Cassazione Civile, Sez. Lav., 07 aprile 2015, n. 6934 - Caduta dall'albero di un pensionato. Coltivatore diretto e risarcimento dall'INAIL


 



 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VIDIRI GUIDO - Presidente -
Dott. VENUTI PIETRO - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA


sul ricorso 27388-2009 proposto da:
R.E.A., già elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G. NICOTERA 29, presso lo studio dell'avvocato RAFFAELE SILIPO, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato ERNESTO MAZZEI, giusta delega in atti e da ultimo domiciliato presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE;
- ricorrente -contro I.N.A.I.L - ISTITUTO NAZIONALE PER L'ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO C.F. 01165400589, in persona del legale rappresentante prò tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144, presso lo studio degli avvocati LUIGI LA PECCERELLA, LUCIA PUGLISI, che lo rappresentano e difendono, giusta delega in atti;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 340/2009 della CORTE D'APPELLO di CATANZARO, depositata il 14/04/2009 R.G.N. 286/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 16/12/2014 dal Consigliere Dott. PIETRO VENUTI;
udito l'Avvocato CRIPPA LETIZIA per delega PUGLISI LUCIA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FRANCESCA CERONI che ha concluso per l'inammissibilità e in subordine rigetto del ricorso.

Fatto

 

La Corte d'appello di Catanzaro, in riforma della decisione di accoglimento di primo grado, ha respinto, con la sentenza indicata in epigrafe, la domanda proposta nei confronti dell'INAIL da R.E.A., il quale, a seguito di un infortunio (era caduto da un albero sito in un fondo di sua proprietà), aveva chiesto all'INAIL le prestazioni assicurative (indennità giornaliera e costituzione di una rendita), prestazioni che gli erano state negate dall'Istituto.
Il R.E.A., avvocato alle dipendenze dell'ENEL ed in pensione al momento dell'infortunio, aveva richiesto dette prestazioni quale coltivatore diretto, deducendo che, a seguito del suo pensionamento, si era dedicato direttamente ed abitualmente alla manuale coltivazione dei fondi.
La Corte di merito, nel respingere la domanda, ha ritenuto che il R.E.A. non era compreso tra i soggetti beneficiari delle prestazioni assicurative erogate dall'INAIL. Ed infatti in base al contesto normativo di riferimento (art. 14 D.L. n. 155/93, convertito dalla L. n. 243/93; art. 2 L. n. 1047/57; art. 2 L. n. 9/63) il requisito della abitualità dell'attività agricola sussiste quando il coltivatore diretto si dedica in modo esclusivo o almeno prevalente alla diretta coltivazione dei fondi, intendendosi per attività prevalente quella che impegni il coltivatore diretto per il maggior periodo di tempo nell'anno e che costituisca per lui la maggior fonte di reddito. Nella specie il R.E. - che dopo la pensione aveva svolto attività agricola - percepiva un reddito da pensione, normalmente commisurato al reddito da lavoro, superiore al reddito agricolo. Non ricorreva quindi il rapporto di prevalenza dell'attività agricola, con la conseguenza che la domanda non poteva trovare accoglimento.
Per la cassazione di questa sentenza propone ricorso il R.E. sulla base di tre motivi. L'INAIL resiste con controricorso, illustrato da successiva memoria ex art. 378 cod. proc. civ.

Diritto

1. Con il primo motivo, cui fa seguito il quesito di diritto ex art. 366 bis cod. proc. civ., non più in vigore ma applicabile ratione temporis, il ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione della legge n. 9/63, deduce che la nozione di coltivatore diretto è individuata dall'art. 2 della legge n. 1047 del 1957.
Ed infatti l'art. 14 della legge n. 155 del 1993 ha disposto che, a decorrere dal 1° giugno 1993, ai fini dell'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro, i lavoratori di cui al primo comma, lett. b), dell'art. 205 D.P.R. n. 1124/65, siano individuati secondo i criteri e le modalità previsti dalla legge n. 1047/57, art. 2, in base al quale sono considerati coltivatori diretti "....i proprietari....che direttamente e abitualmente si dedicano alla manuale coltivazione dei fondi o all'allevamento ed al governo del bestiame".
Era dunque a quest'ultima disposizione, e non già alla legge n. 9/63, art. 2, che la Corte di merito avrebbe dovuto far riferimento al fine di accertare se il ricorrente fosse o meno coltivatore diretto.
2. Con il secondo motivo, cui fa seguito il quesito di diritto, il ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione della legge n. 9 del 1963, sostiene che, anche a voler ritenere che fosse applicabile tale legge, la Corte di merito avrebbe dovuto rigettare l'appello proposto dall'INAIL.
Rileva che in base alla L. n. 9/63, art. 2, comma 2, "il requisito della abitualità nella diretta e manuale coltivazione dei fondi....si ritiene sussistente quando i soggetti....si dedicano in modo esclusivo o almeno prevalente a tali attività" e che il successivo comma 3 precisa che per "attività prevalente deve intendersi quella che impegni il coltivatore diretto per il maggior periodo di tempo nell'anno e che costituisca per esso la maggior parte del reddito".
Nessun collegamento - aggiunge - la norma pone tra attività prestata in via esclusiva e requisito reddituale, sicché, come precisato dall'INPS con due circolari (n. 11/98 e n. 30/99), quando l'attività agricola venga svolta, come nella specie, dal coltivatore diretto in via esclusiva, non assumono alcuna rilevanza gli elementi temporali e reddituali, intervenendo tale valutazione solo nei caso in cui il coltivatore si dedichi ad altra attività. Nell'ipotesi di attività esclusiva svolta oltre il tempo minimo previsto dalla legge (104 giornate lavorative annue), il coltivatore diretto ha quindi diritto alla copertura assicurativa INAIL contro gli infortuni sul lavoro.
3. Con il terzo motivo il ricorrente, denunciando contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio, sostiene che ricorrono nella specie i presupposti per l'accoglimento della domanda.
Ed infatti: - all'epoca del sinistro egli conduceva in via esclusiva l'attività di coltivazione dei fondi, con un impegno settimanale di almeno 4/5 giorni;
- solo a seguito del grave infortunio ha cessato tale attività, proponendosi per l'incarico di giudice di pace;
- le dichiarazioni rese dai testi erano pienamente coerenti con le risultanze della consulenza tecnica d'ufficio, che aveva quantificato in almeno 127 giornate di lavoro annue il fabbisogno del podere;
- erano privi di rilevanza i rilievi posti dal c.t.u. circa lo stato di manutenzione del fondo, tenuto conto, per un verso, del tempo trascorso fra la data dell'infortunio e quella del sopralluogo dell'ausiliare e, per altro verso, che esso ricorrente aveva cessato la propria attività, affidando a terzi la cura dei soli incombenti essenziali.
4. Il ricorso, i cui motivi vanno esaminati congiuntamente in ragione della loro connessione, non è fondato.
4.1. Deve innanzitutto escludersi che, ai fini della individuazione della figura del coltivatore diretto, debba farsi esclusivo riferimento all'art. 2 della legge n. 1047/57, richiamato dall'art. 14 della legge n. 155/93, art. 14.
Se è vero infatti che tale ultima norma dispone che, con decorrenza dal 1° giugno 1993, ai fini dell'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e la malattie professionali di cui al D.P.R. 30 giugno 1965 n. 1124 i lavoratori di cui al primo comma, lett. b), dell'art. 205 D.P.R. n. 1124/65 sono individuati secondo i criteri e le modalità previsti dalla L. 1047/57 ("....sono considerati coltivatori diretti iproprietari....che direttamente e abitualmente si dedicano alla manuale coltivazione dei fondi..."), tale ultima disposizione va combinata con il disposto di cui all'art. 2 L. 9 gennaio 1963 n. 9, che nel definire "il requisito della abitualità nella diretta e manuale coltivazione dei fondi o nell'allevamento e nel governo del bestiame, previsto dagli articoli 1 e 2 della legge 26 ottobre 1957, n. 1047", stabilisce che tale requisito "si ritiene sussistente quando i soggetti indicati nelle suddette norme si dedicano in modo esclusivo o almeno prevalente a tali attività'' (comma 2), aggiungendo (comma 3) che "per attività prevalente, ai sensi di cui al precedente comma, deve intendersi quella che impegni il coltivatore diretto ed il mezzadro o colono per il maggior periodo di tempo nell'anno e che costituisca per essi la maggior fonte di reddito".
4.2. Posta dunque l'applicabilità, ai fini per cui è controversia, della legge n. 9/63, art. 2, deve escludersi che il ricorrente, come dedotto nel secondo motivo, abbia comunque diritto in forza di tale disposizione alle chieste prestazioni assicurative per avere svolto all'epoca dell'infortunio, in via esclusiva, l'attività di coltivatore diretto, circostanza questa che in virtù della disgiuntiva "o" contenuta nel secondo comma del predetto art. 2 ("....in modo esclusivo o almeno prevalente....") renderebbe superfluo accertare il requisito temporale e quello reddituale non assumendo essi alcuna rilevanza nell'ipotesi di prestazione svolta dal coltivatore diretto in maniera esclusiva.
Al riguardo infatti il ricorrente non fornisce alcuna dimostrazione di avere svolto in modo esclusivo l'attività di coltivatore diretto né tanto meno, in violazione del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, riporta le dichiarazioni dei testi richiamate in ricorso o allega la consulenza tecnica pure ivi richiamata.
Restano pertanto mere affermazioni quelle secondo cui il ricorrente avrebbe svolto in via esclusiva l'attività di coltivatore diretto, affermazioni che l'Istituto ha sempre contestato, sostenendo che l'Avv. R.E.A., già legale dell'ENEL in pensione, "era Giudice di pace ancora in servizio presso il circondario del Tribunale di Catanzaro" (v. sentenza impugnata).
Né la Corte di merito si occupa della questione relativa alla esclusività dell'attività di coltivatore diretto, avendo respinto la domanda del ricorrente sul rilievo che non ricorreva il requisito dello svolgimento di attività agricola "prevalente", posto che il giudizio di prevalenza, come affermato da Cass. n. 13938/06, deve tenere conto sia del criterio temporale che di quello reddituale, in riferimento al quale la comparazione va effettuata tra il reddito da lavoro agricolo e quello derivante da pensione.
Alla stregua di tutto quanto precede il ricorso deve essere rigettato.
L'esito contrastante dei giudizi di merito giustifica la compensazione tra le parti delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa tra le parti le spese del presente giudizio. Così deciso in Roma in data 16 dicembre 2014.