Cassazione Penale, Sez. 4, 19 giugno 2015, n. 25922 - Infortunio con un macchinario per fare il pane. Questioni procedurali


 

Presidente: ZECCA GAETANINO Relatore: GRASSO GIUSEPPE Data Udienza: 05/05/2015


Fatto


1. Il Tribunale di Modena, con sentenza del 16/2/2012, condannò alla pena stimata di giustizia F.V., legale rappresentante della s.r.l. , per il reato di lesioni personali colpose ai danni di S.B., il quale, in qualità di lavoratore dipendente, utilizzando una macchina addetta alla formazione e spezzatura del pane, era andato incontro ad infortunio, che aveva comportato l'amputazione subtotale del terzo dito e ferita lacero contusa del secondo dito della mano destra. In particola si rimproverava all'imputato sia la colpa generica, che quella specifica (violazione dell'art. 35, comma 1 del d.lgs. n. 626/1994)
1.1. La Corte d'appello di Bologna, con sentenza del 24/6/2014, giudicando a seguito dell'impugnazione dell'imputato, confermò la statuizione di primo grado.
2. Quest'ultimo propone ricorso per cassazione corredato da tre motivi di censura.
2.1. Con il primo motivo, prospettante violazione della legge processuale, il ricorrente censura il fatto che, regolarmente emesso il decreto di citazione a cura del P.M., intervenuta la necessità, nel corso del processo di primo grado di rinnovare le notificazioni, il Giudice, invece che disporre la notifica del verbale d'udienza unitamente al primigenio decreto di citazione, provvedeva a redigere di proprio pugno un nuovo decreto di citazione, così integrando la nullità assoluta di cui all'art. 178, comma 1, lett. b).
2.2. Con il secondo motivo, denunziante anch'esso violazione in rito, viene dedotta la nullità della notificazione all'imputato del decreto di citazione a giudizio di primo grado, che era stata effettuata, ai sensi del comma 8 dell'art. 157, cod. proc. pen., senza essere stata preceduta da .
2.3. Con il successivo motivo il ricorrente deduce ulteriore violazione della legge processuale per essere stati utilizzati per la decisione verbali di prova divenuti inutilizzabili per il mutamento della persona fisica del giudicante. In particolare, specifica il ricorrente, si ebbe a trattare delle dichiarazioni rese dall'imputato all'udienza dell'1/9/2009, che non avrebbero potuto in alcun modo essere utilizzate, essendosi negato il consenso.

 

Diritto


3. Nessuno dei motivi coglie nel segno e, pertanto, il ricorso deve essere rigettato.
3.1. Il primo motivo è manifestamente infondato, volto com'è a rimarcare profili che si pascono di mero irrilevante formalismo. Non è cero messo in dubbio che nel processo qui al vaglio l'azione penale venne ritualmente esercitata dal P.M. e la circostanza che, a seguito di ritenuti vizi di notifica, il giudice procedente, piuttosto che disporre (come certo sarebbe risultato più rituale) che si desse notifica alle parti interessate, in uno al verbale d'udienza del primigenio decreto di citazione del P.M., aveva provveduto a far notificare una copia del predetto decreto da lui firmata. Perciò solo, come appare evidente, non ricorre l'ipotesi di nullità prospettata dal ricorrente (art. 178, comma 1, lett. b): l'azione penale era stata regolarmente esercitata dal P.M. e con la propria iniziativa il giudice non si era fatto carico dì introdurre il giudizio, ma molto più banalmente di consentirne la regolare prosecuzione.
3.2. La nullità assoluta ed insanabile della citazione dell'imputato, ai sensi dell'art. 179 cod. proc. pen., ricorre soltanto, secondo la costante interpretazione resa in sede di legittimità, nel caso in cui la notificazione della citazione sia stata omessa o quando, eseguita in forme diverse da quelle prescritte, risulti inidonea a determinare la conoscenza effettiva dell'atto da parte dell'imputato, mentre non ricorre nei casi in cui risultino violate le regole relative alla modalità di esecuzione della notifica, per i quali è applicabile la sanatoria di cui all'art. 184 cod. proc. pen. (cfr., fra le tante, Cass., Sez. 6, n. 34170 del 4/7/2008, Rv. 240705). Con la conseguenza che la nullità che ne è derivata deve ritenersi sanata quando risulti provato che la stessa non ha impedito all'imputato di conoscere l'esistenza dell'atto e di esercitare il diritto di difesa, rimanendo, comunque, priva di effetti se non è dedotta tempestivamente, in quanto essa è soggetta alla sanatoria speciale di cui all'art. 184, comma primo, alle sanatorie generali di cui all'art. 183, alle regole di deducibilità di cui all'art. 182, oltre che ai termini di rilevabilità di cui all'art. 180 cod. proc. pen. (in tal senso, cfr. Cass., Sez. 3, n. 44880 del 18/7/2014, Rv. 260606; Sez. 3, n. 20349 del 16/3/2010, Rv. 247109; Sez. 4, n. 6211/010 del 12/11/2009, Rv. 246639).
Nel caso in esame ricorrono le condizioni sananti di cui detto: la notifica, effettuata presso il Difensore fiduciario, era ben conoscibile dall'imputato e il primo omise di sollevare tempestiva eccezione. Pertanto, il secondo motivo non può essere accolto.
3.3. Infine anche il terzo motivo non ha fondamento. Al contrario di quel che asserisce il ricorrente le dichiarazioni rese dall'imputato davanti a giudice diverso rispetto a quello che ha assunto la decisione non hanno avuto influenza di sorta sulla sentenza, che poggia il proprio convincimento su un complesso probatorio autonomo e autosufficiente. L'aver qualificato l'autodifesa non significa affatto che tale giudizio negativo abbia in qualche misura, pur minima, influito sul giudizio di penale responsabilità. Ove, poi, l'imputato avesse avuto interesse all'utilizzazione delle dichiarazioni da lui rese davanti ad altro giudice aveva l'onere di dare il consenso all'impiego o, in difetto, di richiedere la rinnovazione dell'esame.
4. All'epilogo consegue condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 5/5/2015.