Categoria: Cassazione civile
Visite: 12370

Cassazione Civile, Sez. 6 - L, ordinanza 18 febbraio 2015, n. 3292 - Infortunio in itinere: indennizzo negato se si sorpassa in curva ad una velocità eccessiva


 

 

 

Presidente Curzio – Relatore Marotta

 

FattoDiritto



1 - Considerato che è stata depositata relazione del seguente contenuto:
“Con ricorso al Tribunale di Campobasso, Z.A.S. , coltivatore diretto, titolare di un'azienda di allevamento in (omissis), conveniva in giudizio l'I.N.A.I.L. al fine di sentir accertare che l'infortunio occorsogli in data 25/8/2005 mentre era alla guida della propria auto diretto a raggiungere un'azienda agricola di (…), fosse da riconoscersi quale infortunio in occasione di lavoro e conseguentemente per sentire condannare l'Istituto alla liquidazione della rendita dovuta per legge. Il Tribunale di Campobasso rigettava la domanda ritenendo che l'infortunio si fosse verificato per rischio elettivo cui lo Z. si era volontariamente esposto mentre era alla guida della propria auto. La decisione veniva confermata dalla Corte di appello di Campobasso. Riteneva la Corte territoriale che l'appellante non avesse fornito la prova della diretta eziologia causale dell'evento infortunio ed in ogni caso che, come correttamente rilevato dal Tribunale, l'incidente fosse stato patito dallo Z. per sua colpa, consistita nell'aver provocato una violenta collisione con altra autovettura proveniente dalla opposta direzione di marcia dopo aver eseguito una manovra di sorpasso su un tratto di strada che tale condotta vietava, in prossimità di una curva e tenendo una velocità non adeguata alle condizioni stradali.
Avverso tale sentenza ricorre per cassazione Antonio Sebastiano Z. affidandosi a tre motivi cui resiste l'I.N.A.I.L. con controricorso.
Con il primo motivo di ricorso il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 210 della legge n. 1124/1965 come modificato dall'art. 12 del d.lgs. n. 38/2000 nonché vizio motivazionale. Lamenta l'erroneità della pronuncia sul punto della rilevanza della colpa e della ritenuta sussistenza del c.d. rischio elettivo.
Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 112 cod. proc. civ. e dell'art. 416 cod. proc. civ. nonché vizio motivazionale. Sostiene che i giudici di appello (così come il Tribunale) nell'indagare in ordine alla condotta colposa dello Z. nella guida del veicolo avrebbero pronunciato ultra petita posto che l'I.N.A.I.L. non aveva sollevato alcuna eccezione al riguardo.
Con il terzo motivo il ricorrente denuncia violazione dell'art. 360, n. 5, cod. proc. civ.. Si duole della illogica, erronea, omessa ed insufficiente valutazione delle risultanze probatorie ed in particolare del fascicolo della Procura della Repubblica di Benevento e degli esiti della prova testimoniale.
I primi due motivi sono manifestamente infondati oltre a presentare profili di inammissibilità (rendendo così superfluo l'esame del terzo motivo).
Sostiene il ricorrente che ai fini dell'indennizzabilità dell'infortunio in itinere sarebbe irrilevante la colpa dell'infortunato e che il rischio elettivo non andrebbe valutato con così tale ampiezza da ricomprendervi anche le ipotesi in cui il lavoratore contravvenga alle regole della circolazione stradale. In realtà, nella specie, la Corte territoriale ha considerato (sulla base di un accertamento di fatto sorretto da una motivazione congrua e logica e rispetto al quale le contrarie argomentazioni svolte in ricorso scivolano sul piano della delibazione in punto di merito, estranea a questa sede) che la condotta dello Z. , violativa di norme fondamentali del codice della strada, esercitata ed intrapresa volontariamente in base a ragioni e motivazioni del tutto personali, potesse integrare un aggravamento del rischio talmente esorbitante dalle finalità di tutela da escludere la stessa, risultando idonea ad interrompere il nesso eziologico tra prestazione ed attività assicurata. Tale considerazione è assolutamente conforme a quanto in materia da questa Corte più volte precisato - si veda Cass. 18 marzo 2004, n. 5525 secondo cui: In tema di infortunio in itinere, il rischio elettivo che ne esclude la indennizzabilità deve essere valutato con maggior rigore che nell'attività lavorativa diretta, comprendendo comportamenti di per sé non abnormi, secondo il comune sentire, ma semplicemente contrari a norme di legge o di comune prudenza. Ne consegue che la violazione di norme fondamentali del codice della strada può integrare il rischio elettivo che esclude il nesso di causalità tra attività protetta ed evento; si vedano in senso conforme Cass. 6 agosto 2003, n. 11885; Cass. 3 agosto 2005, n. 16282; Cass. 29 luglio 2009, n. 17655 -. In buona sostanza, ad avviso dei giudici di merito, si sarebbe trattato di una scelta colpevole dettata da un atteggiamento e condotta non giustificabili o superflue e comunque controindicate rispetto al risultato da raggiungere.
Valutandosi, infatti, il comportamento di guida - gravemente imprudente - come del tutto arbitrario ed esorbitante rispetto al comune rischio connesso alle usuali modalità di esecuzione della prestazione, lo stesso è stato correttamente ricondotto al c.d. rischio elettivo, in grado di incidere, escludendola, sull'occasione di lavoro, per essere inesistente il nesso tra l'attività posta in essere dal lavoratore, dalla quale è derivato l'evento infortunistico, e l'attività lavorativa.
Per il resto i rilievi, nella parte in cui addebitano alla Corte di appello una pronuncia ultra petita, risultano innanzitutto carenti sotto il profilo dell'autosufficienza non essendo stato riprodotta (quantomeno nella parte utile a reggere le censure) la comparsa di costituzione dell'I.N.A.I.L. nel giudizio di primo grado al fine di dare a questo Giudice di legittimità una piena contezza della posizione difensiva assunta dall'Istituto (si vedano, sulla rilevanza del principio di autosufficienza del ricorso in ipotesi di denunciata violazione dell'art. 112 cod. proc. civ., Cass. 4 marzo 2013, n. 5344; Cass. 17 agosto 2012, n. 14561; Cass. 4 marzo 2013, n. 5344). In ogni caso appare insormontabile la valutazione della Corte territoriale secondo cui l'accertamento e le valutazioni già svolte dal Tribunale avevano tenuto conto di tutto il materiale probatorio acquisito nel contraddittorio delle parti e verificato la sussistenza di tutti i presupposti per l'indennizzabilità dell'infortunio (e così, in particolare, la presenza di cause di esclusione del nesso causale che richiedeva una specifica indagine sulla condotta personale del soggetto infortunato).
Le suddette considerazioni depongono, dunque, per l'infondatezza dei rilievi attinenti all'argomentare della Corte (l'infortunio è stato patito dallo Z. per sua colpa......lo Z. ha certamente tenuto una condotta che, in violazione di norme fondamentali del codice della strada oltre che di basilari regole di prudenza, è da riconoscersi causativa di rischio talmente esorbitante dalle finalità proprie della tutela del rischio lavorativo da escludere la stessa tutela) costituente autonoma ratio decidendi idonea a sorreggere la motivazione del rigetto e rendono superfluo l'esame delle censure relative alla ritenuta mancanza di prova della diretta eziologia tra causa di lavoro ed evento infortunistico.
In conclusione, si propone il rigetto del ricorso, con ordinanza, ai sensi dell'art. 375 cod. proc. civ., n. 5”.
2 - Questa Corte ritiene che le osservazioni in fatto e le considerazioni e conclusioni in diritto svolte dal relatore siano del tutto condivisibili, siccome coerenti alla consolidata giurisprudenza di legittimità in materia e non scalfite dalle osservazioni svolte dal ricorrente nella memoria depositata ex art. 378 cod. proc. civ.. In quest'ultima, infatti, lo Z. si è limitato a ribadire che la imprudenza nella guida non varrebbe ad interrompere il nesso tra l'infortunio e l'attività lavorativa e quindi non ne escluderebbe l'indennizzabilità laddove, invece, la già sopra ricordata giurisprudenza di questa Corte è nel senso che la violazione di norme fondamentali del codice della strada può integrare il rischio elettivo che esclude il nesso di causalità tra attività protetta ed evento (si veda anche Cass. n. 11150 del 7 maggio 2010).
Quanto agli ulteriori rilievi di cui alla memoria, relativi alla segnalata carenza di autosufficienza delle censure afferenti una pretesa pronuncia ultra petita, va tenuto fermo il principio ricordato nella relazione e considerata integrata la violazione per non avere il ricorrente allegato o trascritto le difese svolte in primo grado dall’I.N.A.I.L. per dimostrare la asserita mancanza di eccezione da parte dell'Istituto in merito alla presunta colpa dello Z. (cfr. in tal senso anche la recente Cass. n. 18478 del 1 settembre 2014) né sinteticamente riassunto la posizione difensiva dell'I.N.A.I.L. (essendosi limitato ad affermare che non vi era stata alcuna contestazione o deduzione circa la dinamica del sinistro) ovvero comunque fornito precisi elementi di individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo, così da consentire a questa Corte di reperire agevolmente la comparsa di costituzione in questione (cfr. Cass. n. 22607 del 24 ottobre 2014; Cass. n. 8569 del 9 aprile 2013; Cass. n. 4220 del 16 marzo 2012). In ogni caso la Corte territoriale, nella propria valutazione, ha verificato la sussistenza dei presupposti per l'indennizzabilità dell'infortunio e, tenendo conto di tutto il materiale probatorio acquisito nel contraddittorio delle parti, condotto una specifica indagine sul comportamento del soggetto infortunato per accertare la presenza di cause di esclusione del nesso causale.
Ricorre con ogni evidenza il presupposto dell'art. 375, n. 5, cod. proc. civ. per la definizione camerale del processo.
3 - Conseguentemente il ricorso va rigettato.
4 - Nulla, infine, è dovuto per le spese di giudizio, avendo lo Z. presentato dichiarazione per l'esenzione dalle spese processuali ai sensi dell'art. 152 disp. att. cod. proc. civ., nel testo introdotto dal D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 42, comma 11, convertito con modificazioni, nella L. 24 novembre 2003, n. 326.

P.Q.M.


La Corte rigetta il ricorso; nulla per le spese.