Cassazione Penale, Sez. 4, 28 maggio 2015, n. 22781 - Movimentazione manuale dei carichi da parte di un cameriere. Responsabilità del datore di lavoro


 

 

Presidente: D'ISA CLAUDIO Relatore: DOVERE SALVATORE Data Udienza: 04/02/2015

Fatto


1. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di Appello di Milano ha parzialmente riformato - revocando le statuizioni civili - la pronuncia di condanna alla pena ritenuta equa, emessa dal Tribunale di Como a carico di M.D'A., giudicata colpevole delle lesioni personali colpose patite dal lavoratore R. S..
Secondo l'accertamento condotto nei gradi di merito il 22.5.2008 il R., barman e cameriere in servizio presso il ristorante 'V.B.', in proprietà della società F. s.r.l., della quale l'imputata é amministratrice unica, nel movimentare un contenitore di olio del peso di circa venticinque chilogrammi spostandolo dall'automezzo del fornitore A.C. alla cucina del ristorante, a causa del pavimento scivoloso per la pioggia perdeva l'equilibrio finendo con la mano destra schiacciata e quindi riportando l'amputazione totale del terzo medio del secondo dito.
Alla M.D'A. i giudici di merito - e segnatamente la Corte di Appello - hanno ascritto di aver omesso di valutare i rischi derivanti dall'attività di movimentazione dei carichi ed hanno respinto l'assunto difensivo per il quale il R. aveva operato in violazione del divieto impostogli dal datore di lavoro, affermando la Corte territoriale che lo spostamento dei carichi da parte del lavoratore costituiva una prassi del tutto nota all'imputata.
2. Ricorre per cassazione nell'interesse della M.D'A. il difensore di fiducia avv. Omissis.
2.1. Con un primo motivo deduce vizio motivazionale, per essere omessa, manifestamente illogica e contraddittoria la motivazione in quanto:
l'affermazione della incompiutezza della valutazione dei rischi potrebbe essere logica solo ove il rischio derivante dalla movimentazione dei carichi da parte del cameriere R. fosse stato prevedibile; prevedibilità che l'esponente nega per le previsioni contrattuali del rapporto di lavoro tra la società ed il barman\cameriere nonché per il divieto posto dalla datrice di lavoro;
l'estraneità dell'attività di movimentazione dei fusti dalle mansioni assegnate al R. e l'aver questi trasgredito al divieto impartito dal datore di lavoro importa la non prevedibilità della condotta del lavoratore e quindi la sua esclusiva efficienza causale rispetto all'evento lesivo; anche ove il lavoratore avesse ricevuto l'ordine di portare all'interno dell'esercizio i fusti di olio, andrebbe affermata la esclusiva efficienza causale del comportamento del R..
2.2. Con un secondo motivo si deduce vizio motivazionale in relazione all'affermazione dell'essere stata mancante la valutazione dei rischi al tempo dell'infortunio, atteso che l'organo di vigilanza prescrisse di aggiornare e non già di redigere ex novo il documento di valutazione dei rischi.
Si assume, inoltre, che non può ipotizzarsi alcun obbligo di valutazione del rischio connesso alla movimentazione di materiali, al trasporto, carico e scarico delle materie prime rispetto ad un dipendente al quale é stato fatto divieto di svolgere tali attività.
2.3. Con un terzo motivo si lamenta vizio motivazionale, per essere omessa, manifestamente illogica o contraddittoria l'argomentazione posta a sostegno dell'affermazione di responsabilità dell'imputata quale amministratrice unica della società. Nel caso di specie esisteva una complessa organizzazione aziendale che aveva determinato la presenza di soggetti responsabili per ciascuno dei tre ristoranti facenti capo alla società, dotati di adeguata qualificazione e poteri direttivi, sicché la responsabilità va riconosciuta in capo al preposto.

Diritto

 

3. Il ricorso è manifestamente infondato.
3.1. Al di là della formale prospettazione di vizi motivazionali il ricorso assume una ricostruzione dei fatti difforme da quella fatta propria dai giudici di merito.
Questi hanno accertato che:
- il documento di valutazione dei rischi connessi alle procedure di carico e scarico merci non era preesistente all'infortunio del R.; la previsione del divieto ai camerieri di svolgere tali operazioni fu adottata solo dopo l'infortunio per cui é processo;
l'imputata era a conoscenza della prassi di far eseguire (anche) dai camerieri la movimentazione delle merci. Pertanto i rilievi che muovono da una ritenuta non prevedibilità del rischio connesso alla movimentazione delle merci da parte dei camerieri e dall'esistenza di un divieto impartito al R. manifestano di non tener in conto quanto ritenuto accertato dai giudici di merito ed il percorso logico-giuridico seguito dalla Corte di Appello, per la quale il rischio in questione non era stato in alcun modo valutato, sicché nessuna misura era stata predisposta, a prescindere da chi fosse il lavoratore ai quale veniva affidata la mansione. Il fatto poi che il datore di lavoro fosse a conoscenza dell'affidamento della stessa (anche) ai camerieri implicava l'adeguamento della valutazione a tale circostanza, per l'evidente necessità di apprestare l'informazione, la formazione e la dotazione necessaria a lavoratori svolgenti prevalentemente compiti diversi.
3.2. Il rilievo concernente l'esistenza della valutazione, che si trarrebbe dalla prescrizione ad aggiornare e non a compiere la stessa, scaturisce da un fraintendimento. La Corte di Appello ha affermato che "la responsabilità dell'amministratore della società deriva infatti dal non avere elaborato un documento rischi completo che contemplasse le procedure di scarico, la valutazione dei rischi connessi e la previsione degli idonei presidi di sicurezza". E' quindi chiaro che il giudice territoriale ha asserito non che alcun documento di valutazione del rischio era stato redatto, bensì che la valutazione non aveva contemplato il rischio connesso alle procedure di scarico; lacuna che venne colmata solo dopo la prescrizione impartita dall'organo di vigilanza.
3.3. Anche il terzo motivo é manifestamente infondato. L'obbligo di elaborare la valutazione dei rischi e di redigere il relativo documento incombe in via esclusiva sul datore di lavoro, risultando - unitamente a quello di nominare il responsabile del servizio di prevenzione e protezione - non delegabile (cfr. l'art. 17 d.lgs. n. 81/2008). L'asserita esistenza di un'articolazione aziendale in chiave prevenzionistica, quindi, non assume alcun rilievo ai fini della vicenda che occupa, in cui il fatto viene ascritto all'imputata essenzialmente per non aver provveduto alla valutazione del rischio connesso alla movimentazione delle merci, scaturendo da ciò, in via consequenziale, il mancato apprestamento di misure (quali, secondo la corretta indicazione dei giudici di merito, apposito addestramento e DPI) neppure individuate. Proprio perché nemmeno individuate, l'omessa adozione di tali misure non può essere ascritta ad eventuali figure dirigenziali presenti in organico, salvo che la loro adozione non rientrasse nei poteri assegnati. Ma in tal caso l'effetto sarebbe quello del profilarsi di una responsabilità concorrente di ulteriori soggetti e non dell'esonero da responsabilità del datore di lavoro.
4. In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e la ricorrente condannata al pagamento delle spese processuali nonché al pagamento in favore della Cassa delle ammende della somma di euro 1.00,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 4.2.2015.