Cassazione Penale, Sez. 4, 20 febbraio 2015, n. 7815 - Personale non abilitato a manovrare la gru e interferenza tra le attività del cantiere navale


 

 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BRUSCO Carlo Giuseppe - Presidente -
Dott. ZOSO Liana M. T. - Consigliere -
Dott. GRASSO Giuseppe - Consigliere -
Dott. IANNELLO Emilio - Consigliere -
Dott. DELL'UTRI Marco - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza


sul ricorso proposto da:
J.M. n. il (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 2544/2010 pronunciata dalla Corte d'appello di Venezia il 2/12/2013;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita nell'udienza pubblica del 5/2/2015 la relazione fatta dal Cons. dott. Marco Dell'Utri;
udito il Procuratore Generale, in persona del dott. C. Destro, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito, per l'imputato, l'avv.to Ravagnan L: del foro di Venezia che ha concluso per l'accoglimento del ricorso.

Fatto

1. Con sentenza resa in data 23/3/2010, il Tribunale di Venezia ha condannato J.M. alla pena di undici mesi di reclusione in relazione al reato di omicidio colposo, commesso, in violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, ai danni di I.V., in (OMISSIS).

All'imputato, nella qualità di direttore generale della società De P. s.p.a., era stata originariamente contestata la violazione dei tradizionali parametri della colpa generica e delle norme di colpa specifica analiticamente indicate nel capo d'imputazione, segnatamente concernenti l'omissione della valutazione e gestione dei rischi, anche interferenziali, connessi alle lavorazioni interne al cantiere navale in cui prestava la propria opera, oltre l'omessa adozione e la regolamentazione delle misure organizzative destinate alla minimizzazione di detti rischi.

Per effetto di dette violazioni, in occasione della vicenda oggetto di giudizio, il lavoratore V.I., nel ruotare il braccio di sollevamento della gru che stava manovrando, andava a collidere con una scala di accesso alla nave in costruzione posta nelle immediate vicinanze, sulla quale si trovava il lavoratore I.V., il quale, per effetto del cedimento della scala, cadeva nel vuoto perdendo la vita a causa del violento impatto con il suolo.

Su appello dell'imputato, con sentenza in data 2/12/2013, la Corte d'appello di Venezia ha disposto la riduzione della pena inflitta allo J., determinandola in otto mesi di reclusione, confermando, nel resto, la sentenza di primo grado.

2. Avverso la sentenza d'appello, a mezzo del proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione l'imputato censurando la decisione della corte territoriale per violazione di legge e vizio di motivazione.

In particolare, lo J. si duole dell'avvenuto riconoscimento della colpa allo stesso addebitata, attesa l'impossibilità per lo stesso di assolvere ai doveri cautelari indicati a suo carico, non essendo mai stato informato dell'installazione della scala sulla quale si trovava il lavoratore deceduto, essendosi avvalso, al fine di far fronte alla complessa gestione dei problemi della sicurezza del cantiere navale in esame, della collaborazione del responsabile del servizio sicurezza, prevenzione e protezione, nonchè di un consulente esterno specializzato in materia, i quali avevano trascurato di evidenziargli i pericoli connessi all'istallazione della ridetta scala e ai problemi di interferenza con l'attività della gru posta nelle immediate vicinanze del cantiere di costruzione della nave, con la conseguente insussistenza di alcun profilo di rimproverabilità addebitabile a suo carico.

3. Con memoria depositata in data 13/1/2015, l'imputato ha insistito per l'accoglimento dei motivi di ricorso proposti in relazione ai profili di colpa allo stesso ascritti, dichiarando altresì di voler ampliare i temi di doglianza proposti, prospettando la questione concernente l'insussistenza del nesso di causalità tra le omissioni allo stesso contestate e l'evento lesivo verificatosi ai danni del lavoratore deceduto.

Diritto

4. Dev'essere preliminarmente rilevata l'inammissibilità della questione prospettata dal ricorrente, con la memoria depositata in data 13/1/2015, sul nesso di causalità tra le omissioni allo stesso contestate e l'evento lesivo verificatosi ai danni del lavoratore deceduto, trattandosi di questione nuova, non specificamente posta ad oggetto dei motivi d'impugnazione originariamente illustrati con il ricorso.

Sul punto, è appena il caso di richiamare il tradizionale insegnamento della giurisprudenza di legittimità, ai sensi del quale, in tema di termini per l'impugnazione, la facoltà del ricorrente di presentare motivi nuovi incontra il limite del necessario riferimento ai motivi principali dei quali i motivi ulteriori devono rappresentare mero sviluppo o migliore esposizione, anche per ragioni eventualmente non evidenziate, ma sempre ricollegabili ai capi e ai punti già dedotti; ne consegue che sono ammissibili soltanto motivi aggiunti con i quali, a fondamento del petitum dei motivi principali, si alleghino ragioni di carattere giuridico diverse o ulteriori, ma non anche motivi con i quali si intenda allargare l'ambito del predetto petitum, introducendo censure non tempestivamente formalizzate entro i termini per l'impugnazione (cfr., ex plurimis, Sez. 2, Sentenza n. 1417 del 11/10/2012, Rv. 254301; Sez. 3, Sentenza n. 18293 del 20/11/2013, Rv. 259740).

5. Nel merito, le questioni dedotte dall'imputato con l'originario ricorso proposto e i corrispondenti motivi nuovi, concernenti la pretesa insussistenza dei profili di colpa allo stesso addebitati, sono infondate.

Al riguardo, osserva il collegio come la corte territoriale - sulla scia del discorso giustificativo elaborato dal primo giudice (con il quale vale a saldarsi in un unitario e coerente corpo argomentativo) - abbia congruamente evidenziato, con motivazione logicamente coerente e solidamente argomentata, il carattere incontestato della posizione di garanzia rivestita, nel caso di specie, dallo J., avendo quest'ultimo esercitato, oltre alle funzioni di direttore generale, anche quelle di delegato al settore della sicurezza (cfr. pag. 12 della sentenza impugnata): prerogative che hanno trovato piena corrispondenza in termini concreti, avendo tutti i testi richiamati dai giudici del merito confermato come l'imputato fosse generalmente riconosciuto come l'organo di vertice per tutte le problematiche inerenti la materia della sicurezza e della prevenzione degli infortuni sul lavoro; attività che lo J. esercitava mediante una continuativa presenza in azienda e all'interno del cantiere.

Tali circostanze, inoltre, hanno trovato una conferma documentale nella corrispondenza elettronica acquisita agli atti del giudizio e nella documentazione concernente il cd. piano di sicurezza e igiene direttamente approvato dall'odierno imputato e contenente la valutazione dei rischi e le prescrizioni in materia di sicurezza e di prevenzioni degli infortuni sul lavoro relative alle varie attività svolte all'interno del cantiere.

Lo stesso J., del resto, non ha mai contestato l'effettività di tali funzioni, limitandosi unicamente a contestarne gli specifici contenuti ad esse correlati (cfr. pag. 14 set, appello).

Ciò posto, la corte territoriale ha correttamente richiamato i passaggi a tale aspetto dedicati dal primo giudice, evidenziando come in capo all'imputato, quale delegato alla sicurezza, gravava l'obbligo di valutare in via preventiva tutti i rischi correlati alle lavorazioni all'interno del cantiere, con particolare riferimento ai rischi correlati al posizionamento della gru all'interno del bacino galleggiante, adottando tutte le opportune soluzioni affinchè l'area di azione della stessa non interferisse con i luoghi di lavoro e con le relative vie d'accesso.

Dalle risultanze processuali, peraltro - secondo quanto indicato dai giudici di merito - era inoltre emerso che la scala sulla quale si trovava il lavoratore deceduto (che costituiva la via di accesso principale alla nave in costruzione) era stata posizionata nei primi giorni del mese di maggio: tale situazione di pericolo, dunque, non poteva definirsi in alcun modo contingente od occasionale al momento del fatto ((OMISSIS)), essendosi protratta per diversi giorni in modo distintamente percepibile, non potendo pertanto trattarsi di una situazione ignorabile o sottovalutabile dall'odierno imputato, al di là della circostanza (irrilevante al fine di escludere o limitare la responsabilità del delegato alla sicurezza) della relativa apposizione su ordine di un componente del consiglio di amministrazione della società datrice di lavoro.

Allo stesso imputato, inoltre, spettava l'assolvimento dell'obbligo preventivo di adottare adeguate misure tecniche volte ad assicurare l'utilizzo della gru esclusivamente da parte di personale qualificato; nella specie, il V., pur non essendo in possesso di detta qualità, era stato adibito alla manovra della gru, non solo al momento del fatto oggetto dell'odierno processo, ma anche in altre occasioni, sì da divenire una "prassi tolleratà all'interno del cantiere (v. pag. 23 sent. appello).

Appare dunque correttamente e coerentemente configurata, da parte della corte territoriale, la sussistenza delle gravi omissioni ascritte all'imputato, avendo quest'ultimo gravemente trascurato, tanto di impedire la manovra della gru da personale a ciò non abilitato, quanto di adottare le necessarie precauzioni al fine di escludere ogni possibile interferenza tra l'attività di detta gru e la scala di accesso alla nave in costruzione.

Del pari, in modo pienamente corretto la corte territoriale ha evidenziato l'assoluta irrilevanza del coinvolgimento di un consulente esterno (o di eventuali altri soggetti) nella gestione della materia antinfortunistica, non valendo detta collaborazione accessoria a esonerare l'imputato, quale responsabile aziendale per la sicurezza, dal dovere di vigilare sui luoghi di lavoro, segnatamente in presenza di situazioni di pericolo agevolmente percepibili e di fatto facilmente rimediabili.

6. Le considerazioni che precedono, nell'attestare l'infondatezza delle censure in questa sede illustrate dal ricorrente, impongono il rigetto del ricorso e la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

la Corte Suprema di Cassazione, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 5 febbraio 2015.

Depositato in Cancelleria il 20 febbraio 2015