Cassazione Penale, Sez. 4, 23 aprile 2015, n. 16930 - Amputazione della mano di un apprendista macellaio. Macchina tritacarne non sicura


 

 

 

Presidente: ZECCA GAETANINO Relatore: VITELLI CASELLA LUCA Data Udienza: 05/06/2014

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
C.G., S.S., A.T.
avverso la sentenza n. 616/2012 CORTE APPELLO di LECCE, del 01/07/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 05/06/2014 la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCA VITELLI CASELLA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Spinaci
che ha concluso per il rigetto dei ricorsi.
Udito per la parte civile l'Avv. ...;
Udito il difensore Omissis che ha chiesto l'accoglimento del ricorso proposto nell'interesse di C.G.


Fatto


La Corte d'appello di Lecce con sentenza 1 luglio 2013 ha confermato la sentenza 19 luglio 2011 con la quale il Tribunale di Lecce sezione staccata di Casarano dichiarò C.G., S.S. ed A.T. colpevoli del reato di cui all'art. 590, commi 1° e 3° cod. pen., per l'effetto condannandoli alla pene di UN anno e mesi SEI di reclusione ciascuno ed al risarcimento dei danni in favore della parte civile costituita, da liquidarsi in separata sede, eccezion fatta per una provvisionale immediatamente esecutiva pari ad euro 30.000,00. Ha parzialmente riformato la sentenza di primo grado previa concessione agli imputati la sospensione condizionale della pena, subordinata tuttavia all'integrale pagamento della provvisionale. Si contestava agli imputati di avere cagionato, in Carano il 21 aprile 2007, in cooperazione colposa: A.T. in qualità di datore di lavoro di M.A.; C.G. in veste di legale rappresentante della società di gestione del supermercato M. e S.S. in quella di legale rappresentante della società proprietaria dell'esercizio commerciale concesso in locazione al C.G. ivi incluse tutte le attrezzature anche della macelleria, per negligenza, imprudenza ed imperizia nonché per inosservanza della normativa antinfortunistica, al predetto M.A.,operaio dipendente dell'A.T., con la qualifica di apprendista macellaio, lesioni gravissime consistite nell'amputazione traumatica della mano destra, in particolare per avere impiegato l'operaio nel reparto macelleria,facendogli all'uopo utilizzare un tritacarne privo dell'attrezzo spingitoio nonché della protezione degli organi in movimento e del dispositivo di arresto di emergenza; ciò in violazione degli artt. 6 e 35 D.l.vo n. 626/ 1994. Accadde così che il M. ebbe ad avvicinare la mano destra alla lama elicoidale. Questa trascinò l'arto nel meccanismo di taglio e di triturazione della carne, cagionandogli le surriferite gravissime lesioni.
Secondo quanto dichiarato dal dipendente infortunatosi, egli era alle dipendenze dell'A.T. da tre/quattro anni con mansione di apprendista macellaio e da due giorni era al lavoro nel supermercato M. di Casarano per organizzare il banco della macelleria in vista della imminente apertura dell'esercizio. Avendo notato che la macchina tritacarne era diversa da quelle che in precedenza gli erano state messe a disposizione in quanto priva di protezione in prossimità dell'apertura ove introdurre la carne, ne aveva richiesto all'A.T. la sostituzione, ricevendo però risposta evasiva. Era tuttavia emerso che sia l'A.T. che il C.G. l'avevano veduto far uso dello stesso tritacarne, nel corso della stessa mattinata in cui si verificò l'incidente.
Tutti gli imputati propongono ricorso per cassazione, a mezzo dei rispettivi difensori.
Con distinti ricorsi di identico contenuto, C.G. e S.S. deducono i seguenti motivi di annullamento, così riassunti.
1 - nullità del decreto di citazione a giudizio dinanzi al Tribunale in quanto notificato presso lo studio del difensore di fiducia in assenza di elezione di domicilio: eccezione sollevata fin dall'udienza 15 dicembre 2009 ed infondatamente respinta dal Tribunale;
2 - violazione dell'art. 149 disp.att. cod.proc.pen. ( come affermato dalla Sez. 1 con sentenza n.5285/1998 ) in riferimento alle deposizioni rese dai testi D'A. e DV. l'11 maggio 2010 sulla circostanza della presenza o meno di due tritacarne, al momento dell'infortunio, avendo chiarito il teste D'A., a richiesta del Giudicante, che il secondo tritacarne fu portato nel negozio solamente dopo l'incidente; ciò durante l'esame dell'altro teste che, ripresa in seguito la deposizione, ebbe a confermare le suddette dichiarazioni,rispetto alle contrarie dichiarazioni rese in precedenza;
3 - violazione dell'art. 192 cod. proc.pen. , non essendo possibile, in relazione al metodo utilizzato per l'escussione dei testi, ricavare alcuna certezza in ordine ai fatti fondamentali al fine di stabilire la responsabilità dell'imputato;
4 - nullità delle statuizioni di condanna a favore della parte civile attesoché all'udienza 1 luglio 2013 aveva partecipato l'avv. Omissis qualificatosi difensore di fiducia di M.A. - depositando conclusioni e nota spese - ancorché allo stesso non fosse mai stata conferita procura speciale, risultando difensore della parte civile l'avv. Omissis, mai revocato;
5 - difetto di adeguata motivazione in ordine alla elevata quantificazione della pena irrogata agli imputati come pure al diniego delle attenuanti generiche ed all'illegittimità della subordinazione del beneficio della sospensione condizionale della pena,al pagamento della provvisionale.
Con separato ricorso, il difensore di A.T. denunzia, con una PRIMO motivo, violazione di legge e difetto della motivazione della impugnata sentenza che non ha in alcun modo risposto alla prima doglianza dedotta con l'appello in punto alla mancata assoluzione dell'imputato, quale soggetto del tutto estraneo all'addebito contestato avendo gli altri due imputati messo a disposizione del lavoratore la macchina tritacarne, causa dell'infortunio.
Con la SECONDA censura, eccepisce la nullità della condanna a favore della parte civile.

Diritto



La sentenza impugnata deve esser annullata, in parziale accoglimento del QUARTO e del SECONDO motivo, rispettivamente dedotti dagli imputati C.G., S.S. ed A.T..
Dall'esame degli atti (non solo consentito, ma doveroso attesa la natura processuale della doglianza dedotta) emerge che, con atto di costituzione di parte civile, in data 14 dicembre 2009, M.A. nominò, nel giudizio di primo grado, proprio difensore e procuratore speciale allo scopo, l'avv. Omissis del foro di Lecce. In seguito, all'udienza dell' 11 maggio 2010, il predetto M.A. nominò proprio difensore di fiducia e procuratore speciale ex artt.100 e 122 cod. proc.pen.ai fini della costituzione di parte civile, l'avv. Omissis del foro di Macerata, " revocando ogni altro mandato precedentemente conferito". E' quindi infondata l'eccezione, sollevata dagli imputati, di nullità della conferma delle statuizioni di condanna pronunziate dalla Corte d'appello in favore della parte civile a cagione della partecipazione all'udienza di discussione del 1 luglio 2013, dell'avv. Omissis, qualificatosi difensore di fiducia della stessa parte,ma invero privo di delega oltreché di procura speciale in tal senso (attesa la sopravvenuta revoca di quella allo stesso in precedenza conferita). Tanto deve ritenersi in conformità al consolidato e costante insegnamento della giurisprudenza di questa Corte, peraltro formatosi nella vigenza del codice di rito del 1930 (cfr. Sez. 6 n.1859 / 1972 rv. 123431; Sez. 5 n. 9104/1992 rv. 191663) alla cui stregua si è affermato che, in virtù del principio dell'immanenza della costituzione della parte civile,l'assenza di essa nel giudizio d'appello e quindi la mancata formulazione delle conclusioni all'udienza di discussione non preclude al giudice di pronunziarsi sull'azione civile con conferma o riforma delle relative statuizioni adottate dal giudice di prime cure. La mancata comparizione del difensore nel giudizio d'appello, in quanto privo di procura speciale, unicamente impedisce di disporre il rimborso delle spese di assistenza e difesa della parte civile, per lo stesso grado di giudizio "non avendone il difensore la rappresentanza e non potendo egli concludere per difetto di legittimazione". La sentenza impugnata deve pertanto esser annullata limitatamente al punto della liquidazione delle spese in favore della parte civile; statuizione da eliminarsi. Le residue censure dedotte dai ricorrenti sono infondate.
C.G.- S.S..
Quanto al PRIMO motivo, non possono non condividersi gli assunti argomentativi della sentenza impugnata (fgl. 8 - 9) con cui si è richiamata la motivazione dell'ordinanza di rigetto dell'eccezione di nullità del decreto di citazione a giudizio, pronunziata il 15 dicembre 2009 dal Tribunale sul rilievo della ritualità delle notifiche eseguite ai rispettivi difensori di fiducia degli imputati, ai sensi dell'art. 157 comma 8-bis cod. proc.pen., in difetto peraltro di tempestiva comunicazione degli stessi ,di non voler accettare le notificazioni. Egualmente ineccepibili devono ritenersi i diffusi passaggi motivazionali con cui la Corte d'appello ha rigettato l'altra eccezione processuale poi riproposta con il SECONDO motivo. Previa trascrizione integrale delle massime conformi di due sentenze pronunziate da questa Corte (Sez. 1 n.5285/1998 rv.210541; Sez. 5 n. 21886/2010 rv. 247312) quali espressioni di un orientamento giurisprudenziale sufficientemente consolidatosi sul punto, la Corte distrettuale ha ribadito la perfetta utilizzabilità delle deposizioni rese dai testi D'A. e DV. (fatta salva ovviamente la loro attendibilità) sul rilievo che la violazione del disposto dell'art. 149 disp. att. cod. proc. pen., da un lato non determina alcuna conseguenza processuale e che, dall'altro,tale disposizione va riferita alle persone citate dalle parti ex art. 468 od ex art. 507 cod. proc.pen.. Pertanto " non trova applicazione allorché si tratti di persone delle quali venga disposta l'escussione immediata, per essere presenti in aula. "
Circa il TERZO motivo,sostanzialmente concernente l'affermazione di responsabilità degli imputati, rileva il Collegio che, in coerenza con le risultanze istruttorie (ed in particolare con il contenuto delle deposizioni dei due succitati testimoni oltreché di quanto riferito dalla parte offesa) la Corte d'appello ha evidenziato come, al momento dell'incidente, il dipendente disponesse di un'unica macchina tritacarne ovverosia di quella stessa di cui aveva chiesto la sostituzione al datore di lavoro A.T. in quanto non in regola con le prescrizioni tecniche antinfortunistiche, fermo altresì il dato documentale che tale macchina era descritta nell'allegato A del contratto d'affitto del ramo d'azienda, datato 16 aprile 2007. Ha altresì del tutto correttamente sottolineato la Corte distrettuale, in ossequio al prevalente e del tutto consolidato insegnamento di questa Corte che, pur apparendo incontestabile l'azione imprudente posta in essere dalla parte offesa nell'introdurre l'intera mano all'interno dell'apertura del tritacarne, cionondimeno, gli imputati dovevano ritenersi responsabili dell'infortunio giacché il comportamento del lavoratore non fu tale da interrompere il nesso eziologico tra le violazioni colpose a costoro risalenti giacché non si era trattato di una condotta abnorme ovverosia avulsa dalle mansioni demandate al dipendente. E' peraltro del tutto pacifico che l'osservanza delle prescrizioni antinfortunistiche è preordinata anche ad evitare le conseguenze pregiudizievoli per l'incolumità dei lavoratori,ancorché dovute a condotte imprudenti e negligenti di costoro.
Passando alla QUINTA ed ultima doglianza, deve rilevarsi che con motivazione puntuale ed esaustiva, la Corte d'appello ha denegato agli imputati il riconoscimento delle attenuanti generiche, oltreché l'invocata riduzione della pena, in ragione dei precedenti penali e della gravità dell'evento lesivo cagionato alla parte offesa che del tutto legittimamente ha altresì indotto i Giudici di seconda istanza ad applicare legittimamente il disposto dell'art. 165 cod. pen.
A.T.
Quanto al PRIMO motivo di ricorso, osserva il Collegio che, come già ricordato, la Corte d'appello ha ineccepibilmente affermato la pacifica sussistenza della responsabilità dell'imputato, quale datore di lavoro della parte lesa sul rilievo che costui ebbe a mettere a disposizione del lavoratore la macchina tritacarne, non adeguata alle prescrizioni antinfortunistiche (così pacificamente incorrendo nell'addebito ascrittogli versando per ciò stesso in colpa generica e specifica), nonostante le legittime rimostranze sollevate del dipendente proprio a tale riguardo, come evidenziato dal Giudice di prime cure ( cfr. sentenza impugnata fgl. 2-3). A riprova poi della fondatezza dell'accusa sul punto, lo stesso Tribunale aveva annotato che lo stesso A.T., dopo l'incidente, ebbe a dare esecuzione alle prescrizioni imposte dall'organo di vigilanza con verbale del 14 giugno 2007, facendo installare, sull'apertura del tritacarne, una griglia protettiva atta ad impedire che la mano dell'operatore potesse venire a contatto con la lama elicoidale di guisa da esser ammesso al pagamento della sanzione amministrativa. La censura dedotta è quindi del tutto infondata.

P.Q.M.

Annulla la impugnata sentenza limitatamente alla disposta liquidazione delle spese in favore della parte civile per il giudizio d'appello, liquidazione che elimina.
Rigetta nel resto.
Così deciso in Roma, lì 5 giugno 2014.