Cassazione Penale, Sez. 4, 02 ottobre 2015, n. 39770 - Cade al suolo a causa della mancanza di idoneo parapetto. Responsabilità datoriale


 

Presidente: SIRENA PIETRO ANTONIO Relatore: DOVERE SALVATORE Data Udienza: 16/06/2015

Fatto


1. G.M. ricorre per cassazione, con atto sottoscritto dal difensore, avv. avverso il provvedimento indicato in epigrafe con il quale é stata parzialmente riformata la pronuncia del Tribunale di Verbania con la quale egli era stato condannato per il reato di cui all'art. 590 cod. pen. commesso in danno di S. . La Corte di Appello, infatti, ha sostituito la pena inflitta all'imputato con quella pecuniaria e revocato la sospensione condizionale concessa al medesimo.
2. Secondo l'accertamento condotto nei gradi di merito il S. stava lavorando in un cantiere edile in Ghiffa, quale dipendente della D. s.r.l., della quale era titolare il G.M., quando nell'eseguire ad un'altezza di circa otto metri il trasporto di malta con una carriola, a causa della mancanza di un idoneo parapetto, cadeva al suolo riportando lesioni gravi.
Deduce il ricorrente vizio motivazionale per non aver la Corte di Appello argomentato in merito ai rilievi sulla base dei quali l'appellante sosteneva essersi concretizzato un comportamento abnorme del lavoratore, che aveva spostato una tavola fermapiede del ponteggio per agevolare il passaggio della carriola e non aver dato risposta al motivo che segnalava la discordanza tra le dichiarazioni dei testi.

Diritto


3. Il ricorso è inammissibile.
3.1. Il primo motivo è manifestamente infondato. Come questa Corte ha ripetutamente precisato, in tema di infortuni sul lavoro, non integra il "comportamento abnorme" idoneo a escludere il nesso di causalità tra la condotta omissiva del datore di lavoro e l'evento lesivo o mortale patito dal lavoratore il compimento da parte di quest'ultimo di un'operazione che, seppure inutile e imprudente, non risulta eccentrica rispetto alle mansioni a lui specificamente assegnate nell'ambito del ciclo produttivo (Sez. 4, n. 7955 del 10/10/2013 - dep. 19/02/2014, Rovaldi, Rv. 259313).
Orbene, nel caso che occupa è il medesimo ricorrente ad insistere su una ricostruzione dell'accaduto per la quale il S., adibito al trasporto di materiale con una carriola, avrebbe spostato una tavola fermapiede per percorre più agevolmente il tragitto, nell'esecuzione delle direttive impartitegli. Vi è quindi, con tutta evidenza, già nella prospettazione del ricorrente la commissione di un'azione imprudente da parte del lavoratore, tuttavia strettamente correlata alle mansioni affidategli. Peraltro, ben diversa è la ricostruzione fatta propria dalla Corte distrettuale, che ha menzionato l'eccessivo sovraccarico della carriola, la conseguente perdita di equilibrio del lavoratore e il non corretto montaggio del ponteggio.
3.2. La censura che si indirizza alla pretesa carenza motivazionale è aspecifica. Il ricorrente si limita ad affermare che la Corte di appello non avrebbe tenuto conto delle discordanze emerse tra le dichiarazioni di alcuni testi, senza indicare chi questi fossero, in cosa consistessero tali discrasie, quale la loro incidenza sulla tenuta della motivazione impugnata. Il ricorso manca quindi nelle indicazioni degli elementi che condurrebbero a ritenere vizio di mancanza di motivazione, ex art. 606, comma primo, lett. e), cod. proc. pen., il quale ricorre solo quando le argomentazioni addotte dal giudice a fondamento dell'affermazione di responsabilità dell'imputato siano prive di completezza in relazione a specifiche doglianze formulate con i motivi di appello e dotate del requisito della decisività (Sez. 5, n. 2916 del 13/12/2013 - dep. 22/01/2014, Dall'Agnola, Rv. 257967).
4. L'inammissibilità del ricorso non consente di dichiarare l'estinzione del reato per il decorso del termine massimo di prescrizione con il trascorrere del 2.8.2014 (ovvero nelle more di questo giudizio).
5. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell'art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, che si ritiene equo liquidare in € 1.000,00, in favore della cassa delle ammende, non ravvisandosi assenza di colpa in ordine alla determinazione della causa di inammissibilità.

P.Q.M.


dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1000,00 a favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 16/6/2015.