Categoria: Cassazione civile
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Cassazione Civile, Sez. 3, 27 agosto 2015, n. 17201 - Rientro immediato al lavoro dopo un periodo di inabilità da precedente infortunio professionale. Infortunio in itinere e collegamento tra i due eventi


 

 

Presidente: SALME' GIUSEPPE Relatore: DE STEFANO FRANCO Data pubblicazione: 27/08/2015


Fatto


§ 1. - P.DS. ricorre, affidandosi a tre motivi, per la cassazione della sentenza n. 1144 del 21.8.12 della corte di appello di Bologna, con cui, in conferma - sul punto e per quel che qui interessa -della sentenza di primo grado del tribunale di Parma, è stata rigettata la sua domanda di condanna dell'INAIL e dei suoi funzionari C.B. e R.I.. Con tale domanda egli aveva chiesto la condanna solidale delle controparti al risarcimento dei danni da lui patiti a seguito di un infortunio in itinere occorsogli il 18.11.94, ascritto all'inopinata condotta di quelli, che gli avevano imposto di rientrare al lavoro al termine di un periodo di inabilità da precedente infortunio professionale, nonostante egli non fosse ancora guarito ed anzi dovendo il secondo infortunio ricollegarsi al primo, per avere perfino, in un primo momento ed all'esito di visita ad hoc seguita a precedente specialistica, altro funzionario dello stesso Istituto certificato la persistente sua inabilità per altri dodici giorni con certificato surrettiziamente ed illegittimamente sostituito il 17.11.94 con altro di immediato riavvio al lavoro.
Il tribunale - avendo resistito alle avverse pretese tutti i convenuti e chiamato in garanzia la C.B. la sua assicuratrice r.c. Zurìgo Ass.ni spa - aveva rigettato la domanda, ritenendo non provata neppure la condotta dei funzionari dell'INAIL, ma la corte di appello, pur qualificando sostenuta da prova quest'ultima, ha reputato poi non essere stata raggiunta la prova del nesso causale tra la condotta stessa ed il secondo infortunio, né delle stesse modalità di accadimento del successivo sinistro; poi condannando il P.DS. al pagamento delle spese del doppio grado di lite in favore dell'erede del direttore della sede INAIL di Parma ed al pagamento della metà di quelle di appello in favore delle altre parti.
Notificano distinti controricorsi C.B., C.G. (erede di R.I.), l'INAIL e la succeditrice della Zurigo ass.ni, Zurich Insurance pie; e, per la pubblica udienza del 26.5.15, il ricorrente deposita altresì memoria ai sensi dell'art. 378 cod. proc. civ.

Diritto


§ 2. - Va disattesa la preliminare eccezione di inammissibilità del ricorso - sollevata dai controricorrenti - in relazione al n. 3 dell'art. 366 cod. proc. civ., per essere in quello riprodotti pressoché pedissequamente i principali atti del medesimo ricorrente: i momenti di raccordo e di sintesi possono invero rinvenirsi tra l'uno e l'altro atto e, quindi, la trascrizione non esaurisce l'esposizione dello svolgimento del processo.
Del pari in via preliminare, va peraltro esclusa l'ammissibilità di argomentazioni e produzioni svolte per la prima volta con la memoria ai sensi dell'art. 378 cod. proc. civ., avendo essa la funzione di illustrare esclusivamente quanto già in precedenza ritualmente addotto e versato (o, a tutto concedere, di illustrare fatti nuovi o di documentare ragioni specifiche di ammissibilità del ricorso o del controricorso: circostanze che, peraltro, pacificamente non ricorrono nella fattispecie).
§ 3. - Ciò posto, vanno esaminati congiuntamente il primo e il secondo motivo di ricorso, attesa la loro intima connessione.
§ 3.1. Con il primo, il ricorrente P.DS. denuncia "violazione di legge e vizio di motivazione In merito a un fatto controverso e decisivo per il giudizio, sotto il profilo della valutazione della CTU espletata nel giudizio d'appello tra P.DS. e l'Inail, prodotti in atti al n. 56 del fascicolo di parte, in data 27 gennaio 2003 e dell'omesso esame della diagnosi medica prodotta in atti, al n. 33 del fascicolo di parte, nel giudizio di primo grado, in data 30 aprile 2001".
In particolare, il ricorrente ritiene erronea la sentenza gravata nella parte in cui rileva che la c.t.u. eseguita nella causa previdenziale si limiterebbe a qualificare in itinere l'infortunio occorso al P.DS. il 18.11.94 e a riscontrare un nesso tra l'ipersonnia e tanto quest'ultimo che il precedente infortunio (del 29.9.94), così escludendo un nesso tra la patologia ed il primo episodio: in contrario, il P.DS. adduce la giurisprudenza in tema di necessaria considerazione unica e complessiva di più infortuni ai fini della determinazione dell'inabilità indennizzabile; richiama la relazione 24.11.94 del centro di medicina del sonno, basata su accertamenti eseguiti il 15 e il 16 precedenti; trascrive l'atto di appello, ove è richiamata la conclusione di tale c.t.u. M., prospettata come di verosimile rapporto causale tra l'infortunio del 18.11.94 e la stessa patologia di ipersonnia che aveva causato l'infortunio del 29.9.94, patologia non ancora superata al momento dell'inopinato -ed illegittimo anche quanto a modalità di emanazione, con soppressione fisica del precedente certificato - ordine di ripresa del lavoro.
§ 3.2. Con il secondo motivo, il ricorrente P.DS. lamenta testualmente "violazione di legge, in ordine agli artt. 61 - 115 - 116 - 191 c.p.c., 185 c.p., 1176 - 2043 - 2050 - 2059 - 2236 - 2727 - 2909 cc. e vizio di motivazione in merito a un fatto controverso e decisivo per il giudizio, sotto il profilo della valutazione della CTU espletata nel giudizio d'appello tra P.DS. e l'Inail, prodotta in atti al n. 56 del fascicolo di parte, in data 27 gennaio 2003 e dell'omesso esame della relazione medico-legale di parte, e relativa integrazione, prodotte con l'atto di citazione di primo grado, in atti al n. 3 e al n. 4 del fascicolo di parte e della mancata consulenza tecnica di ufficio".
In particolare, il ricorrente ritiene erronea la sentenza gravata nella parte in cui esclude la prova delle modalità di accadimento del secondo infortunio e del suo nesso di causalità: sul punto, egli ricorda la compatibilità - riscontrata dalla c.t.u. - tra modalità denunziate e lesioni riportate; invocati i principi in tema di causalità civilistica, ripercorre i fatti del 17.11.94, con il rilascio del primo certificato di prolungamento della "temporanea" in attesa del responso del centro malattie del sonno, poi sorprendentemente ritirato con uno stratagemma e sostituito con altro di immediato riavvio al lavoro per ritenuta completa cessazione dell'infermità derivante dall'infortunio pregresso; argomenta nel senso dell'elevata prevedibilità dell'insorgenza di nuovi episodi di ipersonnia fin dai momento in cui gli è stato ordinato di riprendere il lavoro e quindi nella riconducibilità dell'evento successivo alla condotta dei dipendenti dell'INAIL consistente nella - se non penalmente rilevante, in relazione all'intervenuta soppressione del primo certificato - frettolosa ed incauta chiusura della pratica con il riavvio al lavoro dell'infortunato; ancora, il P.DS. prospetta l'INAIL come debitore di specifica prestazione di cure mediche specialistiche adeguate e finalizzate al recupero della capacità lavorativa; riporta le conclusioni del suo medico legale di parte e si duole della loro pretermissione; contesta che siano stati considerati con la dovuta attenzione i parametri di responsabilità di cui agli artt. 2043, 2050, 2059 cod. civ. e 185 cod. pen., in relazione al reato di falso per soppressione del primo certificato; invoca, infine, a fondamento dell'esonero dalla prova del nesso causale tra l'ipersonnia che aveva causato il primo infortunio e il secondo infortunio, la condotta di non contestazione da parte dell'INAIL dell'affermazione di passaggio in giudicato della conclusione in quel senso, contenuta in c.t.u. in separata causa previdenziale definita con sentenza passata in giudicato.
§ 3.3. Le controricorrenti C.B. e C.G., ciascuna del proprio controricorso, contestano l'ammissibilità di detti motivi, in quanto, avendo controparte contestato la ripartizione dell'onere della prova, investono il merito della vicenda; negano qualsiasi vizio della motivazione in quanto tale, che ritengono invece lineare nell'escludere il nesso causale e nel rilevare, per il carattere del tutto unilaterale delle dichiarazioni sul punto rese dal danneggiato, l'inattendibilità di quelle ai fini della ricostruzione delle modalità di accadimento del secondo infortunio.
§ 3.4. Il contro ricorrente INAIL, dal canto suo, nega l'ammissibilità dei motivi in esame, in quanto involgenti la riconsiderazione del merito della vicenda ed invocanti una diversa lettura delle risultanze probatorie; evidenzia la novità delle questioni di cui al secondo motivo e comunque la loro infondatezza, spettando all'INAIL il solo giudizio sulla stabilizzazione della patologia sofferta dall'infortunato e la gestione delle pratiche di erogazione delle prestazioni di cura e compensative; e conclude negando che il secondo infortunio potesse ascriversi alla condotta dei suoi dipendenti, chiamati unicamente a verificare se perdurasse l'impossibilità fisica del P.DS. di prestare temporaneamente l'attività lavorativa.
§ 3.5. Infine, la controricorrente Zurich Insurance pic evidenzia non avere controparte impugnato l'esclusione della sussistenza di prove sulle effettive e concrete modalità di accadimento del secondo sinistro, per poi negare qualunque vizio motivazionale, anche per l'insussistenza di un obbligo del giudice di prendere in considerazione ogni singolo elemento probatorio ed ogni singola deduzione delle parti, nonché per l'impossibilità di una riconsiderazione del merito della vicenda, ovvero di una lettura delle risultanze probatorie diversa da quella operata dal giudice del merito.
§ 4. - La corte di appello conclude sull'insussistenza di piena prova, nonostante qualche incertezza o la verosimiglianza dell'ascrivibilità del secondo infortunio al colpo di sonno addotto dal danneggiato, su:
a) nesso causale tra sinistro del 29.9.94 ed ipersonnia e, quindi, tra il primo e quello accaduto il 18.11.94;
b) modalità di accadimento del sinistro del 18.11.94.
Tali conclusioni resistono, nel complesso, alle critiche del ricorrente, se non altro ai fini della pretesa risarcitoria specificamente da lui avanzata nei confronti dei sanitari dell'INAIL e di quest'ultimo.
§ 4.1. In primo luogo, non poteva ritenersi integrata, una non contestazione sul nesso causale da parte dell'INAIL in ordine all'asserzione del medesimo in riferimento al passaggio in giudicato della sentenza sulla spettanza di prestazioni previdenziali per il secondo infortunio: effettivamente il riconoscimento della natura di infortunio in itinere per una eziopatologia simile - se non identica - a quella in essere al momento del precedente infortunio, riconoscimento finalizzato in via prioritaria all'erogazione delle prestazioni assistenziali specificamente previste dalla legge di settore, non è di per sé solo sufficiente a legare il secondo ad un'errata diagnosi di ristabilimento dai postumi o dalle cause del primo; pertanto, nessun giudicato poteva essersi formato su tale specifica ulteriore questione di fatto, né alcuna non contestazione, rilevante ai fini dell'esenzione del danneggiato dal relativo onere probatorio, poteva configurarsi in capo all'INAIL
E tale conclusione regge anche alla stregua delle ulteriori considerazioni svolte dal ricorrente in memoria, una volta ribadita la diversità di ambito, finalità e presupposti del giudicato sul carattere di infortunio in itinere rispetto a quelli della domanda di responsabilità per specifiche condotte colpose o dolose di funzionari dell'INAIL stesso.
§ 4.2. Né aveva, certo, la corte territoriale l'obbligo di esaminare uno per uno gli elementi, anche indiziari, addotti dal danneggiato, né quello di prendere espressamente in considerazione le conclusioni del consulente tecnico di parte, concretantisi pur sempre in un'opinione o tesi difensiva, una volta rilevato che la relazione di c.t.u. in atti si limitava a qualificare come infortunio in itinere quello del 18.11.94 ed esistente un nesso tra l'ipersonnia e ciascuno dei due infortuni, quello precedente del 29.9.94 e quello per cui è causa del 18.11.94: ma, quindi, per ciò stesso senza instaurare un nesso diretto tra il primo infortunio ed il secondo e soprattutto successivamente tra una possibile malaccorta cura o prognosi del primo ed il secondo.
§ 4.3. Ma neppure può essere invocata una lettura delle risultanze probatorie difforme da quella operata dalla corte territoriale, essendo la valutazione di quelle - al pari della scelta di quelle, tra esse, ritenute più idonee a sorreggere la motivazione - un tipico apprezzamento di fatto, riservato in via esclusiva al giudice del merito: il quale, nel porre a fondamento del proprio convincimento e della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, nel privilegiare una ricostruzione circostanziale a scapito di altre (pur astrattamente possibili e logicamente non impredicabili), non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza peraltro essere tenuto ad affrontare e discutere ogni singola risultanza processuale ovvero a confutare qualsiasi deduzione difensiva (per tutte: Cass. 20 aprile 2012, n. 6260; Cass. 11 dicembre 2014, n. 26097).
§ 4.4. Va pure esclusa la rilevanza della mera - per quanto singolare ed impropria, di certo priva delle necessarie formalità - condotta di sostituzione del primo certificato (che aveva riconosciuto persistente l'inabilità, con ripresa del lavoro dodici giorni dopo) con l'altro e definitivo, che ha invece infine imposto il rientro al lavoro dell'infortunato: la prospettazione del fatto materiale della soppressione, cui non risulta seguita alcuna sanzione penale, non incide sulla circostanza che, ad ogni buon conto, la volontà finale dell'Istituto si è estrinsecata nell'ordine di riavvio al lavoro immediato.
§ 4.5. Quel che conta è che è mancata ogni indagine, in particolare, sulle caratteristiche della patologia comune ai due episodi, sulle sue cause e, in particolare, sul fatto che essa dipendesse dal primo infortunio, ma soprattutto sulla sua evoluzione e sulla prevedibilità o prevenibilità della stessa alla stregua delle conoscenze mediche del tempo, tale da connotare di colpa il riavvio immediato al lavoro in data 17.11.94. Insomma, la c.t.u. invocata anche in questa sede dal ricorrente consente solo di individuare una comune eziologia ai due infortuni, ma non anche di affermare che l'ipersonnia fosse derivata dal primo infortunio, tanto da considerarsi conseguenza ancora potenzialmente dannosa di esso e come tale non adeguatamente diagnosticata alla data dell'ordine di riavvio al lavoro, né di stabilire se, al momento della visita - sia pure pendendo ancora i relativi accertamenti specialistici, eseguiti significativamente il giorno prima della visita stessa - conclusa col finale certificato di ripresa del lavoro, fosse ragionevolmente prevedibile il rischio di reiterazione dell'infortunio, in applicazione delle nozioni mediche del tempo applicabili alla fattispecie e sulla base dei dati disponibili in quel momento.
Una tale conclusione - di assenza di prova, anche presuntiva, sulla colpa dei funzionari medici pubblici in merito a specifici loro compiti in relazione alla cura dei postumi del primo infortunio - attiene ad una valutazione di merito ed in quanto tale, siccome scevra da evidenti vizi logici o giuridici, incensurabile nella presente sede di legittimità: sicché la gravata sentenza si sottrae alle censure mossele.
§ 5. - Con il terzo motivo il ricorrente P.DS. adduce "violazione di legge, in ordine agli artt. 28 Cost., 115 - 116 c.p.c, 1176 - 2043 - 2727 ce. e vizio dì motivazione in merito a un fatto controverso e decisivo per il giudizio, sotto il profilo della valutazione e dell'omesso esame della documentazione prodotta in atti al n. 36 e al n. 40 del fascicolo di parte, nel giudizio di primo grado, in data 30 aprile 2001".
§ 5.1. In particolare, il P.DS., richiamato nuovamente il valore probatorio dei verbali di sommarie informazioni testimoniali - in gran parte in ricorso trascritti - rese nel corso del procedimento penale, contesta che la causa petendi della sua domanda contro lo R.I. fosse stata la sola indicazione di presentare ricorso contro il secondo certificato, che ordinava la ripresa del lavoro, avendo egli inteso far valere la violazione dell'obbligo, su quegli gravante quale superiore gerarchico dei dipendenti che avevano sottratto arbitrariamente l'originario certificato ed avevano imposto la ripresa del lavoro, di vigilare affinché tali condotte illegittime e produttive di danno non avessero luogo.
§ 5.2. Le controricorrenti C.B. e C.G. eccepiscono non avere controparte addotto come e quando egli avrebbe articolato tale causa petendi nei confronti dello R.I., a titolo di concorso nella valutazione medico-legale di guarigione dal primo infortunio; e comunque evidenziano come il motivo involga una pretesa di riesame e rivalutazione del merito, in ogni caso relativa a condotte la cui illegittimità è stata per altro verso esclusa.
§ 4.3. Il motivo è in effetti inammissibile.
La corte territoriale ha ineccepibilmente escluso ogni responsabilità del dirigente, essendosi egli limitato, senza nessun altro ruolo diretto nella vicenda, a prospettare al ricorrente il suo diritto di proporre ricorso avverso la definitiva determinazione dei sanitari del suo ufficio in ordine alla ripresa del lavoro dopo l'infortunio.
Ora, il ricorrente che proponga in sede di legittimità una determinata questione giuridica, la quale implichi accertamenti di fatto, ha l'onere, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità, per novità della censura, non solo di allegare l'avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa (per l'ipotesi di questione non esaminata dal giudice del merito: Cass. 20 ottobre 2006, n. 22540; Cass. 27 maggio 2010, n. 12992).
Eppure, nonostante la pedissequa trascrizione di alcuni degli atti di causa, nemmeno da questi si evince che la responsabilità dello R.I. sia stata fin dalla proposizione della domanda ed a maggior ragione in secondo grado prospettata in relazione ai profili espressamente indicati nel motivo di ricorso per cassazione; né, per quel che qui rileva, può dirsi che la mera produzione di un documento (oltretutto, come nella specie, in uno a numerosissimi altri), non accompagnata dalla necessaria attività processuale assertiva, possa mai equivalere ad una chiara ed univoca adduzione di causa petendi.
E tutto ciò senza considerare che l'esclusione della fondatezza delle doglianze sulle condotte dei sanitari INAIL, derivante dalla reiezione dei precedenti motivi, priva di ogni rilevanza qualunque eventuale violazione di doveri da parte del dirigente nei reprimerle.
§6.-Il ricorso - infondati i primi due motivi ed inammissibile il terzo - va dunque rigettato ed il soccombente ricorrente condannato al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore di ciascuna delle controparti.
§ 7. - Infine, in ragione del tempo in cui l'impugnazione è stata proposta, deve trovare applicazione l'art. 13 comma 1-quater del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall'art. 1, comma 17, della I. 24 dicembre 2012, n. 228, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione: ai sensi di tale disposizione, il giudice dell'impugnazione è vincolato, pronunziando il provvedimento che la definisce, a dare atto - senza ulteriori valutazioni discrezionali - della sussistenza dei presupposti (rigetto integrale o inammissibilità o improcedibilità dell'impugnazione) per il versamento, da parte dell'impugnante totalmente soccombente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l'impugnazione da lui proposta, a norma del comma 1-bìs del medesimo art. 13.
Peraltro, il ricorrente risulta esente dal versamento del contributo, essendo stato ammesso al patrocinio a spese dello Stato con provvedimento (prodotto sub 1 con il ricorso per cassazione) che deve ritenersi dispiegare efficacia per tutto il corso del processo (ai sensi dell'art. 75 d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115): sicché non sussistono i presupposti per l'applicazione di detta norma (Cass. 2 settembre 2014, n. 18523).

P. Q. M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna P.DS. al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate, in favore di ciascun controricorrente (e, per l'INAIL e la Zurich Insurance pic, in persona dei rispettivi legali rappresentanti prò tempore), in € 3.200,00, di cui € 200,00 per esborsi, oltre maggiorazione per spese generali ed oltre accessori nella misura di legge.
Ai sensi dell'art. 13, co. 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, come modif. dalla I. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma I-bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della terza sezione civile della Corte suprema di cassazione, 26 maggio 2015.