Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale
Direzione Generale Rapporto di Lavoro
Circolare 5 gennaio 2000, n. 1
Lavoro minorile - Decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 345 - Prime direttive applicative.

Sulla Gazzetta Ufficiale n. 237 dell'8 ottobre 1999 è stato pubblicato il Decreto legislativo 4 agosto 1999 n. 345, di attuazione della direttiva 94\33 CE relativa alla protezione dei giovani sul lavoro.
Detto provvedimento, pur mantenendo l'impianto generale della normativa contenuta nella legge 17 ottobre 1967, n. 977, ha carattere profondamente innovativo, proponendosi di adeguare gradualmente la realtà lavorativa dei giovani di età inferiore ai diciotto anni agli standards europei. Privilegiare l'istruzione, assicurare l'inserimento professionale mediante la formazione, considerando che un'esperienza di lavoro appropriata può contribuire all'obiettivo di preparare i giovani alla vita professionale e sociale di adulti, promuovere il miglioramento dell'ambiente di lavoro per garantire un livello più elevato di protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori minorenni, trattandosi di gruppi a rischio particolarmente sensibili: queste, in sintesi, le priorità cui si ispira la nuova normativa.
La tecnica adottata è quella di introdurre modifiche ed integrazioni alla legge n. 977 del 1967, sostituendo interi articoli o aggiungendo dei commi.
Per maggiore chiarezza si allega una tabella di raffronto tra la vecchia e la nuova normativa, che evidenzia le modifiche apportate alla legge 977\67.
La nuova impostazione fornita dal legislatore alla materia richiede opportuni chiarimenti al fine di sottolineare le significative innovazioni intervenute.

1) AMBITO DI APPLICAZIONE
La presente normativa ha inteso unificare le disposizioni in materia di lavoro minorile, estendendone l'applicazione a tutti i rapporti di lavoro, ordinari e speciali, che riguardino minori dei diciotto anni. Le nuove disposizioni si applicano, pertanto, anche all'apprendistato, ai contratti di formazione e lavoro, al lavoro a domicilio ecc.
Infatti, l'art. 3 che modifica l'art. 1 della legge 977/67, nell'individuare il campo di applicazione, precisa che il Decreto si applica ai minori di 18 anni che hanno un contratto o un rapporto di lavoro, anche "speciale", disciplinato dalle norme vigenti. E' chiaro, quindi, il riferimento anche al contratto di apprendistato che l'art. 2 della legge 55/25 definisce come uno "speciale" rapporto di lavoro, in forza del quale l'imprenditore è obbligato ad impartire o far impartire all'apprendista assunto alle sue dipendenze "l'insegnamento necessario", perché possa conseguire la capacità tecnica per diventare "lavoratore qualificato".
Sono state soppresse le deroghe ed esclusioni previste dalla legislazione precedente, sia per quanto riguarda l'età lavorativa che i settori d'impiego, con l'evidente obiettivo di assicurare una migliore tutela dei minori. Ma ciò, a parere dello scrivente, senza l'intendimento di pregiudicare in modo irreversibile i rapporti di lavoro già in essere alla data di entrata in vigore del provvedimento in oggetto.
Il problema, invero, si pone per tutte quelle aziende che hanno già in corso rapporti di lavoro con minori, per le attività prima lecite che l'allegato 1 del decreto in argomento vieta, senza prevedere i necessari tempi di adeguamento.
Si rende necessaria, pertanto, l'emanazione di una normativa di raccordo, peraltro già in fase di studio, che disciplini tali situazioni, possibilmente anche definendo in modo più articolato l'ambito di applicazione dei divieti recati dall'allegato 1, ad evitare licenziamenti indiscriminati.
Sono, senz'altro, esclusi dall'applicazione della normativa in materia di lavoro minorile gli adolescenti addetti a lavori occasionali o di breve durata (con esclusione, quindi, dei rapporti a termine) svolti nei servizi domestici prestati in ambito familiare nonché nelle imprese a conduzione familiare, sempreché queste ultime si concretino in prestazioni di lavoro non nocivo né pregiudizievole né pericoloso. Si sottolinea che la previsione riguarda esclusivamente le due ipotesi suindicate e si riferisce a prestazioni che non consentono una previa programmazione, si concretano in attività fuori dalla logica della periodicità, svolte da soggetti non inseriti nell'organizzazione della famiglia o dell'impresa a conduzione familiare. In particolare, la dizione "lavori occasionali" si intende riferita a prestazioni casuali, sporadiche, saltuarie. La saltuarietà, tuttavia, di per sé non è elemento sufficiente ad escludere la presenza di un rapporto di lavoro; occorre, quindi, distinguere tra continuità di rapporto e continuità di prestazione, in quanto è possibile che alla continuità del rapporto si accompagni l'intermittenza delle prestazioni. I lavori di breve durata possono riferirsi a quelle prestazioni nelle quali l'elemento temporale non raggiunge quel minimo necessario perché l'attività svolta possa ricomprendersi in una delle fattispecie tipiche previste dalla legge (es. tutte le ipotesi di contratto a termine).
Per gli adolescenti occupati a bordo delle navi sono fatte salve le specifiche disposizioni legislative o regolamentari in materia di sorveglianza sanitaria, lavoro notturno e riposo settimanale, e ciò in relazione alla peculiarità ed inderogabilità di molte norme sul lavoro marittimo, in vista della sua stretta connessione all'interesse pubblico. L'interesse generale alla sicurezza della navigazione è ritenuto, infatti, prevalente e condiziona la stessa tutela predisposta per il lavoro subordinato.

2) ETA' LAVORATIVA – OBBLIGO SCOLASTICO – OBBLIGO FORMATIVO
Sul punto, il decreto legislativo in esame introduce il principio che l'età minima di ammissione al lavoro non può essere inferiore all'età in cui cessa l'obbligo scolastico. Le stesse definizioni di "bambino" e "adolescente", cui fa riferimento il decreto, riguardano, in via generale, i soggetti che abbiano rispettivamente meno o più di quindici anni, ma, per ogni singolo soggetto, possono riferirsi ad età diverse, a seconda che sia stato assolto o meno l'obbligo scolastico. Viene, inoltre, introdotto il divieto del lavoro dei bambini, salvo per quanto riguarda le attività culturali o simili, di cui al punto 4).
L'età minima per l'ammissione al lavoro non può mai essere inferiore ai quindici anni compiuti ed è inoltre subordinata al compimento del periodo di istruzione obbligatoria.
Per determinare, quindi, il limite di età per l'instaurazione di un rapporto di lavoro con minori occorre verificare la sussistenza di due requisiti: il compimento del quindicesimo anno di età e l'avvenuto assolvimento dell'obbligo scolastico. Attualmente secondo le indicazioni fornite dal Ministero della pubblica istruzione con circolare n. 22 del 1\2\1999 - in via transitoria e fino all'approvazione di un generale riordino del sistema scolastico e formativo che prevede l'obbligatorietà con durata decennale - l'obbligo che interessa è da considerarsi assolto:
• da coloro che, nell'anno scolastico 1997\98, hanno conseguito il diploma di licenza di scuola media;
• da coloro che, alla data del 31 dicembre 1998, hanno compiuto il 15° anno di età e dimostrino di aver osservato, per almeno otto anni, le norme sull'obbligo;
• da coloro, che, alla data del 31 agosto 1999, hanno adempiuto, per almeno nove anni, all'obbligo in questione. (vedi anche Legge 20 gennaio 1999, n. 9 e Decreto 9 agosto 1999, n. 323 – GG.UU. n. 21 del 27\01\1999 e n. 218 del 16\09\1999).
E', inoltre, da tenere presente che la legge 17 maggio 1999, n. 144, all'art. 68, 1° comma, impone, per i giovani, l'obbligo di frequenza di attività formative fino a diciotto anni, obbligo che può essere assolto in percorsi anche integrati di istruzione e formazione:
a) nel sistema di istruzione scolastica;
b) nel sistema della formazione professionale di competenza regionale;
c) nell'esercizio dell'apprendistato.
Tale vincolo formativo, si intende comunque assolto con il conseguimento di un diploma di scuola secondaria superiore o di una qualifica professionale.
Il giovane che abbia assolto l'obbligo scolastico come sopra indicato può, quindi, lavorare sicuramente come apprendista; per le altre attività lavorative dovrà contemporaneamente assolvere all'obbligo formativo, i cui contenuti sono al momento in corso definizione con appositi provvedimenti.

3) LAVORATRICI MINORI GESTANTI, PUERPERE O IN ALLATTAMENTO
Atteso che la gravidanza in giovane età può costituire per certi aspetti un rischio per la salute della lavoratrice e del nascituro è da sottolineare il particolare rilievo che assume una puntuale e tempestiva ottemperanza alle norme di tutela delle lavoratrici madri ed in ispecie del D.Lgs. 645/96.
Ferma restando la normativa concernente il divieto di adibizione ai lavori faticosi, pericolosi ed insalubri e l'obbligo di spostamento ad altre mansioni (artt. 3 e 5 L. 1204/71 e art. 5 D.P.R. 1026/76) il datore di lavoro deve valutare i rischi per la salute e la sicurezza delle lavoratrici gestanti e procedere alla modifica temporanea delle condizioni o dell'orario di lavoro ottemperando all'obbligo di informazione. (art. 4 e 5 D.Lgs. 645/96).
Qualora tali modifiche non siano possibili per motivi organizzativi e produttivi il datore di lavoro applica gli artt. 3 e 5 lett. c) della L. 1204/71 dandone contestuale informazione scritta al competente Servizio Ispezione del Lavoro.
Si rammenta, inoltre, che a norma dell'art. 33, comma 10, del D.Lgs. 626/94 l'organo di vigilanza può prescrivere che, anche nei lavori continuativi, il datore di lavoro dia modo alle dipendenti di lavorare stando a sedere ogni qualvolta ciò non pregiudichi la normale esecuzione del lavoro; lo stesso articolo prevede, inoltre, che le donne incinte o che allattano devono avere la possibilità di riposarsi in posizione distesa e in condizioni appropriate.
Si fa presente, infine, che ai sensi dell'art. 7 del D.Lgs. 645/96 le lavoratrici gestanti hanno la possibilità di assentarsi dal lavoro per l'effettuazione di esami prenatali, accertamenti clinici ovvero visite mediche specialistiche, senza perdita della retribuzione qualora questi debbano essere eseguiti necessariamente durante l'orario di lavoro.

4) ATTIVITA' CULTURALI E SIMILI
L'art. 4, 2° comma, della legge n. 977 del 1967, così come sostituito dall'art. 6 del decreto legislativo in esame, prevede che l'impiego dei bambini e degli adolescenti in attività lavorative di carattere culturale, artistico, sportivo o pubblicitario e nel settore dello spettacolo debba essere preventivamente autorizzato dalle Direzioni provinciali del lavoro competenti per territorio, secondo le modalità di cui al D.P.R. 365\94. Sul punto si richiamano, per completezza, anche le disposizioni contenute nell'art. 8.,1 comma; nell'art. 17.,1 comma; nell'art. 22, 3° comma e nell'art. 26 della novellata legge n. 977 del 1967 relativamente alle visite mediche, al lavoro notturno, al riposo domenicale ed alle sanzioni.
La sostituzione, nel citato art. 4, 2° comma, delle parole "partecipazione dei minori" con le parole "impiego dei minori in attività lavorative" intende escludere dall'obbligo di richiedere l'autorizzazione relativamente a tutte quelle attività che, per la loro natura intrinseca, per le modalità di svolgimento o per il loro carattere episodico ed estemporaneo, non siano in alcun modo assimilabili al concetto di lavoro e neppure ad una vera e propria "occupazione", la quale di per sé esige una prefigurazione in termini soggettivi, oggettivi, temporali e programmatici dell'intervento del minore. Del pari, si potrà prescindere dalla preventiva autorizzazione nel caso di attività non retribuita svolta nell'ambito di iniziative didattiche promosse da organismi pubblici aventi istituzionalmente compiti di educazione e formazione dei minori. Infatti, nelle evidenziate iniziative e nelle attività educative della Scuola è connaturata l'osservanza dell'obbligo scolastico e delle condizioni atte ad assicurare l'integrità psico-fisica e la moralità del minore che costituiscono alcune delle condizioni alle quali è subordinata l'autorizzazione dell'Ispettorato del lavoro.

5) LAVORAZIONI VIETATE
La nuova disciplina (art. 7) vieta l'adibizione degli adolescenti ad una serie di attività elencate nell'allegato I, con abrogazione espressa delle disposizioni contenute nel D.P.R. 20/1/76, n. 432 riguardante i lavori vietati ai fanciulli ed agli adolescenti.
Il suddetto allegato distingue tra esposizioni ad agenti chimici, fisici e biologici e processi e lavori.
In particolare, per quanto riguarda i divieti di esposizione ad agenti chimici, fisici e biologici, va chiarito preliminarmente che gli stessi sono stati introdotti dalla direttiva 94/33 CE e che la gran parte era già presente nella legislazione previgente.
Con riguardo ai singoli agenti si fa presente:

a. Rumore
Il divieto di esposizione al rumore non opera automaticamente ma discende dalla valutazione dei rischi e scatta a partire da un livello di 80 dbA. La valutazione deve essere operata sulla base delle disposizioni di cui al D.Lgs. 277/91 (art. 40). In particolare, poi, il livello di 80 dbA deve intendersi come esposizione quotidiana personale o come esposizione media settimanale, se quella quotidiana è variabile nell'arco della settimana lavorativa, e, pertanto, non va considerato come valore che non può mai essere superato nell'arco del periodo in esame.

b. Agenti chimici
Fermo restando il divieto assoluto di esposizione agli agenti etichettati come molto tossici, tossici, corrosivi, esplosivi ed estremamente infiammabili, per gli agenti nocivi ed irritanti il divieto vige solo per quelli etichettati con le frasi di rischio riportate nell'allegato 1. Ad esempio, tra gli agenti irritanti sono vietati solo quelli sensibilizzanti per inalazione o per contatto cutaneo.
Per tutti gli agenti sopra considerati il divieto vige indipendentemente dalle quantità presenti nell'ambiente di lavoro.
Per ciò che concerne i divieti riferiti a processi e lavori, si fa presente che solo alcuni divieti sono stati introdotti dalla direttiva europea e quindi dal decreto di recepimento, mentre la maggior parte è stata ripresa dalla previgente legislazione in conformità allo specifico criterio di delega secondo cui l'attuazione di una direttiva non può costituire occasione per il peggioramento del livello di protezione.
Si ritiene, comunque, opportuno evidenziare che, laddove il divieto è riferito solo ad alcune fasi del processo produttivo, lo stesso si riferisce a tali specifiche fasi e non all'attività nel suo complesso. Ad esempio, il divieto di lavoro nei magazzini frigoriferi riguarda solo l'accesso a tali luoghi e non l'attività nel suo complesso (supermarket, magazzini ortofrutticoli ecc.)
Il divieto di adibizione a lavori comportanti rischio silicotigeno è, altresì, limitato alle lavorazioni per le quali è obbligatorio il pagamento del premio assicurativo per la silicosi.
In ogni caso per tutte le lavorazioni elencate, l'art. 7 al comma 2 prevede la possibilità di derogare ai suddetti divieti per scopi didattici e di formazione professionale. Detta formazione va svolta sotto la sorveglianza di un formatore competente anche in materia di prevenzione e protezione e nel rispetto di tutte le condizioni di sicurezza e di salute disposte dalla vigente normativa.
Pertanto, nel caso di autorizzazione richiesta da parte di un datore di lavoro che rientri nei casi previsti dall'articolo 10 del D.Lgs. 626/94 il ruolo di formatore competente anche in materia di prevenzione e protezione può essere svolto dal datore di lavoro, in quanto soggetto abilitato a svolgere i compiti propri del servizio di prevenzione e protezione.
Premesso quanto precede ed in attesa della emanazione delle norme regolamentari che disciplineranno globalmente tutti gli speciali rapporti di lavoro con contenuti formativi – quali l'apprendistato ed i contratti di formazione e lavoro – allo scopo di pervenire ad una disciplina della materia secondo criteri di valorizzazione dei contenuti formativi, si ritiene che per i motivi sopra esposti, il rapporto di apprendistato possa essere incluso nella deroga ivi prevista.
Infatti, secondo le vigenti disposizioni richiamate, l'apprendista è comunque chiamato a svolgere, durante il periodo di tirocinio, oltre che un'attività lavorativa anche un'attività di formazione pratica continua (in affiancamento al datore di lavoro artigiano, ovvero ai lavoratori qualificati o specializzati presenti in azienda secondo le condizioni previste dall'art. 1 della L. n. 424/1968), e pertanto tale attività concretizza quella "formazione professionale", seppure distinta da quella organizzata dagli istituti di istruzione e formazione professionale, rientrante nella deroga sopra citata, sottoposta a preventiva autorizzazione delle Direzioni Provinciali del Lavoro.
Per il contratto di apprendistato peraltro, il formatore va identificato con il tutore previsto dall'articolo 16 della legge 196/97 purché quest'ultimo sia competente in materia di sicurezza e salute.
Sarà cura, ovviamente, delle predette Direzioni Provinciali del Lavoro valutare, di volta in volta, la sussistenza di tali presupposti non solo in sede di emanazione del provvedimento autorizzatorio, ma anche nel corso dello svolgimento del rapporto stesso.
Si chiarisce ,infine, che con la locuzione "tempo strettamente necessario…." di cui al citato articolo 7 si intende il periodo, in termini di mesi od anni, necessario al raggiungimento della qualificazione professionale previsto dalla normativa di riferimento o dalla contrattazione.
L'autorizzazione, di cui al comma 3, è rilasciata dalla Direzione Provinciale del Lavoro, servizio ispettivo, che verifica la sussistenza delle condizioni richieste dalla norma e, quindi, anche la presenza di formatori esperti in materia di sicurezza.
Va tenuto presente che si tratta di un'autorizzazione diversa da quella prevista in via generale dalla legge 25/55 sull'apprendistato, in quanto mirata a rimuovere il divieto di adibizione dei minori alle lavorazioni dell'allegato al D.Lgs. in esame. Peraltro, il datore di lavoro interessato potrà avanzare una unica richiesta di autorizzazione, semplificando, così, le relative procedure e l'Ispettorato del Lavoro rilascerà una autorizzazione unica secondo l'allegato modello. Sarà cura dell'Ispettorato poi, provvedere periodicamente a dare comunicazione delle autorizzazioni rilasciate alla ASL territorialmente competente, al fine di consentire l'opportuna verifica del rispetto della normativa prevenzionistica.
Si sottolinea, infine, che l'autorizzazione riguarda l'attività di formazione e, pertanto, deve essere richiesta per specifiche qualifiche e non va ripetuta per ogni singola assunzione di minore.

6) SORVEGLIANZA SANITARIA
In via generale, l'art. 9 del nuovo decreto dispone, per i minori, l'obbligo di una visita medica preassuntiva e di visite mediche periodiche da effettuare, a cura del datore di lavoro, presso la ASL territorialmente competente.
Fa eccezione il caso di attività lavorative per le quali la vigente legislazione dispone la sorveglianza sanitaria disciplinata dagli artt. 16 e 17 del citato D.Lgs. 626/94.
In tali fattispecie le visite mediche preventive e periodiche devono essere, quindi, effettuate dal medico competente, pubblico e privato, scelto dal datore di lavoro.
Pertanto, poiché l'articolo in questione ha compiutamente e diversamente disciplinato la materia, l'articolo 9 del D.P.R. 1668/56 deve ritenersi implicitamente abrogato nella parte in cui dispone per i minori, la visita medica a cura della struttura sanitaria pubblica.

7) LAVORO NOTTURNO
Il lavoro notturno particolarmente gravoso, specie nell'età giovanile, è regolato agli artt. 15 e 17 della novellata legge 977\67. La definizione del termine "notte" si ritrova nell'art. 15 e, per tale, si considera un periodo di almeno dodici ore consecutive comprendenti l'arco di tempo che va dalle ore 22 alle ore 6 o dalle ore 23 alle ore 7, indipendentemente dall'ora di inizio dell'attività lavorativa. Al di fuori, beninteso, di tali intervalli, il riposo notturno può essere interrotto nei casi di attività caratterizzate da periodi di lavoro frazionati o di breve durata nella giornata.
La nuova normativa mantiene il divieto del lavoro notturno per i minori degli anni 18. Unica eccezione (art. 17) è il caso di forza maggiore - purché il minore abbia almeno 16 anni - che ostacola il funzionamento dell'azienda. In tal caso, però, il datore di lavoro deve darne immediata comunicazione all'Ispettorato del lavoro, indicando la causa ritenuta di forza maggiore, i nominativi dei minori impiegati e le ore per cui sono stati impiegati. D'altronde l'art. 17 consente la deroga "eccezionalmente e per il tempo strettamente necessario", "purché tale lavoro sia temporaneo e non ammetta ritardi" e "non siano disponibili lavoratori adulti": una volta arginata la forza maggiore o avuta la possibilità di organizzare squadre di adulti, si ripristina automaticamente il divieto recato dall'art. 15 della stessa legge. Spetta in tal caso al minore, un equivalente periodo di riposo compensativo che deve essere fruito entro tre settimane, oltre alle maggiorazioni retributive.
Permane la deroga fino alle ore 24 per il lavoro nello spettacolo, esteso ora alle attività a carattere culturale, artistico e sportivo; in tale ipotesi il minore deve godere di un periodo di riposo notturno di almeno quattordici ore consecutive.

8) RIPOSO SETTIMANALE
I minori hanno diritto ad un periodo di riposo settimanale di almeno due giorni, se possibile consecutivi, e comprendenti la domenica; tale periodo può essere ridotto, per comprovate ragioni di ordine tecnico ed organizzativo, ma non può essere inferiore a 36 ore consecutive, salvo che in caso di attività caratterizzate da periodi di lavoro frazionati o di breve durata nella giornata.
Per alcune attività il riposo settimanale può essere concesso in giorno diverso dalla domenica: trattasi, per i minori, delle attività culturali, artistiche, sportive, pubblicitarie e dello spettacolo; per gli adolescenti, delle attività nei settori turistico, alberghiero e della ristorazione - ivi compresi bar, gelaterie, pasticcerie ecc.- attività per le quali il maggior carico di lavoro si concentra spesso nella domenica.

9) SANZIONI
Sono state adeguate le sanzioni, sia penali che amministrative, in ottemperanza alle disposizioni di delega.

IL MINISTRO              
(ON.LE AVV. CESARE SALVI)

 

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