Cassazione Penale, Sez. Unite, 18.09.2014, n. 38343 - Thyssenkrupp

Guida alla lettura” a cura di Arianna Arganese

Le posizioni di garanzia (originaria e derivata) in particolare nell’ambito delle organizzazioni complesse: datore di lavoro, dirigente, preposto (anche di fatto) e responsabile del servizio di prevenzione e protezione (punti 12, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20, 21 in diritto)

PAROLE CHIAVE: Posizioni di garanzia Datore di lavoro Dirigente Preposto RSPP

SOMMARIO: Fatti di causa - Questioni di diritto - Soluzione adottata - Riferimenti giurisprudenziali - Essenziali Riferimenti bibliografici

Fatti di causa

Nella notte tra il 5 e il 6 dicembre 2007, presso lo stabilimento di Torino della ThyssenKrupp, divampava un terribile incendio, che interessava la linea denominata APL5, dedicata alle fasi di ricottura e decapaggio di enormi rotoli di acciaio, nel quale persero la vita sette operai.

Sostanzialmente non controverso è lo sviluppo delle circostanze che determinarono l’innesco e lo sviluppo dell’incendio: il primo innesco riguardò carta accartocciata vicino al punto di sfregamento tra il nastro di acciaio in lavorazione con i bordi dell’impianto posto a quota +3 metri che, infiammatasi, precipitò sul piano sottostante, ove si trovavano spezzoni di carta e ristagni di olio di laminazione che alimentarono l’incendio. Nell’arco di circa dieci minuti l’incendio coinvolse tutta la carta e l’olio esistenti sul pavimento.

I lavoratori, avvedutisi dopo alcuni minuti di quanto accadeva, si precipitarono fuori dal pulpito nel quale si trovavano e, con gli estintori a breve gittata, tentarono di spegnere le fiamme, provando pure ad utilizzare una manichetta dalla quale tuttavia l’acqua non fuoriusciva, ma vennero investiti da una nuvola incandescente di olio nebulizzato (flash fire), che si espanse improvvisamente per un’ampiezza di 12 metri, senza lasciare loro possibilità di scampo. Le misure avviate per spegnere l’incendio si rivelarono inefficaci ed esso divampò ulteriormente e fu domato solo dopo un lungo e laborioso intervento dei vigili del fuoco.

Dalle primissime indagini dopo l’incendio emerse un complessivo degrado dell’impianto e la parziale inefficienza degli strumenti di spegnimento, tanto che gli ispettori dell’Asl riscontrarono ben 116 irregolarità e constatarono la mancata manutenzione delle attrezzature, il danneggiamento di parti elettriche, l’accumulo di materiale infiammabile.

Della morte dei sette operai venivano chiamati a rispondere, a vario titolo: l’Amministratore delegato e membro del Comitato esecutivo (c.d. Board) della società, esercente lo stabilimento di Torino, con delega per la produzione e la sicurezza sul lavoro, il personale, gli affari generali e legali; due Consiglieri del Consiglio di Amministrazione e membri del Comitato esecutivo (c.d. Board) della società, con delega, l’uno, per il settore commerciale ed il marketing e, l’altro, per l’amministrazione, finanza, controllo di gestione, approvvigionamenti e servizi informativi; il Direttore dello stabilimento sito in Torino; e due Dirigenti con funzioni, rispettivamente, di Direttore dell’Area Tecnica e Servizi, con competenza nella pianificazione degli investimenti in materia di sicurezza antincendio anche per lo stabilimento di Torino e di Responsabile dell’Area EAS (ecologia, ambiente e sicurezza) e Responsabile del Servizio di Prevenzione e protezione dello stabilimento sito in Torino; nonché e la società, in qualità di persona giuridica, in persona del legale rappresentante, ai sensi dell’art. 25-septies, del d.lgs. n. 231/2001.

In particolare, l’accusa formulava i seguenti capi d’imputazione:

A) tutti gli imputati, in concorso tra loro, del reato di cui all’art. 437, cc. 1 e 2, c.p., per aver omesso di dotare la linea di ricottura e decapaggio denominata APL5 di impianti ed apparecchi destinati a prevenire disastri ed infortuni sul lavoro; ed in particolare di adottare un sistema automatico di rivelazione e spegnimento degli incendi, di cui emergeva la necessità in considerazione dell’alto rischio dovuto alla presenza di olio idraulico in pressione, olio di laminazione e carta imbevuta di olio. Fatto dal quale sono derivati un disastro (incendio), di cui ai capi C e E, ed un infortunio sul lavoro che ha determinato la morte di sette operai, evento rubricato ai capi B e D, nonché lesioni personali in danno di altri;

B) Al solo Amministratore delegato, imputato del reato di cui agli artt. 81 e 575 c.p., per aver cagionato volontariamente la morte dei lavoratori, essendosi rappresentata la possibilità del verificarsi di infortuni anche mortali, in quanto a conoscenza delle contingenze già riportate nel capo A) e di aver accettato tale rischio, giacché, in virtù dei poteri decisionali inerenti alla sua posizione apicale, nonché della specifica competenza e delega in materia di sicurezza sul lavoro, prendeva la decisione di posticipare l’investimento antincendio, sebbene lo stabilimento si trovasse in una situazione di crescente insicurezza;

C) Al solo Amministratore delegato, imputato del reato di incendio doloso di cui all’art. 423 c.p., per aver cagionato nella linea APL5 un incendio violento, rapido e di vaste proporzioni dal quale derivava la morte dei lavoratori, in quanto, pur informato della concreta possibilità del verificarsi di incendi, ometteva di adottare le misure tecniche, organizzative, procedurali i prevenzione e protezione contro gli incendi; contestandogli di non aver adeguatamente valutato il rischio di non aver organizzato percorsi informativi e formativi nei confronti dei lavoratori, di non aver installato un sistema automatico di rilevazione e spegnimento degli incendi, nonostante la situazione i crescente abbandono ed insicurezza dello stabilimento; tutte condotte derivanti dalla decisione di posticipare l’investimento antincendio;

D) Ai membri del Comitato esecutivo, ai due Consiglieri del Consiglio di amministrazione, ai due Dirigenti ed al Direttore dello stabilimento, imputati del reato di cui all’art. 61 c.p., n. 3 e art. 589, cc. 1, 2 e 3, c.p., per aver cagionato per colpa la morte dei lavoratori, con le aggravanti della violazione delle norme di sicurezza sul lavoro e di aver agito nonostante la previsione dell’evento;

E) Ai membri del Comitato esecutivo, ai due Consiglieri del Consiglio di amministrazione, ai due Dirigenti ed al Direttore dello stabilimento, imputati del reato di incendio colposo cui all’art. 61 c.p., n. 3 e artt. 449 e 423 c.p., per aver cagionato l’incendio, a causa delle condotte colpose riportate al capo D), con l’aggravante della previsione dell’evento;

In primo grado, la Corte di Assise di Torino, sezione seconda, con sentenza del 14.11.2011 (ud. 15.04.2011), n. 31095, in accoglimento delle richieste della Procura della Repubblica, affermava la responsabilità degli imputati in ordine ai reati loro ascritti, condannando l’Amministratore delegato della società ad una pena di anni 16 e mesi 6 di reclusione per i delitti di omicidio volontario plurimo (artt. 81, c. 1 e 575 c.p.), incendio doloso (art. 423 c.p.) e omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro aggravata dall’evento (art. 437, c. 2, c.p.); gli altri cinque imputati, Amministratori e Dirigenti dell’impresa, a pene comprese tra 13 anni e 6 mesi di reclusione e 10 anni e 10 mesi di reclusione, per i delitti di omicidio colposo plurimo (art. 589, cc. 1, 2 e 3 c.p.) e incendio colposo (art. 449 c.p., in relazione all’art. 423 c.p.), entrambi aggravati dalla previsione dell’evento, e omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro (art. 437, c. 2, c.p.); nonché, in solido tra loro e con il responsabile civile, al risarcimento del danno nei confronti delle parti civili; nonché, ai sensi dell’art. 25-septies del d.lgs. n. 231/2001, la società ThyssenKrupp Acciai speciali Terni S.p.A., alla sanzione pecuniaria di un milione di euro (ex artt. 9, 10 e 12, c. 2, lett. a), disponendo, oltre alle sanzioni interdittive della esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi per la durata di 6 mesi (ex art. 9, c. 2, lett. a), e del divieto di pubblicizzare beni o servizi per la durata di 6 mesi (ex art. 9, c. 2, lett e) ed alla confisca del profitto del reato per una somma di 800 mila euro (ex art. 19), la pubblicazione della sentenza sui quotidiani di diffusione nazionale.

Impugnata dalle difese degli imputati, la sentenza di primo grado veniva parzialmente riformata in appello dalla Prima Corte di Assise d’Appello di Torino, la quale, con sentenza del 27.05.2013 (ud. 28.02.2013), n. 6, disattendendo le conclusioni della Corte di Assise in tema di dolo eventuale, riqualificava i fatti contestati all’Amministratore delegato, di cui al capo B), in omicidio colposo ai sensi dell’art. 589 c.p., cc. 1, 2 e 3 e dell’art. 61, c.p., n. 3, e di cui al capo C), in incendio colposo, ai sensi dell’art. 449 c.p. e dell’art. 61, n. 3, c.p., entrambi aggravati dalla previsione dell’evento; per tutti, il reato di incendio colposo veniva ritenuto assorbito in quello di cui all’art. 437, cc. 1 e 2, c.p., rubricato al capo A), e riconosciuto il concorso formale tra i reati di cui agli artt. 437 e 589 c.p.; per l’effetto le pene venivano rideterminate in senso più favorevole per tutti gli imputati; mentre le statuizioni nei confronti della società, di cui al d.lgs. n. 231/2001 venivano integralmente confermate.

Avverso la sentenza di secondo grado veniva proposto ricorso per cassazione, sia dal Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di Appello di Torino nei confronti di tutti gli imputati, che dagli imputati. L’Ufficio per l’esame preliminare dei ricorsi della Prima sezione della Corte di Cassazione, cui il processo era stato assegnato, trasmetteva gli atti al Primo Presidente esponendo le divergenze giurisprudenziali sull’individuazione della linea di confine tra dolo eventuale e colpa cosciente, segnalando l’opportunità che fosse trattato dalle Sezione Unite, anche per chiarire se “la irragionevolezza del convincimento prognostico dell’agente circa la non verificazione dell’evento comporti o meno la qualificazione giuridica dell’elemento psicologico del delitto in termini di dolo eventuale”. Il Primo Presidente della Corte di Cassazione, con decreto del 29.11.2013, riscontrata l’esistenza di dissonanze nella giurisprudenza di legittimità a proposito della evocata linea di confine tra dolo eventuale e colpa cosciente, valutata altresì l’importanza anche di altre questioni afferenti alla posizioni di garanzia, particolarmente nelle strutture complesse e ad elevato rischio, assegnava il ricorso alle Sezioni Unite.

Questioni di diritto

Le Sezione Unite sono chiamate ad un approfondimento chiarificatore riguardante la delicata problematica della selettiva individuazione dei garanti nell’ambito delle organizzazioni complesse.

Soluzione adottata

Le Sezioni Unite, chiamate ad un approfondimento chiarificatore in ordine alla delicata problematica della selettiva individuazione dei garanti nell’ambito delle organizzazioni complesse, nel riportarsi a quanto affermato da costante giurisprudenza e confermato dal legislatore, da ultimo, con il d.lgs. n. 81/2008, precisano che il sistema prevenzionistico è tradizionalmente fondato su diverse figure di garanti che incarnano distinte funzioni e diversi livelli di responsabilità organizzativa e gestionale.

La prima e fondamentale figura è quella del datore di lavoro, ovvero del soggetto che ha la responsabilità dell’organizzazione dell’azienda o dell’unità produttiva in quanto esercita i poteri decisionali e di spesa. La definizione contenuta nel Testo Unico è simile a quella espressa nella normativa degli anni 90 ed a quella fatta propria dalla giurisprudenza e sottolinea il ruolo di dominus di fatto dell’organizzazione ed il concreto esercizio di poteri decisionali e di spesa. L’ampiezza e la natura dei poteri è ora anche indirettamente definita dall’articolo 16 che, con riferimento alla delega di funzioni, si occupa del potere di organizzazione, gestione, controllo e spesa.

Il dirigente costituisce il livello di responsabilità intermedio: è colui che attua le direttive del datore di lavoro, organizzando l’attività lavorativa e vigilando su di essa, in virtù di competenze professionali e di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell’incarico conferitogli; e dunque, nell’ambito del suo elevato ruolo nell’organizzazione delle attività, è tenuto a cooperare con il datore di lavoro nell’assicurare l’osservanza della disciplina legale nel suo complesso e, quindi, nell’attuazione degli adempimenti che l’ordinamento demanda al datore di lavoro. Tale ruolo è conformato ai poteri gestionali di cui dispone concretamente; ciò che rileva, quindi, non è solo e non tanto la qualifica astratta, ma anche e soprattutto la funzione assegnata e svolta.

Infine, il preposto è colui che sovraintende alle attività, attua le direttive ricevute controllandone l’esecuzione, sulla base e nei limiti di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell’incarico.

Per ambedue le ultime figure occorre tener conto da un lato dei poteri gerarchici e funzionali che costituiscono base e limite della responsabilità; e dall’altro del ruolo di vigilanza e controllo. Si tratta di soggetti la cui sfera di responsabilità è conformata sui poteri di gestione e controllo di cui concretamente dispongono.

Dette definizioni di carattere generale subiscono specificazioni in relazione a diversi fattori, quali il settore di attività, la conformazione giuridica dell’azienda, la sua concreta organizzazione, le sue dimensioni.

Soprattutto in realtà complesse, nell’ambito dello stesso organismo può riscontrarsi la presenza di molteplici figure di garanti, pertanto l’individuazione della responsabilità penale non di rado passa attraverso un’accurata analisi delle diverse sfere di competenza gestionale ed organizzativa all’interno di ciascuna istituzione.

L’analisi dei ruoli e delle responsabilità viene tematizzata entro la categoria giuridica della posizione di garanzia, espressione che esprime l’obbligo giuridico di impedire l’evento che fonda la responsabilità in ordine ai reati commissivi mediante omissione, ai sensi dell’art. 40 cpv c.p. Questo classico inquadramento deve essere rivisitato; nella prassi, infatti, il termine “garante” viene ampiamente utilizzato in situazioni nelle quali si è in presenza di causalità commissiva e non omissiva; inoltre ha assunto un significato più ampio di quello originario, di cui occorre acquisire consapevolezza.

Il contesto della sicurezza del lavoro fa emergere con particolare chiarezza la centralità dell’idea di rischio: tutto il sistema è conformato per governare l’immane rischio, gli indicibili pericoli, connessi al fatto che l’uomo si fa ingranaggio fragile di un apparato gravido di pericoli. Il rischio categoricamente unico, naturalmente si declina concretamente in diverse guise in relazione alle differenti situazioni lavorative.

Dunque, esistono diverse aree di rischio e, parallelamente, distinte sfere di responsabilità che quel rischio sono chiamate a governare. Soprattutto nei contesti lavorativi più complessi, si è frequentemente in presenza di differenziate figure di soggetti investiti di ruoli gestionali autonomi a diversi livelli degli apparati ed anche con riguardo alle diverse manifestazioni del rischio; ne consegue che l’imputazione penale dell’evento va limitata al soggetto che viene ritenuto “gestore” del rischio. Pertanto, garante è il soggetto che gestisce il rischio.

Questa esigenza di delimitazione delle sfere di responsabilità va coordinata con il principio enunciato dall’art. 41 cpv c.p., in virtù del quale, così come confermato da giurisprudenza prevalente, il datore di lavoro è esonerato da responsabilità in caso di condotta abnorme del lavoratore, quando cioè il comportamento del dipendente presenti i caratteri dell’eccezionalità, dell’abnormità, dell’esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo e alle direttive organizzative ricevute, collocandosi in qualche guisa al di fuori dell’area di rischio definita dalla lavorazione in corso. Tale comportamento è “interruttivo” e, pertanto, giustifica l’esclusione dell’imputazione oggettiva dell’evento, non perché “eccezionale”, ma perché eccentrico rispetto al rischio lavorativo che il garante è chiamato a governare.

Riconosciuta la sfera di rischio come area che designa l’ambito in cui si esplica l’obbligo di governare le situazioni pericolose che conformano l’obbligo del garante, ne discende altresì la necessità di individuare concretamente la figura istituzionale che può essere razionalmente chiamata a governare il rischio medesimo e la persona fisica che incarna concretamente quel ruolo.

Le considerazioni sopra esposte trovano fondamento in alcune norme del d.lgs. n. 81/2008 che, sebbene contenute in un testo normativo successivo ai fatti, ripercorrono arresti della giurisprudenza e aiutano a capire come nasce e si conforma la posizione di garanzia, id est la responsabilità gestoria che, in caso di condotte colpose, può fondare la responsabilità penale.

Di grande interesse è l’art. 299 del Testo Unico, in base al quale l’acquisizione della veste di garante può aver luogo per effetto di una formale investitura, ma anche a seguito dell’esercizio in concreto di poteri giuridici riferiti alle diverse figure.

Un’ulteriore indicazione normativa per individuare in concreto i diversi ruoli deriva dall’art. 28 del Testo Unico, relativo alla valutazione dei rischi ed al documento sulla sicurezza, che costituisce una sorta di statuto della sicurezza aziendale: la valutazione riguarda “tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori”; il documento deve contenere la valutazione dei rischi, l’individuazione delle misure di prevenzione e protezione, l’individuazione delle procedure, nonché i ruoli che vi debbono provvedere, affidati a soggetti muniti di adeguate competenze e poteri.

Ne consegue che ruoli, competenze e poteri segnano le diverse sfere di responsabilità gestionale ed al contempo definiscono la concreta conformazione, la latitudine delle posizioni di garanzia, la sfera di rischio che deve essere governata.

Si tratta di una responsabilità originaria, generata dall’investitura formale o dall’esercizio di fatto delle funzioni tipiche delle diverse figure di garanti. Nell’individuazione del garante, soprattutto nelle istituzioni complesse, occorre partire dalla identificazione del rischio che si è concretizzato, del settore, in orizzontale, e del livello, in verticale, in cui si colloca il soggetto che era deputato al governo del rischio stesso, in relazione al ruolo che questi rivestiva.

L’investitura del garante, tuttavia, può essere non solo originaria, ma anche derivata, ovvero conferita mediante delega, istituto disciplinato dall’art. 16 del Testo Unico, in base al quale la delega – che per essere pienamente valida ed efficace deve essere specifica e conferire poteri di organizzazione, gestione, controllo e spesa ben definiti, ad un soggetto qualificato per professionalità ed esperienza –, nei limiti in cui è consentita dalla legge, opera la traslazione di poteri e responsabilità dal delegante, che se ne libera, al delegato che li assume a titolo derivativo.

Nell’ambito delle organizzazioni complesse, il ruolo di datore di lavoro compete a chi, nell’ambito dell’assetto gestionale della società (amministratore delegato, intero consiglio di amministrazione o singoli consiglieri di amministrazione delegati, anche in concorso tra loro), eserciti effettivamente i poteri decisionali, di organizzazione, gestione, controllo e spesa.

Ruolo di garanzia va altresì riconosciuto al dirigente, anche di fatto, laddove, dalle risultanze probatorie, emerga che questi, al di là della formale qualifica di dirigente, attui le direttive del datore di lavoro, organizzando l’attività lavorativa e vigilando su di essa, in virtù di competenze professionali e di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell’incarico conferitogli, cooperando con il datore di lavoro nell’assicurare l’osservanza della disciplina legale nel suo complesso e, quindi, nell’attuazione degli adempimenti che l’ordinamento demanda al datore di lavoro.

Titolare di posizione di garanzia è anche il responsabile del servizio di prevenzione e protezione, qualora si accerti che la mancata adozione di una misura precauzionale da parte del datore di lavoro è il frutto dell’omissione colposa di un suo compito professionale. Come noto il servizio di prevenzione e protezione ed il suo responsabile – scelti tra persone munite tutte di specifiche qualità e requisiti professionali adeguati ai bisogni dell’organizzazione –, seppur privi di autonomia decisionale, svolgono una delicata funzione di supporto informativo, valutativo e programmatico, collaborando con il datore di lavoro nell’individuazione e valutazione dei rischi, nonché nel proporre le misure preventive e protettive di cui all’art. 28 d.lgs. n. 81/2008. Sebbene i componenti del servizio di prevenzione e protezione non siano destinatari in prima persona di obblighi sanzionati penalmente e non svolgano un ruolo operativo, gestionale e decisionale, ma solo una funzione di mera consulenza, di supporto alle determinazioni del datore di lavoro, tuttavia l’assenza di sanzioni penali non è risolutiva per escludere il ruolo di garante, ciò che importa, infatti, è che i componenti del SPP siano destinatari di obblighi giuridici; e non può esservi dubbio che, con l’assunzione dell’incarico, essi assumano l’obbligo giuridico di svolgere diligentemente le funzioni assegnategli. D'altra parte, il ruolo svolto da costoro è parte inscindibile di una procedura complessa che sfocia nelle scelte operative sulla sicurezza compiute dal datore di lavoro. La loro attività può ben rilevare ai fini della spiegazione causale dell'evento illecito. Si pensi al caso del SPP che manchi di informare il datore di lavoro di un rischio la cui conoscenza derivi da competenze specialistiche. In situazioni del genere pare ragionevole pensare di attribuire, in presenza di tutti i presupposti di legge ed in particolare di una condotta colposa, la responsabilità dell'evento ai soggetti di cui parliamo. Una diversa soluzione rischierebbe di far gravare sul datore di lavoro una responsabilità che esula dalla sfera della sua competenza tecnico-scientifica. Ne consegue, in capo al RSPP, l'obbligo di svolgere in autonomia, nel rispetto del sapere scientifico e tecnologico, il compito di informare il datore di lavoro e di dissuaderlo da scelte magari economicamente seducenti ma esiziali per la sicurezza.

Riferimenti giurisprudenziali

Precedenti:
- sulle posizioni di garanzia: Cass. pen., sez. IV, del 06.02.2004, n. 4981 (sentenza “Galeazzi”), del 08.05.2012, n. 17074, del 23.11.2012, n. 49821, del 13.09.2013, n. 37738;

- sulla condotta abnorme: Cass. pen., sez. IV, del 13.11.1984, n. 2172, del 13.03.1986, n. 12381;

- sulla responsabilità del RSPP: Cass. pen., sez. IV, del 20.06.2008 n. 25288, del 26.04.2010 n. 16134, del 20.08.2010 n. 32195, del 27.01.2011 n. 2814, del 21.12.2012, n. 49821.

Essenziali riferimenti bibliografici

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- G. De Falco (a cura di), Rassegna della giurisprudenza - Il RSPP quale garante della sicurezza; Preposto di diritto e preposto di fatto; Omessa valutazione di un rischio ed efficacia causale, in Ambiente e sicurezza sul lavoro, 2014, n. 9, pp. 128-129

- R. Dubini, L’individuazione del datore di lavoro “effettivo”, in http://www.puntosicuro.it, 23.03.2012, n. 2822

- V. Ferro, Delega di funzioni: i confini della posizione di garanzia e il responsabile del servizio di prevenzione e protezione (Il commento), in Diritto penale e processo, 2014, 4, pp. 441-445

- M. Gallo, Caso Thyssen: le nuove frontiere del diritto penale del lavoro, in Guida al lavoro, 16.12.2011, n. 49, p. 67 ss

- M. Gallo, Nella sentenza Thyssen la nuova frontiera della responsabilità penale, in Guida al lavoro, 29.04.2011

- A. Guardavilla, L’RSPP che organizza la manutenzione e le emergenze è dirigente di fatto, in http://www.puntosicuro.it, 28.10.2014

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- G. Marra, Regolazione del rischio, dolo eventuale e sicurezza del lavoro. Note a margine del caso Thyssen, in I Working Papers di Olympus, 2012, n. 17

- G. Marra, La prevenzione degli infortuni sul lavoro e il caso Thyssenkrupp. I limiti penalistici delle decisioni rischiose nella prospettiva delle regole per un lavoro sicuro, in I Working Papers di Olympus, 2012, n. 8

- P. Pascucci, L’individuazione delle posizioni di garanzia nelle società di capitali dopo la sentenza “ThyssenKrupp”: dialoghi con la giurisprudenza, in I Working Papers di Olympus, 2012, n. 10

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- A. Scarcella, Se più sono i “garanti”, tutti rispondono penalmente delle lesioni subite dall’infortunato, in Quotidiano ambiente e sicurezza, 2014, 7/8

- G. Porreca, L’individuazione del datore di lavoro nelle società di capitali, in http://www.puntosicuro.it, 23.06.2014

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