazione colposa che viene in rilievo nel caso di specie. Sul punto, il ricorrente sottolinea che la stessa Corte territoriale esclude che D.P. abbia assunto la posizione di garante, in quanto committente, rispetto al soggetto infortunato; ed osserva che neppure la posizione di garanzia in capo al D.P. può discendere dalla qualità di proprietario dell'appartamento, come dimostra l'intervenuta assoluzione della coimputata, e comproprietaria, M..

Con il terzo motivo, il deducente evidenzia la carenza di motivazione, rispetto all'affermazione di responsabilità penale, sottolineando che l'incidente occorso a F.M. non si è verificato nel corso dell'esecuzione dei lavori oggetto dell'appalto di cui si tratta, bensì a seguito della decisione della vittima di appropriarsi del vecchio mobilio che arredava la cucina dei D.P..

Con il quarto motivo, la parte osserva che il reato risulta estinto per prescrizione.

Diritto

1. Il ricorso in esame muove alle considerazioni che seguono.

1.1 Osserva il Collegio che sussistono i presupposti per rilevare, ai sensi dell'art. 129 c.p.p., comma 1, l'intervenuta causa estintiva del reato di cui all'art. 589 c.p., comma 1, per cui si procede, essendo spirato il relativo termine di prescrizione massimo pari ad anni sette e mesi sei. Deve rilevarsi che il ricorso in esame non presenta profili di inammissibilità, per la manifesta infondatezza delle doglianze ovvero perchè basato su censure non deducibili in sede di legittimità, tali, dunque, da non consentire di rilevare l'intervenuta prescrizione. Pertanto, sussistono i presupposti, discendenti dalla intervenuta instaurazione di un valido rapporto processuale di impugnazione, per rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell'art. 129 c.p.p. maturate, come nel caso di specie, successivamente rispetto alla sentenza impugnata (la sentenza di condanna è stata resa in data 11.01.2013, mentre il termine è maturato il 22.02.2013). Si osserva che secondo le disposizioni di diritto intertemporale di cui alla L. n. 251 del 2005, art. 10, commi 2 e 3, nel caso di specie deve trovare applicazione la più favorevole disciplina dettata dall'art. 157 c.p., nella formulazione successiva alla novella del 2005, in base alla quale il termine di prescrizione per il delitto di omicidio colposo, esclusa l'aggravante di cui all'art. 589 c.p., comma 2, risulta pari ad anni sei, aumentabile di un quarto per le intervenute sospensioni.

E' poi appena il caso di rilevare che risulta superfluo qualsiasi approfondimento al riguardo, proprio in considerazione della maturata prescrizione: invero, a prescindere dunque dalla fondatezza o meno degli assunti dei ricorrenti, è solo il caso di sottolineare che, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, qualora già risulti una causa di estinzione del reato, non rileva la sussistenza di eventuali nullità (addirittura pur se di ordine generale) o di vizi di motivazione, in quanto l'inevitabile rinvio al giudice di merito è incompatibile con il principio dell'immediata applicabilità della causa estintiva (cfr. Cass. Sez. U, Sentenza n. 1021 del 28.11.2001, dep. 11.01.2002, Rv. 220511).

Si osserva, infine, che non ricorrono le condizioni per una pronuncia assolutoria di merito, ex art. 129 c.p.p., comma 2, in considerazione delle valutazioni rese dalla Corte di Appello, in ordine all'affermazione di penale responsabilità del ricorrente. Come noto, ai fini della eventuale applicazione della norma ora citata, occorre che la prova della insussistenza del fatto o della estraneità ad esso dell'imputato, risulti evidente sulla base degli stessi elementi e delle medesime valutazioni posti a fondamento della sentenza impugnata; e nella sentenza della Corte di Appello, non sono riscontrabili elementi di giudizio indicativi della prova evidente dell'innocenza dell'imputato.

2. Si impone pertanto l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, per essere il reato estinto per prescrizione.


P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perchè il reato è estinto per prescrizione.

Così deciso in Roma, il 16 dicembre 2014.

Depositato in Cancelleria il 19 dicembre 2014