Categoria: Commissione parlamentare "morti bianche"
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SENATO DELLA REPUBBLICA
XVII LEGISLATURA
Giunte e Commissioni

 

Resoconto stenografico

 

Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali, con particolare riguardo al sistema della tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro


Seduta 14, martedì 24 marzo 2015

 

Audizione del professor Renato Balduzzi

 

Presidenza della presidente FABBRI

Intervengono il professor Renato Balduzzi e il dottor Alberto Bobbio.

SULLA PUBBLICITÀ DEI LAVORI

PRESIDENTE
Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata attraverso il resoconto stenografico, nonché, ai sensi dell'articolo 13, comma 2, del Regolamento interno, attraverso l'attivazione dell'impianto audiovisivo. Poiché non vi sono obiezioni, resta così stabilito.

PROCEDURE INFORMATIVE
Audizione del professor Renato Balduzzi

PRESIDENTE
L’ordine del giorno reca l'audizione del professor Renato Balduzzi.
Do il benvenuto e ovviamente ringrazio il professor Renato Balduzzi, accompagnato dal dottor Alberto Bobbio, per la disponibilità dimostrata a partecipare alla nostra audizione.
Questa Commissione si è insediata da qualche mese ed è impegnata su diversi fronti; tra l'altro, ha recentemente svolto una missione presso l'Expo di Milano.
Una delle tematiche che però seguiamo con grande interesse è quella legata all'amianto e l'incontro di oggi è per l'appunto finalizzato ad approfondire il Piano nazionale sull'amianto, definito ed approvato nell'ambito della Conferenza sull'amianto svoltasi a Venezia dal 22 al 24 novembre 2012.
Vorremmo sapere dal professor Balduzzi a che punto sia quel Piano, che cosa gli consti sia stato fatto e in che modo ritiene che la nostra Commissione possa collaborare, anche in termini di impegno fattivo, alla soluzione di questo importante problema.
Lascio quindi senz'altro la parola al nostro ospite.

BALDUZZI
Vi ringrazio innanzitutto per l'invito a partecipare ai lavori della Commissione.
Ho potuto verificare, leggendo la vostra relazione intermedia, l'ampio spazio di attenzione che questa Commissione ha riservato al problema dell'amianto. Credo che la ragione per la quale mi avete invitato stia nell'esperienza da me maturata tra il novembre del 2011 e l'aprile del 2013 come Ministro della salute, periodo in cui ebbero luogo sia la Conferenza di Venezia, sia l'adozione da parte del Governo del Piano nazionale amianto.
Occorre fare un passo indietro per capire come si sia arrivati ad affrontare questo tema. Ci trovavamo, alla fine del 2011, in una condizione per cui, da una parte, si era nella fase finale del processo di primo grado a Eternit, che vedeva una forte presenza di parti civili - al processo erano rappresentati oltre 6.300 soggetti, tra persone fisiche, istituzioni ed organizzazioni, coinvolti in questa vicenda - e, dall'altra, per l'appunto proprio alla fine del 2011, nella realtà territoriale maggiormente colpita da questo fenomeno si era verificata una sorta di frattura interna rispetto alla proposta, avanzata da parte di uno degli imputati, di una forma di risarcimento che avrebbe in qualche modo avuto anche il senso di provocare una diversa posizione processuale delle persone che si erano costituite come parti civili. Fu una vicenda particolarmente delicata, perché c'era davvero la preoccupazione di una sorta di rottura nell'unità morale di una collettività e di questa preoccupazione, per una molteplicità di ragioni, vennero investiti il Ministero ed il Ministro e di lì partì un'azione di dialogo e di sostegno con l'amministrazione interessata. Ricordo anche la prima riunione ufficiale tenutasi presso la prefettura di Alessandria nel pomeriggio del 1° gennaio 2012, quindi in una data anche abbastanza particolare, nella quale si gettarono le basi per un lavoro di collaborazione che riguardò, tra l'altro, anche l'Associazione familiari vittime dell'amianto, che mi risulta essere stata audita da questa Commissione di inchiesta. Nasce da lì una rinnovata attenzione, anche perché naturalmente, facendo una ricognizione dei fatti, ci accorgemmo che erano passati ormai molti anni dalla prima Conferenza nazionale governativa sull'amianto, tenuta nel 1999, e che quindi occorreva forse riportare all'attenzione un problema che, per sua natura, sembra costruito per provocare discontinuità in termini sia di attenzione che di interventi. Mi riferisco alla lunga latenza delle malattie correlate all'esposizione all'asbesto (dai 20 ai 40 anni, in qualche caso anche oltre) e, per un verso, alla forte localizzazione delle emergenze sanitarie e, per l'altro, all'ampia diffusione sul territorio nazionale di singoli casi ed episodi, anche con punti di emersione giudiziaria, di malattie professionali nei lavoratori esposti a determinate utilizzazioni industriali dell'amianto nell'ambito di una molteplicità di fattispecie (industria, edilizia, ma certamente anche tessitura, cantieristica ed aeronautica) e, infine, alla presenza capillare dell'amianto negli ambienti di vita. Sappiamo che il nostro Paese è stato il secondo produttore mondiale di amianto, il primo nell'area della Comunità europea, e che nel nostro Paese sono stati consumati 3,7 milioni di tonnellate di amianto, quindi ne è stato fatto un uso massiccio e diffuso, senza poi parlare della presenza nascosta dell'amianto nei luoghi di vita, in qualche caso anche all'interno di manufatti in cui non era immaginabile tale presenza, ad esempio nei giocattoli.
Inoltre, la caratteristica di questo materiale, data dalle sue fibre volatili, impalpabili e resistenti nel tempo, purtroppo anche quando sono inalate, indubbiamente porta ad una situazione in cui diventa normale una sorta di interesse altalenante; a ciò si aggiunge la peculiarità delle patologie neoplastiche collegate all'amianto, soprattutto del mesotelioma maligno della pleura, che rientra tecnicamente tra le malattie rare, ma che come spesso accade è molto diffusa e soprattutto lo è in un territorio specifico, nel caso italiano soprattutto al Nord, in particolare in località come Casale Monferrato e Broni.
Il quadro quindi è molto complesso e sfuggente, anche se il processo Eternit sicuramente contribuì ad illuminarlo, ponendolo all'attenzione delle istituzioni.
Il primo documento che vi segnalo e che credo rivesta un certo interesse dal momento che non è semplicemente il frutto dei lavori preparatori della Conferenza di Venezia, è il Quaderno n. 15 «Stato dell'arte e prospettive in materia di contrasto alle patologie asbesto-correlate», del Ministero della salute, pubblicato nel giugno del 2012 e ovviamente incentrato soprattutto sul profilo sanitario, ma che contiene anche una serie di dati e di informazioni che possono risultare utili anche in riferimento ad altri profili. Da lì nasce lo stimolo a mettere insieme la ricerca sanitaria in senso stretto con quella sanitaria in senso ampio (epidemiologia ed interventi di prevenzione), con quella ambientale (censimento, bonifica e smaltimento dell'amianto) e con quella assistenziale e previdenziale.
Questa è la base da cui sono partiti i lavori della Conferenza di Venezia, che ha seguito proprio questa linea, mettendo insieme i tre momenti (sanitario, ambientale e previdenziale) e che ha visto una larga partecipazione dei portatori di interessi, dell'associazionismo. In tale ambito si sono confrontate discipline molto diverse, quindi non soltanto quelle classicamente coinvolte, mediche e ambientali, ma anche quelle relative alle scienze sociali, giuridiche e sociologiche.
Nel 2012 si è quindi fondata e consolidata una base conoscitiva sull'amianto come presupposto per attuare poi una politica efficace.
Ho citato il Quaderno n. 15 del Ministero della salute, ma vorrei citare anche il Quaderno n. 9 «Problematiche scientifico-sanitarie correlate all'amianto» dell'Istituto superiore di sanità, pubblicato proprio quell'anno, che è veramente poco conosciuto. Questo documento è meno noto forse perché venne interpretato come un resoconto di quello che aveva fatto l'Istituto superiore della sanità in materia di amianto, ma in realtà contiene dati molto interessanti, ivi compresa una bibliografia analitica che ancora oggi continua ad essere forse la più completa della materia.
Tra la documentazione che ha contribuito a formare questa base conoscitiva non va poi dimenticato l'insieme delle pronunce Eternit: le due pronunce di merito e la pronuncia di Cassazione, che al di là della conclusione, e cioè delle responsabilità accertate o della punibilità dei fatti, costituiscono un materiale documentale molto utile per ripercorrere la vicenda della produzione di amianto.
Su tutta questa base conoscitiva (senza considerare le sentenze, alcune delle quali arriveranno anche in futuro) si fonda il Piano nazionale amianto adottato dal Governo Monti il 21 marzo 2013, due anni fa. I contenuti del piano sono stati elaborati, per la parte sanitaria, già dalla Conferenza di Venezia ed hanno avuto una più facile attuazione, ancorché il piano formalmente non abbia ancora completato il suo iter. Il punto di vista del Ministero della sanità fu infatti quello di inserire nel piano iniziative già oggetto di finanziamento, in modo tale che tale piano fosse al tempo stesso di prospettiva, ma a partire da iniziative finanziabili.
Più complesso era l'aspetto riguardante le bonifiche, quindi la parte ambientale; ancor più difficile, per ragioni che spiegherò, la questione inerente il lavoro e quella sulla previdenza.
Il seguito della denominazione del suddetto piano è: "Linee di intervento per un'azione coordinata delle amministrazioni statali e territoriali". Questo spiega anche la difficoltà di arrivare all'intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni o di Conferenza unificata, ma non è un problema da ascrivere alle lungaggini del nostro regionalismo o del nostro autonomismo. È infatti ovvio che se occorre dare linee di intervento per un'azione coordinata non soltanto delle amministrazioni statali, ma anche di quelle territoriali, diventi poi necessario coinvolgere queste ultime. Ciò premesso, accettare però fatalisticamente uno stallo che perdura da oltre 2 anni è cosa ben diversa.
Il piano, come sapete, è diviso in tre macroaree, che coinvolgono i Ministeri per le materie di rispettiva competenza: tutela della salute ed ambientale, sicurezza del lavoro e tutela previdenziale. Le due ultime materie (tutela previdenziale e sicurezza del lavoro) sono quelle che prevedono più impegni generali o interlocutori, ma questo non è un problema legato alla volontà dell'amministrazione pro tempore di riferimento, bensì dovuto ad una criticità interna al sistema.
Occorre infatti considerare che sul piano sanitario e ambientale erano già stati sciolti alcuni nodi: la parte sanitaria dal punto di vista metodologico e quella ambientale in ragione di tutta l'esperienza derivante dall'attuazione della legge del 1992. Rispetto ad altri problemi era stato individuato un percorso, ad esempio l'assenza di risposte terapeutiche efficaci per il mesotelioma fu identificato come nodo, tant'è che è stato creato un percorso attraverso la rete dei centri nazionali di riferimento o il collegamento con l'Europa (siamo diventati capofila in Europa). Al contrario, in campo previdenziale e di lavoro la situazione era più difficile, perché rispetto ad alcuni nodi non c'era ancora una decisione consolidata. Non è un caso, tra l'altro, che tutte le proposte di legge che vertono su queste materie abbiano un taglio assistenziale e previdenziale, e vadano proprio a toccare questo profilo.
È chiaro, infatti, che in questi casi occorre fare i conti con la molteplicità delle categorie esposte alle fibre d'amianto per ragioni professionali ed extraprofessionali (per ragioni di sintesi semplifico, rinviando al testo che ho consegnato agli atti della Commissione ove fornisco qualche informazione in più) e nello specifico mi riferisco: agli ex lavoratori esposti e ai loro familiari; ai residenti nelle località in cui erano presenti cave o impianti di trasformazione dell'amianto; ai lavoratori che attualmente o in futuro sono e saranno esposti (coloro i quali lavorano nel settore delle bonifiche e dello smaltimento), ed i loro familiari; inoltre, c'è la popolazione generale esposta all'amianto per via sia della diffusione che questo materiale ha negli ambienti di vita, sia dell'utilizzo di manufatti di amianto in edifici pubblici e privati.
Il fatto che l'ordinamento non abbia trovato una soluzione alla domanda, emersa anche nel corso dei lavori della Commissione d'inchiesta, di socializzazione del rischio con riferimento ad alcune delle categorie sopra indicate, in particolare la popolazione generale, ma anche i familiari degli esposti e, almeno in parte, degli ex esposti, non solo è indubbiamente noto, ma è anche certificato dal Piano nazionale. Nell'obiettivo n. 3 del Piano si afferma: «Nel merito, in primo luogo, va verificata la fattibilità di un intervento normativo di ampliamento dell'attuale platea anche a vittime di patologie non correlate ad esposizione lavorativa all'amianto, a condizione di individuare con certezza, unitamente al Ministero della salute (...), la platea dei beneficiari definendone, in modo dettagliato e puntuale, presupposti e condizioni».
È chiaro quindi che questo è un obiettivo, inserito nel piano, ma che ha carattere interlocutorio e non è immediatamente attuato. A tal proposito vorrei fare due ordini di considerazioni. La prima riguarda i dati, presenti non tanto nel Piano nazionale amianto quanto piuttosto nel Piano nazionale della prevenzione che si riferiscono alle malattie asbesto-correlate. Tra gli obiettivi del Piano nazionale amianto vi era quello di includere gli interventi di prevenzione su esposti ed ex esposti anche nel Piano nazionale della prevenzione, legando in tal modo un intervento a largo spettro con quello specifico contenuto nel suddetto Piano. Questo è quanto è stato fatto, tant'è che il Piano nazionale di prevenzione considera il problema, ma per gli interventi rinvia all'attuazione del Piano nazionale amianto, il quale attende il via dalla Conferenza Stato-Regioni.
Capisco che si potrebbe anche fare dell'ironia rispetto a una circolarità data dal fatto che il Piano nazionale amianto auspica l'inclusione degli interventi di prevenzione su esposti ed ex esposti anche nel Piano nazionale della prevenzione, il quale a sua volta rinvia al Piano nazionale amianto che però è fermo in Conferenza Stato-Regioni; probabilmente si tratterebbe però di un'ironia fuori luogo, poiché in tal caso non si avrebbe contezza del fatto che c'è un nodo da sciogliere. Basti pensare che le malattie professionali, quelle asbesto-correlate - malattie tecnicamente definite rare - originano un tasso di mortalità uguale a quello di tutti gli infortuni sul lavoro, inclusi gli incidenti stradali connessi. L'impatto è quindi molto forte, considerato che tali patologie provocano la metà dei decessi per cause di lavoro. Tra l'altro, si tratta di un'epidemiologia il cui picco ragionevolmente sarà raggiunto tra il 2015 e il 2020 (probabilmente attorno al 2020).
Quello descritto è pertanto un dato di partenza. C'è poi un secondo dato da considerare e cioè che le operazioni di bonifica, vista la quantità enorme di amianto ancora presente nel Paese, dureranno molto tempo, per cui ci saranno molti lavoratori e cittadini interessati direttamente da tali interventi esposti al rischio. L'attenzione per la prevenzione del contatto con le fibre di amianto è oggi molto superiore rispetto a quella del passato, ma la vastità delle operazioni di bonifica e la loro capillarità, unita alla sensazione che molto spesso nei microcantieri di bonifica non si adottino tutte le attenzioni e le misure di prevenzione necessarie, ci porta a ritenere che la soglia d'allerta debba essere molto alta.
D'altra parte, il Piano nazionale della prevenzione dà indicazioni circa l'opportunità di elevare dal 15 al 20 per cento la quota di cantieri assoggettati alle ispezioni da parte delle ASL e degli Ispettorati del lavoro. La soglia di attenzione, dunque, non può scendere, ma deve aumentare.
A Bari, a fine gennaio, si è tenuta la III Consensus Conference italiana per il controllo del mesotelioma, nel corso della quale sono stati forniti dei dati, che vi riporto, ma che immagino la Commissione potrà acquisire anche per altra via, che a mio parere non vanno assolutamente ignorati. Secondo gli studi presentati a Bari, la bonifica di circa 32 milioni di tonnellate di materiali complessivamente contenenti amianto ancora presenti nel nostro Paese (ricordo che si stima che in Italia vi siano 3,7 milioni di tonnellate di amianto, ma occorre considerare che i materiali contenenti amianto ammontano a molto di più) richiederanno 85 anni per essere rimossi.
Questo è un dato che, tra l'altro, potrebbe anche modificarsi nelle stime o crescere quantitativamente. A tale proposito, si pone un altro problema, ovvero quello relativo alla operazione di mappatura dei siti che, come peraltro è stato sottolineato già nel corso dei lavori di questa Commissione di inchiesta, è una operazione che lascia ancora spazio a molti approfondimenti, in quanto incompleta (la sua realizzazione, tra l'altro, è uno degli obiettivi dell'area ambiente del Piano nazionale amianto): il numero che circola di 34.000 siti è di sicuro in difetto, l'ultimo aggiornamento è del novembre 2014 e a quella data l'unica Regione non stata ancora censita mi risulta essere la Calabria. I dati mostrano sproporzioni notevoli tra i censimenti regionali che sembrano da riferire più alle modalità con cui i censimenti vengono effettuati che non alla situazione reale. Il 50 per cento dei siti da bonificare è presente nelle Marche ed in Abruzzo e questo è un dato che ovviamente induce a ritenere che vi sia una anomalia nel sistema di rilevazione. Una mappatura attendibile, comunque, è il presupposto per qualunque operazione di bonifica.
Vorrei anche aggiungere che c'è evidentemente una attenzione costante su questi temi, lo dimostra il fatto che il Ministero dell'ambiente non solo abbia recentemente anticipato almeno una parte del contenuto del Piano nazionale amianto relativa all'ambiente (decreto dirigenziale n. 182 del 2015), ma che già in sede di conversione del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133 sia stata dedicata particolare attenzione proprio agli interventi di bonifica dell'amianto da realizzare in uno dei siti più problematici, quello di Casale Monferrato. Oggi stesso il Governo, a quanto mi risulta, depositerà in Commissione ambiente un emendamento al cosiddetto collegato ambientale in cui, accanto ai crediti di imposta per le imprese, è previsto un fondo per la progettazione per gli enti pubblici.
Avviandomi alla conclusione, sempre a proposito di dati, ricordo che negli atti della Conferenza di Venezia che sono stati pubblicati, tra le azioni strategiche per il miglioramento della tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori esposti ad amianto sui luoghi di lavoro era menzionata l'implementazione, all'interno del Sistema informativo nazionale per la prevenzione nei luoghi di lavoro (SINP), dei dati sulla presenza di amianto. In questa sede, approfitto per auspicare che, una volta finalmente attivato, il SINP possa aiutare i vari decisori nazionali e locali.
Per completezza segnalo, anche se non so se sia un tema di interesse per la Commissione d'inchiesta, l'opportunità di cominciare ad approfondire le possibili conseguenze che la scelta effettuata nell'Atto Camera n. 2613, recante disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario e la revisione del Titolo V, di ricondurre alla competenza esclusiva statale la materia della tutela e sicurezza del lavoro e non soltanto, come in una precedente stesura, le disposizioni generali e comuni, potrebbe comportare in un settore come questo, in cui le competenze regionali sono state esercitate non solo in termini programmatori ed amministrativi, ma anche legislativi; in tal caso tutta la materia verrebbe fatta rientrare nella competenza esclusiva statale e questo è un tema che occorre cominciare ad affrontare almeno dal punto di vista culturale.
Riassumendo, quello legato all'amianto è un problema di inquinamento ambientale con conseguenze sanitarie ed effetti sociali difficili e gravi, che però può e deve essere affrontato e questo era l'approccio con cui, tra l'altro, all'epoca introducendo il Quaderno n. 15 del Ministero della salute, parlavo di emergenza nazionale con riferimento alle malattie asbesto-correlate. Tutto questo certamente impatta sul problema delle tutele assistenziali e previdenziali così come impostate dal Piano nazionale amianto. Occorre considerare che il suddetto Piano in qualche misura, dando per presupposto che ci debba essere la definizione puntuale e circostanziata dei beneficiari e la quantificazione precisa dei costi, può condurre, una volta entrato in vigore, se non interpretato opportunamente, ad una sorta di stallo. Da questo punto di vista, quindi, probabilmente il Piano nazionale amianto potrebbe essere suscettibile di un approfondimento interpretativo.
Va poi ricordata un'altra circostanza, un profilo che so essere stato già rappresentato molto approfonditamente in sede di Commissione d'inchiesta, e cioè che all'esito del processo Eternit, per come si è concluso, la grande maggioranza delle vittime della utilizzazione industriale dell'amianto non ha ottenuto per via giurisdizionale adeguata tutela e ci sono evidentemente migliaia di persone, che avevano trovato il ristoro nei risarcimenti diretti da parte dei responsabili dei fatti di disastro accertati nei giudizi di merito, e che attualmente risultano private di questa tutela. È notizia recente, peraltro, quella dell'avvio di un nuovo processo Eternit per fatti di lesione e omicidio non contestati nel procedimento ormai concluso e l'esito, anche in termini di soddisfazione delle domande civili, per ora è indeterminato. È però inimmaginabile che il sistema non si interroghi su come rimediare ai vuoti di protezione che, per sua natura, la tutela giurisdizionale dei diritti rispetto a quella legislativa presenta. Da questo punto di vista, sollecitare una socializzazione del problema totale a scapito della valutazione di eventuali e puntuali responsabilità individuali - c'è stato qualche accenno in alcune audizioni anche in sede di Commissione - probabilmente è un approccio da approfondire, perché è chiaro che esistono entrambi i profili.
A tale proposito, vorrei portare l'esempio di un altro ordinamento, che tra l'altro viene considerato normalmente meno attento ad alcune esigenze di equità rispetto al nostro, quello statunitense: mi riferisco a quello della maggiore corporation del settore, la Johns & Melville, che al momento del fallimento negli anni Ottanta fu indotta a creare un trust fund con una certa dotazione, che allora era di 2,5 miliardi di dollari, cui hanno finora avuto accesso centinaia di migliaia di vittime. È chiaro che il problema di come riuscire a risarcire chi ha subito danni da esposizione all'amianto è un problema tuttora aperto, ciò detto, penso che questo possa essere comunque un elemento di utile riflessione.
Tra il 2011 e il 2013, per una serie di circostanze e di contingenze, il dibattito sull'amianto è stato riportato all'attenzione pubblica ed istituzionale del nostro Paese, quindi il mio auspicio è che la Repubblica nel suo insieme, quindi le istituzioni, tutti i livelli di governo ed anche tutto l'associazionismo che partecipa per ragioni di interesse generale, abbiano tratto insegnamento da tale dibattito e quindi che l'attenzione e l'impegno non calino.
Credo, signora Presidente, che il lavoro di questa Commissione possa rappresentare un fatto positivo anche in questa direzione.

PRESIDENTE
Ringrazio il professor Balduzzi e lascio la parola ai colleghi che intendono intervenire.

BORIOLI
Signora Presidente, ringrazio il professor Balduzzi per averci restituito una relazione articolata e puntuale sulle molteplici sfaccettature che lo strumento rappresentato dal Piano nazionale amianto apre anche ora alla nostra riflessione.
Non posso non dare atto al professor Balduzzi di un fatto molto importante, poiché come Ministro della salute ebbe un ruolo decisivo nel riacciuffare e ricollocare la vicenda amianto sulle gambe di un percorso affidato essenzialmente alla giustizia. Sul nostro territorio quella questione fu allora definita "l'offerta del diavolo": mi riferisco all'offerta di risarcimento da parte dei privati, che si aspettavano un occhio di riguardo da parte della giustizia (sappiamo poi com'è finita la vicenda a seguito della sentenza della Cassazione).
Le questioni che ci ha rappresentato il professor Balduzzi credo tuttavia debbano servirci per formulare proposte utili a tracciare un quadro che fornisca elementi alle Commissioni di merito (quindi al Parlamento) e al Governo per riprendere quel piano e cercare di dargli progressiva attuazione.
Mi soffermo su un paio di punti, il primo dei quali riguarda le bonifiche. Naturalmente c'è ancora molto da fare ed io ritengo che sarebbe utile, anche alla luce di quanto ci ha esposto il nostro ospite, evidenziare le incongruenze che, quando fu formulato il piano, si registravano tra le diverse aree territoriali, ed approfondire, nell'ambito del percorso di audizioni che abbiamo dedicato specificamente al tema dell'amianto, con le competenti autorità (dal Ministero dell'ambiente ai più rilevanti interlocutori regionali), lo stato dell'arte e i problemi che ostacolano la prosecuzione di un censimento puntuale dei siti inquinati.
Mi pare evidente - lo dico qui per ricondurre la mia riflessione alla mission di questa Commissione - che, stanti i lunghissimi tempi di latenza delle patologie riferite all'amianto e la sua diffusione specifica nei luoghi di produzione, soprattutto nella dimensione che ha interessato gli stabilimenti di Casale Monferrato, di Broni, di Balangero e il corrispondente ambiente, diventi assai più difficile distinguere i casi in cui si parla di malattie professionali da quelli ove invece tali malattie diventano una questione che si intreccia con il milieu familiare e ambientale. Pertanto, capire a che punto siamo e che cosa è necessario fare, prima di tutto per circostanziare la mappatura dei siti, è la prima questione.
È vero che qualche passo avanti è fatto, considerato che con l'ultima legge di stabilità sono stati stanziati circa 135 milioni in tre anni per le bonifiche, di cui 65 milioni destinati al Comune di Bagnoli e Casale (i due siti più compromessi), ma c'è ancora molto da fare.
L'ultimo punto che voglio toccare, relativo ad una questione che il professor Balduzzi ha messo in evidenza sul fronte previdenziale, del lavoro ed assicurativo, riguarda il fatto che è diventato operativo (già istituito presso l'INAIL da diversi anni) un Fondo nazionale delle vittime dell'amianto, che ha una dotazione finanziaria ancora piuttosto cospicua proprio perché dall'istituzione del Fondo alla sua attivazione sono trascorsi molti anni.
A seguito di un'interlocuzione piuttosto fitta, svoltasi anche in questa sede, in occasione della discussione della legge di stabilità, è stata prevista l'estensione degli interventi previsti dal Fondo vittime dell'amianto (non è stata però ancora attuata la relativa norma), che ad oggi sono circoscritti soltanto a coloro che hanno contratto patologie da amianto a seguito di un rapporto di lavoro. Ripeto, il Fondo ha riserve piuttosto consistenti, non spese (parliamo di alcune decine di milioni), e si è sancita l'estensione di quei benefici anche a coloro che hanno contratto, o per "familiarità" o per "ambientalità", la patologia.
Signora Presidente, il punto è che questa norma non è di facile attuazione. In tal caso si è sancito un principio sacrosanto, per il quale le stesse associazioni dei familiari delle vittime si battevano da tempo. Credo pertanto che, anche su questo fronte, ascoltare chi si sta interessando della questione, l'INAIL e il Ministero, sia importante per capire come quel principio venga tradotto, perché, come già si comprendeva dalle parole del professor Balduzzi, la questione è molto complessa. D'altra parte, se non si allarga quella platea, si rischia di intervenire soltanto su una quota, quella degli ex lavoratori, che pure è molto importante, ma che con il trascorrere degli anni (dati i tempi di latenza lunghissimi) rischia di rivelarsi assolutamente insufficiente a coprire gli effetti di questa tremenda patologia.
Oltre a rivolgere delle domande al professor Balduzzi, mi premeva quindi sottoporre anche delle indicazioni di lavoro alla Presidenza.

FUCKSIA
Signora Presidente, ringrazio anch'io il professor Balduzzi.
Quanto alle contraddizioni, direi che queste ultime si ravvisino nel fatto che nonostante sia noto sin dagli anni Trenta che l'amianto è causa di asbestosi, dal 1955 che è responsabile del tumore al polmone e dagli anni Sessanta che è causa anche di mesotelioma, si sia poi arrivati a vietarne definitivamente l'utilizzo solo nel 1992. Questo rallentamento tra alcune nozioni chiare a tutti da una parte, e il risvolto pratico dall'altra, fa un po' pensare.
Allo stesso modo, in relazione al comma 2 dell'articolo 249 del decreto legislativo n. 81 del 2008, in tema di esposizione all'amianto, si assiste quasi ad una sottovalutazione del rischio per quanto riguarda le esposizioni sporadiche e di debole intensità, per una sorta di semplificazione di una situazione che, diversamente, diventerebbe difficile da gestire. Allo stesso tempo, davanti alla popolazione si agita lo spauracchio facendo credere che anche un'ondulina integra di eternit possa essere causa delle malattie provocate dall'amianto.
Quindi si fa una grande confusione su diversi piani tra interventi mirati, magari già realizzati e leggi esistenti. Prendo atto, ad esempio, che nelle Marche il piano amianto è stato fatto abbastanza bene rispetto ad altre Regioni. Questo significa che c'è una disparità tra territori.
Contemporaneamente si registra una grande difficoltà a far capire, ma anche una grande facilità ad allarmare a sproposito. È vero che stiamo parlando di agenti cancerogeni rispetto ai quali la soglia a rischio zero c'è solo in caso di concentrazione zero, laddove è possibile che tale condizione non si abbia neanche in questa stanza, perché può darsi che nelle coibentazioni del muro ci sia una percentuale di amianto.
A mio avviso, quindi, occorre fare delle distinzioni, perché una cosa è quanto accadeva in passato quando si potevano spruzzare all'interno di una carrozza ferroviaria fino a due tonnellate d'amianto, un'altra è la presenza sporadica di fibre di amianto che circolano nell'aria insieme a tanti altri inquinanti cancerogeni la cui pericolosità spesso sottovalutiamo: penso agli IPA (Idrocarburi policiclici aromatici) provocati dal traffico automobilistico o al fumo delle sigarette.
Occorre pertanto un chiarimento della situazione. Da un lato, infatti, si sottostima il rischio in alcune situazioni, ma dall'altro devo dire che, almeno per la mia esperienza, i lavoratori che si occupano della bonifica dell'amianto risultano essere quelli in assoluto più controllati sotto una serie di aspetti, del resto lo attestano le curve di mortalità che non sono superiori a quelle rilevate fra gli altri lavoratori. Così come è vero che molti non vedranno il riconoscimento della propria malattia, ma al contempo ci sono delle realtà, ad esempio in ambito Ilva, in cui qualcuno ha ottenuto un riconoscimento che forse neanche gli spettava, visto che le curve di mortalità non presentano incidenze peggiori di quelle rilevate nella popolazione sottoposta a controllo. Non capisco quindi perché, benché le cose si sappiano, si tenda poi ad ingenerare confusione tra la popolazione, da un lato diffondendo un certo allarmismo e dall'altro richiamandosi sempre all'emergenza e quindi alla necessità di approvare nuove leggi, nonostante le norme in materia già esistono.
La materia è infatti ormai nota, laddove sono altri i problemi che oggi sarebbe importante discutere; mi riferisco ad esempio a quello delle fibre che sostituiscono l'amianto, le fibre ceramiche, o i materiali ottenuti con le nanotecnologie, che sembra possano avere anch'essi un effetto cancerogeno e che probabilmente rappresenteranno il problema del domani.
Allo stato ci attendiamo il picco dell'insorgenza dei tumori per il 2020, come esito però delle esposizioni pregresse, non di certo per quelle attuali, ma questo è un dato che dobbiamo spiegare, dobbiamo far capire alle persone che c'è una latenza di 30-40 anni a partire dall'esposizione a questi cancerogeni. Mi chiedo allora perché da parte dei Ministeri dell'ambiente, della salute e del lavoro vi siano tante difficoltà ad emanare un'informativa congiunta rivolta alla popolazione che faccia chiarezza su queste problematiche. Al contrario, continuando a procedere in questo modo, non facciamo altro che spaventare e talvolta illudere alcune persone circa la possibilità di vedere riconosciuto il danno subito, laddove occorrerebbe spiegare con chiarezza che il mesotelioma è un tumore ad alta frazione eziologica; il nesso di casualità può essere chiarito anche con facilità, considerato che molto spesso certi mesoteliomi non sono tali, ma sono metastasi dovute ad altri tumori che magari non sono diagnosticati correttamente, perché l'iter oggi è difficile, benché venga utilizzata la biochimica e si ricorra alle TAC ad alta risoluzione.
Sono quindi un po' stupefatta e mi viene anche il dubbio che più che una volontà di risolvere veramente i problemi si sia di fronte a [una] strumentalizzazioni finalizzate all'ottenimento di fondi.
È scontato che tutti vogliano un mondo sano e pulito, ma allora in alcune situazioni è forse meglio lasciare l'amianto integro là dove si trova, piuttosto che rimuoverlo, perché sappiamo bene che la bonifica dell'amianto libera una gran quantità di fibre, specialmente se il cantiere non è ben confinato; per non parlare poi del problema di dove stoccare l'amianto, visto che non è stato ancora individuato un modo per disattivarlo e renderlo innocuo. Di fatto quindi si aprono discariche speciali che hanno costi elevati ed un impatto ambientale notevole, senza però garantire maggiore sicurezza e tutela della salute della popolazione e dei lavoratori. Questi ultimi, ovviamente, sono più facili da gestire in quanto per essi non è necessario aspettare l'intervento del SINP, dal momento che sotto determinati aspetti sono già seguiti grazie alla predisposizione di cartelle sanitarie esposti a cancerogeni, anche se in questo ambito si osserva una grande disorganizzazione, dovuta alla mancanza di un data base ed un metodo comuni. Queste cose vanno dette. Di fatto, quindi, si investono ingenti risorse ed alla fine si ha la sensazione di dover cominciare sempre tutto da capo, il che è veramente detestabile! Benché vi sia una legge in vigore a tutti gli effetti dal 1994, ci troviamo di fronte a casi anche recenti, in cui l'amianto è stato importato dall'India senza che vi fossero controlli alle dogane. Ciò significa che siamo nella più grande confusione.
Nei vari congressi scientifici, rivolti ai tecnici del settore, si fa chiarezza e tutto è noto, ma noi abbiamo un dovere nei confronti della popolazione che ha il diritto di sapere esattamente come stanno le cose. È giusto che le mamme possano essere tranquille nel portare i bambini a giocare in zone dove magari ci sono edifici con amianto, oppure nelle scuole, perché vi sono scuole in cui si sta procedendo alla bonifica dell'amianto, ma ve ne sono altre in cui un'opera di bonifica sarebbe inutile dal momento che il materiale è completamente integro e dalle misurazioni non risulta alcun rischio di contaminazione ambientale.
Sono quindi convinta che sia importante e necessario trasmettere i fatti per quelli che sono, senza creare allarme ma senza nemmeno sottostimare il rischio.

D'ADDA
Ringrazio il professor Balduzzi innanzitutto per la sua presenza all'incontro odierno ed anche per il lavoro svolto come Ministro nell'ambito del Piano nazionale amianto con una grande oggettiva competenza che tutti gli riconosciamo.
Nel breve tempo a mia disposizione, vorrei sottolineare alcuni punti. Come lei, ho la sensazione che questi temi in qualche modo subiscano delle ondate di interesse. Ci sono dei momenti in cui l'attenzione generale è particolarmente acuta, soprattutto in riferimento ai casi oggetto dei processi ed anche agli esiti di questi ultimi. L'auspicio a questo riguardo è che i processi non si concludano, così come si è recentemente verificato, con la mancata compensazione delle spese processuali, diversamente c'è il rischio che non si celebrino più i processi e che i lavoratori abbiano problemi ad avere accesso a diritti sacrosanti; da questo punto di vista mi ha fatto piacere che il professor Balduzzi abbia parlato di una tutela giurisdizionale dei diritti rispetto al fatto legislativo in quanto tale.
Va anche sottolineato che quelli che abbiamo davanti sono anni in cui il picco delle patologie aumenterà e quindi anche quelli in cui l'attenzione dovrà essere maggiore.
La mia preoccupazione nasce sulla scorta non soltanto del lavoro svolto in questa Commissione, ma anche di quello che stiamo portando avanti nell'ambito della Commissione lavoro, dove, come lei sa, dovranno essere esaminati una serie di disegni di legge che sono all'attenzione di un sottocomitato di cui anch'io faccio parte. Il problema che al riguardo si pone è che di questi disegni di legge alcuni ricomprendono la totalità delle problematiche, se così possiamo dire, ovvero i tre punti fondamentali cui il professor Balduzzi ha accennato nella sua relazione, quello sanitario, ambientale e previdenziale - e in seguito mi soffermerò su quello previdenziale - mentre altri toccano soltanto taluni aspetti della questione. Ovviamente abbiamo riscontrato delle criticità anche relativamente all'aspetto sanitario ed a quello ambientale, ma soprattutto riguardo all'aspetto previdenziale abbiamo notato come la platea sia sempre più ampia e soprattutto ci siano sempre nuove sottospecie. Tanto per fare un esempio, vi sono casi di aziende che hanno chiuso, i cui lavoratori sono in mobilità, oppure di lavoratori in mobilità di aziende che non hanno chiuso. C'è quindi tutta una serie di fattispecie che ampliano la platea di coloro che sono stati esposti all'amianto e quindi, di converso, anche dei loro familiari per cui il contatto è stato indiretto.
Anche quello della bonifica ambientale è evidentemente un tema centrale e difficile da affrontare, considerato che in tal caso si rendono necessari interventi particolarmente costosi, come del resto lo sono, anche se in misura minore, anche quelli in materia previdenziale e sanitaria.
La mia preoccupazione è quindi che si porti avanti un lavoro frammentario, con cui si tenta di risolvere i problemi per quanto si può, per piccoli pezzi, senza però mai andare a toccare il problema nel suo insieme. Personalmente, sono del parere che i nostri cittadini vadano informati correttamente. Non c'è bisogno di fare allarmismo, ma è evidente che anche stando soltanto ai dati sulle morti asbesto-correlate che lei ha fornito, da cui si evince che l'incidenza è pari a quella degli infortuni sul lavoro, la situazione risulti obiettivamente tale da destare allarme, anche quando viene comunicata con tutte le cautele del caso. Si rende quindi necessaria un'operazione di informazione corretta che consenta poi di intervenire in maniera adeguata.
Le chiedo anche se non ritenga possibile e corretto porre in essere un intervento che tenga insieme i tre aspetti cui abbiamo accennato, ma in particolare quello ambientale e quello previdenziale, per evitare che non riuscendo a intervenire su tutto, si finisca per scegliere di agire sugli aspetti che suscitano più apprensione in modo da tranquillizzare anche la popolazione, nell'attesa che l'attenzione scende e passino altri anni prima di riprendere in mano il problema. Ora dal momento che i disegni di legge che vertono sulla materia già esistono - anche se bisognerà arrivare ad un testo unificato - lei ritiene che oggi ci siano obiettivamente le condizioni per arrivare ad un punto di caduta che in qualche modo tenga insieme tutti gli aspetti della questione? Ovviamente ciò dovrebbe avvenire in maniera diacronica, dal momento che non è possibile immaginare di risolvere interamente il problema in un anno solo o in una sola legislatura; si potrebbe tuttavia riuscire quanto meno a definire l'inquadratura normativa fondamentale, perché questo è un tema che obiettivamente ha rilevanza sociale e che qualifica anche l'azione politica di chi governa.

PAGLINI
Signora Presidente, ringrazio l'onorevole Balduzzi per averci esposto la sua relazione, che mi riservo di rileggere con attenzione. Per quanto riguarda il tema amianto sarebbe bene, come più volte è stato sottolineato in questa Commissione, fare un focus sulla trasparenza del sistema di gestione del problema, visto che negli anni trascorsi vi sono state numerose vittime, probabilmente anche in ragione di tale mancata trasparenza. Vorrei sapere se in passato un'operazione di trasparenza sia stata realizzata o se sia stata condotta in termini insufficienti. La mia risposta al riguardo è negativa.
Quanto alla tranquillità delle mamme che portano i bambini a giocare vicino alle scuole con tetti in amianto, mi sento di dissociarmi completamente da quanto è stato detto dalla senatrice Fucksia, perché in simili casi una mamma non potrà mai sentirsi tranquilla. La curva relativa alle persone toccate da questo agente killer sta aumentando, coinvolgendo non soltanto chi ha lavorato in determinati siti, ma anche chi vi si avvicina. La percentuale dei casi che si stanno registrando è in aumento quasi vertiginoso. Peraltro, si tratta di una delle peggiori malattie perché chi si ammala di asbestosi ha pochissimi mesi davanti a sé e questo è particolarmente traumatico per le famiglie e le collettività di appartenenza.
A questo punto c'è da interrogarsi su quali siano le vere priorità, visto il problema della aspettativa di vita dei lavoratori e dei cittadini che vivono in siti in cui è presente l'amianto. Il fenomeno ha un rilievo nazionale perché distribuito su tutto il territorio, a parte i siti più coinvolti in cui c'è un focus maggiore. Come pensiamo di gestire questa problematica? Il picco in termini di insorgenza delle patologie è previsto per il 2020, ma non siamo neanche sicuri che dopo quella data si assisterà a una riduzione del fenomeno; c'è infatti il rischio che questa curva cresca per un fatto di contaminazione ambientale che non riguarda soltanto terreni o tetti, ma la stessa aria.
Nel mio territorio di provenienza è collocato un sito di smaltimento dell'amianto, mi riferisco alla cava Fornace (ex cava Viti) di Massa Carrara che mi risulta stia importando amianto da tutte le parti, materiale che poi si infiltra nelle falde acquifere e si diffonde nell'aria. Non è così semplice gestire il problema e lei stesso, professor Balduzzi, ce lo insegna. Occorrono in primo luogo trasparenza e informazione nei confronti dei cittadini, per poter eliminare il più possibile questo agente killer.

CONTI
Professor Balduzzi, la nostra è la "Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali, con particolare riguardo al sistema della tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro". La questione è che, mentre in altri settori di nostra competenza possiamo svolgere un lavoro utile di approfondimento e di verifica, in questo caso siamo di fronte a una situazione in cui il problema c'è, i morti sono certi e c'è una grande emergenza nazionale.
Di fronte a tale emergenza, la mia impressione da cittadino - non sono uno scienziato come lei e non mi intendo di questa materia dal punto di vista tecnico - è che sotto ci siano grandissimi interessi e grandissima incapacità. Ogni tanto facciamo delle finte privatizzazioni; la Cassa depositi e prestiti e l'F2i utilizzano soldi pubblici, depositi di persone comuni presso Poste italiane, hanno partecipazioni e vi sono delle fondazioni bancarie che, bene o male, sono di interesse pubblico. Ad esempio, si vende un'autostrada di proprietà degli enti pubblici che viene acquistata da Cassa depositi e prestiti. Siamo quindi di fronte a una serie di giri e di scambi, ma non bisogna dimenticare che in questo caso in ballo ci sono vite umane e morti certe. Non credo che i Paesi che da noi prendono l'amianto e lo stivano siano incoscienti, penso solo che sotto ci sia un grande business.
A fronte di tutto ciò credo che lo Stato dovrebbe in prima persona - i privati non riusciranno mai a risolvere questo problema - cercare una soluzione, ma non certo impiegando ottant'anni. So perfettamente che in nessuna parte nel mondo hanno ancora inventato il modo di gestire l'amianto, ma se c'è una società come la Sogin che ha il compito di denuclearizzare, penso allora che riusciremo anche noi a trovare un modo per sistemare l'amianto.
La nostra Commissione può anche correre dietro ai malati, alle malattie, e purtroppo ai morti, cercando di risolvere qualcosa sul piano normativo, resta il fatto che al contempo dovremmo essere fautori di una denuncia forte ed assumerci tutti delle responsabilità. Credo che lei, professor Balduzzi, come professionista, come parlamentare e come ex Ministro, abbia tutta l'autorevolezza per potersi rendere interprete di questo bisogno, perché ho ascoltato direttamente molti imprenditori che non sanno come risolvere il problema; vorrebbero farlo, ma non sanno come, e sono peraltro taglieggiati da ambienti di varia natura e di varia estrazione, che invece operano in questo settore con i modi e le peculiarità di cui tutti voi siete a conoscenza.

BALDUZZI
Signora Presidente, ringrazio le senatrici e i senatori intervenuti.
Al senatore Borioli volevo dire che certamente quello che ho di passaggio menzionato come un fatto recente, cioè il decreto dirigenziale del Ministero dell'ambiente relativo ai siti di interesse nazionale, può essere molto interessante anche per la Commissione. La legge di stabilità, infatti, nella distribuzione delle risorse presenta certamente molte risposte riferite agli interventi di bonifica sui siti di interesse nazionale (SIN), che sono fra le punte di emersione più importanti del problema e che possono andare nella direzione che veniva prima sollecitata.
Ne approfitto per fornire un'informazione - tornerò poi sull'argomento nel rispondere al senatore Conti - circa un recente bando INAIL (ISI 2014) che stanzia circa 260 milioni di euro, da destinare ad imprese anche individuali, per realizzare progetti che migliorino i livelli di salute e di sicurezza nei luoghi di lavoro, con particolare riferimento agli interventi di rifacimento di coperture per l'eliminazione e lo smaltimento di materiali contenenti amianto.
Il problema di questi interventi è che spesso sono poco conosciuti, o comunque noti soltanto ad una porzione ristretta di addetti ai lavori, perché se si mettono insieme tutte le risorse destinate a questo ambito, ci si rende conto che non si tratta esattamente di poca cosa. Quello che ancora manca forse è una gestione coordinata di tutte queste situazioni.
Alla senatrice Fucksia - e sotto questo profilo rispondo anche alla senatrice Paglini - vorrei dire, in merito al gap tra informazione scientifica ed intervento dei pubblici poteri connesso con il profilo della trasparenza, che per conoscere come si sono svolti i fatti basta leggere la sentenza Eternit di primo grado, dove sono per l'appunto descritti i fatti. Una cosa è infatti la configurazione giuridica che poi ha portato alla sentenza della Cassazione, su cui i giuristi discuteranno ancora per molto tempo, perché ci sono dei problemi di interpretazione del reato di disastro ambientale e questioni inerenti la prescrizione, altra cosa sono i fatti accertati e descritti in quella sentenza, da cui emerge come il sistema dei produttori non facilitasse certamente l'informazione. E aggiungo che in questo momento, non nel nostro Paese, ma ovunque nel mondo si produce ancora amianto probabilmente si sta verificando la stessa cosa. Questo è il dato generale.
Credo - e questo vale come risposta sia alla seconda parte dell'intervento della senatrice Fucksia, sia all'intervento della senatrice D'Adda - che l'importante sia che il sistema non si fermi. C'è infatti una via di mezzo fra la navigazione a vista ed una programmazione e una pianificazione così puntuali e precise da richiedere una quantità di informazioni tale da non consentire di arrivare ad una conclusione. La via di mezzo è proprio quella che abbiamo impostato con il Piano nazionale amianto, in ragione del quale: nel campo sanitario, laddove era possibile intervenire, si individuavano le azioni che potevano essere avviate immediatamente; nel campo ambientale, laddove non era possibile agire subito, si definiva un quadro di riferimento che il Ministero dell'ambiente comunque, anche prima dell'adozione finale del Piano e della concertazione con il sistema delle autonomie territoriali, già dimostrava di portare avanti (un esempio ne è il decreto dirigenziale del febbraio 2015).
Per quanto riguarda il profilo più delicato, relativamente al quale ci sono ancora delle scelte politico-finanziarie da adottare, cioè quello previdenziale e della sicurezza nei luoghi di lavoro, credo che se attendiamo di avere tutti i dati a disposizione rischiamo di rimanere bloccati; nello stesso tempo non possiamo neanche navigare a vista, perché finiremmo per ottenere un effetto ancora più sperequativo. La via di mezzo che il Piano aveva segnalato per una parte importante è già stata percorsa, quello che manca è proprio inserire tutto questo all'interno di un sistema più coordinato. In questo modo si potrebbe anche riuscire a dare il senso di un momento in cui le diverse offerte, i tanti rivoli, i tanti fondi - perché non è vero che non ci sono fondi dedicati a queste situazioni - possono essere meglio conosciuti.
Per quanto riguarda il picco di cui si è parlato, volevo precisare alla senatrice Paglini che in realtà le stime cui ho accennato sono abbastanza affidabili, perché sono effettuate - per quanto sono riuscito a comprendere - sulla base dell'esperienza degli ordinamenti di altri Paesi che hanno bandito l'amianto prima dell'Italia. L'esperienza epidemiologica di quegli ordinamenti è utile anche a noi per poter fare una programmazione e, dal momento che non vi sono ragioni per immaginare che da noi possa succedere qualcosa di diverso rispetto a quanto verificatosi nei già citati Paesi che hanno bandito l'amianto prima del nostro, si è arrivati a fissare il picco intorno al 2020.
Relativamente all'intervento del senatore Conti, come anticipavo poc'anzi, credo che se oggi non mi dedicassi ad altro e se fossi nella condizione di ridiscutere i contenuti del Piano nazionale amianto, vi inserirei una clausola che consentisse di facilitare proprio la conoscenza di tutte le misure in essere riferite al tema, perché gli imprenditori e le organizzazioni di riferimento forse non sono pienamente a conoscenza dei canali che si stanno occupando oggi della materia. L'ultimo di questi è proprio l'emendamento che il Ministero dell'ambiente in data odierna ha depositato in relazione al cosiddetto collegato ambientale, con cui viene data una significata risposta al mondo delle imprese, e che introduce incentivi per le bonifiche d’amianto, tra i quali un credito d’imposta del 50 per cento delle spese sostenute per i soggetti titolari di reddito d’impresa che effettuano interventi di bonifica d’amianto sulle aree produttive. Per la prima volta si cerca di dare una risposta in modo coordinato (nel decreto cosiddetto "del fare" era stata inserita una misura per le scuole con riferimento all'amianto) che concerne l'insieme degli interventi sugli enti pubblici, con questa proposta del fondo di progettazione che forse potrebbe essere limata ulteriormente; credo infatti che sarebbe importante se si riuscisse a trasformare un fondo di progettazione di questo genere in un fondo rotativo, in modo che una volta garantite le risorse a regime queste vengano restituite, facendo sì che anche altri enti possano fare progettazione. Questa ritengo che potrebbe essere un'indicazione da approfondire e anche una strada da percorrere per non restare sospesi nell'alternativa ugualmente deprimente tra il non fare nulla in attesa di chissà quale disegno complessivo e il navigare semplicemente a vista, con tutti gli inconvenienti che ciò comporta.

PRESIDENTE
Ringrazio il professor Balduzzi per la sua disponibilità e dichiaro così conclusa l'odierna audizione.


Note: Bozze non corrette dai relatori
Fonte: Senato della Repubblica