Categoria: Giurisprudenza civile di merito
Visite: 7926

Tribunale di Milano, Sez. Lav., 21 febbraio 2013, n. 464 - Infortunio ad aiuto cuoco colpito in un occhio da una carota. Sfera imprevedibile e nessun inadempimento del datore di lavoro


 


R E P U B B L I C A I T A L I A N A
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
SEZIONE LAVORO

Il Giudice di Milano d.ss Eleonora Porcelli ha pronunciato la
seguente
SENTENZA


Nella causa n. 3343 R.G. promossa da:
H. Sh. Y., col proc. dom. avv. Stefano Belloni, c.so di P.ta ...
n. 8, Milano
- ricorrente -
contro
Pa. Ar., titolare VERIF, contumace
Ma. Ar., contumace
- convenuti -

Fatto


Con ricorso al Tribunale di Milano, sezione lavoro, depositato in Cancelleria in data 20-11-12, H. Sh. Y. ha convenuto in giudizio Pa. Ar., titolare VERIF e Ma. Ar. per sentir accertare la natura subordinata del rapporto di lavoro e la responsabilità dei convenuti nella causazione dell'infortunio occorsogli, con conseguente condanna dei convenuti, in via solidale, al pagamento del complessivo importo di E 51.587,65 a titolo di risarcimento del danno biologico, patrimoniale e morale. Premesso di aver lavorato presso il ristorante L.S. dal 18-11-04 al 30-12-07, senza un regolare contratto di assunzione, con mansione di aiuto cuoco, il ricorrente ha esposto che in data 30-12-07, mentre svolgeva la propria attività lavorativa, era stato colpito all'occhio sinistro da una carota lanciata dal altro lavoratore, e precisamente da Ma. Ar..
Il ricorrente ha aggiunto che tutte le suddette circostanze, ed in particolare la natura subordinata del rapporto di lavoro, erano state riconosciute dalla sentenza n 5444/11 del Tribunale di Milano.
In punto di diritto il ricorrente ha invocato gli artt. 2087 e 2043 c.c.
Nessuno si è costituito per i convenuti ed il Giudice, verificata la regolarità della notificazione del ricorso introduttivo, ne ha dichiarato la contumacia.
Il Giudice ha quindi invitato alla discussione orale e ha pronunciato sentenza, dando lettura del dispositivo in udienza.

Diritto



Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.
Innanzi tutto deve essere dichiarata inammissibile la domanda relativa all'accertamento della natura subordinata del rapporto di lavoro del ricorrente: tale domanda, infatti, è stata già proposta nel giudizio conclusosi con la sentenza n. 5444 del Tribunale di Milano, richiamata più volte in ricorso ed allegata agli atti. In ricorso si afferma che il giorno 30-12-07, mentre stava svolgendo la propria attività lavorativa, il ricorrente è stato colpito all'occhio destro da una carota lanciata da un altro dipendente, Ma. Ar..
Il ricorrente chiede l'accertamento della responsabilità sia del datore di lavoro sia di Ma. Ar. e chiede la condanna di entrambi i convenuti, in via solidale, al risarcimento dei danni conseguenti.
A fondamento di tali domande il ricorrente invoca il generale obbligo del neminem laedere di cui all'art.2043 c.c. ed il più specifico obbligo di protezione dell'integrità del lavoratore di cui all'art. 2087 c.c. Si tratta peraltro di allegazioni eccessivamente generiche.
Infatti il ricorrente si limita a riportare i principi generali in tema di responsabilità contrattuale ed extra contrattuale, ma senza trarne adeguate conseguenze relative alla fattispecie concreta. Inoltre la pretesa responsabilità, sia contrattuale sia extracontrattuale, è riferita espressamente al datore di lavoro e nulla viene dedotto per quanto riguarda il convenuto Ma. Ar..
Quanto al datore di lavoro, il ricorrente ricollega la responsabilità alla omessa adozione di misure a tutela l'integrità fisica e della personalità morale del lavoratore "che, in più circostanze, ha dovuto subire gli atteggiamenti aggressivi ed offensivi dei figli del titolare".
Tali deduzioni appaiono evidentemente generiche, limitandosi a riportare il contenuto dell'art. 2087 c.c.: in giudizio deve invece essere allegato quali cautele sarebbero state omesse e comunque deve essere indicato a quale comportamento omissivo del datore di lavoro sia ricollegabile l'infortunio.
Nel caso di specie non si comprende quali misure avrebbero dovuto essere adottate: di valutazione dei rischi, di progettazione del luogo di lavoro, di formazione e di informazione dei dipendenti, di imposizione di particolari mezzi di protezione individuale o altro.
L'infortunio occorso al ricorrente sembra invece esulare dalla normale sfera di controllo del datore di lavoro, in quanto assolutamente imprevedibile.
Ne' possono ritenersi sufficienti i vaghi accenni a pretesi atti lesivi subiti dal ricorrente da parte dei figli del titolare: l'assoluta genericità dell'allegazione non ha consentito di dare ingresso alla prova testimoniale.
Non sembra, quindi, configurabile l'esistenza di un nesso causale tra l'evento lesivo ed un comportamento del datore di lavoro contrastante con gli obblighi di legge.
Infatti nesso di derivazione eziologica deve comunque essere provato dal lavoratore, secondo le comuni regole sulla responsabilità civile.
L'art. 2087 c.c. incide invece sull'ulteriore elemento soggettivo della colpevolezza, che consiste nell'aver contribuito al verificarsi dell'evento, violando precise regole di prudenza o diligenza: la norma, in particolare, determina, sul piano processuale, un'inversione dell'onere della prova, nel senso che la colpa del datore di lavoro si presume, salvo che questi fornisca la prova liberatoria di aver adottato tutti gli accorgimenti tecnici necessari per evitare il verificarsi dell'evento dannoso in capo al lavoratore.
L'imputabilità o meno di un comportamento presuppone, comunque, l'accertamento di un inadempimento da parte del datore di lavoro o del suo sottoposto, accertamento che, nel caso di specie, non può ritenersi raggiunto.
Per tutte le considerazioni che precedono le domande del ricorrente non possono trovare accoglimento.
Nessuna pronuncia è necessaria per quanto riguarda le spese di lite.

PQM

Definitivamente pronunciando,
rigetta il ricorso;
fissa termine di trenta giorni per il deposito della sentenza.
Milano, 5-2-13
Depositata in cancelleria il 21 febbraio 2013