Cassazione Penale, Sez. 4,  08 aprile 2015,  n. 14157 - Autista investito dal carico del semirimorchio. Abnormità del comportamento?


 

 

Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE Relatore: ZOSO LIANA MARIA TERESA


Fatto


1. Il tribunale di Pisa, con sentenza in data 28 ottobre 2011, dichiarava A.A., M.F., C.G., R.M., M.A., C.P.J.J. e C.M. colpevoli del reato di cui all'articolo 589, comma 3, del codice penale perché, per concorso di cause indipendenti tra loro e concorrendo nell'evento la condotta imprudente del deceduto, per colpa consistita in negligenza, imperizia, imprudenza, in violazione di disposizioni regolamentari, procedurali, contrattuali e di norme antinfortunistiche, nella specie articolo 7, comma 2, articoli 34 e 35 del decreto legislativo 626/94, cagionavano la morte di P.C., dipendente al nero della società M. Attilio Autotrasporti Srl; il fatto si verificava mentre il P.C. operava in qualità di autista dell'autoarticolato di proprietà della ditta S.L. preso in affitto dalla M. Attilio Autotrasporti s.r.l. .
In particolare, il dipendente, mentre si trovava a terra, era stato investito dal carico del semirimorchio, costituito da lastre di vetro, ed il crollo era stato provocato dalle oscillazioni del semirimorchio, a sua volta determinate dalle fatiscenti condizioni del pianale, risultato pericolosamente non in asse ed inclinato verso destra, dalle condizioni usurate della manovella di azionamento dei martinetti di stabilizzazione del semirimorchio, che avevano determinato la rottura di una delle alette di collegamento alla relativa asta con conseguente oscillazione repentina del pianale; inoltre altri fattori causali erano stati riscontrati nei cavalletti di supporto delle lastre di vetro da caricare, i quali erano risultati avere la base molto deformata con conseguente instabilità del carico, e nella mancata predisposizione di idonei cavalloni di supporto al rimorchio al fine di assicurarne la stabilità in assenza della motrice. Il fatto si era verificato in data 26.6.2006 in Pisa all'interno dello stabilimento della Saint Gobain Glass Italia mentre il P.C. stava completando le manovre di aggancio della motrice al rimorchio sul quale erano ancora in corso le operazioni di carico delle lastre di vetro. L'infortunato aveva agganciato la ralla della motrice al semirimorchio, era sceso dal mezzo ed aveva sollevato gli stabilizzatori azionando l'apposita leva; ciò aveva determinato una situazione di instabilità del carico, che era caduto dalla parte destra ove si trovava il maggior peso ed aveva investito il P.C..
Il tribunale ravvisava un concorso di colpa del P.C. in quanto la sua condotta era stata contraria alle comuni regole di sicurezza e di prevenzione degli infortuni sul lavoro poiché, essendo stato incaricato del trasporto della motrice e del semirimorchio, non avrebbe dovuto trovarsi nelle vicinanze del veicolo durante le operazioni di carico e non avrebbe dovuto compiere le operazioni di aggancio della motrice e di sollevamento degli stabilizzatori che avevano determinato l'instabilità del carico.
Rilevava, poi, il tribunale che M.F., in qualità di coamministratore della Autotrasporti M. s.r.l. (l'altro coamministratore M.M.M. era deceduto), in qualità di datore di lavoro del P.C., che peraltro non aveva neppure regolarmente assunto, non aveva impartito al lavoratore la formazione specifica inerente il particolare trasporto da effettuare in quanto, in particolare, non lo aveva reso edotto dell'obbligo di stare lontano dal semirimorchio durante le fasi di carico vieppiù nello stabilimento in cui era avvenuto l'infortunio, ove vi erano ben cinque linee di carico ed, in ragione di ciò, avrebbero dovuto essere adottati modelli organizzativi atti ad evitare che gli autisti stazionassero nei luoghi riservati al carico.
C.G., in qualità di responsabile del magazzino spedizione float e responsabile della Saint Gobain Glass Italia nonché responsabile del piano di coordinamento della sicurezza relativamente alla attività di movimentazione della merce appaltata alla ditta A., nel piano predisposto ai sensi dell'art. 7 D. Lvo 626/94 aveva omesso la considerazione dei rischi connessi alla presenza di varie imprese di trasporto che operavano all'interno del magazzino; inoltre nel piano stesso era contraddittoriamente previsto che gli autisti dovessero rimanere vicino ai propri mezzi durante le operazioni di carico.
R.M. e M.A., nelle rispettive qualità di responsabile di cantiere e caposquadra della ditta A., appaltatrice dell'attività di movimentazione della merce della Saint Gobain Glass Italia, non avevano verificato il rispetto delle disposizioni finalizzate alla sicurezza dei lavoratori ed era, anzi, emerso che sussisteva una prassi generalizzata per cui i rimorchi venivano caricati quando ancora non erano agganciati alla motrice, contrariamente a quanto era previsto nelle istruzioni operative, benché in esse fosse indicata genericamente la possibilità di deroghe in casi eccezionali.
Ci. e A.A. erano i due dipendenti della A. che stavano effettuando il carico sul semirimorchio al momento dell'infortunio.
C.P.J.J. era l'amministratore delegato della Saint Gobain Italia Logistica Servizi con obbligo specifico di curare l'attuazione della disciplina antinfortunistica.
Il tribunale condannava M.F. e C.P.J.J. alla pena di anni due di reclusione, C.G. alla pena di anni uno di reclusione, M.A. alla pena di mesi nove di reclusione e C.M. alla pena di mesi sei di reclusione. Condannava, poi, gli imputati, in solido tra loro ed in concorso con i responsabili civili, al versamento di una provvisionale immediatamente esecutiva, pari ad euro 50.000 ciascuno, in favore delle parti civili P.Ce. Maria, P.M. e P.A. Concedeva a R.M., M. e C.G. il beneficio della sospensione condizionale della pena subordinata al versamento della provvisionale
2. Le parti civili e gli imputati proponevano appello avverso la sentenza del tribunale e la corte d'appello di Firenze, con sentenza pronunciata il 17 giugno nel 2013, in parziale riforma della sentenza impugnata, assolveva gli imputati C., Ci. e A.A. dal reato loro scritto per non aver commesso il fatto, revocava le statuizione civili nei confronti degli stessi, nonché dell'imputato C.G. e dei responsabili civili (tenuto conto della revoca della costituzione di parte civile), rideterminava le provvisionali già concesse a P.CM., P.M. e P.A. in euro 100.000 ciascuno, confermando per il resto.
3. Avverso la sentenza della corte d'appello proponevano ricorso per cassazione R.M., M.A., C.G. e M.F..
4. R.M. ed M.A. svolgevano tre motivi di doglianza.
4.1. Con il primo motivo deducevano vizio di motivazione derivante da travisamento della prova in quanto la corte d'appello aveva ritenuto che la responsabilità degli imputati poggiasse non già sul fatto che non erano state adottate disposizioni operative volte alla prevenzione degli infortuni ma sull'aver tollerato che tali norme venissero abitualmente infrante. Per contro il teste Pa., indicato dal PM, aveva dichiarato che non costituiva una prassi operativa quella di agganciare i rimorchi alla motrice prima che il carico fosse completato ma si trattava di episodi sporadici dettati dalla fretta ed i capisquadra si erano adoperati per far cessare la condotta rischiosa. Ed anche il teste R.V. aveva considerato la manovra effettuata dal P.C., consistita nell'aver sollevato gli stabilizzatori, come impensabile per gli addetti ai lavori.
Si doveva considerare, quindi, che la responsabilità fosse ascrivibile al solo P.C. il quale aveva compiuto un atto abnorme che non era prevedibile né evitabile da parte degli imputati.
4.2. Con il secondo motivo di ricorso deducevano vizio di motivazione per avere la corte territoriale omesso di quantificare il concorso colposo del P.C. nell'occorso, considerato che ciò sarebbe stato rilevante ai fini della quantificazione della pena.
4.3. Con il terzo motivo deducevano violazione di legge e vizio di motivazione non avendo la corte d'appello esplicitato le ragioni per le quali non aveva concesso le attenuanti generiche prevalenti sull'aggravante contestata ed aveva subordinato la concessione della sospensione condizionale della pena al pagamento della provvisionale senza tener conto delle modeste condizioni patrimoniali del R.M. che era un operaio della ditta A. in cassa integrazione dal 2011.
5. M.F. proponeva ricorso chiedendo la riforma della sentenza impugnata limitatamente al capo con cui era stata disposta la condanna del medesimo, in solido con gli altri imputati, al risarcimento del danno in favore delle parti civili con una provvisionale immediatamente esecutiva di euro 100.000.
5.1. Deduceva il ricorrente illogicità della motivazione nella parte in cui non era stato adeguatamente considerato che era stata l'operazione abnorme di sollevamento dei martinetti posta in essere dal P.C. a cagionare l'evento, mentre nessun addebito poteva essere mosso al M..
5.2. Deduceva, poi, vizio di motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui era stata disposta la provvisionale di euro 100.000,00 senza esplicitazione delle ragioni della decisione.
6. C.G. svolgeva tre motivi di ricorso.
6.1. Con il primo motivo deduceva violazione di legge e vizio di motivazione in quanto la corte territoriale aveva ritenuto che egli, nella qualità di responsabile del magazzino spedizione float e responsabile della Saint Gobain Glass Italia nonché responsabile del piano di coordinamento della sicurezza relativamente alla attività di movimentazione della merce appaltata alla ditta A., avesse posto in essere un'azione interferenziale nella causazione del sinistro per aver tollerato che l'autista del mezzo stazionasse vicino al camion durante le operazioni di carico. Tuttavia l'art. 7 del D. Lvo 626/94, vigente all'epoca del fatto, imponeva al committente di verificare l'idoneità tecnica dell'appaltatore e di fornirgli informazioni sui rischi dell'ambiente di lavoro coordinandosi con i datori di lavoro appaltatori al fine di eliminare i rischi da interferenze. Dunque tra tali doveri non rientrava anche la posizione di garanzia in relazione ai rischi dei dipendenti delle imprese appaltatrici.
6.2. Con il secondo motivo deduceva illogicità della motivazione nella parte in cui, pur avendo la corte d'appello dato atto della revoca della costituzione delle parti civili nei confronti del C., aveva subordinato anche per lui, oltre che per gli altri imputati, la concessione della sospensione condizionale della pena al pagamento della provvisionale.
6.3. Con il terzo motivo deduceva violazione di legge perché con la sentenza impugnata era stato condannato al pagamento delle spese processuali benché il giudice d'appello avesse modificato in senso favorevole per l'imputato la sentenza di primo grado.

Diritto


7.1. In ordine al primo motivo di ricorso proposto da R.M. ed M.A., si osserva che i ricorrenti deducono vizio di motivazione per travisamento della prova laddove la corte di appello ha ritenuto provata la circostanza che essi avessero abitualmente tollerato che gli autisti non solo stazionassero vicino ai mezzi durante le operazioni di carico ma anche procedessero all'aggancio del semirimorchio alla motrice mentre le operazioni di carico erano ancora in corso. A sostegno dell'assunto i ricorrenti riportano le deposizioni dei testi Pa. e Ra. che contrasterebbero con quanto affermato nella sentenza impugnata laddove la corte d'appello, alle pagine 17 e 18, ha dato conto che i testi avevano riferito come fossero tollerati abitualmente in quello stabilimento che gli autisti agganciassero la motrice al semirimorchio ed anche che alzassero gli stabilizzatori quando il carico non era ancora stato assicurato al fine di abbreviare i tempi dell'operazione mentre nessuno di loro aveva riferito di provvedimenti adottati dai responsabili A. per evitare tali comportamenti pericolosi e specificamente vietati dalle disposizioni di sicurezza di quell'impresa, salvo occasionali rimproveri verbali del tutto inadeguati ad evitare il rischio.

Il motivo di ricorso è infondato.

Invero in tema di travisamento della prova si è imposto nella giurisprudenza di legittimità l'orientamento secondo cui il relativo vizio può essere dedotto, nel caso di cosiddetta "doppia conforme", sia nell'ipotesi in cui il giudice di appello, per rispondere alle critiche contenute nei motivi di gravame, abbia richiamato dati probatori non esaminati dal primo giudice, sia quando entrambi i giudici del merito siano incorsi nel medesimo travisamento delle risultanze probatorie acquisite in forma di tale macroscopica o manifesta evidenza da imporre, in termini inequivocabili, il riscontro della non corrispondenza delle motivazioni di entrambe le sentenze di merito rispetto al compendio probatorio acquisito nel contraddittorio delle parti (Sez. 4, n. 44765 del 22/10/2013, Buonfine e altri, Rv. 256837 ). Tale orientamento ha superato quello più restrittivo, già espresso dalla corte di legittimità ( cfr. ex pluribus, Sez. 4, n. 19710 del 03/02/2009, P.C. in proc. Buraschi, Rv. 243636), secondo cui il vizio derivante da travisamento della prova, per l'utilizzazione di un'informazione inesistente nel materiale processuale o per l'omessa valutazione di una prova decisiva, poteva essere dedotto con il ricorso per cassazione quando la decisione impugnata avesse riformato quella di primo grado, non potendo, nel caso di cosiddetta "doppia conforme", essere superato il limite costituito dal "devolutum" con recuperi in sede di legittimità, salvo il caso in cui il giudice d'appello, per rispondere alle critiche contenute nei motivi di gravame, avesse richiamato dati probatori non esaminati dal primo giudice. Ciò posto, va considerato che il vizio di travisamento della prova, desumibile dal testo del provvedimento impugnato o da altri atti del processo purché specificamente indicati dal ricorrente, è ravvisabile ed efficace solo se l'errore accertato sia idoneo a disarticolare l'intero ragionamento probatorio, rendendo illogica la motivazione per la essenziale forza dimostrativa del dato processuale e probatorio, ferma restando l'intangibilità della valutazione nel merito del risultato probatorio. Nel caso che occupa la corte d'appello ha confermato la decisione del tribunale ritenendo che dalle deposizioni dei testi fosse emerso come la situazione esposta, ovvero la tolleranza delle infrazioni da parte degli imputati, fosse abituale e che i meri richiami verbali fossero inidonei a prevenire concretamente il rischio. Dunque la deposizione del teste Pa. è stata esaminata e, con giudizio di merito insindacabile in questa sede, ritenuta non significativa proprio in considerazione del fatto che i richiami verbali talora effettuati non erano sufficienti. Quanto alla deposizione del Ra., per come riportata dai ricorrenti, essa si appalesa come un giudizio espresso dal teste sulla pericolosità dell'azione posta in essere dal P.C. che è inidonea a provare che tali comportamenti venissero adottati e tollerati.
Ne deriva che, non essendo la corte territoriale incorsa in travisamento della prova, legittimamente ha ritenuto che l'azione del P.C. non fosse abnorme, essendo stata essa l'attuazione di un comportamento abituale inidoneo, perciò, ad interrompere il nesso causale tra l'omissione colposa degli imputati e l'evento.
7.2. Il secondo motivo di ricorso è inammissibile. Invero la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita, così come per fissare la pena base, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.; ne discende che è inammissibile la censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad una nuova valutazione della congruità della pena la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e sia sorretta da sufficiente motivazione (Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013 - dep. 04/02/2014, Ferrarlo, Rv. 259142 ). Nel caso che occupa la corte ha dato ampia motivazione della graduazione della pena in relazione ai criteri di cui all'art. 133 cod. pen., avendo anche valutato il concorso di colpa della vittima cui ha dato rilievo nella narrativa e nella valutazione della responsabilità di ciascun imputato. Inoltre ha tenuto conto del concorso colposo della vittima al fine della concessione delle attenuanti generiche con giudizio di equivalenza.
7.3. In ordine al terzo motivo di ricorso, si osserva che esso è infondato.
Invero, in ordine alla mancata concessione delle attenuanti generiche con giudizio di prevalenza anziché di equivalenza, la corte territoriale ha dato conto, con motivazione esaustiva e con giudizio di merito insindacabile in questa sede, delle ragioni della decisione, fondate sulla gravità del fatto e sulla consolidata violazione delle norme antinfortunistiche.
Con riguardo alla subordinazione della sospensione della pena al risarcimento del danno, la corte territoriale ha motivato tale decisione sul rilievo che nessun risarcimento risultava essere stato ancora corrisposto alle parti civili ed il ricorrente, nel dedurre la precaria situazione patrimoniale del R.M., introduce inammissibilmente per la prima volta una questione di merito che non risulta essere stata sollevata nel giudizio innanzi alla corte d'appello.
Il ricorso proposto da R.M. ed M.A. va, dunque, rigettato.
8.1. In ordine al primo motivo di ricorso proposto da M.F., valgono le considerazioni svolte con riguardo al primo motivo di ricorso proposto da R.M. ed M.A..
Invero l'abitualità del comportamento adottato dal P.C. induceva ad escludere l'abnormità di esso ed il non aver impartito al lavoratore la formazione specifica inerente il particolare trasporto da effettuare, con particolare riguardo all'obbligo di stare lontano dal semirimorchio durante le fasi di carico, si pone in rapporto di stretta causalità con l'evento.
8.2. Il secondo motivo è inammissibile in quanto il provvedimento con il quale il giudice di merito, nel pronunciare condanna generica al risarcimento del danno, assegna alla parte civile una somma da imputarsi nella liquidazione definitiva non è impugnabile per cassazione, in quanto per sua natura insuscettibile di passare in giudicato e destinato ad essere travolto dall'effettiva liquidazione dell'integrale risarcimento ((cfr. Cass., Sez. 2, 20.6.2003 n. 36536).
9.1. In ordine al primo motivo di ricorso svolto da C.G., si osserva che la responsabilità del medesimo con riguardo all'occorso è stata esaustivamente motivata dalla corte d'appello avuto riguardo all'infrazione degli obblighi specifici che sullo stesso incombevano in forza dell'art. 7 del D. Lvo 626/94, vigente all'epoca del fatto. Invero la constatata abitualità del comportamento degli autisti che sostavano vicino ai mezzi durante le operazioni di carico costituiva l'evidenza fattuale dell'aver l'imputato omesso di fornire alle società A. e M. informazioni sui rischi dell'ambiente di lavoro e dell'aver omesso di coordinarsi con i datori di lavoro appaltatori al fine di eliminare i rischi da interferenze tra coloro che erano addetti al carico e coloro che dovevano occuparsi del trasporto, il motivo di ricorso è, perciò, infondato.
9.2. Il secondo motivo di ricorso è fondato. Invero la corte d'appello, pur avendo dato atto della revoca della costituzione delle parti civili nei confronti del C., ha subordinato la concessione della sospensione condizionale della pena al pagamento della provvisionale. Si impone, dunque, l'annullamento della sentenza sul punto con concessione della incondizionata sospensione condizionale della pena a norma dell'art. 620, lettera I, cod. proc. pen..
9.3. Parimenti fondato è il terzo motivo di ricorso. Invero è stato più volte affermato il principio secondo cui, giusta la norma di cui all'art. 592 cod. proc. pen.,il giudice di appello che modifichi la decisione di primo grado in senso più favorevole all'imputato non può contestualmente condannarlo alle spese processuali, in quanto tale condanna consegue esclusivamente, e senza possibilità di deroghe, al rigetto dell'impugnazione o alla declaratoria della sua inammissibilità (Sez. 5, n. 46453 del 21/10/2008, Colombo e altro, Rv. 242611; Sez. 4, n. 31447 del 11/06/2002, Cerullo, Rv. 222137 ). Nel caso che occupa la corte d'appello ha revocato le statuizioni civili nei confronti del C.G. e, dunque, avendo l'appellante ottenuto una sentenza più favorevole con riguardo al capo della condanna al risarcimento del danno nei confronti delle parti civili, non doveva essere condannato al pagamento delle spese processuali.
La sentenza impugnata va, perciò, annullata limitatamente alla condizione del previo pagamento della provvisionale apposta alla concessione della sospensione condizionale della pena a C.G. ed alla condanna del C.G. stesso al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di C.G. limitatamente alla subordinazione della sospensione condizionale al pagamento della provvisionale a favore delle parti civili e alla condanna alle spese; statuizioni che elimina. Rigetta nel resto il ricorso di C.G. e rigetta inoltre i ricorsi di R.M., M.A. e M.F. e condanna questi ultimi al pagamento delle spese processuali.
Condanna inoltre i ricorrenti R.M., Magnani e M. alla rifusione delle spese in favore delle parti civili P.Ce., P.M. e P.A. che liquida in complessivi euro 3.500,00 e a favore di P.G. che liquida in complessivi euro 2.500,00 oltre, per tutti, accessori come per legge.
Così deciso il 6.3.2015.