Cassazione Penale, Sez. 3, 27 aprile 2015, n. 17385 - Ponteggio privo di parapetto e impossibilità di un intervento manutentivo senza la preventiva rimozione di esso


 

..."Lo stesso ricorrente ammette, infatti, sostanzialmente che il ponteggio era privo di parapetto proprio nella parte in cui si trovava l'operaio che stava lavorando su uno dei cornicioni. Sul punto il Tribunale - senza che la difesa abbia proposto alcuna contestazione con l'atto d'impugnazione - ha evidenziato che, senza l'asportazione del parapetto, data la distanza tra il ponteggio e il palazzo, non sarebbe stato possibile procedere alla riparazione; con la conseguenza che l'eliminazione dell'elemento di sicurezza non poteva essere attribuita ad un'iniziativa estemporanea dal lavoratore, ma doveva essere considerata come normale per le finalità dell'intervento manutentivo, le cui modalità di esecuzione erano state determinate direttamente dall'imputato."


 

Presidente: SQUASSONI CLAUDIA Relatore: ANDRONIO ALESSANDRO MARIA Data Udienza: 04/02/2015

SENTENZA

 

sul ricorso proposto da V.A., nato il 5 settembre 1967
avverso la sentenza del Tribunale di Roma del 22 gennaio 2014;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere Alessandro M. Andronio;
udito il pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore generale Vito D'Ambrosio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.


Fatto


1. - Con sentenza del 22 gennaio 2014, il Tribunale di Roma ha condannato l'imputato alla pena dell'ammenda in relazione al reato di cui agli artt. 126 e 159, comma 2, lettera a), del decreto legislativo n. 81 del 2008, per avere, in qualità di datore di lavoro, omesso di dotare di parapetto un ponteggio che si trovava a circa sei metri da terra, con pericolo di caduta dall'alto dell'operaio che ci stava lavorando.
2. - Avverso la sentenza l'imputato ha proposto, tramite il difensore, impugnazione qualificata come appello, deducendo, sostanzialmente, la mancanza della prova della responsabilità penale. Secondo la ricostruzione difensiva, l'ufficiale di polizia giudiziaria che aveva proceduto all'accertamento aveva affermato che il ponteggio in questione era dotato di parapetto per tutta la sua lunghezza, salvo per un metro e mezzo, proprio nella parte nella quale stava lavorando un operaio dell'impresa dell'imputato. E - sempre secondo la difesa - la rimozione temporanea del parapetto era da addebitare all'operaio stesso, alla presenza di un capocantiere, tale S., che era preposto alla vigilanza.

Diritto


3. - Preliminarmente l'impugnazione deve essere qualificata come ricorso per cassazione, ai sensi dell'art. 568, comma 5, cod. proc. pen., perché proposta contro sentenza non appellabile, ai sensi dell'art. 593, comma 3, cod. proc. pen., in quanto recante condanna alla sola pena dell'ammenda.
Il ricorso è inammissibile.
Lo stesso è sottoscritto, infatti, dal solo difensore, non abilitato al patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori. E la sottoscrizione dei motivi d'impugnazione da parte del difensore non iscritto nell'albo speciale determina, ai sensi dell'art. 613 cod. proc. pen., l'inammissibilità del ricorso per cassazione anche nel caso in cui sia stato convertito in questo mezzo l'atto di appello erroneamente proposto dalla parte (ex multis, sez. 3, 13 novembre 2013, n. 48492, rv. 258000).
Anche a prescindere da tali assorbenti considerazioni, deve rilevarsi che il ricorso è comunque formulato in modo non specifico. Lo stesso ricorrente ammette, infatti, sostanzialmente che il ponteggio era privo di parapetto proprio nella parte in cui si trovava l'operaio che stava lavorando su uno dei cornicioni. Sul punto il Tribunale - senza che la difesa abbia proposto alcuna contestazione con l'atto d'impugnazione - ha evidenziato che, senza l'asportazione del parapetto, data la distanza tra il ponteggio e il palazzo, non sarebbe stato possibile procedere alla riparazione; con la conseguenza che l'eliminazione dell'elemento di sicurezza non poteva essere attribuita ad un'iniziativa estemporanea dal lavoratore, ma doveva essere considerata come normale per le finalità dell'intervento manutentivo, le cui modalità di esecuzione erano state determinate direttamente dall'imputato.
4. - Il ricorso deve perciò essere dichiarato inammissìbile.
Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell'inammissibilità medesima consegue, a norma dell'art. 616 cod. proc. pen., l'onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in € 1.000,00.

P.Q.M.


Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 4 febbraio 2015.