Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare
Direzione Generale per la Tutela del Territorio e delle Risorse Idriche

 

Prot. 0029706/TRI del 18/11/2014

Ai destinatari in allegato […omissis…]

 

Oggetto: Linee-guida sull’analisi di rischio ai sensi del D.Lgs. 152/06 e ss.mm.ii. Trasmissione testo condiviso.

Si trasmette in allegato la versione finale delle Linee-guida sull’analisi di rischio ai sensi del D.Lgs. 152/06 e ss.mm.ii. per i punti esaminati e approvati nel corso delle riunioni del gruppo di lavoro istituito presso questo Dicastero.

Si ringrazia.

Avv. Maurizio Pernice


Linee-guida per l'applicazione dell’analisi di rischio sito-specifica


Premessa

I criteri per l'applicazione dell'analisi di rischio sito-specifica ai sensi del Decreto Legislativo n. 152/06 e ss.mm.ii, Parte (V, Titolo V, sono riportati nell'Allegato 1 del medesimo decreto. Si tratta di criteri di carattere generale che sono stati interpretati, nella prassi, per superare alcune problematiche applicative, emerse nell'ambito dei procedimenti di cui all'art. 252 Decreto Legislativo n. 152/06.
Tuttavia tale interpretazione dei criteri di applicazione dell'analisi di rischio risulta spesso difforme sul territorio nazionale, con evidenti disparità di trattamento di situazioni analoghe dal punto di vista sanitario ed ambientale. È evidente che l'univocità e l'omogeneità dei criteri da applicare per l'istruttoria dei progetti di messa in sicurezza e bonifica è strumento essenziale di accelerazione dei procedimenti e di certezza, per le Pubbliche Amministrazioni e per i proponenti. Pertanto il Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare ha ravvisato l'opportunità e l'urgenza di istituire un gruppo di lavoro con l'obiettivo di elaborare le linee-guida di riferimento in tema di analisi di rischio.
Tale gruppo di lavoro, costituito da esperti designati dai Ministeri della Salute e dello Sviluppo Economico, dalle Regioni, dalle Agenzie Regionali e Provinciali per l'Ambiente (ARPA/APPA), dall'ISPRA, dall'ISS e dall'INAIL ha identificato come prioritari per l'elaborazione delle linee-guida i seguenti temi:
1. definizione degli obiettivi di bonifica in presenza di CSRcCSC;
2. utilizzo dei dati di campo per la verifica dei risultati ottenuti con l'applicazione modellistica;
3. attivazione del percorso di lisciviazione in falda;
4. definizione degli obiettivi di bonifica in presenza di concentrazioni superiori alla Csat (Concentrazione di Saturazione).
Non sono invece oggetto delle linee-guida:
a) aspetti prettamente tecnici inerenti l'analisi di rischio (ad esempio tecniche e metodologie di misura del soil-gas, della biodisponibilità, della lisciviazione dei contaminanti), che potranno essere, invece, oggetto, nel lungo termine, dì analisi da parte degli istituti scientifici e del sistema delle agenzie ambientali anche al fine di un aggiornamento dei contenuti del manuale "Criteri metodologici per l'applicazione dell’analisi assoluta di rischio ai siti contaminati".
b) modifiche e/o integrazioni della normativa vigente in tema di bonifiche.
In relazione ai suddetti punti, si riportano nei paragrafi seguenti le conclusioni del Gruppo di Lavoro che sono state condivise pressoché all'unanimità, con la sola eccezione del punto 1, sul quale si sono registrate quattro posizioni contrarie per motivazioni diverse, come risulta dai resoconti sintetici delle riunioni, pubblicati su! sul sito www.bonifiche.minambiente.it.

1. Definizione degli obiettivi di bonifica in presenza di CSR
Le assunzioni conservative alla base dell'applicazione dell'analisi di rischio di livello 2 (Tier II così come definito dagli standard ASTM) e l'utilizzo di parametri chimico fisici e tossicologici associati a scenari di massima esposizione dei bersagli, portano ad ottenere, in alcuni casi obiettivi di bonifica calcolati mediante l'applicazione della procedura di analisi di rischio (CSR) inferiori alle concentrazioni soglia di riferimento (CSC) al superamento delle quali è necessario attivare la procedura di cui all'art. 242 del Dlgs 152/06 e ss.mm.ii.
È evidente che l'adozione di CSR inferiori alle CSC potrebbe portare disparità di trattamento di siti caratterizzati dalle medesime condizioni ambientali. Ad esempio, nel caso di due siti confinanti caratterizzati da uno stesso scenario di esposizione, se in uno di essi si rilevano superamenti delle CSC e si ottengono valori di CSR minori delle CSC l'adozione delle CSR come obiettivo di bonifica renderebbe necessario un intervento, mentre per l'altro sito che non presenta superamenti delle CSC, ma che potrebbe avere concentrazioni superiori alle CSR del sito confinante (o di quelle del sito stesso) non sì attuerebbe alcun intervento. Le medesime considerazioni valgono per due sub-aree interne ad uno stesso sito.
Peraltro non si può non rilevare che a parità di bersaglio di esposizione preso in considerazione, nel calcolo del rischio o degli obiettivi di bonifica sito-specifici (CSR) in caso di sola attivazione di percorsi di esposizione diretti (ingestione e contatto dermico) viene meno il requisito di sito-specificità dell'analisi di rischio stabilito dal Decreto Legislativo n. 152/06. Tale calcolo, infatti, dipende unicamente dalle caratteristiche chimico-fisiche del contaminante e dai parametri di esposizione (bersaglio): a titolo esemplificativo si può dire che, a parità di parametri di esposizione, la CSR calcolata per ingestione e contatto dermico per il parametro Arsenico a Porto Marghera è identica a quella calcolata per Priolo. Pertanto, in assenza di requisiti oggettivi, sito-specifici, che giustifichino l'adozione di obiettivi di bonifica (CSR) più bassi delle CSC queste costituiscono un valore di riferimento.
In tal senso anche l'art. 242bis del D.Lgs. 152/06 recante "Procedura semplificata per le operazioni di bonifica o di messa in sicurezza", introdotto dal D.L. 24 giugno 2014, n. 91, rafforza l'utilizzo della CSC come valore di riferimento al di sopra del quale è necessario l'avvio di interventi.
In conclusione si ritiene accettabile l'adozione da parte dei proponenti delle CSC come obiettivo di bonifica per alcune sostanze, con contestuale applicazione dell'analisi di rischio- sito specifica per le sole sostanze per le quali non si prevede il raggiungimento delle CSC.

2. Utilizzo dei dati di campo per la verifica dei risultati ottenuti con l'applicazione modellistica
Gli studi disponibili dalla letteratura scientifica internazionale e le linee-guida tecniche elaborate da ISPRA chiariscono in modo inequivocabile che le equazioni utilizzate nell'applicazione dell'analisi di rischio di Livello 2 portano spesso ad una sovrastima del rischio e a una sottostima delle CSR associate al percorso di volatilizzazione. Tale fenomeno è più o meno significativo in base alle caratteristiche chimico-fisiche della sostanza considerata.
In considerazione di ciò, già i documenti tecnici elaborati dall'ISPRA prevedevano l'utilizzo di dati di campo (misure di soil gas, campionamenti dell'aria indoor e outdoor) per la verifica dei risultati ottenuti con l'applicazione modellistica.
I dati derivanti da misure di soil-gas o di aria costituiscono delle modalità disponibili per la verifica delle effettive emissioni di sostanze volatili presenti nelle matrici ambientali oggetto di bonifica.
È evidente che le misure di soil-gas o dì aria devono essere effettuate con modalità tecniche tali da garantire la rappresentatività dei dati ottenuti, così come riportato nei vari protocolli elaborati dagli enti di controllo. A titolo esemplificativo, ma non esaustivo, si ritiene opportuno citare i seguenti documenti:
- "Criteri e metodologie applicative per la misura del soil-gas" e "Protocollo per il monitoraggio dell'aria indoor/outdoor ai fini della valutazione dell'esposizione inalatoria nei siti contaminati", approvati dalla Conferenza di Servizi per il SIN di Porto Marghera e disponibili al seguente link: http://www.bonifiche.minambiente.it/page protocolli.html:
- "Campionamento dei gas interstiziali e rilievo delle emissioni di vapori dal terreno in corrispondenza dei siti contaminati" pubblicata dall'ARPA Piemonte:
http://www.arpa.piemonte.it/approfondimenti/tenni-ambientali/siti-contaminati/approfondimenti- tecnici/linea guida gas interstiziali:
- "Modalità di campionamento dei soil-gas in ambito di bonifica e relativi controlli" e relativo "Protocollo tecnico-analitico" predisposto da Arpa Lombardia:
http://ita.arpalombardia.it/ita/procedure-arpa-2.asp.
In linea generale, è preferibile, soprattutto nei casi di contaminazione più complessi (ad es: elevati livelli di contaminazione, bersagli sensibili, particolare disomogeneità delle caratteristiche idrogeologiche, ecc.), adottare un approccio basato su molteplici linee di evidenza, che preveda il campionamento contemporaneo di diverse matrici ambientali (fra cui ad esempio soil gas, aria ambiente, camera di flusso). L'approccio delle linee di evidenza multiple è indispensabile, inoltre, quando, ad esempio, sussistono dei fattori ambientali o antropici che limitano la significatività della misura del soil gas (ad esempio se il livello di falda è costantemente prossimo alla profondità di intestazione delle sonde del soil gas).
In conclusione:
a) si ritiene condivisibile l'utilizzo di dati derivanti da misure dirette (soil-gas e/o aria ambiente e/o camera di flusso, etc) rappresentative del fenomeno studiato, per l’esclusione del percorso di volatilizzazione (fase di costruzione del modello concettuale del sito), per la verifica in itinere dei risultati dei modelli di calcolo dell’analisi di rischio e per il monitoraggio dell'efficienza/efficacia degli interventi di messa in sicurezza e bonifica sia in fase di esercizio che in fase di collaudo degli interventi. Le modalità di utilizzo di tali dati vengono definite nell'ambito dei singoli procedimenti sulla base delle indicazioni dì ARPA e ASL, tenendo conto delle tempistiche previste dalla normativa vigente per la conclusione dei procedimenti stessi;
b) in casi complessi, allo scopo di garantire la rappresentatività dei dati di campo, dovranno essere adottate più linee di evidenza con campionamento di diverse matrici ambientali (ad es: suolo, soil-gas, aria ambiente}. A tal fine dovrà essere privilegiato il ricorso a tecniche di indagine per le quali sono stati già elaborati in ambito regionale o nazionale protocolli tecnici specifici da parte di enti di controllo o istituti scientifici nazionali competenti in materia.

3. Attivazione del percorso di lisciviazione in falda;
Ai fini dell'attivazione del percorso di lisciviazione in falda, in presenza di sistemi di interruzione dei percorsi a carattere temporaneo (barriere idrauliche e sistemi di emungimento delle acque di falda, ecc.) si ritiene opportuno distinguerel seguenti fattispecie applicative:
a) Interventi di Messa in Sicurezza Operativa (MISO);
b) Interventi di Bonifica
Nel caso a) si ritiene che l'interruzione del percorso di lisciviazione possa essere presa in considerazione, nelle more dell'attuazione dei necessari interventi di bonifica, solo ove esistano sufficienti garanzie del continuo presidio e controllo nel tempo dei sistemi di barrieramento. A tal fine dovrà essere previsto un piano di monitoraggio dell'efficienza/efficacia degli interventi, adeguato alla tipologia dell'intervento e dell'inquinamento presente nelle acque sotterranee, di durata complessiva da stabilire con gli Enti di Controllo.
Inoltre al fine di evitare il mero trasferimento della contaminazione dal suolo alle acque sotterranee, si ritiene opportuno che:
- Vengano programmati, compatibilmente con il mantenimento dell'attività produttiva, interventi sulle fonti attive di contaminazione per la falda, così come previsto dall'art. 41 della L. 98/13
- Venga attivato il percorso di lisciviazione e trasporto in falda, non ai fini del calcolo del rischio o delle CSR, ma con l'obiettivo di stimare le concentrazioni attese al Punto di Conformità e contribuire all’ottimizzazione dei sistemi di monitoraggio delle acque sotterranee. L'attivazione di tale percorso consentirà anche di stabilire quali siano gli interventi prioritari da attuare sulle sorgenti di contaminazione attive.
Nel caso b) si ritiene opportuno che gli obiettivi di bonifica vengano calcolati tenendo conto del percorso di lisciviazione e trasporto in falda, al fine di garantire l'efficienza/efficacia degli interventi nel lungo termine, anche nell'eventualità di passaggi di proprietà delle aree o fallimento dei soggetti responsabili delle attività di bonifica.
Sia per la fattispecie a) (MISO) che per la fattispecie b) (bonifica) potrà essere valutata dall'amministrazione titolare del procedimento la richiesta, da parte del proponente, di non attivare il percorso di lisciviazione e trasporto in falda, anche in assenza di sistemi di barrieramento, in presenza di linee di evidenza, documentate all'interno di apposito elaborato progettuale, quali peculiari caratteristiche geologiche, idrogeologiche e di contaminazione che impediscono, in modo permanente, la lisciviazione e il trasporto dei contaminanti dal suolo alle acque sotterranee.
In ogni caso si dovrà tener adeguato conto delle misure di interruzione dei percorsi prese in considerazione ai fini dell’elaborazione dell'analisi di rischio, e dovrà essere tenuta traccia delle stesse all'interno degli strumenti urbanistici, onde individuare le limitazioni d'uso conseguenti e gli obblighi di presidio, controllo e monitoraggio.
In conclusione:
1. in caso dì interventi di Messa In Sicurezza Operativa (MISO) delle acque sotterranee o di barrieramenti di tipo fisico, può non essere attivato il percorso di lisciviazione e trasporto in falda nel rispetto delle seguenti condizioni:
a) ove esistano sufficienti garanzie del continuo presidio e controllo nel tempo dei sistemi di barrieramento. A tal fine dovrà essere previsto un piano di monitoraggio dell’efficienza/efficacia degli interventi, adeguato alla tipologia dell'intervento e dell'inquinamento presente nelle acque sotterranee, di durata complessiva da stabilire con gli Enti di Controllo.
b) al fine di evitare il mero trasferimento della contaminazione dal suolo alle acque sotterranee, si ritiene opportuno che:
- vengano programmati, compatibilmente con il mantenimento dell'attività produttiva, interventi sulle fonti attive di contaminazione per la falda, così come previsto dall'art. 41, comma 1, della L. 98/13
- venga attivato il percorso di lisciviazione e trasporto in falda, non ai fini del calcolo del rischio o delle CSR, ma con {'obiettivo di stimare le concentrazioni attese al Punto di Conformità e contribuire all’ottimizzazione dei sistemi di monitoraggio delle acque sotterranee. L'attivazione di tale percorso consentirà anche di stabilire quali siano gli interventi prioritari da attuare sulle fonti di contaminazione attive.
2. in caso di bonifica, anche in presenza di sistemi di barrieramento idraulico, si ritiene opportuno che gli obiettivi di bonifica (CSR) vengano calcolati tenendo conto del percorso di lisciviazione e trasporto in falda, al fine di garantire l'efficienza/efficacia degli interventi nel lungo termine, anche nell'eventualità di passaggi di proprietà delle aree o fallimento dei soggetti responsabili delle attività di bonifica.
Sia per la fattispecie 1) (MISO) che per la fattispecie 2) (bonifica) potrà essere valutata, nell’ambito dei singoli procedimenti, la richiesta, da parte del proponente, di non attivare il percorso di lisciviazione e trasporto in falda, anche in assenza di sistemi di barrieramento, in presenza di più linee di evidenza, documentate all'interno di apposito elaborato progettuale, quali:
- peculiari caratteristiche geologiche, idrogeologiche e di contaminazione che impediscono, in modo permanente, la lisciviazione e il trasporto dei contaminanti dal suolo alle acque sotterranee;
- serie storiche di dati relativi a monitoraggi delle acque di falda validati da ARPA che mostrano assenza di correlazione tra contaminanti presenti nel suolo e contaminanti presenti in falda;
- dati di test di lisciviazione effettuati in base a protocolli tecnici specifici elaborati da enti di controllo o istituti scientifici nazionali competenti in materia.

4. Definizione degli obiettivi di bonifica in presenza di concentrazioni superiori alla Csat (Concentrazione di Saturazione)
Tra i limiti dei modelli di analisi di rischio dì livello 2, in caso di superamento della concentrazione di saturazione della sostanza (Csat), vi è anche l'impossibilità di calcolare una CSR o l'ottenimento di valori di CSR molto elevati in quanto, in linea teorica, l'inquinante viene ritenuto immobile. In questi casi si ha una situazione in cui, di fatto, il modello individua come accettabile una concentrazione che spesso risulta superiore (anche di diversi ordini di grandezza) alla concentrazione di saturazione.
Quando si riscontra, dunque, un superamento della concentrazione di saturazione della sostanza, in assenza di prodotto libero (che andrebbe rimosso in quanto fonte primaria di contaminazione), si ritiene opportuno prevedere valutazioni integrative mirate alla verifica delle previsioni modellistiche mediante appropriate misure sperimentali quando opportuno e possibile, al fine di ovviare ai limiti associati alle assunzioni teoriche alla base dei modelli di analisi di rischio di livello 2.
In particolare al fine di verificare le reali caratteristiche di mobilità degli inquinanti in relazione ai percorsi di lisciviazione e/o volatilizzazione dovrà essere prevista l'esecuzione di protocolli analitici specifici, concordati con gli Enti di controllo territorialmente competenti, che comprendano per la volatizzazione misure di campo (vedi punto 2) e per la lisciviazione test di lisciviazione, test di biodisponibilità e bioaccessibilità ove si disponga di metodi riconosciuti validi a livello nazionale ed internazionale, nonché, per i metalli, analisi di speciazione e, ove necessario, analisi della composizione mineralogica.
I risultati delle analisi condotte dovranno essere utilizzati per la valutazione della reale mobilità degli inquinanti e per il calcolo del rischio associato alla presenza di tali inquinanti nelle matrici ambientali.
In ogni caso, in considerazione dell'esigenza tecnica e amministrativa di stabilire un obiettivo di bonifica per gli interventi, nei casi in cui l'applicazione modellistica presenta dei limiti associati alle assunzioni teoriche alla base dei modelli di analisi di rischio di livello 2, è necessario che l'autorità responsabile del procedimento stabilisca l'obiettivo di bonifica da conseguire. Tale obiettivo potrà eventualmente coincidere con la Csat, qualora l'esecuzione di ulteriori approfondimenti analitici non sia compatibile con le tempistiche richieste dalla normativa vigente per la conclusione del procedimento amministrativo.
In conclusione, in presenza di concentrazioni superiori alla Csat, l'obiettivo di bonifica può essere definito come segue:
a) verifica in modalità diretta della CSR>Csat proposta, comunque non superiore alla massima concentrazione riscontrata in sito per la sostanza (Cmax); qualora l'esito di tale verifica, da eseguirsi con software di analisi di rischio che tengano conto del raggiungimento delle condizioni di saturazione, mostri un rischio accettabile, potrà essere richiesta l'attuazione di un piano di monitoraggio adeguato alla tipologia dell'intervento e dell'inquinamento presente, di durata complessiva da stabilire con gli Enti di Controllo, al fine di verificare il permanere delle condizioni di assenza di rischio nel tempo in corrispondenza della CSR individuata. In caso di rischio non accettabile, alla CSR> Csat dovrà essere attribuito un valore inferiore, che dovrà essere verificato in modalità diretta. Reiterando tale procedura verrà identificato un valore di CSR accettabile, comunque non superiore alla Cmax.
b) esecuzione di un piano di indagine integrativo che sulla base di più linee di evidenza consenta di accertare in modo inequivocabile che la sostanza che presenta concentrazioni superiori alla Csat non ha caratteristiche di mobilità né nello scenario attuale né in potenziali scenari futuri. Tale piano di indagine integrativo, stabilito nell'ambito dei singoli procedimenti, potrà prevedere misure di campo per valutare la volatilizzazione (vedi punto 2), monitoraggi delle acque sotterranee, ma anche test di biodegradazione, biodisponibilità e bioaccessibilità, test di lisciviazione, nonché, per i metalli, analisi di speciazione e, ove necessario, analisi della composizione mineralogica. Dovrà inoltre essere prevista la determinazione delle frazioni idrocarburiche. Per l'esecuzione di tali indagini dovranno essere utilizzati protocolli tecnici elaborati da enti di controllo o istituti scientifici nazionali competenti in materia.
c) adozione della Csat, verificata mediante applicazione dell'analisi di rischio in modalità diretta, quale obiettivo di bonifica (CSR) qualora l'esecuzione di ulteriori approfondimenti analitici non sia compatibile con le tempistiche richieste dalla normativa vigente per la conclusione del procedimento amministrativo. Ove la Csat risulti inferiore alla CSC si rimanda alle indicazioni di cui al punto 1.